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Raccolta di poesie di Rosetta Sacchi
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*
...Forse a metà d'un bicchiere mezzo pieno
chè il vuoto è un lacrimar di tanti
forse perché mani tremanti reggono un peso
tra piombo e piuma
E i passi simulano il cammino esploratore di siepi e rovi
le corse, le antiche corse, i duelli per primati vani
il podio, premio il cuore di guerrieri audaci, stime…
ora sono cose se non in oblio, con cura sistemate
in cassetti d'acero e lavanda
Profumate memorie scrigno dove s'odono note
di pianola, suono melodioso come di carillon
Si perde il senso, segno d'una vita in sogno percepita
tra calici e velluto di tempi in controluce, vivi
quando un bacio inaspettato illuminava le fatiche
del giorno tramontato e le demoliva.
Stragi quelle che davano guizzi agli occhi
e li tenevano desti su penombre attraversate
appena da un velo di luce
Ora è deserto e dell'oasi resta uno schizzo saturo d'inchiostro
un bozzetto da accarezzare in solitudine
Chi si accontenta gode,
forse a metà delle assenze dei lutti dei voli interrotti.
E delle ali lacere nell' angolo più remoto d'una stanza nuda.
*
( sulle tracce di chi non c'è più)
Non riesco a passare dalla gioia al pianto
e viceversa
Fuggono i pensieri dalla mente
e come uccelli
non chiedono riparo tra i rami
ma cieli liberi
Torno in un lido ameno un tempo,
ora deserto
sulle tracce di chi non c'è più.
Colori immagini parole.
Tutto giace scomposto e tutto duole
come in una casa con le persiane chiuse
dove non entra più la luce.
E tutto è compreso in un disegno incompiuto.
In memoria del poeta Antonio Terracciano
*
Toneggia l'aria,
il cielo tutto una nube
ad ogni rintocco riecheggia
un perturbato tempo settembrino.
Sul grigio asfalto gocciole s'affollano
s'infittiscono in cerchi, a dismisura
mentre le note d'un accorato pianto
hanno il fragore del vetro contro il suolo.
*
Bruciano sterpaglie
quell’acre odore non m’assomiglia
Estirpa erbacce una mano, lungo il sentiero.
Lontano il ramo da terra
piange le foglie ormai secche,
dimentico del fermento delle radici.
*
Non si può lasciare questa terra così
sotto un cielo lieve,
il ciglio della strada già un tappeto secco,
scomposto di foglie.
Non si può andare via
la bisaccia dei sogni a terra.
La vita familiare, quattro mura
le risa dei bambini e lei che attende ogni sera.
Le giovani promesse sputate al suolo
senza un perché senza una ragione.
Non si può vivere con una tale bestemmia sopra il capo
e quell’urlo che schiaccia le vertebre e toglie il fiato.
Non si può...
A Gianluca, giovane vittima sul lavoro
*
Non domando più nulla al cielo
ció che amavo è perduto per sempre.
Sfoglio un social come una margherita
io, vuota di pensieri,
che mai ho preteso oracoli da un fiore.
E mi lascio rapire da un suono
un colore che non è mio.
Eri tutti i miei colori spalmati su una tavolozza
io un pennello arido inservibile,
due ciuffi stropicciati.
Eri tutte le note d'una celeste armonia
io un cielo nero che non distingueva
tempeste ed arcobaleni.
Ora sfoglio anche la mia memoria
come un social network, distrattamente.
Un social che poco m’ appassiona
come il mondo reale, come le magre speranze
di rinascere a nuova vita,
mentre si srotolano nella deserta stanza
chilometri di oscuri silenzi.
*
Avevo fame di tutto ciò che avevi
cibo casa sogni desideri
e soffrivo per non avere nulla
tetto cielo oasi deserto
Ed ero al limite naufraga in un mare
aperto ai pericoli e alle insidie
vittima di eccessi e di difetti
incontenibile nei vizi prediletti
La gelosia che hai letto nei miei occhi
a te piacque sin dal primo istante
ma fu troppa ed in viso guasta,
quando pensasti ad un equilibrio
tra bassi istinti e più elevati intenti.
Si mostrò artefice d'un ostico cammino
che ci condusse inevitabile all'epilogo
C'entrò il destino? Poco o assai, non so…
nell'esser noi divenuti d'un tratto così ostili.
*
Sono dove non sono
e non sotto il cielo di luglio
tra faville ed applausi
in un impeto d'onde e di vento
leggendo negli occhi carezze
e nei volti il nome di amici
e il sorriso dei tempi belli, passati…
Sono come in prigione
ma non osano le labbra lamenti
pur se il cuore è gemente
in una gabbia di spine.
Il pensiero ha creduto davvero
di poter sorvolare quel cielo
dove s'alza il clamore di chi ora
vive un momento di gloria.
Ed è stato il mio sogno
fino all'ultimo istante
quell'abbraccio mancato.
Non c'è fine ad un bene
che ricama silenzi ed emozioni
su di una trama sottile,
indimenticabili istanti del viver sognato!
Non c'è fine al sorriso,
eppure non consolano distanze
siepi alture silenzi
sotto cieli dipinti
d'un azzurro diverso.
*
Gli occhi due pozze in secca
due pietre non levigate
uno specchio opaco.
Dietro …
un velo un'ombra
un volto macabro
un approdo,
l'ultimo…
Non posso più nulla
Gli occhi spenti
una mano ignota
sulle palpebre
la voce, un gemito alla deriva
il fiato, un sospiro per dirti amore
Le labbra costeggiano dirupi
Non posso più nulla
E la testa mi duole più del cuore.
*
Le parole “per sempre” sono una beffa
Di stelle era gremito il cielo
ora di meteore cadute in mare ho perso il conto
Fortuna e pazienza non mi sono state amiche
Guardo al mio Universo e il sonno mi vince
Muoiono sogni e speranze in un baleno
Le parole “per sempre” sono una beffa
e il destino non ha il ruolo di protagonista.
*
M’accorgo delle guerre fredde silenziose
non dichiarate oscure
delle omissioni e distrazioni
delle deviazioni delle scorciatoie
per fuggire lo sguardo
M’accorgo dei segnali lasciati
solo per non essere messi alla gogna
in un eventuale giudizio
di certe finezze studiate
con oculatezza
M’accorgo di un saluto distratto e di uno negato
di un ritrovarsi per caso sull'altrui rotta
per compiacenza o per essersi schierati
dove la Verità è mera pretesa
E m’accorgo della mia assenza
dove i muri sono alti i mari glaciali
i viaggi inesistenti numerati cancellati
della mia latitanza dove si compiono pellegrinaggi
Perché quando siete lontani
io scavo tra le vostre crepe
e quando tenete in mano il coltello
tutte le mie ferite urlano più forte
E quando siete nelle vostre case a spiare dai vetri
io sono in strada sotto il chiarore della luna o alla luce del sole
una boccia di vetro
con le sue incrinature e le sue imperfezioni.
Trasparenza che mai si rinnega...
*
E vorrei scriverti ora del mio pensiero
e delle cose innumerevoli lasciate sui binari
quando i tuoi occhi si chiusero sui miei occhi
cancellando il diario dei giorni
e l'orizzonte divenne una linea nera
Aquiloni in cielo strappati dalle tempeste, i sogni…
non restano ora che brandelli di colori
sul freddo asfalto a chiedere ancora vento
E vorrei scriverti come mai ho osato, scriverti
dei miei silenzi ed abbracciare ancora quel sorriso
ignaro di occupare del viso tutto lo spazio
sopra il mento e sotto il naso
ignaro d’essere cielo e mare.
E' così che le cose piccole sono grandi nella mente.
E il tuo sorriso è immenso ora che manca.
*
E' il defluire della tua vita in una goccia
Scivola inseguendo altre gocce
Vorresti frenare l'impeto del fiume
ma non hai braccia possenti
e a nulla servirebbero le mani e i piedi
o qualsiasi altra parte del corpo
quando la vita pare sfuggirti in un attimo
gocciolando al suolo in una macchia rossa.
*
Avrei voluto essere contigua alla tua luce
baciare le pietre e il tuo cammino
e chiudere il cancello del giardino
di rose e viole e ciclamino
e di verdi aiuole ai piedi d'un albero
il cui nome più io non so dire
Avrei voluto prendere il treno
un dì lontano tra mille dubbi
timori ed interrogativi
E giungere alla tua dimora
come per caso
stupirmi della mia sorpresa
Che ardua impresa
quella mai compiuta
come la tua col solo tuo pensiero
fisso ai binari
e i piedi in altra direzione dove
il tuo mondo le regole dettava
Nessun cielo è testimone dei nostri sogni
se non a nord e a sud l'aereo spazio
pregno di differenti solitudini
e di lune e stelle che hanno il nome
che noi diamo con estrema convinzione
e il più delle volte errato...
Amore che più non comprendi
delle parole il suono e neppure il senso
il tempo è tutto tuo ed è infinito
Caronte dall'altra sponda mi sorride
mentre lievita nell' aria
un desiderio anomalo di quiete.
E tutto è racchiuso in un sospiro.
*
Scrivo di mancate mietiture
e di filari in un ordine imperfetto
Tutto è tornato a te
la zappa l'aratro ed il bidente
E il grappolo maturo nelle vigne
che rigonfio sorride alle donzelle
allegre come vespe sopra i fiori
nel gioco dell’impollinazione.
Amore...
che vuoto dentro una parola!
Rimpianti elemosine di ore
pause ed inspiegabili silenzi
senza suono né cuore…
Amore scritto ma invisibile sui muri
Amore deragliato su binari
morti come sono morti
quei sottili fili tra di noi
Incompreso nei suoi deliri
irraggiungibile
come irraggiungibile è quel sogno
pensato solo d'uno.
I solchi nella terra son ferite
inguaribili e profonde
incrinature senza fioriture
ed hanno in sé perle gelate
d'un pianto senza fine…
Che belle quelle labbra mai sfiorate
quelle labbra d'un amore impronunciabile
Che bello il tuo viso così lieve
che si veste d'azzurro tra le nubi!
*
Che tempo è questa lentezza d’ore che conto,
incapace di un disegno posata sul divano come cosa
nell’aria scialba dopo lo scroscio improvviso d’acqua
in attesa ancora d’un rumore un boato la visione
d’un sepolcro che s’apre per miracolo o perché è scritto
che dopo ogni morte c’è rinascita.
Che tempo è questo giorno accecato d’erba tagliata
mandorli spettinati nodi sui rami dove un istante fa
era un grumo fiorito, spilli accesi di rosso e viola,
che tempo quest’eco di ricordi di ore liete e di addii
quest’andirivieni di pensieri affannati per altri lidi
quest’inquieto vivere cieco e sordo alla vita…
*
E se ora anche volessi inserire segnalibri
non saprei dove sostare
Non v’è più traccia di petali e sfumature
dei colori accesi. Solo i segni delle stimmate
Vi sono pagine dimenticate, falciate in un colpo
e pagine dove il vomere ha lasciato solchi
Vi sono parole che risuonano e per sempre
ruggiranno nell’anima con amarezza
E l’eco è un boato più forte persino del vento
che ha spazzato via ogni cosa, anche le pietre.
*
Un fermento invisibile...
crescente,
da altri lidi.
E poi accade d’un tratto
di ritrovarsi nel fango
ad aguzzare la vista
per cercare le perle.
*
Perché ci siamo arenati?
Le burrasche accadono
ad ogni stagione
di questo tempo senza più tempo
insensato ed imprevedibile
scalzo
C’è sempre un’arca nella mia mente
un’arca dove manchi e dove
ogni spazio è vuoto
ed altri abitanti non sono
d’alcuna specie né genere
d’alcuna forma
Perché ci siamo arenati
sull’irreversibile
sull’indomabile ignoto?
Il mare l’orizzonte
la riva l’isola
l’arca?
Tutto ora è inutile
e tutto pare fermo
anche il nostro insistere
in apparente cammino,
anche il Pensiero.
*
Non risponde a domande
non interroga non scava
non scinde non crea
ipotetiche visioni o deliri
Ha molteplici facce non maschere
ha risvolti sfumature eccezioni alla regola
non si erge a giudice
non dice io sono
Non ostenta lo sguardo di chi
con le mani solleva le tavole
sul sommo d’un monte.
E si pone in ascolto
Accudisce e consola chi di errori
ha cornici sulla credenza
E comprende e perdona
e talvolta s’asconde intimorita
E spesso piange lacrime amare
in un angolo remoto
ma torna nel silenzio che abbraccia
e le menti accarezza
E’ un vento che s’agita lieve
e di pioggia e di rose
intride il cammino.
E’ un vento la Verità…
*
La terra che irrigavi
ora è riarsa.
Il vento ululando corre
ed imbratta di polvere le zolle.
Non v’è altra voce...
ed il silenzio piange
l’affanno
e della vita il fallimento.
*
Voli dirottati
viaggi annullati
binari mai percorsi
mari mai solcati
Dell’Isola quel vago disegno
tratteggiato a matita...
di palloni aerostatici o di alianti,
cosa n’è stato?
Promesse …
Ho sfiorato il cielo
e al suolo l’impatto è stato violento
ho sognato fino a quando
non ho più visto dinanzi lidi azzurri
Ho compreso ed ho pianto
ho seminato nostalgie e rimpianti
ho sbagliato pensando
di stringere nel pugno l’Infinito
La Verità?
Nessuno possiede la Verità.
Neppure tu.
Io ho solo i miei errori,
centuplicati ai tuoi occhi.
*
Immagina di andare dove vorresti e di avere solo le ali.
Non i vestiti non un bagaglio non le chiavi di casa
non una meta.
Sì, non una meta John, pare strano…
Viaggiare su clivi e colline
e sorvolare mari sfiorare il picco dell’onda
cadere...per gioco
e non fermarsi mai.
Magari sognare
di scivolare nella corolla d’un fiore
per innalzarsi ancora nel cielo,
più su dell’azzurro.
Sono sveglia ed è buio all'improvviso.
Non ho una macchina né le chiavi né la patente
vorrei andare e neppure so dove, John.
Immagina di andare dove vorresti e dove non puoi…
Da “Parlando con John”
Raccolta di poesie
*
Hai visto, John?
S’annidano come insetti,
che clamore!
Sono formiche in fila.
Sono laboriose le formiche
ma a volte stupide
in quest’inanellarsi sopra il muro
La parola, la parola chiave,
tu pensi apra tutte le menti?
Ma sono atroci i pensieri degli allineati,
più delle guerre
più dello stesso discorrere delle guerre.
Da “Parlando con John”
Raccolta di poesie
*
Sta tramontando maggio
cupo di venti e di foschie
di voli annullati nidi intimoriti
alberi, scrigni sigillati,
in attesa d’un sole alle finestre
sull’asfalto nei giardini
e sul legno fradicio di panche
superstiti a cieli rovesciati
_pianti a dirotto tra le rughe d’una terra nuda
memore d’ataviche ferite_
D’un tratto
è un raggio che s’espande
e ravviva un mondo
uno spazio intorno immaginato vuoto
D’un tratto
di rondini nel cielo acuto un grido
si diffonde sul fitto chiacchiericcio del fogliame
e distoglie dal melodico canto d’una capinera
o dal monotono grugare delle tortore
ed ogni altro suono scompone
come in un infrangersi di vetri,
trasparenza di schegge che si colora
Non è oro tutto ciò che luccica
e la gazza attratta dal fulgore
non s’avvede dell’inganno né le importa
D’un tratto
il passo si fa lieve
ameno il percorso quotidiano
pur se di fatiche il giorno è colmo
Il tramonto recherà alla sera
il muro l’ombra la luna e il pozzo
a completar l’opera e la tela.
Una speranza nuova
d’un tempo allegro nelle vie, d’estate…
Dell’estate che ora s’avvicina.
“Maggio 2023”
*
Non è prerogativa della sera,
le ore in ombra la linea opaca l’attesa vana,
questo fiato freddo che spegne le note
nella campana del sax
Uguale è il giorno
col sole che prende confidenza sul mio capo.
Eri nelle mie ossa fluivi nel sangue
eri emozione
e una fiammella torcendo la lingua
mordeva l’aria in fugaci visioni
Ora le parole hanno il suono d’una frusta
ad ogni passo ogni divagazione del pensiero
ogni ritorno ad un’eternità solenne
Sarò ferita che si riapre ad ogni tocco
Sarai... nonostante il ventaglio di colori
un chiaroscuro che interroga lo spazio
dove io non sono.
*
Osservo. A cosa serve?
A dire del difforme dalle consuetudini
dagli usi e disusi, da meccanismi strani.
Beato quel gregge senza conduttore
e quel pastore maestro di armenti
che hanno imparato il sentiero a memoria!
*
Cammino
m’accompagnano i pensieri
con la pioggia fine
e un filo d’aria tra i capelli
Vado piano
lo sguardo in basso
attenta alle lumache
sul ciglio debordate
Tornano lontani lampi
in questo tempo scialbo
di pene e d’abitudini
di rinnovati inganni
Silenziose tempeste
fragor d’altri suoni.
M’attende un altro giorno
d’incognite e di nodi
La mano sfiora il muro
la stanza prende luce
smorzano i pensieri.
Si spengono d’un tratto.
*
Salto o sosta che sia
su sentieri tortuosi,
fili nel verde.
Di speranze bisacce
che gettano semi
durante il percorso.
Domani è coscienza
dell'essere in divenire.
Lava e lapilli
d’un immenso cratere
e il mare nero dopo il tramonto,
scrigno profondo
a raccogliere perle,
pensieri appassiti
senza nodi di nuovi germogli.
E’ il tempo che passa
che dona certezze ad un volto segnato
e all’anima strappata, a brandelli.
Ricucita per nuove tempeste.
- A me stessa per il mio compleanno -
*
C'è ancora luce in cielo
e il sole che assiso tra le nubi timido sorride
e gocciole che scivolano dai rami
e ancora un rincorrersi di stille sopra i vetri.
Imploro pace dal delirante sogno
che conduca celere all'oblio.
Anima mia trafitta mille volte
Anima tesa alla speranza e spenta
_ ravvolta tra i suoi cenci_
in solitario canto una notte d'inverno e d'inganni
quando il verbo fallace
m'oscurò eterno un viso e l'agognata voce...
Anima mia inquieta e peregrina
nel tuo giro d'ombre e di spine!
Anima tempestosa e mite nei tuoi sottili arcobaleni,
Anima mia non cedere, risorgi!
*
Accade ch'io torni sulle mie tracce
dove spiragli di luce come lame
hanno scavato sentieri
ed ombre appena il peso d’un velo
hanno lasciato fitta una trama
Amore perso negli aromi fluttuanti
di giardini mai in terra esistiti
Amore inseguito su impossibili rotte,
un sorriso per cielo
ed il cielo il tuo solo universo...
Raccogli ora briciole intorno
più dolci delle mie turbolenze?
Sulle mie tracce accade ch'io torni sgomenta
e che altri esausti perdano il conto
delle mie giravolte
Io fiuto respiri e ritmi inconsueti
sono un punto che rotola giù
un minuscolo punto disperso
tra le anse del vuoto
Forse un giorno diverrò orizzonte.
*
- A mio padre -
Questo tempo imperfetto
è di noi superstiti
Padre
della tua cenere non so
quanto c'è nelle mie ossa.
*
Mi frenano le tue parole
sassi tra rivoli d’acqua
Ora il mio pensiero va
muto e ramingo
e per lidi remoti
dove tutto era amore
e tutto era brama d’armonia.
*
Acuisce la notte fisico malanno
o dell'anima il travaglio
la tosse incede o la schiena duole
_strano a dirsi in stato di riposo_
La mente vaga va per binari morti a volte
ed altre s'incammina con passo celere
come a spiccare il volo
per proibiti quant'oscuri lidi
La fantasia è un destriero disubbidiente
alle redini e alla sella
Il giorno è nemico
e ti scaraventa a valle come un sasso
fatiche sventaglia all’orizzonte
e ti frappone ostacoli ad ogni minimo obiettivo
È un bene è un male? Non so...
Io so soltanto
che fermarsi spesso è come morire
e solo qualche volta dona quiete.
*
( acrostico )
Piove e non t'annunci bene
Roseo immaginavo il tuo esordio
Incredula d'ogni previsione
Maggio il mese a me più caro
Odoroso di rose e di viole
Ma forse in mente ho quella donzelletta
Adorna dei bei fiori in petto e in crine che
Giacomo descriveva con affetto
Giungerà tempo migliore oggi è il primo
Iniziato con una fresca pioggerella
Odiata dall'uomo, alla terra par sia giovamento
p.s. versi come "odoroso di rose e di viole" o "in petto e in crine" e parole come "donzelletta" e il nome stesso "Giacomo", hanno come riferimento di ispirazione al grande Giacomo Leopardi.
*
Ultimo giorno di aprile
nebbia
come ad un incipiente novembre
che ha brama di mostrar le sue primizie
Tace delle rondini il garrire
il grido acuto di giorni recenti
ormai passati
lasciava presagire della primavera l'ascesa
e l’aria garrula di suoni donava armonia all'anima
pur se in preda ai consueti suoi malori
ora è un velo che cela dell'orizzonte rinnovate speranze
Un velo… ma una trave sull'anima
rinchiusa nel suo quadrato di ombre
I tuoi colori sono sempre vivi. Rimembri?
Tu che nel fondo di un abisso
hai chiuso attimi di vera passione
e hai spento fiaccole se pur fioche?
Erano lumi nell'infinita oscurità, erano lumi.
*
Ho peccato John!
Mi sono seduta a tavolino
ed ho imbrattato un foglio
non ho scelto il verbo giusto
Fuori, il viale eccitato dalla corsa
Una folla delirante
il pensiero era sublime quasi perfetto
Ma ho scagliato parole a valle
con veemenza
ignorando ogni intelligenza
e calpestando il silenzio
Ed anche il suono
anche l'eco del gong
anche i miei sogni sepolti.
Ho peccato John!
da "Parlando con John"
raccolta di poesie
*
Manchi a La Gallinola ai sentieri al passo
al coro sommesso delle voci amiche
manchi ai giorni pieni di patimenti e affanni,
inquieti... eppur sereni
vuoti ora dei tuoi silenzi e delle tue preghiere
ma alberghi nel pensiero e nel cor di chi ti ama
e chiede nuova speme al tramontar del sole.
Germogli ovunque, Eterna Primavera
e al melodioso canto del pettirosso
e al grido d'una rondine nel cielo.
PS. In memoria del prof. Biagino Gianfrancesco
*
Ad una voce germoglio
rovo di foglie e nodi espulsi dai rami
solida la radice in una terra di rughe
( un pensiero fugace )
non un bene da preservare
L’anima domanda uno stormire di suoni
emulazioni di piuma su ciglia intorpidite nel buio.
Una voce un nome, nel dubbio…
corrispondenza che soddisfi
una curiosità cristallina
Ad una voce (ri)echeggio
note sparse scomposte
in litanie di ritorni
alla verginità di tempi sepolti
L’anima domanda maggiore levità
nell’attesa che le croste sobbalzino
al passo lento di un vivere, estinti.
*
Lo dicevi..
L'essere umano è così
sete di potere
mania di protagonismo
invidia gelosia
la corsa dritta alla meta.
Di che soffrire?
delle cose ovvie
di ipotesi che si avverano
di previsioni facili
degl’innumerevoli mezzucci
per giungere alla china?
Un animale anche il più selvatico
coerente è con la sua natura.
Per l'essere umano sei una pedina.
Il re vuole il trono ed anche la regina.
*
Ali di gabbiano ed artigli d'un falco
acuta la vista
lente minuziosa a cui non sfuggono crepe né fori.
Lacerato dalle sue disavventure
scivola sulle altrui emozioni
tra onde ed abissi
e come impronta ricalca
l'orma identica già impressa al suolo
di un’anima che geme flagellata dal dolore
estraneo alla pelle e al cuore di chi
a torto o ragione convinto si crede
d'egual patimento.
*
Avrei voluto darti le emozioni
di parole cadute a picco
proprio dove pensavo ci fosse
solo d'acqua chiara una pozza
che il vento empiva d'ogni cosa.
E invece i miei pensieri straziati
da silenzi così immani
dopo le acrobazie innumerevoli della mente,
follemente sana per rimanere desta,
si sono arenati proprio in fondo al tunnel
che un raggio lasciava intravedere.
Non erano mature le idee e i sogni
deboli nelle ali e nei disegni
sono caduti in mare
È quel che accade alle meteore…
_noi attratti dalla luce_
non impieghiamo bene quei secondi
per esprimere un ardente desiderio.
E tutto ciò che passa più non torna
solo ritorna il dolore col rim(pianto)
per sorte avversa e non prontezza nostra
nel cogliere l'istante di promesse
e di letizia pieno.
*
Oggi è primavera e qui c'è buio
un'aria grigia e sorda
la culla tra i rami disadorna
gocciole minute sopra il capo
e sull'asfalto.
Io e i miei pensieri per mano
come fanciulli restii, tesi verso altra direzione
io e i miei timori d'un giorno aspro
io e le mie attese, la muffa nel cassetto
io e la solitudine, lei un numero perfetto.
Fredda è la pietra nel giardino dove
la lucertola spesso d'un raggio gode
fredda la stanza, ha pareti d'acciaio
fredda la mia fronte, lo zefiro in salita.
Un verso torna ad eco e mi consola
“Sono nata il ventuno a Primavera”
Ed oggi è venti...ed è primavera?
No, è solo una fandonia.
20 marzo 2023
*
Forse era per far tacere il tuo inferno
e il dolore crescente per quel morbo estremo
che t’addentrasti per quella selva oscura
e nell'ardua impresa di tradurre i canti
nel dialetto della nostra terra?
Era per non pensare
per tenere a freno il desiderio d'una vita
libera di muoversi e celermente
sulle proprie gambe
e di riavvolgere le sue memorie serenamente
per il tempo tiranno e sempre un passo più avanti,
fugace e menzognero?
O forse perché l'afflato di quel tuo “esser niente”,
declamato lì sulla soglia,
in piena consapevolezza della potenza del Pensiero
è in realtà nuovo germoglio
in una primavera che ha deciso di cancellare ogni illusione
per condurti alla vera Luce?
P.s. : In memoria di Ugo D'Ugo, poeta e cultore della tradizione molisana, scomparso il 25 marzo 2023.
*
Navighiamo questo mare nero,
di tempesta in tempesta,
su zattere o altri mezzi di fortuna.
Chè quiete è morte o quasi
o un ribollir sott'acqua
di nuovi mali e di peggior sventure.
*
E si va avanti…
e il ritmo poco importa
né il suono, se nenia o melodia...
E se un tempo assai remoto
tutto il dolore confluì in poesia
ora il pensiero, delirante
dalla Musa fugge via.
*
Rimarrà bianco il foglio
mentre un solfeggio di note
discorde dalle parole e dai silenzi
risuona di desideri muti,
quelli sulla scia delle meteore
dispersi in luminosa pioggia.
Era per te ogni sillaba
ogni dubbio ogni sguardo
puntato a nord della mia terra
ogni sospiro che tornava ad eco
al sorgere del giorno
ogni passo in solitudine
ed in testa dialoghi soavi
tra le anime di vite differenti
eppure uguali nell'afflato.
Avevamo un concetto originale dell'universo
lo stesso che poi battezzasti
col nome di prigione.
Ed ora il foglio bianco è un campo incolto
un campo infestato di gramigna
ed io mi aggiro esausta tra le ortiche
_magra di speranza la bisaccia_
cercando tra le spine un fiore antico
o forse solo un fiore più gentile.
*
Non volevo la luna
ma che i tuoi occhi
fossero due stelle
più vicine alla terra.
Due diademi sospesi
nel buio di una stanza
ghiotta di sogni.
*
Contemplo le tue forme
frutto d'una costola
nell'ingegno d'un Dio
ignaro
di tutti i conseguenti mali della terra.
*
Se il premio alla fine del percorso
fosse rinascere ad un'altra vita
e potessi io scegliere la forma
opterei per un animale domestico
o anche un vegetale
un qualsiasi vegetale
nell'aria immerso e nella terra.
In fondo vivere non vuol dire
necessariamente dover soffrire.
*
Monotonia di una nausea...
insistere sulla terra mappando le zolle
il fiato sul collo invece d'uno zefiro.
Quando ha tregua lo spasmo,
dimmi? La notte, mentre fingi un orgasmo
o forse attingi ai colori di un sillabario virtuale
per le tue innumerevoli ombre?
Quando vivi davvero il tuo esistere aritmico
fibrillando emozioni sepolte ( o di altri )?
dove strusci (strisci) di sbieco
_un raggio sul marmo ghiacciato_
elemosinando il bene smarrito?
*
Ho un male dentro che a narrarlo
pare un blasfemo
quando alla vita pare nulla manchi
un male che rimugina pensieri
brucia nei ricordi presto spenti
se sepolti nel fondo scuro d’un cassetto
non trovano ristoro
in un raggio che inaspettato
illumina la stanza.
Non vedi dinanzi a te un corpo lasso
le braccia penzoloni,
capiresti la tristezza che s’espande
macchiando l’aria in un baleno …
ma lo sguardo dimesso trasandato
di chi nel vuoto annaspa
dove tutto è nero
e tutto ora non ha nome.
*
Sto sulla riva
sperando in un'orma sulla sabbia
dopo l'ira di un'onda anomala
e del miracolo (improbabile)
di castelli superstiti alla bufera.
Ora il vento discorre soave
come fa con le primule al mattino,
prima di mutare direzione.
*
Ora le cose hanno il loro nome esatto
nitidi contorni perimetri perfetti
e sono vere o false oniriche o reali
sono allegre o tristi scure chiare.
Ora le cose stanno nei confini
sono piccole o grandi vive o morte
non hanno dentro quel rimuginare curioso
di quando ti interroghi e dubiti di tutto.
E non hanno dentro lo schiamazzo del pensiero
di quando chiamava i tuoi occhi e le tue mani
e guardava la strada dinanzi e non s'arrendeva
pur indovinando la distanza.
Ora le cose hanno la strana quiete
dei cimiteri sotto il peso della neve.
Le foglie sono foglie e i rami, rami senza più germogli,
senza attese dai nidi né richiami.
*
Era per te la passione
e quel viaggio esplorativo
tra i sentieri del piacere
l’enfasi il respiro crescente
il ritmo del cuore le note sulle labbra,
in piena fioritura.
Era per te la pioggia
e l’alito caldo della sera
l’onda l’erba lo stupore.
Ora sei giudice supremo
a precludere la soglia dell’eden,
ambito sognato, troppo spesso
trasfigurato tra le anse d’un desiderio vivo
nel cupo delle notti d’inverno
e di tremule stelle.
E nell’attesa di giorni nuovi
ignari di binari e di treni in corsa.
*
Ho mutato il mio esistere
guardando oltre le nebbie
ho spento le stelle
per la luce pura dei suoi occhi.
Ora le pareti mi guardano
definendomi vagamente
al pari delle ombre.
Consulto oracoli temo profezie.
Il tempo estremo ora è un raggiro
inclemente mi oscura ogni traccia
di chi ha mutato il mio esistere
nell' incompreso ed incomprensibile cammino.
*
Il silenzio era riparo e maschera di un'idea matura
l'orizzonte solo una linea nera
in un deserto di speranze
e della vita possibile neppure il miraggio.
Oltre il sentiero tortuoso foglie ancora verdi
migravano verso un tunnel
senza via d'uscita.
Della luce l'inganno.
*
Questo bacio mai dato
che non chiede un giardino
né risiede nella corolla fiorita
non risplende nell’ovale del viso
o nel lago degli occhi
non vaga sul perimetro dei fianchi
non sfocia sul ventre
_aria spuma cipria piuma_
questo bacio ch’è pensiero
sigillo invisibile oro
e trema quando sfiora il deserto
e viola la nuca di raso e le labbra
questo bacio che odora d’aurora
e si cela alla luce forte
trafigge le nubi i rami un’ala
sul sentiero della memoria
questo bacio mai dato
ha contato le assenze
ed i premi mancati
ha colorato vuoti
e ai pensieri ha regalato diademi.
Questo bacio ch’è quiete ed è tempesta.
*
Giunge la notte e vorrei fosse eterna
una notte elegante nel suo abito lungo
di raso carezzevole gli occhi un velluto la bocca di rosa
una notte che penzola come un melograno
una pallida notte lunare sopra il pozzo la via la chiesa
la porta socchiusa la mano tesa il commiato il profumo
che resta nel vento un istante poi si disperde
Giunge la notte e vorrei fosse eterna
un ricordo un gomitolo gonfio che si dipana un sentiero di stelle
e sentire cadere tutto il peso del giorno le ansie i timori
gli inganni l’ambascia che muove i pensieri
ancora, quando tutto d’intorno pace reclama
e sognare un’orma più grande accanto che all’alba non muore
ma con te condivide il cammino.
*
Muovere i fili sul palco perché continui
lo spettacolo delle marionette...
è il compromesso tra vivere e morire ?
L'anima conduce il suo gregge
nei verdi pascoli del cielo.
*
Nel rincorrersi d'un verbo senza suono
sulla lama del tempo
un'ossessione sterile si perde dentro stagioni inutili.
I passi sostano dove c'è quiete
e la memoria stilla le sue perle
mentre qualcuno ti scava dentro.
Non esiste la chiave giusta
e la vita persevera nel suo inganno
insolente come un mendicante d'aria
un ladro d'angoli all'ombra della piazza.
La luna volge lo sguardo altrove
là dove sulla terra si contendono troni
e consumando tappeti tagliano nastri.
Il premio è nel gong del cuore
mentre la solitudine accarezza la pietra
con un raggio indelebile.
Uno straniero deturpa il silenzio
attingendo al paroliere.
Fredde emozioni
strani duetti in un panorama in bianco e nero.
|
*
Pensi sia qui tra la prima e la terza falange
sulla punta d'una scapola all'alluce,
no è nel sangue tra cellule impazzite
ed il vento la nebbia la pioggia
il gelo che gela al contatto le cose
i pensieri i disegni le idee.
Lo so
a chi lo dici...
Ho male alle mani
ai malleoli ai ginocchi.
I polsi trafitti le fitte alle costole…
Taccio.
Ognuno il suo male maggiore minore
somigliante forse per sopportazione
nell'indice il picco dell'onda,
scivolando sul fondo.
Dolore...
è nel sangue
nel cuore
nel respiro che manca
nel passo che arranca
nel fiato aritmico,
in pausa?
Nel verbo che assente
pronuncia i suoi vuoti.
Pensi sia qui alle tempie
un chiodo d'un attimo
uno sciame che punge
per fuggire lontano.
Ma ora è alle costole
a trafiggerti il petto.
Lo so,
anch'io...
è ovunque il dolore
m'attanaglia m’uccide...
Ho visto che danzi che corri
t'addobbi per andare alle feste
t'ubriachi sorridi stornelli divaghi
rincorri le folle, starnazzi...
Ecco penso... è lontano
in quest'ora notturna
che il sonno è latente
la speranza una fiaccola fioca
che affiora nel buio.
Invece mi spia
mi colpisce che dormo
ed ormai più non sogno.
Ho visioni nel dubbio del giorno che sorge…
lunedì giovedì, il dubbio perdura
forse invece è domenica.
La mente vacilla...
*
Non so quanto l’amor coniugale abbia di paterno sguardo
certo la carne ha grido uguale allo spirito e negarne il richiamo
il più equivale a reprimer passione
o l’impeto sottacere del delirio.
Vedi, tu che or rinneghi e falsamente hai compreso il sentir della tua amata…
Le vedovelle piangono imbrattando i muri e guardano pazientemente
stillare gocce sul sentiero invocano primavere
venti cieli dentro intime memorie.
E tutti elargiscono sorrisi abbracciano l’aria che contiene ogni loro lamento.
Benedicono ogni semplice sillaba se non la terra da esse calpestata, in preda ad una visione.
Tu forse rievochi istanti o immagini o desideri in somigliante disegno, offeso e geli
dell’amor tuo un dì tant’osannato ogni verbo ogni grido ogni pensiero.
*
Vorrei essere la nuda terra dove posano i tuoi piedi
il cespo di rose sul ciglio della via il muro ombroso
la chioma cupa dove nidifica il tuo pensiero prima del nero.
Vorrei essere negli occhi tuoi quel bagliore che illumina le cose grandi
e le piccole le fa immense.
Vorrei essere una tua parola sussurrata tra la piega del labbro
mentre sorridi quando dimentico del suolo
t’innalzi in volo là dove il cuore brama obbediente solo
alla purezza d’un pensiero primordiale.
Vorrei essere culla ovunque t’adagi ed aria che ti circonda
vorrei essere quella mano che si perde nella tua mano
come in un sentiero d’inebriante gelsomino
e respirarti così tenero e vivo così fragile e vero.
Vorrei essere la nuda terra la terra che freme
e non vorrei morire ad ogni istante nella bufera
e dentro un vento che non vuol tacere.
*
Ho attraversato mezzo mondo ed ora sono qui incosciente
del soffitto della stanza la zolla di terra sotto i miei piedi
la finestra di fronte.
E non ho la forza di un pensiero un verbo un ordito
un qualsiasi disegno.
Sono qui trafitta dalla luce e non comprendo
la fortuna di una morte che si rinnova
sul finire del giorno.
Un rito puntuale più che fedele.
Sarà per questo male che ha radici profonde
e spesso buca i colori alle immagini
restituendomi bozze in bianco e nero.
*
Il mio dolore è muto
va interrogando il vento
si confonde sui vetri con la pioggia.
Ha dentro una dolce nostalgia
eppure è triste.
Il mio dolore grida
quando tutto il mondo dorme
non ha sogni o desideri nè speranze.
Il mio dolore è profondo un abisso.
Ha vortici irreversibili
maglie che strangolano
il più ingenuo dei pensieri.
*
E quando il giorno dice alla sera è tardi
sul taccuino annoveri le cose rimandate
ed hai coscienza del poco portato a compimento
della vanità inseguita delle cose difficili ignorate.
E quando il giorno dice alla sera fermati
ti accorgi del tempo buio sceso come un fiato sospeso
mentre la notte inebriandoti
confonde i pensieri nella mente.
E quando il giorno dice alla sera chetati
tu volgi in turbine non voli non approdi
non sogni non esplori il nulla.
Semplicemente ti disperdi.
*
Ora che non sono un nome sulle tue labbra
né piuma nell'alito del vento
Ora che non ricordo l'inebriante gelsomino
né il leggiadro papavero tra il biondo delle messi
Ora che non ho la leggerezza del pensiero
né la vaghezza della parola
Ora che non ti sorrido né sono una tua lacrima
ora che non corro nei tuoi giorni
Né mi racconto tra le ombre della sera
Ora che non sono alba né tramonto
ora che non sono aria né acqua
ma abbraccio tutte le cose della terra
Tu non ami più questa terra
e non domandi più la mia luce
Ora so d'essere il nulla
ora so che mi hai dimenticata.
*
Toccami
col fragore delle onde
e il ticchettìo leggero
della pioggia sui vetri
stordita al gracidio d’una rana nel pozzo
palpitante in un risucchio di piovra
che afferra una mano o un piede
o la bocca alcova d’intenso piacere
Toccami
dove la voce interrompe il respiro
e il respiro scivola nella sete
e la fame convulsa accende miraggi
dove le tue fantasie e le mie diventano vere
in un grido che sventra la notte
nello sferragliare dei treni sulle rotaie
Toccami tra lo sciabordio
d’un nugolo d’api
che migra lontano
nella nebbia che cela
allo sguardo indiscreto
un gesto più ardito
Toccami
tra le acque chete
nel fuoco sedato
nell’odore pungente che sale
dell’erba tagliata
lungo il viale bagnato
da una luna intrigante
e dalla tua brina
Toccami dove il buio
nasconde le siepi
le ombre coincidono
i bordi collimano
i sensi esultano nel fruscio della seta
mentre innesti cerchiamo
nelle gole - profondi -
e smorziamo con le lingue il respiro
ai baci strappato e alle onde
che il picco ora danno al piacere.
Poesia pubblicata nel 2018 su altro sito
*
Del pino so e del pioppo
e dell'ulivo col suo tronco contorto
Del nespolo m'hanno detto
interrogando qualcuno
sull'albero di fronte alla finestra del luogo dove lavoro.
So delle querce e dei platani
ma di molti alberi il nome ignoro
E so distinguere mandorli e peschi solo dai fiori,
il melograno e l'albero dei cachi allo spuntar dei frutti.
Ma non si può dir di me che abbia perfetta conoscenza di vegetazione e flora
E mi vien da ridere ora…
se per anni ho creduto il fico d'India un cactus
finché non ho chiesto a Nino il nome
di quelle piante che in Molise ho incontrato spesso sul ciglio delle vie.
*
Guardo fuori
un raggio di sole illumina la casa di fronte
Cosa attendo non so…
forse l’algida quiete dopo il chiasso festoso delle vie
mascherato dall’intruglio degli umori più strani.
La memoria percorre i sentieri d’un passato recente
e mi dice che nulla è mutato dall’anno passato.
Forse il vento… chetato, ma solo al levarsi dell’alba.
Sto come foglia che teme d’esser sospinta lontano dal ramo
Le ore d’un tratto più lente, d’inspiegabile angoscia
per un bene perduto in un picco di assenze tra carestie
e l’inganno del vivere sognando l’eterno.
Cosa attendo non so…
con lo sguardo che pare voglia gettarsi nel vuoto
Un pensiero che arrivi a lambirmi come pioggia stellare
un sorriso ora nuovo che riporti nel cuore l’antico.
Guardo fuori
Il cielo sì terso ancora lusinga il mio fragile corpo
di ali malconce munito.
*
Nasce così questo momento conviviale
uno stimolo mentale un break un tuffo oltre
senza l’esigenza vera di sfamarsi.
Sorseggiare da un bicchiere un’onda anomala.
Noi padroni.
Dentro momenti in cui alziamo gli occhi al cielo
e non vediamo solo la notte. Le stelle parlano di noi
che siamo veri nei nostri abissi.
*
Bandiere
issate in alto
incontrarono
cieli liberi
Ora contano
nuovi strappi
dopo mille ricuciture.
*
(al gatto del mio amico)
Gatto che non avevi un nome ma ne ascoltavi cento
non avevi casa ma angoli
e la strada era il tuo pericoloso passatempo
gatto indifeso tenero d’età e perciò dal passo lento
che attendevi carezze sulla porta
gatto che guardavi col fulmineo sguardo
l’onda delle crocchette la mano amica
l’ombra che si allontanava paga
Gatto in posa sulla panchina al sole
il pelo lucente gli occhi stretti
beato nel tuo stare quieto
senza contare il tempo per noi così tiranno
gatto che recavi del mattino il saluto
e del tuo esser vivo lasciavi tracce
ora tu hai un nome ed hai una casa
e il miagolar concerti e fai le fusa
al tepor della mano che t’accarezza la lucida pelliccia.
*
E penso al cielo a migrazioni del pensiero
agli storni ai loro disegni agli aquiloni oltre il confine
E penso alle nostre braccia tese agli attimi perenni
ai contorni delle ombre ai sogni ai precipizi inaspettati
E penso all’orlo dei silenzi alle parole _gocce_ al loro tintinnio
alle speranze raccolte dentro gerle di vimini
E penso al nostro divenire nel cuore della terra
all’essersi perduti nella tormenta senza più un arcobaleno.
*
È tempo di uscire per le vie
ignorando schiamazzi e silenzi.
Non c'eri quando ai bivi ho tentennato
(sbagliando forse direzione ?)
quando ho cercato conforto dalle assenze
e forse ho peccato di rimpianti e nostalgie.
Quando ho visto disfarsi le promesse
ordite con pazienza nel buio dei giorni
in attesa della luce (la tua luce?)
Forse eri dentro la cornice ed i tuoi dogmi
i punti fermi i panorami possibili
il limite concreto dei tuoi numeri.
Io a quietare battiti e respiri
tra ansie e timori
e le pieghe innumerevoli dei sogni veri.
Oggi sono ripudio. E quel che fu essenza
immutato vive di una morte già annunciata.
*
Pensato è il sogno
per le celesti sfere
ché se rasenta il suolo
s’infrange in mille pezzi.
Toccar mai conviene
le chiare bolle d'aria.
Esplodono ad un tocco
sia esso d'ago o piuma.
*
Si mischia al vento di bufera
alla frusta dell’acqua sui tetti
allo sferragliare sulla via di cocci e rami
quest’insistere della mano sul battente…
Un ritmo strano senza il ritorno d’una parola
che risuoni ad eco all’orecchio attento.
La stagione è muta ed è mutata
E’ un anno che pennella di grigio
soffitto e muri di silenziose stanze.
Giungono di tanto in tanto voci intorno
strumenti scordati unisoni solo ai gemiti
d’un’anima in agonia.
*
Sento solo i polpacci lancinanti
e l'urlo soffocato nel silenzio
anche se tutto il corpo cade a pezzi
come gesso dinanzi si disgrega
come polvere sfuma si dilegua.
Gli estremi amari vertici negli alberi
ignorano il tarlo alle radici
pensano d' essere gli unici colpiti
ed invidiano d'altre parti
(miglior) sorte, pure infelice...
Così le mie mani appese ai polsi...
*
*
Stamane un gatto giocava con un topo
l'ho visto trattenerlo per la coda e poi
lasciarlo in un grumo di terra
come un inutile gingillo.
Lo ghermiva quasi con dolcezza
e raschiava il terreno circostante
Ho visto il topo scomparire tra le zolle
e il gatto con gli occhi fulminare l'aria.
*
Stretti scuri lineari
aperti o chiusi
non si capiva bene da lontano
Forse solo accostati
pel trapelar d'uno spiraglio.
Di luce un tenue raggio.
Ma da vicino tutto era diverso
Dietro ogni uscio si stagliava un muro
e c'era freddo e un odore strano
e quel silenzio quasi innaturale
come quando pensi di star sola
mentre alle spalle una folla ti pugnala.
*
Vorrei dirti di un silenzio poco fertile
ora che odo gemiti tra i solchi
e la parola è una ferita aperta sulle labbra
ancora sanguinante
Vorrei dirti dei sogni affossati tra le pozze
nelle notti di invisibile luna
quando intorno tutto gracida strano
e non v'è nenia che incoraggi il sonno
Vorrei dirti contando sulle dita
di ogni cosa perduta oppur smarrita
sicché il conto portato sulle dita
approdando ad un numero finito
dell'impresa allevii la fatica
ma non bastano i palmi d'una folla
confluita copiosa in una piazza
all'indice completo delle impronte
che tu hai scavato nella mia memoria.
“A lui che di me è l’essenza “
|
|
*
Ottobre volge al declino
nebbie al mattino e sole sul capo
che ciancia di primaverile stagione
Confusi pensieri gli affanni di sempre
i sogni col prurito alle scapole di nuove ali
Già il sentiero crepita di foglie rossastre
e pigola sul ramo che si denuda un uccello sparuto
Solitario il mio canto perde il suo fiato in un mugolio indistinto
Il gatto ha una voce il cane altra voce
in me un silenzio che grida e fa tremare le pareti
d’una stanza sempre più vuota
Ottobre che muore la sera
una calma non vera la luna
una fetta tagliente nel cielo più d’una lama.
*
Troppi segmenti... ora sono diventati una retta
non apici né orizzonti o siepi a precludere lo sguardo
Le parole, quei tarli all’apparenza innocui
quelle pecche sul bianco ora hanno perso il peso
E i silenzi ripercorrono i sentieri della memoria
ora al trotto ora al galoppo
tra la polvere sui selciati di nuove speranze
nel grigio provvisorio delle nuvole
Sono passati mesi uguali nei loro tramonti
e le stagioni hanno dimenticato l’originario nome
nell’alternarsi di giorni senza luce e notti interminabili, insonni.
Altrove la luna si sdraiava sorniona raccontando favole.
*
Il vero premio fu la tua cattedra nella mia età adolescenziale
sapere di non sapere ed essere investita d’un ruolo non ambito
L’Infinito e Silvia nel profumo intenso della ginestra
ed io che alla luna ho parlato tante volte ma di cose poco profonde
del vento contrario del latrato dei cani nella notte
dei tarli nell’anima e nel legno antico dei mobili della mia cucina.
Non del genere umano non della sorte non delle tempeste
Mai ho attraversato sentieri dove il vento profumasse di gelsomino e rose
la lavanda fu la sola sorpresa notturna d’un cuscino sprofondato nel sofà
tra le note di Chopin le parole sugli scaffali i sogni sgranati di vermiglio,
i melograni della pazienza e dell’attesa nel grigio degli inverni
Da piccola fui grande con mio immenso stupore tra le bambole mai possedute.
Ora rotolo in discesa, un granello destinato a scomparire
mentre un canto notturno di pastori risale la collina
Non è più tempo di tramonti silenziosi e mazzolini di rose e di viole
Non è più tempo di vigne di siepi e meraviglia ed orizzonti di luce ove annegare.
Le cicale … che frastuono quando l’aria è satura di menzogne,
nel prato verde di nostalgia e desideri calpestati per distrazione!
Dedicata al mio prof. Biagino
*
Sorrido piango spero
mi dibatto tra mille onde
Esisto mi nego
simulo il vuoto
Affogo nella terra molle
come tra i flutti del mare
E vivo e muoio
Muoio e vivo
ma in un ordine inconsueto
L’anima sospesa
tra barricate e cielo.
*
Ci sono amori che non hanno voce
hanno camminato per anni sulle spine
ed attraversato il fuoco ardente
per una promessa una visione un sogno
Hanno sfidato un destino avverso
desiderando un fiato
una carezza un bacio
sguardi roridi di luce vita nuova
Ci sono amori che non hanno avuto encomi
hanno rialzato il capo mille volte
dopo una nefasta pioggia
fino a cadere tramortiti al suolo
Ci sono amori mai immortalati
in un quadrato sopra la credenza
Amori che hanno atteso treni
senza più guardare l'ora
ed hanno pianto senza versare lacrime
apici d'amara solitudine
Inconsolabili e sconsolati
nel difetto d'uno sguardo ed un abbraccio.
*
Cosa ne sa il Cielo
delle nostre vette
di premonizioni
di crolli e tracce imperiture
del peregrinare del pensiero
tra cunei ed apici
ora che anche tu ignori
d’ogni moto il senso
d’orizzonti e nebbie lo strano inganno
d’ogni sosta il vuoto
quando un nuovo affanno
è preludio nel bramar la quiete…
*
Ha perso la pazienza il ragno
o s'è distratto
e la sua tela
trama di ricami,
ora disfatta
è solo un tenue velo,
mera illusione!
Qualcuno maniacale
ha setacciato ogni angolo ogni lido
ed ha studiato di ciascun le mosse
col suo falso sorriso e con le lodi
e col copione in mano
Sempre lo stesso,
rinnovato forse nell'olezzo
che emanano certi corpi
imputriditi
al pari delle menti.
*
Sto
come un animale sta fuori della porta
Sul ciglio della strada ad un cane
hanno lanciato un osso
Dentro vicoli ciechi mugola ancora il vento
presto
il suo gemito tramuterà in pianto.
*
Spesso della stupidità ho sognato l’apice.
E su immaginarie vette l’ara
dove si pesava l’attimo
svestito della sostanza dell’Eternità.
Ed ho provato una strana quiete
il formicolìo d’un falso fermo... il lago
assopito sotto l’alito distratto
d’un vento antico.
*
Si ama il deserto pel susseguirsi dei miraggi
cessato il lampo torna arido il tempo
Promesse e speranze van dissipandosi,
ombre in fuga nel buio della notte.
*
Non parlo mai del dolore
tu però sai cos’è il dolore.
Non è un viso sbigottito.
Ma sfinito.
Anche quando resiste alle rughe la pelle
rivela ben più profonde incisioni
che a volte s’illudono di scomparire
increspature simili a smorfie improvvise
in quel gridare in silenzio
fischi che attraversano l’anima.
Esorbitano gli occhi
mentre s’espande un fuoco che gela
e sotterra ogni più piccola voglia
in un continuo rubare del mare alla terra.
*
Quest’irruenza nelle altrui sensazioni
sa di indecenza,
il gareggiare per lo sterile podio
rovesciando il peso d’un enorme bagaglio
s’un lido che vorrei fosse lieve
di luce e di spuma.
Quanta nebbia innalza il velo
sull’essenza e sul vivere puro!
Non c’è scoglio né siepe
nè spiaggia o montagna di sabbia
nell’immensità del Pensiero.
Solo ali possenti. Non confini né mete.
E qui sono troppo distanti dal sogno
e noncuranti delle meraviglie del viaggio,
chiusi tra irrequietezze e manie
ed i vicoli ciechi della finzione.
*
Lacrimo questo disubbidire all’amore
le ore di sospensione al cielo
le sottrazioni ai meandri del tempo.
Ora i corpi si sfibrano su di una panchina invisibile
Annota i rumori delle fronde la mente
ma nessun suono assomiglia al felpato silenzio
di lunghe notti ai poli, all'apice somiglianti
quando la distanza tra i corpi era sfiorarsi in volo.
*
La vita era ad ogni stanza
ad ogni crepa del suolo
ad ogni intrigo di rami alla finestra
sulla soglia restavano i passi odorosi di pioggia,
come in ascolto.
Il papavero stemperava il verde
nell’eco dei sogni,
spighe allineate nelle notti più grigie.
Ombre amiche la sera al riverbero d’un lume
narravano di vele e di aquiloni.
Ora qui non passa più un alito di vento
né mette radice il gelo.
Io... una città demolita
senza incisioni né impronte.
*
M’è scoglio quest'omogeneo scorrere che annulla
ogni identità ogni segno e non dà chance alla fantasia
E fluttuo nelle turbolenze avvezza a correnti avverse
Vele ricucite degli strappi ancora in mare stanno all’orizzonte
I miei viaggi anelano l’approdo sopra un’isola
per beltà simile e per quiete al Paradiso
(benchè sia solo un concetto in me il Paradiso)
Ma le spiagge, le spiagge sepolte
sotto un ammasso d’ombrelloni non m’attraggono
al pari delle piazze o delle vie gremite
dove il caos imperversa
e nessuna voce assomiglia alla voce del silenzio.
*
E se diventa un macigno il bagaglio ereditato
la malinconia lo sconforto gli occhi mesti
il silenzio eloquente
si fa marcia indietro dal punto preciso
reo d’una promessa (perenne?)
ora sepolto tra cumuli di terra.
Del bagliore nessuna rimembranza
tra i cirri d’un cielo malvagio
Di tante lune non resta che la beffa
d’una complicità apparente.
*
Anche ora che scruti il nero orizzonte
o dalla cima guardi gli abissi
pesci fiori foglie morte sassi
e pensi senza nulla pensare
e getti lenze nel vuoto
e peschi sillabe gemiti sussurri
e scavi tra le crepe dove perle
stanno tra la polvere e i fogli
scarabocchiati tra estasi e miraggi
Anche ora che le promesse sono vele stracciate
e la terra è lontana il faro spento e il desiderio
che qualcosa possa cambiare
è un vento straniero che schiamazza per le vie
Ora che ti sei rialzato a stento
nel buio d’un mondo che dorme
e non vede la tua sofferenza
e provi un binario nuovo senza grande entusiasmo
Ora che ti volti indietro accarezzando prati di margherite
e le corde del liuto addormentano le tue visioni
anche ora... il sogno resiste vive
dimora nella sua sfera, irraggiungibile
Il sogno non muore mai.
Ed ogni lusinga disillusa uccide solo la quotidiana realtà.
*
L’affannarsi è fatica vana
ognuno seguirà il filo
con qualche deviazione
qualche strano appostamento
qualche sosta fuori dai binari
e asseconderà infine la sua natura.
Germogliare ovunque il suolo imbruna
o perlustrare il terreno per una zolla assolata.
*
Ho scritto versi d'amore per un poeta
lui diceva di non essere un poeta
ma seguiva il sentiero degli aquiloni
e s’innalzava col vento sulle onde
Ho seguito il mio Poeta ovunque fin dove
il pensiero ha sfiorato il sogno
Ho dormito sulle ali sue possenti
ho seminato stelle tra le zolle
E sono stata pioggia e sole ardente
sono stata aria e terra bruna
Tempesta ed arcobaleno
primavera soave anche d’inverno
Ho scritto versi d'amore per un poeta
che custodiva nel suo cuore un sogno
Ma il desiderio come un fiume in piena
ha rotto gli argini portando via ogni cosa
Ed ora non ho più una casa
dove ogni dì fare ritorno
e non ho itinerari da seguire
e vago sola e sconsolata senza meta
le mani in tasca a trattenere il sogno
andato via con il mio Poeta.
*
Osservo...
Dov’è ora la passione?
È un correre o un camminare svelto
verso il traguardo
Mio Dio sono povera di spirito se ignoro
qual è il traguardo?
Il sogno ha spiccato il volo mesi or sono
sotto il mio naso
Incredula
l'anima vergata
relitto inutile rinvenuto a riva
Ma non era la meta
era il viaggio perenne
l’altura a bucare il cielo
Il bacio sublime tra il mare e la terra
a turbare intimi pensieri
Era il desiderio d'un cespo di margherite
mai raccolto
E quel giardino
il tuo, ora di nessuno.
Osservo…
Il mio andare sul filo
un vacillare d'ombre al destino
la lavanda sgusciata tra le piume
in un giaciglio _ansia e tormento_
D'inesattezze rumori d'immagini scomposte
c'è tormenta
di quiete nessuna speme
nella notte misteriosa.
Scrigno di stelle o minaccia di nuvole o intrighi?
Io cammino sulle tue orme ogni sera e non ti trovo
La passione in quale mare annega?
*
Un alito caldo mi sospinge i fianchi
asperità di scogli acre odor di limoni
un bouquet di rose gialle fa meno spoglio
il mogano d’un tavolino.
Riordino le briciole, sopra un velo di polvere
Di baci ricordo il sentiero oltre il giardino
oltre l’orizzonte oltre una soglia chiusa
e il sogno a seguire di un abbraccio
un nido una segreta nicchia per i miei pochi averi
Una ventola mi fredda il viso.
Il tempo riavvolge la pellicola
m’illumina sul volo il salto la caduta.
A galla resta solo il tuo pensiero
Delirio d’un’estate nuda vuota austera
pungolo che m’incita e sostiene fino al buio
d'ombre e misteriose tele
spazio eredità non contesa né condivisa
della mia vita passata d’ora e futura
Delirando oltrepasso il fiume
delirando cerco un approdo
E ti cerco come un mendìco,
in mano un cappello di paglia,
dietro il cappello un corpo adorno di stracci.
*
( a mio padre)
S'è spento d'un tratto lo stridulo frinire.
Nei giorni innanzi quel suono così intenso
seppur assordante non mi recava noia
non quanto nella mente dei miei pensieri il chiasso.
Padre tu dormi?
O forse t'agiti ancora
per le mie pene e pei miei travagli?
Ora i cipressi sono silenziosi
e s’è zittito lo stormire delle siepi.
La pioggia improvvisa ha chiuso l’uscio ai nidi
ma al primo raggio di luce, via le nubi,
di stormi il cielo sarà tutto screziato.
Si tingerà l'aria di nuove sfumature.
Dicono sia così in viso la speranza
eppure non v'è sollievo nel respiro del vento
nessuna quiete dentro e neanche intorno.
*
Quante previsioni quanti simili percorsi
quante false mete quante ipocrisie.
Scene che si ripetono ed orizzonti vuoti
racconti di viaggi inutili.
Ordunque amatevi ed odiatevi
in questo rincorrervi l'un l'altro
tra incenso e mirra
diffondete le vostre pseudo melodie
e vivete o illudetevi di farlo
prima che il mare vi restituisca a riva.
*
È uno stare in trincea
un combattere ostacoli
tra incubi timori
e la visione di un tempo nuovo.
Navigare in sogno
i colori dell'aurora
mentre di foglie il vento
simula il fruscio.
Vi sono vicoli da noi mai esplorati
in bilico tra limiti ed ipotesi.
Sarebbe bastato un briciolo di follia
in questa vita così aspra così esigente,
la scintilla per un fuoco inestinguibile.
*
Se non percepissi coincidenze in quel che accade
direi che sono piccoli segni
del nostro incedere nella stessa direzione.
Resterei ora sulla soglia ad attendere una luce
metterei insieme le note per la tua voce
(eco di silenzi dentro stanze vuote )
prima di leggere della tua bocca ogni piega.
Ma forse aspetterei invano
e l’ennesima raffica mi spezzerebbe la nuca
e forse resterei piegata sui miei ginocchi
ancora una volta incapace di dirti amore.
*
E forse nulla ci appartiene se non l'idea che tutto è preso in prestito
nessuna disciplina lingua traduzione dell'immagine in suono
o figura scarna trasparente nei suoi arti nervi fibre cuore
Ed io ancora sogno segno che la mente brama voli approdi
soste rotte opposte improvvise mete.
Ora io sono in questa tua sagoma e trattengo il respiro.
Taccio. Io sono in questa linea sottile a segnare il sentiero.
Andrebbe perso il senso senza la traccia d'una matita.
Scorrere sul filo senza falsi passi salti piroette nel vuoto
reclusa in un quadrato piegata
nella visione della stessa faccia della medaglia
confusa nel riflesso allo specchio
duplice disegno dell'io scosso dall'onda.
Inutile questa deviazione dal tema
come il gioco d'acqua della luna salda alle sue radici celesti
molle come sabbia nell'inganno di un celere avanzare.
Sopravvissuta ai tagli del gelo e al graffio della luce
ora ostinata assenza della vita in bilico orlo- precipizio
Io come un termine in disuso un attributo superfluo
cado nel respiro del vento tra farfalla e foglia
nella sfumatura vermiglia straripante nel tramonto
Scivolo nel rimpianto d'un giardino rimasto incustodito
a nord di un'isola mai esplorata (promessa).
Era parte del sogno tra saggezza e follia
era l'apice di un desiderio inespresso
quel mare d'erba scrigno di congiunzioni impossibili.
Ora della vita rimane il tempo speso
il tempo perso il tempo incerto
il tempo schiavo del tempo
il tempo sprecato
e la somma d'istanti di attese sospese nel caos.
Rimane il pianto dell'universo stellare e sotto il deserto.
*
Ho bisogno di una folle come te
che ama il viaggio l’orizzonte e non le mete
di una voce fatta di echi e melodie
di una giocatrice d’azzardo di note e di silenzi.
Di verità e fantasie e di emozioni.
Ho bisogno di una folle come te
che corre tra le fiamme
che non teme carestie e penurie
e crede nelle promesse dell’oro e della vite
e sogna cime elevate.
Ho bisogno della tua solitudine
alla soglia del mare
e dei tuoi venti
per comprendere le mie tempeste.
" Poesia per un'amica"
*
Ed ora non giungi in questa casa
( una palafitta una tenda un trullo?)
dove tutto è liquido ventoso bianco
tutto in movimento tutto stanco.
Hai parole che non sono nuove
per tanti orecchi e sempre autentiche
e i sogni i timori le speranze
sono di ieri sono di sempre.
Destati e portami i silenzi
le voci i canti dei nostri istanti
che hanno cambiato il nome al tempo
il suo ritmo le sue attese il suo lamento.
Destati e portami le impronte
di chi non sì è mai arreso al fato
di chi proteso al cielo ha creduto
il filo eterno resistente al peso delle distanze
alle piene e alle magre
e alle esistenze vere e vuote
e a quelle solo apparenti.
*
Io non so dove il sogno è caduto
tra quali rovi
in quale abisso
tra quali acque
Non so in quale vortice
il silenzio echeggia i suoi schiamazzi
dove il passo, stanco, si è arreso
dove la luce vacillante si è piegata al vento
So dove il pensiero ogni ora torna
dove ha dimora la sera dove brama quiete
So dove resiste come una ferita aperta
e attende di lenir la pena.
*
Della mia musica non ricordo che i silenzi
forse un di avrò tempo d'ascoltarla
e di posarmi su ogni nota come un'ala
un petalo una nuvola una piuma
smarrirmi in un sax come nel labirinto
e uscirne indenne
Piangere a ritmo di un bel blues
e scavare dentro ogni melodia
la nostalgia vellutata dei tuoi occhi.
Era così che mi strappavi il cuore
quando la sera era gravida di sogni
e in gola si scaldava la preghiera
che un minuto durasse quanto un'ora
o il tempo perdesse la memoria
del suo andare e del greve affanno.
Della rosa non t'ho mostrato che le spine.
Tutto il profumo se l'è bevuto il cielo.
*
Delle mie viuzze non ricordi nulla
Non le hai percorse che con il pensiero
correndo fin sulla collina, per il sentiero.
Le anse gli spigoli le curve
son cose aliene ad una via dritta
Tra quei meandri un raggio vivo
l'ombra sul muro
il solco nella terra d'un’impronta
narravano di te di come
il desiderio dirompeva...
fiume in piena.
E la piena pur ci rallegrava
e nel contempo il timore dell'Immenso
più che in noi nell' anima lasciava
un sentire strano.
La chiamavano ansia
quel tormento che ribolle dentro
e pare inferno.
*
E quando la luna scivola nel mare
e tu aspetti che un'onda la sollevi
quando un papavero è un solletico nel verde
quando un'ala t'attraversa la via mentre ti domandi
una volta ancora dov’è la giusta direzione
Quando l'aria è sbronza d'api ed uva
e il tuo silenzio infastidito dalle cicale
quando le rondini macchiano il sereno
di un acuto garrire e tu sei nella nebbia
sei tra nuvole d’ombra
Quando d'ogni stagione assapori il tramonto
e cadi nel vortice del tempo vuota e senza peso…
Sei meno d'una foglia morta
meno d'una nave abbandonata
meno d'una scarpa rotta
meno della notte che ti flagella l'anima
ed ancor meno d'uno specchio incrinato.
Meno di quando guardi il fondo oscuro e non ti vedi.
*
Partite interrotte bruscamente
quando la visione della vita cambia
e l'amore perde ogni diritto.
E' come essere fuori gioco.
*
Dietro la rima palpebrale
alla radice del pensiero quando
non aspira a convertirsi in nessuna cosa
In una sillaba monca gemito sospiro
singulto che narra di speranze recise
in un’ombra che ci contiene indefiniti ed imperfetti
Nella lingua di gelo di un desiderio in bilico nel vuoto
nella parola silenziata inadatta
antica deforme transitoria insapore
Dietro una siepe fitta come nebbia
dove ci si ubriaca di rose e di salvia
scivolando poi sull’indelebile come su una lama
Spiarsi nel soffio di un bacio mai assaporato.
*
Non vi sono immagini nella notte
è un sonno che non giunge
mentre la mente setaccia le parole
e i pensieri si spengono in frammenti
come pioggia di meteoriti
Attese d'una terra promessa
agognano un approdo una culla
uno scrigno eterno
Ma è un conto che non torna
nel tempo ch'è mutato
nel malessere dell'anima riemerso
nella speranza svanita tra le fauci
di un destino di sovente avverso
Segno che il sogno è spesso incubo
che tuona nell'eco d'un silenzio
in una vita che della medaglia
ci nasconde sempre il rovescio.
*
Tra pensieri e parole
v'è collisione perpetua
Conto opere ed omissioni
in bilico tra abrasioni ed eclissi.
Non esisto in questa lotta al resistere
non c'è respiro divino nel fango
e sul foglio il disegno si sbriciola
ad ogni tratto indeciso di lapis.
*
E mi domando a cosa serve quel nodo
dove le parole stanno strette come strangolate
nell'attesa che sfoci un treno dalla galleria
Mi domando perché le cime sfiorano il cielo
mentre i pensieri muoiono tra i rami in un groviglio...
*
E poi ho lasciato che morisse
come sta morendo la mia anima
poiché ora non bramo più nessuna cosa
e le parole sono quelle scarne, di sopravvivenza
perché non vanto conquiste nella vita
e la scienza non m’appartiene né l’onnipotenza
perché sono inutili le lotte per nuove fioriture
sì ho lasciato che morisse
perché le foglioline inaridite
(forse per il freddo o per la forza in me minore
della loro ostinazione nel bramar la luce)
non sentiranno il buio del sentiero
dove si sgretola il confine.
E vorrei ora solo un esempio da imparare
e ripetere a memoria e da osservare
mutando il nome a questa immane sofferenza e non il senso.
*
Arenata sulle sponde d’una stagione di cui diffondevi l’eco
domandavo vela e vessillo anche dove pirata il cielo
stendeva veli su orizzonti incerti
Gli occhi intristiti da un bagaglio di disavventure
vetrine chiuse anche di giorno
Rievocavo redini e corse affievolite da un fiato pago
stava cambiando il tuo tempo innescando mine tra i solchi
Amata per i miei silenzi ed i miei canti assai simili ai silenzi
e all’apice scaraventata sul fondo.
*
È un giorno infinito
le tempie impazzite
i pensieri in conflitto
Eppure ora è il ventre
che si contorce
sconquassato da mille lance.
*
Non seguivi le mie curve come fossero binari
e le tue dita erano steli d'erba gambi sottili
piume evaporate da scapigliate chiome
Eri sempre in gemiti d'assenza
abbozzi di fantasie audaci interrotte
da burrasche improvvise virgole nel ventre
Eri sempre dentro i miei silenzi urlante ed imperioso
ma ignaro del potere di quel Pensiero
che accolsi devoto adepto
Eri nella moltitudine dei vuoti speranza e fede
sofferenza crescente d'una gioia negata
eri l'apice a cui guardavo con riverenza.
Ed io non sapevo coglierti in segmenti d’attimi perché eri l'Immenso.
*
Cerco vergini pensieri
in scalfitture e crepe
Il suono d’uno strumento
somigliante al liuto
Satura l’aria
vuota d’ogni altra cosa
mi assimila al volo, nel desiderio…
fioca memoria di quando l’anima
era bandiera alta sul vessillo.
*
Vai dentro i tuoi arcobaleni
vivi allegri pieni
Sono stata tuono sul mare
Dopo il picco d’onda il fondo
dove il nero vince l’alba
E sono sabbia memore di dune
miraggio o solo fastidio agli occhi.
*
Del tempo che si trascina vecchio al ciglio d’una via
delle presenze evaporate in battiti moltiplicati ad ogni meno
s’è nutrito il linguaggio denso carico di resine
Sulla cenere l’input a domande non pensate
in giorni quasi allegri invecchiati dalle abitudini.
La nostalgia era litania dell’arenarsi in sterili sospetti
Gara inutile dentro cave di stimoli
gemiti non canto di peripezie d’amore
e un sacco sulle spalle senza fondo
destinato a seminare nel tragitto ogni tesoro raccolto.
L’amore è rimasto in noi come intrappolato.
La gazza s’è lanciata sull’aureo riflesso
nella culla d’erba fitta
un frammento di vetro di scarso valore
forse un minuscolo coccio di bottiglia.
*
Non sei in questo cerchio
dove i voli si chiudono
tra quattro cose inutili
sei ovunque
sei nel gioco della luce
nella terra gemente d'ombra
sei nell’impeto di questa bufera
che l’anima sconvolge
ad ogni raffica.
*
E’ chiuso questo cerchio
dove si sostava concentrici
diluendo nostalgie ed aspettative.
Non ho mai parlato di vecchiezza
ma di tempi consunti dalle privazioni
di vuoti labirintici come trappole
dove cadevano frammenti di pensieri.
Rievocare l’antico vivere non è eco d’amore
nè crimine è domandare un gradino oltre la soglia
dove i segni parlavano di resa
un gradino in più verso te.
*
Più nulla posso se non resta traccia
d’un barbaglio improvviso
polvere che s’inframmenta
opaco velo che cela e rivela
albe e tramonti svestiti di luce.
Più nulla posso se non si leva pensiero
dal dirupo di sentimenti offesi
da radici dolenti incise di rughe
se l’onda asciutta nega i suoi flutti
flessuosi ed anela alla molle riva.
*
Amore io contemplo i tuoi giardini
così intensi e così odorosi
e vago come vespa e farfalla tra le siepi
talvolta cinguetto nel fitto del fogliame
ma tu non ascolti la tristezza del mio canto
e non vedi i miei occhi né le mie mani tese
a domandare un frammento di te, luce!
Amore resto distante dai tuoi sentieri
per timore e per rispetto
per ossequiare le tue convinzioni
E muoio ogni sera sulle tue ali distese
dove un dì io fui Pensiero.
*
Fanno il tiro alla fune con le mie mani.
Invisibili tenaci ostinati...
un fascio di fibre e nervi stirati
da innumerevoli chiodi conficcati nel palmo
Non avrebbero ora la forza d'una carezza
queste mie dita attraversate dal fuoco.
*
La luce lacera l’anima
un soffio_ respiro _
che muore
soffocato dall’aria.
*
Vedi ci sono sfere ovunque
gli amici degli amici
i nuovi i vecchi
gli esiliati i diseredati
Quelli che vivono al margine
quelli che vivono scrivendo
quelli che muoiono per una parola
o per infiniti silenzi
Quelli che scavano tra le pieghe del cuore
quelli che lasciano intarsi nei tavoli
o che cercano a caso nel web il caos delle parole
come fossero all’apice delle emozioni
E poi ci sono gli sconosciuti perfetti
gli sconosciuti alla mente ed al cuore
al mondo terreno e al cielo dell’universo
Quelli che stanno bene nel buio
perché risplendono ovunque.
*
Quando il pensiero dirompente scende
incontra abissi il fondo d’otri l’incavo d’una mano
che si racchiude a gomitolo dipanato per metà
dietro quale siepe scompare il sentiero, non sa
e lo specchio quale immagine rimanda
il frammento dove pigola dove si fa chiasso dove si sperde...non sa
mentre l'amore è fuoco che divampa
e tra cielo e mare approda
aquilone e vela, verso la tua riva.
*
Ed ora so che tu non vieni dove io sono
che tu fuggi da ogni cosa che m’assomiglia
che tu corri al riparo tra memorie antiche
Alieni il tuo pensiero lontano da ogni sogno
Nemico da combattere tarlo da sconfiggere
io sono?
So di non essere tutte queste cose
e so di non essere l’oltre del tuo cammino
ora hai nuove medaglie
ed io sono vinta ai piedi di tutte le ombre.
*
Vorrei spolverare il grigio dalle aiuole
e dare al prato una mano di colore
ora che l’orizzonte s’assottiglia
_un tenue filo una trasparente lama_
Ed io conto le tessere mancanti
sogni e promesse incastonati
come in un puzzle.
E penso che il tempo è belva assai feroce
ingoia tra le fauci in egual modo
tutto quello per cui s’è pianto e riso
lasciando fuori solo noi,
così infinitamente miseri così piccoli.
Noi e i nostri errori eterni.
*
Ed ogni sera penso di bussare
una due tre volte
senza sbirciare tra le tende
senza pensare al lume alla finestra
senza la speranza che tra le crepe
il vento cambi voce
Ed ogni sera penso di sostare
uno due tre minuti
senza rendermi conto che i minuti
assomigliano sempre più alle ore
senza dare ascolto ai miei piedi
stanchi di cammini impervi
Ed ogni sera penso di parlarti
una due tre parole
senza discriminare quei silenzi
lunghi carichi d’amore
quando abitavo nei tuoi occhi
ed ogni stanza era il cielo immenso.
*
Ghiaccio e fuoco hanno egual potere
provocano tempeste travolgenti
Ed è sempre troppo tardi
per mettersi al riparo.
*
Oggi è ieri con le sue speranze e le sue paure
con i suoi sogni la fede gli ostacoli
l'onda e la quiete.
Abbracciami ora che non ci sei
ora che più non comprendi
la potenza di questo amore.
E non lo dimenticherò mai.
Vivrò o morirò
di quest'amore che non sai.
*
Amnesia
di anni imbottigliati
accuratamente
ora buttati in mare
Occhi mani labbra mento
avevano voci
soavi stridule meste sonnolente
più del resto del corpo
irrigidito in scomode angolature
Tra anguste sbarre
l’oltre disegnava visioni ammutolite
per paura che svanissero
nella notte ingorda d’azzurro.
Amnesia.
*
Bambole dalla faccia inebetita
senza grinze nei pensieri
la pelle tesa ignara di stagioni nuove e di tramonti
setacciano parole che ritornano frequenti
dove occhi di pietra scavano un senso provvisorio
nell’assoluto indecifrabile...
stupore il sibilo breve che svolta l’angolo
come serpe con l’obiettivo d’un muro levigato
e illuminato d’erba
Bambole senza emozioni tra le pieghe di carta
d’un vestito corto e lo smalto graffiante di mani
spoglie distolgono dal dolore della spiga matura
mentre il sogno d’una carezza fa eco appena
al fragore d’una stella scivolata nel mare.
*
Il rosso che divampa
poi è terra arsa
E della verde fioritura
è immemore il deserto.
*
Nulla svelava al passaggio il tempo
non il naso lungo
né le gambe corte
tra verità e menzogne
solo il disegno onirico del pensiero.
Non colpe non meriti non cause né effetti.
Poi complicità dissolte.
Ed esseri confinati agli estremi
ognuno con la propria pena
artefici di un diverso dolore.
A domandare uno spiraglio
o al riparo dalla luce.
Spiati solo dalla luna
salda nel cielo
al centro di due vie parallele.
*
Come appari lontano ora che non sei
sulla traccia del vento
nell’approdo d’un fiore sul sentiero
nel pensiero che abbraccia l’immenso
come appari lontano ora che non sei
silenzio e voce timore e speranza
follia e ragione
sogno e quel che più s’appropinqua al sogno
come appari lontano ora che non sei
a raccogliere bozze di carezze recise
a seminare sorrisi a me di fronte
a disegnare speranze
come appari lontano ora che sei
lontano, troppo lontano…
*
Le mascherine
le fronde accoglienti
le voci.
L’alito di brezza sottile
che anima il cielo.
Armonica simulazione
dell’inno alla gioia.
Ora navighi il mare
senza ferri alla caviglia.
Un tempo gemente
osservavi il panorama
dietro un cancello.
E il bene provato (condensato)
è dentro scarne parole?
Negazione d’una luce
che pure mutava in sorriso
balsamo sulle ferite dell’anima.
Ora scivolo dentro una definizione
e resto sul fondo
battezzata errore d’un pensiero peregrinante.
Voci, garrule voci, abbracci moine
nel tuo cielo affollato di colorati aquiloni.
Tu con in pugno la tua libertà
mentre io vivo d’esilio.
*
È un'aria opaca
che maschera il sole
un'aria sfumata di perla
a tratti di celeste sbiadito
Son sprazzi che vanno
come onde sul mare.
E’ un'aria smunta
che puzza di terra
inumidita
di sabbia recente
di latrati di cani
di polvere sul ciglio
di vie desolate.
Un'aria anonima
di nessuna stagione.
Solo l'odore dell'erba falciata
racconta che è primavera.
*
"Carmina non dant panem"
scoprii così d’avere un’anima
allor che fanciulla
uccisero in me l’idea della poesia.
Per anni ho affidato emozioni al vento
ed ho scritto dubitando del mio esistere
fui luce per te(soltanto?). Universo folgore.
Ma poeta? Forse Poeta non sarò mai.
Oggi qualcuno incita una scolaretta
a persistere nelle sue pagine di diario.
Si resta delusi dall’amore
e spesso anche dalla vita
ma si è lontani dalla Poesia. Lo so.
Oggi qualcuno comparso all’improvviso
con nonchalance cerca proseliti o spot
e si pone al centro dell’altrui interesse
senza sollecitudine (all’apparenza)...
Oggi qualcuno si dice tuo amico
Conoscitore profondo del tuo animo
non sarà mai. Lo so.
Oggi una folla è in cammino e ti tende le braccia.
Io sono notte e prigione.Io sono vento.
Sono tutto ciò che cade nel vuoto.
In fondo anche uno zero è un cerchio
in espansione agli estremi… e molti sono dentro.
Io resto fuori e me ne vanto.
*
Fingere lontano il pensiero da strappi e cuciture,
fatica inutile, da scartare.
Basta l’ansimante respiro
ad ogni tentennare d’equilibrio.
Ho sognato aquiloni neri soffocare nella luce,
miraggio d'ombra d’un orizzonte ormai deserto.
*
La bamboletta di pezza ha solo un’immagine di sé
e incongruenze incertezze timori distrazioni
la bamboletta di pezza ha sorrisi per parole
e le parole sempre le stesse tessute sulla trama
di un solo pensiero, la conquista
la bamboletta di pezza appiccica di miele
ma ha stati di ghiaccio e venti preordinati
la bamboletta di pezza ha un like per tutti
compare scompare e ruba agli altri la luce
per il suo profilo d’ombra.
*
Se la rosa tornerà prospera tra le spine io non so
ma la corona di Cristo non smetterà
il suo colore smunto per un verde brillante.
Tutto tornerà a fiorire o tutto potrà morire in un attimo.
Sto come una cosa lasciata scivolare tra le mani
ai piedi d’una quercia. Dinanzi una panchina deserta.
E’ il primo raggio che mi trafigge gli occhi
dopo l’interminabile freddo di marzo
ed io attendo che il sole tramonti nel desiderio d’un bacio
d’un viso ripiegato in un cassetto
nella bozza d’un sogno
e di un domani tiepido sotto la cenere.
*
Io so di non sapere
d’essere polvere nell’Universo
dispersa dall’impeto di burrasche
e nell’onda irata dei venti.
Mi dissero” superba”, ignari
d’un tempo flessibile di cicli e stagioni.
Calpestarono nuances ed umori
epitelio di presunte verità.
Ma per te io ero orizzonte di luce
congiunzione di cielo e mare
aerea percezione attesa d’equilibrio.
Ora so di non essere.
E so ancora di non sapere.
*
Seguite l’aere, vedo... ma che amarezza in me
e nel cuore mentre si raggelano i pensieri.
E siete dove tutti sono. Contraccambiate un gesto
una carezza un bacio una smorfia un cipiglio.
Voi conoscete l’animo di chi osannate...
Certo non io che scruto una sfera, incredula
e resto muta e non prevedo non calcolo né analizzo.
Mi dolgo talvolta di questo di non essere come voi siete
ma non potrei essere così perfettamente in fila
e ciò mi conduce lontano da una certa "quiete".
*
Come osso si sgretola nel mare.
Oltre il limite consunto
nuovi equilibri al largo.
Le tue ali in volo a lambire altri lidi.
*
E' per continuare a vivere
che corro all’indietro
le stesse vie gli stessi viaggi
le perle intatte nello scrigno
e castelli demoliti dalle bufere
ora ricostruiti a memoria
è per ritrovare la luce
che m’accompagno alle ombre
e discorro di stagioni antiche
di tempeste ed arcobaleni
di follia e saggezza
dei miei giorni annegati.
*
Perché il giorno si chiama giorno
se dalla notte non diverge?
L’uno acceca la mia via
l’altra la mente ottenebra
sicchè essa vuota appare
di sogni e di speranze.
*
Era la prima decade quando
assaporai i tuoi occhi
due mandorle d'ebano levigate
due sfere assetate d'universo.
Esplose aprile con pioggia di petali
ed onde d'erba nel fruscio del vento.
Il pensiero un filo invisibile tra noi
collante fu di umori e sensazioni
tenne il mondo in equilibrio
su mani destinate al limbo.
Era aprile quando ti reclamai al vuoto della vita
bramando il rosso d’antichi floridi filari.
Ed oggi è aprile
e il tuo silenzio incide la mia scorza.
Sanguino sotto un sole titubante
dopo il maestrale di marzo.
*
Un modo frequente d’abbatter distanze
il tempo non tempo che piega dinanzi a uno specchio
gioco distratta malvolentieri noncurante dell’esito
per osservare il cammino delle lancette su grigie pareti
sbianca il mio viso esausto sotto uno sbadiglio
scrivo con inchiostro indelebile sull’anima una pagina sofferta
quasi fosse un sillabario.
Sono come malata in un letto ad implorare la fine d’ogni supplizio
e conto le gioie_ qualcuna_ a patto che torni all’infanzia
tra l’erba dei campi e i quaderni e le bambole
un lusso d'assaporare in segreto. E cado come lungo la riva bagnata
non distinguo se dal sole o da un’onda che addosso
mi riversa il suo apice d’ira ed intanto sono tutt’una col vuoto
Io aria io terra, io vento che l’allontana dal mio orizzonte.
*
Ho raccontato d’ogni pensiero buono
le sillabe tronche stemperando respiri
nell’aria gelida
Incompleto il canto termina sempre
in una macchia fugace. Mistero...
mentre il cielo ritrova il suo sereno
non la sua pace.
*
Nelle lingue di terra sanguigna
il pensiero non giunge
L’acciaio delle onde risplende
si muta talvolta in pioggia, inattesa
Nulla ci appartiene è di passaggio
noi fermi come al fronte
a rievocare assenze
ritardi nostalgiche visioni
Le nostre non erano guerre
ma missioni di speranza
e spesso voli interrotti
in fragilità di spazi
da improvvise comparse,
ombre allungate alla schiena.
Noi di fronte
nell’immensità
stelle e pianeti in cicli avvicendati.
*
Trascorrono i mesi e il ritmo più non importa
ognuno la sua gerla i profumi i colori le ombre
armonia tessuta sulla trama di un oscuro silenzio
è magra speranza acqua sperduta nell’arida terra.
Remoti sono i giorni di festa le ricorrenze
le abitudini accese la sera con devozione
le attese cresciute nell’andirivieni di timori e speranze
d’una parola un gesto un sorriso sfumato leggero.
Sospesi ora sono i racconti ch’era novembre.
Entrata è la Primavera ma il freddo è tenace
s’asconde in un raggio di sole trasfigurato
l’indifferenza governa l’altare della passione.
E l’anima ora giace piagata dalla sofferenza,
arresa all’inganno crescente delle stagioni.
*
Avrei atteso a sera perché il giorno
è un groviglio di doveri un legarsi
di segmenti passaggi graduali
fino al picco quotidiano di fatiche.
Avrei abbracciato le ombre
complici d’un sentire profondo
all’immaginario suono di acque
che non si gettano nel fiume
che setacciano grani fili d’erba fiocchi
scivolati dai rami
e che si perdono in sentieri.
Avrei chiuso gli occhi sognandoti
prima d’ogni altra visione
prima delle grinze sulle labbra
quando pensano ad un sussurro
più che ad una parola
prima dell’alambicco dei tuoi occhi.
Avrei sperato in un anticipo di ore
di minuti di luce in un assaggio di brezza
un brivido tra orecchio e nuca
rievocando memorie
dei nostri giorni di bufere ed arcobaleni.
Avrei camminato per la stanza vegliandomi
vincendo l’ansia il timore l’inquietudine
e avrei guardato il vuoto intorno così pieno.
Avrei atteso ed atteso anche quella sera,
per amarti.
14 febbraio 2022, non un giorno qualunque
*
Quest’idea d’una creatura
a immagine di Dio
si rivelò subito non buona
dalla costola di Adamo
dal Paradiso terrestre
da Caino.
Dovevamo stare nella savana
o in una foresta equatoriale
Cacciare come altre specie d’animali
per istinto di sopravvivenza.
Invece Caino ha ucciso Abele
per ira gelosia e per potere
E da lì esempi a non finire.
*
Non ho meritato che il tuo silenzio
questo vento adirato
che mi schiaffeggia l'anima
e che io inseguo
con cieca ostinazione.
*
Della maestosa quercia
sono quel ramo
dove linfa più non arriva.
Un'inutile appendice, quel che rimane
d'un vago immaginare il cielo.
Del sogno un abbozzo mal riuscito.
*
È un pensiero ramingo
che cerca la sorgente e la foce
un pensiero che bacia l’aria
e tutto quel che racchiude
Un pensiero che implora
un verbo un gesto una traccia
E’ un pensiero che domanda equilibrio
e le ali per assurger alla luce.
*
Padre non conto più i tuoi anni
sarebbero pochi
ma son troppi che manchi
tu sei vivo perchè tra i morti
la mia memoria fallirebbe
e tu sei un sempreverde
il picco di quest’immenso giardino.
Padre non ti pongo domande
ma tu hai tutte le risposte ad ogni mio pensiero
ai miei dubbi e alle mie paure
tu sai i miei limiti e le mie qualità
e sarai tu a ricordare tutto
quando siederemo alla stessa mensa,
un giorno vicino o lontano.
*
Non posso parlare della guerra
il cervello è tra incudine e martello
duole non resiste alla visione
di stragi e drammi e degli orrori.
Tuoni nell’aria e sul cemento
e sul riparo (nessuno) delle vite.
Non posso parlare della guerra
del suo tempo e dei suoi mezzi
dei lunghi corridoi della speranza.
L’acciaio le macerie
l’avanzare ammassati nella fuga,
a replica d’un urlo senza fine.
E promesse disegni accuse propagande
un bla bla impazzito dentro un turbine.
E l’umanità sofferente, un fuscello
in aria sollevata.
Non posso parlare della guerra
della sua crudezza del suo inganno
dei giochi di potere dei retroscena.
Non riesco a trovare le parole.
*
I filari sono ancora lì racchiusi
nel loro odore acre
dove la terra si ritrae e manca al piede
una zolla un mattone un sasso.
Ed ancor meno alla mano tesa.
Tace la sera prima del frinire delle cicale
della brezza gentile dietro la nuca
e l’accelerar dei passi verso casa.
*
Non so se quest’involucro
racchiude braccate percezioni
e dei cinque discussi sensi fiuto il patire.
Vedere-udire in propaggine di assenze
in gara per il podio.
Per vincere l’inganno
d’un apparire tenace nonostante
l’orizzonte sgombrato d’armonia
aspiro a congiunzioni al fluttuo d’onde
nell’indaco tangibile dell’eco
mentre s’espande perenne al primo impatto.
Questo grappolo carico di giallo
aggiunge all’anima un fardello
E mi stordisce… insetto un po’ distratto
in turbolenza d’aria.
*
È all’anima che manchi
or che smarrita vaga
dentro spirali dense e vinta
luce più non domanda né ombra.
E’ sull’anima che la ferita insiste
slarga allontanando gli argini.
Ripresa più non brama
tranne che nell’istante
d'una fioca speranza.
Mitezza dei tuoi occhi
a coronar l’attesa.
*
Ripercorrere ogni meandro
e scegliere tra tinte fosche e vive
prediligere la cornice al caos
ridisegnare il contorno delle ombre
mutar grado ed intensità optare
per la luce calda. Non mi dà sollievo.
O fredda. Non mi traduce appieno.
Entrare in turbini e gironi
credere ad oniriche visioni
e (con)correre_ lent/animé_
il fiato uno strumento in crescendo
al gradino in cima ad un tappeto.
In un momento meno propizio
far calzare un vestito ad uno stato
vissuto nel remoto e accantonato
sorridere a tema col malessere
che tarla l’osso d’ogni mio pensiero.
E (con)correre l’anima spogliata
sensibile al gelo ed alla fiamma
con la negazione degli opposti
in equilibri forzati lotte impari
fortuiti ripari ed imperfetti connubi.
Io appollaiata sopra un ramo
emetto un suono allegro oppur gracchiante
un trillo o uno stridìo e non mi domando
la levità o il peso del mio canto.
Intono il quotidiano mio tormento:
un arcobaleno che includa ogni tempesta.
*
Lasciami cadere come un sasso giù per il pendio
lontano dall’ammasso di sabbia e pietre e terra.
Hai il tempo reso centuplo per vivere
senza la morsa ai piedi senza il tarlo nell’aria
d’un amore che uccide.
Hai il tempo per cancellare le ferite
e la bozza di baci e di carezze.
Hai il tempo, tutto il tempo
per maledire questi occhi
che ti hanno dato amore.
Ora lasciami cadere
più a valle di tutte le cadute.
*
Non sogni o speranze
né il pensiero prima così tangibile
finita la cenere l’aria odora di primule
fuori dalla prigione respiri
e popoli il vuoto di nuove figure.
I vecchi ritagli scivolati nel mare
feroce il silenzio,
uno scudo che s’erge invisibile
ed io un estraneo
che combatti come fossi un nemico.
*
Oggi la tristezza è un vento forte
del gelido e caldo non ha traccia
ma sconquassa le mie fronde, mi travolge.
E tra le onde furenti
imbavagliata
invano imploro Amore, la sua voce.
*
Oscillazioni del pensiero
su perimetri di vuoto
equilibrio di essenze
nella carne dell’anima.
Tra sfoglie di silenzi
si spargono brusii
non assurti al canto
e si scalfisce il tutto perso
in una goccia di luce.
Se tu ora giungessi
così a sorpresa
con dentro gli occhi
un abbraccio di parole,
come questa neve di marzo
fresca e soave,
due rughe stirerebbero
gli angoli della mia bocca.
*
Nelle sue fauci si celano timori
mentre una pioggia di petali
obbedisce al vento al suo richiamo.
Ora che non ho più i tuoi occhi
con i miei occhi inciampo ad ogni passo.
Non ha germogli la terra
arida ad ogni zolla
nonostante le lacrime copiose
d’un cielo sofferente.
*
Nel combattere la luce con l’opacità
colgo il tuo nutrirmi d’assenza
attraverso un cielo
dove il pensiero aveva la sua dimora
mi poso sulle sue brevi soste
Mi suggestiona un silenzio ghiotto di sensazioni
e lascio che il terreno ingoi ogni storpiata sillaba
ogni incrinatura della voce ogni scricchiolio
Oltre il frammento è l’immaginare violini amputati delle corde
e colgo il vuoto che mi sazia
ed inseguo il colore stinto sulle altrui dita
Mi suggestiona il tempo
gonfio di rimproveri
e lascio che l’onda
ogni sorriso spento
ogni ricordo mi travolga.
*
Viandante senza una meta
con addosso i miei stracci consunti
inseguo speranze svanite
pensieri che muoiono
aborto d’una mente fiaccata.
Un otre gonfia di vento
il mio solo bagaglio
un vuoto di sogni
quel che resta di un disegno
solo abbozzato ormai stracciato.
*
E dopo un infausto giorno
aspetto un segno nuovo ad ogni calar del sole
ma inciampo in un groviglio di ermetiche parole.
Torna a soffiare a sera il vento dell’indifferenza
il tempo passa indarno ed il pensiero cade
spogliato della sua onnipotenza.
*
Conviene ch’io parli delle rose
di come stanno quiete sulle siepi
quando il raggio del sole le riscalda
di come ringraziano la pioggia quando è fine
ed impiega tempo prima della cera sul selciato.
Conviene ch’io parli del profumo che resta tra le dita
quando una corolla s’approssima alla fine e i petali
cadono avvizziti ad un leggero soffio
conviene che io pensi alle viole insieme con le rose
immaginando un mazzolino in mano ad una pulzella
pensiero d'ornamento nel dì di festa.
Conviene che non calcoli le spine
e che ne salti almeno una
mentre setaccio volti e panorami
che fiuti le tracce che conducono
a giorni spensierati e di letizia.
Conviene che io sosti sotto un ramo il naso in aria
occhi socchiusi a scovare tra la boscaglia un nido
gremito di melodiosi trilli e che non pensi
alle tante cose inutili che fan felice mezzo mondo
nè al brusio dei passanti
sempre pronti a seminar zizzania.
*
Ricomporre il tempo speso
tra cose futili e le serie
forse serve a definire differenze.
Un’anonima voce mormora che tutto è utile alla vita
la distrazione la lentezza l’incoerenza
per spiarla da diverse angolature mentre già muta.
Aspirare a non sentire il peso nel ritorno dei giorni
dei loro nomi dell’eterno sovrapporsi degli attimi
fino a quando una goccia non capitombola dall’orlo,
una goccia persa dentro una discesa
nel desiderio solo accennato
per sfuggire al senso inverso del volo.
Immaginare di cancellare le aride stagioni
senza colombe fuori dell’arca
alla fine del diluvio.
E viverti perenne nel primitivo pensiero.
*
Rivelazione di un volto amareggiato
piagate grinze, lembi di un’anima dolente
e dei suoi perenni passaggi
tra il rosso vivo delle fiamme.
*
Le nostre battaglie per una comune causa
le ricordo tutte
le insidie dietro l’angolo
le presenze artefatte ombre d’altra natura.
E le rivincite semplici senza la fretta del tempo
che giungevano dopo la fitta trama
dopo il ricamo strappato
e gli ignobili caduti dentro l’immaginario cratere.
Le nostre conquiste vincendo gli ostacoli e superando valichi
il confortarci a vicenda disegnando nell’aria una carezza
le decisioni drastiche e a malincuore
il coraggio di volare più in alto della vita possibile.
L’occhio alla clessidra di giorno e il ritmo accelerato della notte
quando tutte le cose fuggivano, non i sorrisi
nonostante il soffrire dell’anima per un sogno che si faceva lontano
le promesse precipitate in un burrone. Ricordo tutto.
L'ostinazione di vivere malgrado i piedi piagati
Ricordo la nostra forza oltre un effimero domani
e il filo del pensiero sempre teso.
Le nostre cadute erano lievi. Ci rialzavamo fieri d’essere simili.
*
Bisognerebbe lasciare i pensieri
appesi al chiodo chiudere in una stanza
l'angoscia l'inquietudine il tormento
d'una realtà poco incoraggiante
Con piè leggero calpestare il suolo
senza che senta il turbamento
ed affrontare il giorno come viene
con fresca ingenuità e con fermezza
Sono propositi buoni che ritornano
e dopo pochi istanti vanno a cadere
là dove giacciono le foglie
e dove sono tutte le cose morte
Un uccelletto stuzzica un po' i rami
infreddolito, quasi saltellando
Pensi ad uno scatto. Così l'osservi...
un frullo d'ali ed è fuggito via.
*
Conto le spine della mia corona
e mi distraggo
Giusto il tempo d’una vertigine
Un breve istante che diviene eterno
E sarà luce oltre un nebuloso buio.
*
All'alba c'eri di sicuro
quando l'aria s'empì di un vagito
E ci sarai al tramonto
assicurandoti
che io non sbagli la meta
Ma dimmi dov'eri quando
la vita celebrò il suo inganno?
E dove sei ogni volta
che la solitudine
vittoriosa uccide?
*
Scendere gradini accompagnando
con flebile canto
un cieco fruscio di passi
E immaginare sabbia foglie sassi
dove la terra molle inghiotte il piede
E non pensare neppure di cambiare rotta
Alla fine c’è sempre un binario morto
o un vicolo chiuso a te di fronte
dove non vedi più morire il sole.
*
Talvolta una piccola speranza
s’affianca ai miei passi sulla via
è il solito percorso dove il piede
celere s’affretta fino al luogo
in cui tutto s’arresta l’energia
la voglia l’entusiasmo ed il coraggio
di vivere la vita come si deve.
Un raggio dentro gli occhi
li trafigge, ma è quasi ameno
diverso dalla lama che nel cuore
scava con lena e senza grazia
e quando in quei meandri vige tregua,
la mente, se i pensieri non setaccia,
diventa calderone di memorie parole screzi dubbi
e le domande molteplici emergono ponendo
ogni minimo tratto in discussione
di quel momento che solo per un po’
s’accosta al vivere più umanamente degno.
*
L’esser usciti indenni dai giorni della merla non consola
senza scosse né tempeste senza l’aria gelida sul naso
si son parlati tra loro scambiando i ruoli come due monelli i mesi
in fondo un ritardo breve non è grave, solo una burla.
Approfittano del ritmo, quando allenta, le chiome
per respirare prima di riprendere a vibrare nell’aria come corde.
Fluttuano come onde. Risale una donna la collina
le braccia tese s’alternano col peso ed ansima per la fatica
quando una raffica di vento la frusta in viso.
Casa, che luogo ameno! Che quiete or che la strada è ostile!
Non una parola ma l’accader d’una magia,
sfera d’ognuno per una volta almeno immaginaria, quando
dietro la finestra guardando il cielo qualcuno pensa
che dietro le nubi c’è sempre il sole, anche se piove.
*
Ora che non torno a raggio
sulla giravolta dei pensieri
l’angusto spazio d’un vicolo
ha il guizzo verde d’un gatto
Il resto è pece fuori
e dentro
screziato di fuligine
Nenie si perdono in petto
nel respiro_ rantolo_
che spera nell’eco
per (ri)sentirsi vivo.
*
I piedi hanno memoria
dei passi
del punto dove
goccia su goccia
s’innestarono vite
e dove la terra
è ventre di promesse eterne.
*
Sepolta nel sepolcro del silenzio,
la porta un grande masso.
Sento i passi dell'indifferenza
e la voce anonima del disprezzo
sotto il peso di una notte eterna.
*
E sono qui
il giorno ancora acerbo
lievita il mio pane in fretta
già si avverte il peso
di una nebbia dentro
tra i ricordi e le cose inutili
Fuori lungo le vie
più cani che persone
ognuno un itinerario
pochi una meta
Ascolto il silenzio
io l’unico rumore
io e le mie dita mosse
da autonomi pensieri
Carezze sui tasti
vestono l’amarezza
E’ un giorno vecchio
di un nuovo anno
ma la solitudine sfoggia
un vestito più raffinato
è stagione di magra
di partenze
di oblii e nostalgie
e ci si rassegna allo scorrere
imperturbabile del tempo
ora che c’è penuria di tutto
anche di lacrime.
*
Parole nell'aere di una magica sera,
quando il fragore di un tuono
andò dileguandosi
dentro l'arcobaleno…
*
Il tuo nome è un gemito sulle labbra arse
quando il rigore regna nella stanza
mentre il pensiero cede
esausto di tenere il passo da mane a sera
le palpebre giocano con le ombre
e intorno tutto è statico
la notte splende fuori mentre m’arrotolo nel buio.
Ho ali leggere di farfalla e il desiderio dell’inverso.
*
Al vaglio erano tutti i miei pensieri
fin dove correvano in un cielo sgombro
ed anche negli intoppi nei piccoli nodi
che impedivano agli occhi la nitidezza
Con un bisturi davi un nome
ad ogni sbandamento ad ogni titubanza
ogni fragilità. Sono meno di un punto
in tanta immensità che mi circonda.
*
Abbiamo una casa e dentro tutto
il caldo ed il freddo che accendiamo
come ci aggrada al mutar delle stagioni
un letto comodo una nicchia
per i sogni quando noi sereni
abbiamo chiuso il giorno
o dove scomponiamo ogni pensiero
gli attimi le ipotesi le immagini
e spesso anche le visioni.
E stiamo bene come piselli in un baccello
se l’amore il giorno ci ha sorriso
Abbiamo poche cose accantonate
in angoli nascosti dalla polvere
quelle vere per le quali
pensiamo ci sia tempo
un tempo che corre eppure non esiste
e mille cose inutili in bella mostra
che non tocchiamo quasi mai.
Ed ecco una falla sopra il tetto
è un allarme che sotterriamo troppo in fretta
una incrinatura nelle scale
una fessura alle pareti
diciamo non è nulla con noi stessi
per noncuranza e spesso per pigrizia.
E poi all’improvviso dentro piove
e gemono spifferi di vento
la muffa imbratta le finestre
la ragnatela gli spigoli ricama.
Ma non guardiamo nulla solo il vuoto
benchè la casa sia fin troppo piena
In egual modo sfociamo in fiumi di parole
e più non ripetiamo “ti voglio bene”
a chi nel nostro cuore ha già dimora
credendo sia superfluo pronunciare
le uniche parole che del pensiero
sono la traduzione più fedele.
*
E quando il freddo vien di sera
nelle ossa è un vento gelido che sferza
che torna a visitare il mio corpo spoglio
come albero sul ciglio d’una via
Vorrei la stanza non avesse ingombri
e non avesse porte né finestre
richiamo d’aria, del lieve suo vibrar
Vorrei tutto lo spazio fosse un letto
e tra mille coltri avvolta, scomparire
bozzolo nel suo stadio primordiale.
*
Una moltitudine di esseri un dì fu creata.
Animati ed inanimati
tendenti tutti alla perfezione
vegetazione cose fauna e persone
ciascuno con una voce una nota un suono
E poi io
i miei nei
l’errore
in ogni forma del mio divenire.
*
Dell’amore
degli ampi sorrisi
e degli sguardi interminabili non resta nulla?
Lì dove correvano praterie ed il mare non aveva onde anomale
Dell’amore
dei lunghi silenzi e delle bocche generose
di baci e di carezze nessuna rimembranza?
Lì dove i sogni correvano veloci e la luce era sempre foriera di speranza
Dell’amore
degli istanti di follia
e dei progetti minuziosi nessuna traccia?
Lì dove il silenzio era così sacro e custode dei nostri intimi segreti.
*
Solitudine...
E poi c’è il tuo viso
che ho amato da subito
senza mostrarlo ad altri
e la tua voce così profonda
così piena così calda
che ho ascoltato io soltanto
le tue mani così forti
che ho immaginato così morbide ad ogni carezza
e poi c’è il sentiero parallelo
che ho attraversato io da sola
senza mai sentirmi sola
e il tuo pensiero
che ha preso a prestito aquiloni
aerei gabbiani per raggiungermi
ed ogni linea ogni ansa ogni incrocio
ogni plica del tuo corpo
e poi c’è il tuo silenzio così vario ad ogni stagione
e il tuo racconto pieno di enfasi e di speranze
ed il sogno travolgente come l’onda
e la tua anima così vicina a me
nella gioia e nel dolore
nella luce e nell’oscurità
e poi c’è il tuo viso
ed i tuoi occhi
i tuoi gesti
e le tue mani
che continuo ad amare come il primo istante
nonostante tu ora ignori il mio essere tra preghiera e canto.
*
Nient'altro guardo. Miro il vuoto come quando
gli occhi fissi sopra un uscio attendono spiragli
passi ombre e la mente per ingannare il tempo
disegna sguardi e sillabe e sussurri.
Un ordito che presto allo sguardo si dipana
mentre le pupille si velano di pianto.
*
Tra venti di burrasca,
spietati,
non odi della mia voce il suono
Parole più non ascolti
né ti raggiunge sull’ali dorate
il mio pensiero.
*
Rannicchiata nel mio misero giaciglio
spenti i pensieri tra gli stracci
giaccio sul fianco
dove il cuore giunge all’orecchio
col battito che tuona.
*
Tu ora arrivi quando non ci sono
oppure ho appena varcato la stessa soglia
dove ora giri lo sguardo o chiudi gli occhi
o ti posi ad un angolo nascosto
tu passi e non ti fermi
io sento il fremito delle libellule dei calabroni
dei passeri delle farfalle e delle foglie
sopra i rami
e non faccio più alcuna distinzione
tu scrivi di cose vecchie e cose nuove
lasci impronte sigilli emblemi
se pensi non so cosa tu pensi
ma mi scacci con la mano dal tuo viso
al pari d’un insetto molesto e fastidioso
tu cammini nei vicoli di ieri
e cancelli gli itinerari più recenti
hai le tue certezze e convinzioni
e non conosci dubbi e contraddizioni
tu hai il pensiero quello superiore
che fa le regole e non ammette deroghe
io ho l’abbondanza di debolezze e limiti
d’un essere facile all’errore.
*
Un solo pensiero
un gancio saldo
ora corroso
allentato
rimosso.
E il vuoto che s’empie
di tutto ciò che non ha senso.
*
Ogni mio pensiero è inadeguato
destinato al vuoto
inefficace
ogni mio pensiero, vano
l’aborto d’una mente stanca
ormai alla resa.
*
Ho perso i miei amici
ed anche quelli che non mi erano amici
ho perso il mio modo di vivere
ed anche quello che non era il mio modo di vivere
ho perso i miei sogni
ed anche quelli che avrei voluto fossero i miei sogni
ho perso le mie conquiste le mie mete
i mei viaggi i miei sentieri
ho perso le lune e i tramonti
le mie speranze la mia forza e la mia fragilità
ho perso i prati ed i fiori le spighe e i papaveri
ho perso i filari e l’ombra ai piedi d’un olivo secolare
ho perso il mio oltrepassare ogni muro
sospinta su un’altalena ad occhi socchiusi
quando il cielo era solo una carta imbrattata di luce.
*
E poi verrà la sera
e il tempo avrà un altro peso
Non basterà all’amore per essere compreso
Non basterà al dolore per essere lenito
e le parole non saranno che un gemito.
E poi verrà la sera
e il sonno sembrerà l’unico rimedio
pur senza una promessa
E spegnere le luci sarà come
immaginare il mare
il suo fondo scuro
E poi verrà la sera
Se avrò fortuna
potrò mischiare
al nero un po’ di grigio
vedere oltre la nube
un gradino ed una soglia e dietro
la misteriosa luna in quel suo ghigno.
*
Caro Lucio l’anno che verrà non è come tu pensi
lui è troppo distante da me
e non serve che io scriva forte molto forte
Qui non va nulla da tempo non solo a causa del covid
ed io non ho parole da dire ai superstiti ai vinti
ai guerrieri agli esiliati ai diseredati ai sepolti
Non spero non m'illudo non sogno
le feste sono nei cuori di chi conosce la festa
sulla terra dove io sono
c’è violenza morte tristezza
e da mangiare e da bere
per chi non ha fame né sete.
Ho i miei silenzi eloquenti
lui è muto ed è sordo
In quest’anno che volge alla fine
non ho più fantasia.
Il mio momento è passato
e ne sono cosciente
intorno solo una folla di maschere,
nessuna novità all’orizzonte.
"Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò"
Da "L'anno che verrà" -Lucio Dalla-
*
Era profumo di zagara nel sole
sulla sponda d’un sorriso
mentre le costeggiava
le labbra ad occhi chiusi,
d’una carezza era fatto il vento
e di petali il velo a riparo dei suoi seni
dalle sue mani evanescenti,
lontane, ma calde e deliranti.
Era di zagara il balsamo
che si spalmava all’orizzonte
dove una vela traghettava
l’anima desiosa d’emigrare altrove,
lì dove i gabbiani dipingono le nubi
col candore delle ali.
Era zagara l'effluvio dell’onda
dove lo scoglio lambito, austero
risplendeva luminoso sotto il sole.
Sirà e la sua lama, fendeva con orgoglio
i sogni d'un passato trascorso
senza parole o nei silenzi,
arcobaleni d’un’eterna estate.
Sirà il principe venuto dall'ignoto,
il mago del pensiero sulle frequenze
d’ogni muto suo sentire
seduto sui gradini del suo regno
a contemplare acerbe sensazioni
in un sogno, un cerchio coi confini
trasparenti, mutevoli sull’anima che muta.
Era di zagara soave il suo passo sul sentiero
nel verde fogliame e sopra i rovi,
quando giungeva all’improvviso qualche stilla
dell’orgasmo del cielo, un solo fiotto.
Scioglieva lo spasimo la sua bocca
in ogni falla, ad ogni incrinatura.
Sirà le oltrepassava l'anima vergine,
sul dorso la falce della luna.
E al primo albore ancor si dimenava
nel suo corpo di zagara e di spuma.
Poesia pubblicata sul sito "Scrivere" il 16/08/2015
*
E poi c’è domani
speranza e timori si abbracciano
E' uno strano tepore di spazi angusti
e di un tempo incommensurabile
è una nostalgia che duole
un andare avanti ed indietro per la stanza
vestendo le pareti di occhi che sorridono
o d'una bocca che sfoglia il senso dei pensieri
e di mani che raccontano di misteriosi silenzi
è un oblio che rompe il margine tra giorno e notte
e riscrive i tramonti e le lune e i desideri
è un rinascere tra nuvole e luce, frammentata
E poi c’è domani
un negare il male che ci circonda
e l’annegare in un mare che non conosciamo
un pianto che non sa di gioia nè di tristezza
un'onda anomala sul cuore
mentre la solitudine ritorna ancora
ed ancora ci corteggia
instancabile e perversa.
*
Imbastirci con stracci e spago
mummificarci le labbra dirimpetto
nello stupore d’essere così vicini.
Per sempre.
E dare al mondo l’impressione
d’essere noi posati lì per caso
come due cose eterne mentre
ci si spingeva al viaggio fuori del corpo.
*
E’ passato questo giorno breve di attese
questo giorno lungo di maschere e menzogne
Intorno abbracci e sorrisi
come benefica pioggia sulla terra
a tutti destinata
eppure qualche fiore muore
qualche altro inaridisce
tra le crepe del selciato
eppure qualche stella si spegne
ignara d’essere stata una stella.
E’ passato questo frastuono inutile
lo sfondo di sprechi di regali e cibo
ingurgitato malvolentieri.
Senza il vestito nuovo
cerco riparo nel solito pigiama
come dietro una nuvola.
*
E s'erge sotto il cielo blu intenso
un albero spoglio
I rami sottili
dai nodi sospinti
in direzioni diverse
Qui c'è un sovrumano silenzio
una voce che giunge
eco e richiamo
di una pace smarrita e bramata
La luce ha il suo peso che varia
la sua parte nascosta di buio...
che sfuma sull'anima arresa.
*
E’ il fragore delle cose rotte
di parole e silenzi che si spezzano
nell’istante che ritorna puntuale
l’eco che tuona e disturba l’anima.
*
Non era il mare
Ho attraversato solo il fiume
fino all'opposta sponda
Ed ora siedo sulla riva
a contemplare la mia solitudine.
*
Una strana inquietudine m’assale
nell'oltrepassare un tempo che pare fermo
I miei pensieri hanno mani piedi
ed hanno ali
Sono ovunque ma non dove imploro
che muoia ora quest’attesa
che mi si rovescia addosso
come pioggia dal cielo
a flagellar la terra.
*
S’è fermata questa sfera chiamata mondo
da quella notte scura senza luna
solo i pensieri vanno remi e vele
verso un mare che non sanno
Le cose stanno dinanzi come morte
le porte serrate le finestre non più occhi
per scrutare fuori l’orizzonte
ed immaginare un prato senza fine
S’è arrestato il cuore sui tuoi silenzi
i battiti simili a rintocchi d’un orologio
chiuso nella nebbia o di campane
registrate a morte
E mi figuro l’altrui tristezza e piango
la mia non così diversa
e m’illudo di richiamare a vita
una voce un suono una carezza.
*
Di brina splendono i nodi
esili rami si estendono al cielo
sfiorano il nastro bianco di una nuvola
una scia si racconta ma è già migrata altrove
uno spicchio di gelida luna affonderà
gli artigli nella notte scura
frana ora il sentiero
sotto i miei piedi
di fango è l’orma
una voce rauca legge strani oracoli
sordo un canto muore
sotto il peso dei rintocchi.
*
E vorrei dirti guardami
chè se chini il capo e scrivi
perdiamo l’universo che è in noi
ma le parole sembrano finite
e gli occhi restano chiusi
nel silenzio della notte
e vorrei dirti ascoltami
ma non ci sono finestre
e porte nelle nostre case
ci sono solo muri
e la voce si perde
in un malinconico vuoto.
*
Le note vanno
discordi impazzite veloci
Io dietro...
una farfalla ebbra della vita
io con ali che bruciano sul finire del giorno.
Le note si rincorrono
petali o foglie o solo libellule nell’aria.
*
Un pianto senza lacrime
mi corrode l’anima
Ho occhi di pietra a scalfire
il buio d’una notte eterna
E resto sveglia
per non scordare le luci dell’alba.
*
Qui c’è silenzio ed è presto
tra il lillà delle pareti
ed il quotidiano vivere
Alle ore darei gambe e piedi
accelerando così il tempo
per ritornare alle stimmate
ed alla mia casa
dove nessuno spia il mio dolore.
*
Verrà la neve ad imbrattare i tetti
e di bianco ammanterà le vie e i campi
Un foglio bianco scarabocchierò di nero
naufrago al largo d’una terra ignota.
*
Mia madre più non cammina
e dice non ho fame
trascina il passo lentamente
col suo fruscio strano.
Temo le si spezzano gli arti
potrebbe accadere anche domani.
Ho ingoiato un boccone quasi in piedi
mentre lei sofferente parlava con la morte
ho compreso a malincuore e dentro me
stilla dopo stilla
le lacrime hanno scavato solchi.
Così intorno io vedo solo morti
quelli già morti e chi intraprende il viaggio
col timore o col desiderio che presto
sarà tutto compiuto
Quelli che furono hanno dalla loro parte la verità
io non ho nulla
e so che questa non è poesia
bensì la litania della mia vita
Dovrei godere l’oggi
dopo infinite scalfitture
ma sono solo vittima del tempo.
*
Con te è andata via l’essenza dell’amore e del non amore
l’ombra china sul fuoco dubbiosa del calore che emana l’assenza
quando cresce e matura strane promesse
con te è andata via l’avventura del ridere e del piangere oltremisura
il vento che ha recato delle foglie il profumo il sale sulle labbra
che si mescola al respiro e al bacio che non ha radici né futuro
con te è andata via la carezza dell’alba quando la luce illude
un sogno d’ovatta tra le nubi un guizzo nell’aria mentre la luna
ha lo sguardo d’una strega sulla nudità della terra
con te è andata via la parola che l’anima appassiona
la verità al confine la melodia del rischio in cima alla tristezza
quando dentro il vuoto ci attraversava come un fiume
con te è andata via la vita sull’orlo dell’acqua
quando sale a sfiorare il cielo
nella paura così debole ad ogni rimonta del coraggio.
*
E poi mentre apri il ventaglio
t’accorgi di desideri mai realizzati
e che ci sono cose per cui il tempo è scaduto
Non osi elencarle e pronunciarne il nome
il dolore sarebbe insopportabile
né osi tornare a quando
ignaro procrastinavi il tempo
L’unico tuo desiderio ora è che restino
indefinite pure semplici
misteriose intatte
queste cose, tutte nel pensiero.
*
Nulla ora bramo se non che resti un segno
tra i solchi del tempo _al passaggio_
di me e dell’inquieto mio peregrinare.
Tra l’adagio e l’allegro stanno emozioni
in balia d’un vento che sa dove andare.
Figlio sarà_ seppur non generato_
chi a ritroso giungerà al Pensiero.
*
D’improvviso la mente si fa immensa
come una strada vuota senza case
senza alberi ai lati senza il vento
col suo leggero strascico di foglie.
Come l’aria spurgata d’ogni nota
del rumor sull’asfalto della suola
o del rombo d’un’auto che accelera
lo schiamazzo dei ragazzi in comitiva
o del rantolo d’un qualsiasi animale
rassegnato in un angolo
sereno.
D’improvviso la mente si fa assente
come una voce tra le pareti fredde
d’una stanza che registrò il passaggio
della vita in ogni sua flessione
ed ora ha croci ritratti ragnatele
D’improvviso la mente si fa vuota
come lo sguardo di chi ha creduto vero
il miraggio compiuto a lui dinanzi
mentre ad ogni progredir s'è allontanato
l’orizzonte che s’era figurato.
*
Spesso il pensiero è ghiaccio sulle vie
noi rami nudi in attesa di nuovi germogli
Silenzi eterni e le parole _pause_
le poche necessarie a rincuorarci
Spettatori dietro un cancello
mentre l’ultimo treno scompare sulle rotaie.
*
E’ un tempo inesorabile
celere ed infruttuoso
memore di destini avversi
e di percorsi accidiosi
arreso.
Un tempo che contempla lumi spenti
e lune dietro i veli.
Anche i pensieri s’arrestano
distolti da immagini inattese
e ad ogni rintocco grave
fa eco il murmure lieve
della malinconia.
*
Non per il premio finale
non per il podio
non per l’angolo migliore
da cui scrutare il panorama
ma ho fatto tutto quello che ho potuto
per amore
per seguire il filo che conduce fuori del labirinto
per uscire fuori dell’uscio
e guardare in faccia chiunque capiti dalle mie parti.
E’ un borgo piccolo il mio e chiuso
la vita è nei bar
e nel silenzio delle strade quando piove.
*
Vaghiamo sulla terra in un girone
che non sappiamo esistere al passaggio.
L’infanzia un tempo carica d’affanni
ora ritorna stagione di meraviglia.
E’ nero è incerto il giorno che ci attende
irto di ostacoli ed indecifrabile
e mette a repentaglio la meta
d’una quiete conquistata a gran fatica.
Indietro ci sono le speranze le prove superate
gli scogli l’infinito come ci appariva
ed i sogni-miraggi mai demoliti
propensi come eravamo all’entusiasmo
e alla fede di non essere soli nella vita.
Eravamo casti nei pensieri e nelle opere
ingenui persino nelle omissioni
Ora siamo cattivi prigionieri
del vuoto che abbiamo edificato.
*
E quando anche il vento tace
l’aria si fa sospetta
l’orizzonte vacuo
come lo sguardo di chi
nulla più attende
Oggi è così
solo un velo
e dietro il nulla
domani forse la vita
tornerà a farci visita.
*
Di notte tutto tace
il rumore ed il suono
il vento ha un’altra voce
tu sei ristoro
Ed il pensiero
quasi s’acquieta
all’apice
d’un fremito che scema
Distratto ha un’altra foce
mentre tra sonno e veglia
affiora dell'ultima neve
la rimembranza
Nel buio immenso fiocchi
e all’alba un verginale manto.
*
Le cose ambite da sempre
attese per anni
inseguite sofferte,
raggiunte,
sono lì
testimoni di un’ansia d’un tratto sopita
l’entusiasmo racchiuso in una favilla
un istante di assenza dall’ordinario.
Quelle cose,
che sempre hanno senso nel nostro pensiero
e sono per altri solo rude materia.
*
E giunge l’età in cui si torna all’origine
all’amore com’era nel pensiero
alla stagione dello stupore.
Ed il mio tempo incontra il tuo tempo
in ogni somiglianza e nelle diversità
nella fortuna e nelle avversità.
Ci incamminiamo insieme oggi
sospinti dall’amore
ma come fossimo ignari della sua forza.
*
Sentire come un richiamo
in una nota graffiante
un indistinto tra rumore e suono
uno scroscio o uno zampillo
un sottile fumo una scalfittura
e correre dietro a qualcuno
due gambe nude il collo nudo
il resto solo un dettaglio che varia
poi sentire come un vuoto pieno di nero
un’assenza un tormento
un frenetico andare di passi.
E confondere abitudini e vizi
per distrazione
o forse è dipendenza.
*
Incomincio da zero ad ogni alba seppur nebulosa
E’ un dovere la vita il lavoro il rimboccarsi le maniche
il sorriso dinanzi alla dura fatica la parola pensata
il percorso in silenzio
è un dovere giungere a sera stanchi ma grati
scivolare nel buio con le ombre e i ricordi
silenziare il mondo d’intorno ascoltarsi
fino a cedere al sonno chiamandolo oblio
e chiedendo per una stagione il letargo
è un dovere restare accanto a se stessi
con una buona parola una lacrima una fantasia
creare e demolire le scene
spegnere il lume credendo di mettere la mente a tacere
eppure
vorrei sognare e non sogno
vorrei non pensare ma penso
vorrei entrare in un’arca con le cose a me care
ma resto sull’onda
come su un muro come in bilico
in aria sul filo come sull’orlo d’un precipizio
e vivo perché è un dovere resistere
e guardare sempre davanti.
*
Creano e distruggono
vite sogni sodalizi.
E spesso credono in ciò che dicono
ed anche in ciò che non osano dire.
Un socchiudersi di labbra
un sospiro un mormorio
una leggera nota di sgomento
un’eccitazione nella voce
uno stupore.
Ho propositi fermi concetti inespugnabili
e proposizioni non più attuali.
Ed ho il silenzio dalla mia parte.
L’unico verbo davvero eloquente.
*
I pomeriggi bui sembrano eterni
mille cose da fare e l’entusiasmo che smorza
come un lumino, consumata la cera.
Le foglie non hanno eguale destino.
C’è un pressappoco a ritardare il declino
di quelle sospinte dal vento in un viaggio illusorio.
Altre giacciono da tempo fradicie al suolo.
Tutto sta nella bruma come in un velo
ogni corpo misterioso ed assente nei suoi dettagli
i passi e i passanti le vuote panchine
i fiori e le croci ed il sole che splende soltanto
per chi è nato in un dì di novembre
nonostante il grigiore d’una nebbia sottile
che si confonde col fumo che sale.
*
E’ vera prodezza
il passaggio incolume
di follia in follia.
Resistere alla vita
consci del sentirsi privi
di un diverso esistere nella Luce.
*
All’ impetuoso fiume s’oppone
un rivolo strozzato perduto tra ciottoli e ghiaia
Foglie secche rosse e gialle sono in agonia
io grido con lo spinoso ramo
Nudo non domando aiuto
e confido in un rimedio estremo.
*
Piove sull’asfalto delle strade e sulla scura terra
tra i rami e tra i rovi piove sui camposanti
e sulle case sui passanti e sulle auto in sosta.
Fradicie le foglie stanno al suolo
il vento s’è quietato
gli uccelletti al riparo, chissà dove.
E’ un concerto di attimi e di note
di recenti ricordi e nostalgie remote
che d’improvviso muta in triste nenia.
E' tutto qui novembre
in questo lento fluire del tempo
in questo freddo respiro di solitudine?
*
Ed è così che si supera l’assenza
celebrandola
correndo nella notte con centomila fiaccole
per eguagliar le stelle.
Non con un fioco lume alla finestra.
*
Ho scelto la sera per pensarti
l’ora più propizia tra distrazione e sonno
il giorno ci ha traviati
il giorno è stato lungo per entrambi tra ombre e luce
ed ora mi poso come una farfalla sul fiore
ed ora ti ascolto vento che risuoni d’ogni creatura su questa terra
ed hai tante voci ed un unico silenzio
ed ora ti respiro come l’aria fredda della notte che mi fa innalzare lo sguardo fino al cielo
ed ora vivo della tua gioia remota, gli occhi a metà tra il pianto ed il sorriso
ora ti seguo su di un ponte interminabile che unisce e mai separa.
*
( a mio padre )
Le parole t’hanno detto tutto e niente
per intere stagioni e lunghi anni
e di crisantemi è pieno il camposanto
Del mio pensiero tu hai l’immenso
anche ora che spolvero la pietra
in cerca del tuo viso
Ti lascio un ciclamino in un vaso,
rosso com'era il tuo sorriso
sul velluto delle labbra.
*
Sei tra le cose che ad ogni istante mi narrano
del tempo che passa del tempo che muta
di una fragilità che è nuova speranza
Sei tra le cose verso cui volgo lo sguardo
un lume cinque bianche conchiglie gli spigoli
aguzzi di una piccola pietra il quadrante
fosforescente d’una radiosveglia
Intangibile ma eterna sostanza
Sei tra le cose che metto da parte
per i momenti di quiete
che muovo che scambio che coloro
o nascondo nel grigio di un’ombra
parola nel silenzio più sacro
Sei tra le cose possibili e le immaginarie
tra il desiderio del sogno ed il tormento della vita reale
tra un corpo che cede e l’anima che non s’arrende
Sei il peregrinare d’un pensiero assetato di luce
che colma ogni vuoto attenua ogni assenza
sei tra le cose divine che non si toccano
tra le cose che esistono
senza che si possa provare la loro esistenza
Sei tra le cose che sfamano
e accrescono il senso di fame
Sei un primordiale bisogno per la vita
perché il viaggio continui in eterno.
*
E basta un attimo
alla consapevolezza
di sentirci integri
nonostante il nostro essere
estremamente fragili
dinanzi alla malvagità del mondo.
*
E poi viene il tempo in cui la vita
indossa il vestito nuovo
e come allegra fanciulletta va per le vie del borgo
col suo cesto di frutti esultante ed il passo allegro.
E tu sorridi al primo raggio di sole
e scordi i filari acerbi
e dopo innumerevoli tempeste
godi in segreto del tuo fantasticare.
Ma ahimè il tempo è breve di miraggi e lusinghe
Ed il cielo possibile pei tuoi viaggi cade.
Un ghigno strano riempie il buio
e come in sogno grida l'inganno della vita.
*
Le mie piccole orme talvolta
combaciano con impronte
già impresse nel suolo
più spesso vi cadono dentro
curiose del margine intorno.
*
Sto bene qui dove la terra odora
ed il cielo, remoto, sublima visioni.
Sto bene qui nei sentieri di foglie
dove un cane all’alba ha sostato
ed i passeri con disinvoltura
sbriciolano frettolosamente una zolla.
Qui dove la vita è più lieve
i pensieri in quiescenza
sottomessi ai ricordi.
Senza …
la mente sarebbe sgombra.
Qui dove il passato rivive
e con esso l’allegra stagione
la spensieratezza
le illusioni
il sogno
l’inganno.
Sto bene qui dove la terra
è primizia per il passaggio.
*
Di allegrezza in tristizia
supero il tempo
nella mente visioni
sogni progetti
voli ed approdi dinanzi
dietro di me ponti ed abissi.
Finchè avrò gli occhi
saprò sempre
dove l’anima ha la sua dimora.
*
Ha bivi ed incroci e curve il palmo della mano
e la memoria i segni reca di promesse sfogliate
si desiderano cose per gioco o per scommessa
sfuggire alla noia deragliare oltrepassare il reale
Ci assomigliano un quadrifoglio una conchiglia
una pietra appuntita una lama d’acciaio
lo smalto rosso di un cornetto
Nel pensiero siamo la nostra prima ed ultima impronta
Il consueto cammino. Ma ci sorprende tra le crepe
il candore di una margherita.
*
Del tempo noi diciamo non esiste
e andiamo fieri di quest’affermazione
ma in cuor nostro sappiamo non è vero
quando dell’altro abbiamo nostalgia
ed è lontano irraggiungibile in un pianeta
di cui quasi non abbiamo cognizione.
Vorremmo il tempo necessario quanto basta
per un bacio una parola una carezza
e contempliamo il vuoto quasi certi
che dal cielo possa giungere un miracolo
o un consiglio per non cedere alla tristizia.
Così dinanzi allo specchio riflettiamo
pensando al tempo perso che non abbiamo
ed affiora un sorriso sulle labbra, per lui o per lei,
così pensiamo...mentre è un riso soltanto per noi stessi.
*
Così gialla e tonda
la luna in cielo
pare un pomo maturo sul ramo
così in alto
nell’acqua remota
di un pozzo si riflette
vede solo se stessa
di me non sa
nè di quando annego
ogni pensiero cattivo nell’oscuro fondo
ogni ricordo dolente.
*
In confronto al ramo d'una quercia
che pende basso
gravato di foglie
ad occhio e croce
io sono alta due metri.
*
Non chiedo che il sonno alle pareti d’intorno
un sigillo che chiuda ogni fatica compiuta
un velo sottile che distragga le ombre
nella luce soffusa d’una stanza deserta
piena solo di cose, innumerevoli cose,
futili fredde che raccontano poco.
Sto con l’anima inerme contro l’insidia di un sogno
che di tanto sospinge la porta varcando la soglia
col pensiero in bilico tra passato e presente
e un domani che non è suono né colore né vita.
Non chiedo alla vita che il miracolo di un attimo,
un attimo che abbia memoria d’eterno.
*
Vibra il silenzio
come fosse musica e strumento.
Ora, al pensiero d’una vita taciuta
nella gioia e nel pianto.
L’emozione torna
con la voce nota a me soltanto
scavando solchi nella mente
e tra gli antichi fogli.
Riaffiorano intatti
i primi versi gettati
con l’ansia dell’attesa
come semi
ignari del divenire frutti,
lì dove ignoravo ci fosse terra
o argilla o grande vuoto.
Forse era vento e mare
forse desiderio
di cercare sempre un luogo
dove stare bene.
*
È un’aria spenta
la luce solo per brevi istanti
vince le nubi.
Poi è ovatta sul capo
umida sfatta
che accompagna i passi in salita.
E la sera più non ascolto
come sarà domani.
E’ un tempo strano di fughe e di bugie
di corse lente
i colori di ottobre stanno come rinchiusi.
Così i miei pensieri.
Nessun fermento o slancio.
Sono giorni di noia.
*
Liberate le papere in piazza
se potete, a frotte
tutte quelle che avete
nei recinti nel vostro cortile sugli spiazzi
qualcuno di voi anche in cantina.
Come starnazzano bene, in coro festose
non si comprendon tra loro
ognuna col proprio vocabolario...
Ma che coro giulivo
che note allegramente stonate!
Ed ora che si sono sfogate
oh che sospir di sollievo
che pace che oblio!
Udite?
*
E' prudenza?
Questa vita che spezza promesse e speranze
questo sogno sospinto nell’acqua come una barchetta
questo cielo che osservo finchè non sento scivolare le stelle…
io non cado sul fondo pur se talvolta assomiglio ad un relitto
incastrato in mezzo agli scogli
voglio solo sentirmi di pietra e come pietra sgretolarmi.
Ma poi ricompormi.
*
Larga la chioma
oscillano i rami
contigui si sfiorano nel fare l’inchino
scossi dall’impeto crescente del vento
dentro l’autunno d’un freddo mattino.
Verde l’erbetta
rada e sottile
mossa da un fremito
mormora appena.
*
Dovremmo avere desideri grandi
al di là della vita che ci dirotta altrove
dovremmo avere sogni da coltivare
come aiuole ai piedi delle querce.
Gli sguardi rivolti al cielo a San Lorenzo
sono vuoti a perdere, dentro miraggi
di contro alla certezza d’una lacrima
una nostalgia che si ripete
un groppo in gola.
Dovremmo avere fede nelle parole
le nostre, anche se fallaci,
quelle che nella mente incateniamo
perché non vadano mai perse.
E nonostante l’amarezza
dovremmo ribattezzare ad ogni alba,
che sia di sole o pioggia
il dì seguente, col nome di Speranza.
*
C'è un amore più forte e più profondo
da cui il senso discende
di un'appartenenza non dichiarata.
Non può comprenderlo
chi è assillato
dal tormento della carne
né chi del corpo
disconosce i bisogni più impellenti.
*
Meglio lo stormire del vento
ed un sole ramingo tra le nubi
che il gorgoglio tra i fossi
d’una pioggia fitta fitta.
*
E’ questa percezione d’un tempo minore
a dare peso agli errori compiuti
agli ostacoli vinti alle promesse sospinte
tra burrasche ed improvvisi arcobaleni.
E’ questa percezione che fa amaro ogni boccone
e allontana dall’orizzonte i filari di vite
o fa appassire sull’albero il melograno.
*
Goccia a goccia
rugiada e schiuma di mare
sulle mani tra le costole
sui fianchi
Raggio ed ombra
mi svelo e nascondo
ti scopro e ti celo
Piuma e peso sul cuore
scivolo mi poso
m’elevo
Fiore senza stelo.
I miei pensieri
zattere con le ali.
*
Le parole sono nostre
ad ogni cenno ogni piega del viso
ogni respiro.
Nostro è il senso compiuto ed il mistero
il fresco germoglio ed il raccolto
sempre chiaro il percorso
ed il viaggio, nuovo ad ogni dì.
Delle parole abbiamo il senso pieno
pure in assenza di suono
pur senza l’abbraccio
che renderebbe mute le parole
invocate nei giorni di malinconia.
*
E v’è allegrezza anche in questo ottobre
che lascia pozze sull’asfalto e riga i vetri
lustra le foglie sopra i rami
e la terra intride.
E confonde dietro gli occhi il pianto.
*
Più non so se è poesia
questa vita grama
la quotidiana consapevolezza
che nulla spetti a chi più s'adopra
perché ciascuno abbia il suo
ben oltre il necessario.
Il vecchio geme e a ragione
il giovane ha pretese e non tiene
in conto le altrui fatiche.
Ahimè quante amare sorprese
ci riserva la vita!
La testa tra le mani
altrove emigro.
Così io mi riposo
finché avrò testa
e finchè avrò le mani.
*
Si pensa il sole eterno
quando s’attarda e non conosce confini
I giorni si susseguono confusi per le mete e gli addii
la nebbia muta da oro in grigio.
Illusioni giochi distrazioni.
Il tempo corre come un treno.
L’autunno avanza.
Sto come una foglia nell’aria abbandonata
chiaramente turbata da tanta quiete.
*
I segni che leggete non sono veri
sono abitudini
nodi che si stringono e si slacciano
sono baratti sono cortesie
vestite di ipocrisia.
Ma voi amate i segni i disegni
le esagerazioni i numeri
e perdete il tempo a contare e ricontare
e a ricordare e ricambiare.
Quei segni inutili più degli scarabocchi
che decorano i muri.
*
Lei m’ha dato una melagrana
e non sa che io amo i melograni
m’ha detto ti regalo una palla
in un giorno che io ero troppo triste
e dentro c’erano sbarre alle finestre
e piombo alle pareti.
Lei m'ha dato una melagrana
oh allegra visione di un sorriso!
E d’una bocca vermiglia e chiare perle,
mentre corre la cenere sul nero
d’un cielo che io non riconosco
e le ore si fanno troppo lente
simili al tempo di chi
da vivo sembra morto.
*
Spente sono le sere
dopo il frastuono del giorno
quando vorremmo gridare d' amore
ed esultare dei nostri sguardi
e delle nostre bocche
e respirare il cielo.
Ma il vuoto così immenso accoglie
solo frammenti di noi,
affranti nell' anima e nel corpo.
*
Placida approdo in uno spazio vuoto
come le strade immense al mattino presto
quando la gente ozia nelle proprie case
o s’attarda in uno strano lento torpore
in uno spazio vuoto approdo e pieno di vita
dove le aiuole fioriscono ai piedi delle querce
ed io respiro primavere nell’autunno che avanza
e tu hai gli occhi chiari come pozze d’acqua
e braccia come rami gravidi di foglie.
*
Un dì il premio era lì, intero.
Ora è un camminare senza orizzonti
e le salite non hanno senso come le scese
ora è un guardare da ciechi e davanti
non c’è che un muro alto insormontabile.
*
Accade ch’io pensi come avulsa dal tempo
e che i ricordi mutino in visioni
o che le immagini recenti indossino
le vesti del vissuto.
Accade che i pensieri non sentano
l’urgenza delle parole
che seguano sentieri propri
s’immettano in binari all’apparenza morti.
E che giungano a destinazione puntuali puri
quasi perfetti.
E accade che le parole ruzzolando,
piccoli sassi levigati chiari innocui,
nel vortice della corsa diventino pietre
spigolose grezze taglienti.
Sono come le bufere che dei venti
rappresentano l’ira e la voce grossa.
*
Ha esigenze l’anima che nessuno comprende
intanto cibo ed acqua ristorano il corpo
la via dinanzi porta sempre ad una meta
ed è la stessa obbligata chiara puntuale.
Ma i ponti nascono dal nulla ed i fossi
si riempiono di fiori di pesci di uccelli
le onde assalgono la riva e lasciano tesori.
Ovunque non è terra non è mare non è cielo
il mio posto è altrove.
Il passo s’arresta il pensiero smorza
come un lume alla fine.
Il desiderio ammutolisce piega per altre vie
la speranza indossa l’oro ed il rosso del tramonto.
Ha esigenze l’anima che la notte mette a tacere in fiumi d'oblio.
O con promesse mute con strane deviazioni
ed il miraggio delle stelle ed una luna
che interroga la vita e mai risponde.
*
Sul filo tra mille domande
dubbi ipotesi esempi
la testa tra le mani abbandonata
finchè gli occhi non incontrano il Cielo
Nel silenzio che grida, sottovoce
solo una sillaba. L’accenno di una preghiera.
*
(Poi si cade sfiniti nel vuoto)
Una lama sottile m’attraversa
tanto che il cuore duole
ed il fiato manca.
E sono una barca arenata
una sedia con la voce d’un tarlo
un tavolo mezzo incrinato.
Ma la sedia non è che una sedia
e un tavolo solo un tavolo
così anche una casa.
Tutte cose inutili in fondo.
E che muoiono una volta soltanto.
*
Cambia lo scenario.
Cambiano il tempo e le aspettative.
Siamo matricole o geni incompresi.
Su tortuosi sentieri vanno lacrime e baci
riassumono gioia e dolore
e al di sopra risplende l’oro delle foglie.
I giorni non sono semplici foglietti
staccati dal calendario
lunari
albe e tramonti
santi massime.
Spesso sono chiodi e sigilli
cupole e voragini.
Scorrono con la vita le abitudini
e fuggono via i mesi.
Senza i mesi non penseremmo alle illusorie
promesse di ogni nuova stagione.
*
Lingue di fuoco svettano
gote accese anelano promesse
stretto tra le mani è il pensiero
come un fazzoletto intriso di profumo.
Una nota stride spezzando il grave frusciar delle foglie
e varca la soglia di un tempo inesplorato
un sogno negato.
Orme che vanno disgiunte nella visione di un bacio.
*
Tra poco i raspi nei tini coloreranno i sentieri
di campagne inondate di sole tra il ronzio delle vespe
ed i canti antichi che tornano come fossero un rito.
Giungerà poi il tempo delle piogge e delle sere
con un ciocco nel focolare e tra le mani
un libro ed un calice di rosso che pare nero,
al buio, al solo occhieggiare delle faville.
Ognuno ha nel cuore una scena a matita e i pastelli
con cui colorare gl'istanti di quiete al finire del giorno
ognuno in mente ha un pensiero più bello
su cui soffermarsi
quando cala il sipario sulle fatiche recenti
e la notte di stelle è copiosa e di sogni.
*
Hanno chinato la testa le palme schiaffeggiate dalla bufera
i fiori di carta invece che ho visto sbocciare dalle tue mani sono vivi
raccontano di ogni attimo sfumature e colori,
indifferenti al ciclo delle stagioni,
e di ipotesi disegni voli azzurre promesse.
Ho sognato il tuo giardino la panca il muro il cancello fiorito
una pozza d’acqua i girini le aiuole i limoni i cespi di rose l’iris e il gelsomino.
Hanno chinato la testa i girasoli nei campi al tramonto
i papaveri di carta velina parlano ancora di soli e di arcobaleni
e della tua essenza impalpabile come lo spettacolo delle lucciole a sera.
Hanno chinato il capo le spighe, il prato un mare d’onde e di vele
e noi sugli steli reclini, come margherite nel coro d’una preghiera.
*
E vorrei piangere per l’ennesima disgrazia in mare
per i morti di kabul per il rapimento di Eitan
ma sono troppo triste affranta desolata
per piangere per tutte le tragedie della terra
Vorrei piangere per quelli che non si comprendono e si separano
per i diversi in ogni senso e per i falsamente uguali
per i bambini brutalmente uccisi dalle madri
e per i figli senza genitori
ma le mie lacrime sono solo per lei.
Per lei che mi ha dato la vita
e che ora mi strappa il cuore dal petto
implorandomi di porre fine alla sua sofferenza.
*
Desiderio di crateri e cieli
per somiglianze e discromie
Puro il suono cade
una scheggia sul silenzio
amputato nelle sue appendici
Non c’è pioggia a saziare l’arido suolo
troppe voragini fuochi fatui
spenti nelle fauci del buio.
*
Stilla una goccia dal ramo
mi bacia al passo la fronte.
Odora della pioggia recente
_la prima di un'estate alla fine_
a metà di settembre.
*
Senza confini
senza apice o fondo
col suo rumore sordo
un tarlo nelle cose e negli animi.
Il silenzio, imperfetto
senza le note d’un tempo
si dibatte incompreso
nella sua irrequietudine.
*
Senza la raffica tra le fronde
in questo spicchio di sereno
mi giungerebbe un raggio più rovente
tra le inferriate arrugginite
d’una finestra angusta a piano terra.
Solo un riflesso tra gli specchi
naviga onde e si trastulla
La luce afferro coi miei occhi
come col pupazzo fan le mani,
la lana bionda della chioma.
*
Poi giunge il tempo
in cui deponi le armi
E più non credi o speri
in un’umanità redenta
dagli errori e dagli eccessi.
Qui è come un carcere.
Alla fatica del mestiere
si contrappone un fastidioso
gracchiare di cornacchie.
*
Ruggire dentro di magma
sospesi sul bordo
dondolarsi
scavati da un bacio
collimare imperfetti
giusto lo spazio d’uno spiraglio.
*
E’ mio questo posto anche se non mi appartiene
anche senza aver lottato per averlo
qui non c’è traccia delle antiche fatiche
non c’è nessuna prima pietra
ma questo posto sarà mio
finchè non avrò tagliato il traguardo
con i cassetti ancora vuoti ed i tavoli sgombri
le cose stanno come sospese
qui chiuderò il presente una volta compiuto
avrò speranze e grani tra le mani per il tempo che avanza
qui non avrò ninnoli né perle nello scrigno
solo vie davanti e ponti da solcare.
*
Se c’è un posto su questa terra
dove il silenzio non è morte
ma l’ascolto della vita intorno
e dove dentro di noi il vuoto
non tesse la sua angosciante ragnatela
se c’è un posto dove la sera
una mano divina riconduce
al riparo anima e corpo
come il pastore soddisfatto
il bianco vello al suo oscuro ovile
un posto dove il sonno ci consegna all’oblio
e la speranza è un germoglio vivo tra le zolle
al sicuro dagl’insolenti e dai malvagi
non so
se esiste un posto sulla terra
per quanto io cerchi e mi affanni non lo trovo.
Il pensier mio esausto s’allontana
migrando in lidi sereni
dove il cielo è cielo per l’aquila e per il gabbiano
dove il sole è sole per Giove e per Saturno.
*
Nessun cambiamento all’orizzonte
il caos dilaga. Ovunque è come stare al bar
tra bocche che si allenano
e gareggiano per ciance e dicerie inutili.
È questa la moderna società
non discerne l’uso dall’abuso
non conosce il valore del silenzio.
Già, la moderna società…
la stessa che si urta
e s’indispone
per l’abbaiare d’un cane sotto casa.
*
Cosa vi racconterete tutto il giorno
voi che siete tra voi come incollati
vi annusate dividete la mensa
guardate il sole sorgere e tramontare
noi in un giorno qualsiasi indefinito
cancelliamo distanze incommensurabili
abbracciamo i pensieri d’una vita
e sospiriamo al ricordo dei bei tempi
vissuti nel modo a noi noto
senza alcun inganno né finzione
nessun segno di sopportazione.
*
Non è il luogo delle meraviglie
ma l’unico possibile
meandri intarsi curve
ombre e luci
il sole fuori bagna lo spiazzo
e dentro è un tempo che non si indovina.
Non è il luogo ideale
ma creerò comparti
e starò in mezzo
come una foglia che danza
una farfalla che sosta
un sassolino che cade
e fa cerchi nell’acqua.
E il presente sarà l’attimo più lungo
prima d’ogni congedo.
*
C’è un mare mosso in noi ed un cielo immenso
sabbia e nebbie stelle e miraggi
la tempesta l’ignoto
luce e buio
e ciò nonostante il desiderio del viaggio.
*
Sbianca il cielo, nuvole in cammino
il primo scroscio ora gocciola più piano
dai tetti dai vetri dalle fronde
dal ramo più alto a quello in piano.
Non è ancora l’odore dell’autunno
la polvere si riaffaccia sull’asfalto
la terra si sgretola si spacca
le foglie san di muffa l’aria è acre.
Rapido un volo di colombi fugge,
varco la soglia, la mia casa attende
composti sono tutti i miei pensieri
nell’alito fresco della sera.
*
Si aspettava da agosto dopo l’afa un breve refrigerio
invece il tempo rotola veloce ed ecco settembre.
Pallido il sole la luna smorta nel cielo tra i lumini
nubi d’ovatta passeggere rovesciano uno scroscio
talvolta saette inaspettate a simulare un fuoco d’artificio.
All’alba le prime ore sono foriere di verità inconfutabili
l’aria è fresca uno zampillo irregolare
un pensiero più desto si leva similmente ad un aquilone.
Prendiamo la via più facile e c'incamminiamo.
La vita è uguale, i problemi, i sogni, le speranze.
Noi siamo diversi.
Abbiamo già visione delle foglie un manto sopra il viale
e l’oro sui passi sui silenzi sulle bocche mentre guardiamo
l’amore nostro spensierato e allegro.
Oh Dio che incanto! Un attimo lungo una stagione.
Un attimo breve. Poi sarà inverno.
*
Si cancella il tempo ciclico dei giorni
di timori speranze ostacoli importanti
e che ci danno peso o leggerezza o un filo
su cui sospenderci o seguire altre traiettorie.
Si legano notti vissute ognuno nel modo che sappiamo
e si ricordano lune assenze desideri manchevolezze
idee abbandonate forse per pigrizia.
Ci si guarda negli occhi con l’unica maschera
che la coscienza c’impone nascondendo le bocche
puri nei pensieri nei gesti nelle visioni
nella conta delle cose che vorremmo
senza eccessi e mai per abitudine.
Ci si ascolta nell’eco del silenzio
raccontando tutto il bene custodito nel cuore.
*
Ed è improvvisa quiete
un provvisorio stato di cui approfittare
da lì discende l’ordine
da lì ogni cosa troverà il suo posto.
Poi si potrà ridere richiamando alla memoria
uno specchio incrinato le ante graffiate
d’un vecchio armadio
il balenio d’una luce sul soffitto,
prossima alla fine.
Ma sarà meglio che intristire
pensando ai tanti ostacoli
che ancora rendono ripido il cammino.
*
Qui dove siamo stati non era la meta.
Era scritto.
Una sorta di destinazione provvisoria
una stazione secondaria
un passo inaspettato verso il caos.
Ora ha scarsa importanza dove andremo
né il luogo che recherà le impronte nel futuro.
Abbiamo lasciato aneddoti e storie
successi e sacrifici tra muri segnati dalle crepe.
Lì dove le cose avevano un nome
e i nostri passi tempi più allegri.
*
Le cose piegate male
petali e foglie dai bordi frastagliati
i segni delle rughe cancellati
su flash perfetti.
E poi una crespa dal labbro superiore
che sgocciola sul mento
ti tradisce.
Stai planando sul cemento
_ gli occhi socchiusi_
là dove t’era parso di sentire
l’odore acre dell’erba
e quello più maturo delle spighe.
*
Non vien la donzelletta quando piove
e piove anche col sole.
Non ha nuvole il cielo solo scie
di aerei ed aquiloni.
Guardo l’orizzonte e arresto il tempo
so che nulla può mutare alle ore il destino
né comandamenti o regole o condizioni.
Ed amo il mio cammino i salti di memoria
la croce sulla vetta la luce misteriosa
l’inganno della luna e sotto di lei
il pozzo a bocca asciutta.
Dimentico che vivere è un compito assegnatoci dal Cielo
e vivo anche la morte dei miei sogni
la consapevolezza d’una sorte nè buona né cattiva
la forza d’accettare un giorno nuovo
senza cadere nella rassegnazione.
Un giorno lungo d’albe e di tramonti sopra quel colle
dove il vento reca il mare il silenzio la tua voce
e un ritornello antico che si leva gioioso tra le fronde
“la donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole”.
*
La morte ha preso di mira le cose
un quadro un orologio sul muro
un appunto su un foglio buttato
su un tavolo vuoto.
Ha segnato le sedie incrinato gli armadi
ha cancellato racconti un po’ visionari.
La morte ha cambiato il nome alle cose
perché così non possiamo più amarle
Nella lotta continua del giorno
ha deviato i binari alla vita.
E noi andremo appresso alle cose già morte
senza più desideri né magre speranze,
gli occhi velati sull’antica coscienza dell’oltre.
*
Vorrei fare testamento delle mie parole
lasciate spesso incustodite sparse
tra le cose di peso
gli scogli le barriere gli specchi
Vorrei vivessero come le stelle
fiere della loro luce e ferme
nonostante le bufere delle stagioni
Vorrei morire consapevole di non essere stata
un’occupante abusiva sulla mia parte di terra
di non essere stata una mente errante
dentro un corpo destinato al disfacimento
Vorrei morire sapendo le mie parole vive
tra i rami nelle zolle negli abissi
tra i passi di chi sa che vivere
è un duro mestiere.
*
Ha la forma d’una scatola scolpita
una scatola antica con gli intarsi
tanti nodi legati in modo stretto
Ha in sé giorni segnati da un sorriso
una sorpresa bella
una parola discesa come una saetta
Ha in sé le cose con su incise
le impronte ed un senso
premonitore dell’insolito, avventuroso
Ha in sé le promesse non comprese
di miracoli miraggi deliri,
forse visioni
Ma accade che i giorni che dentro recano
i semi migliori passano silenti
quasi smarriti e marcati da assenze
che si svelano spietate.
E si dimenticano nomi simboli fiori
significati ricorrenti
E restano attese nel buio, esterrefatte.
Insospettate.
*
Sapessi che il rovescio della medaglia
è quello buono quello giusto
quello spensierato ed avventuroso
opterei sempre per quel lato nascosto
ma la faccia che tocca il suolo
e resta lì senza il suo cielo
è la mia fronte il mio viso il mio sguardo
sull’incognita del nuovo giorno.
*
Canne nel vento filtrano la luce
papaveri rossi come un fruscio
di vesti lievi tra fili alti d’erba.
Vorremmo addormentare in noi
ogni futura meta
nell’equilibrio d’un pensiero
che ci racchiude nella stessa sfera
eppure c’innalza liberi in volo.
*
Come dovessero accadere cose mirabili…
Si resta appesi al filo della speranza
il nero ricorrente sfuma in grigio
assorbe luce a gradi
La forza del pensiero farà il miracolo?
Ci si trastulla in quest’altalena.
Ma non è come per la manna
come per l’arca in mezzo al mare
come per l’approdo all’isola.
È un pendere dell’ago della bilancia
la transitorietà della clessidra
il passaggio per la cruna
E di mirabile non c’è che l’estraneità alla visione.
*
Il rumore d’una ventola nella stanza
le ombre ammutolite all’improvviso
la tenacia di un’attesa indefinita
E tutte queste cose chiuse
nell’immensità
d’un tempo inesistente.
*
Due parole così intensamente pensate
che ci si scorda di pronunciarle
due parole come perle rinchiuse
eppure vive nel respiro della tua voce
che per sentirla bisogna chiudere gli occhi
ed immaginare il mare
quando srotola i suoi colori.
Due parole passate tra le mani
come monete come biglie di vetro
come fiori strappati al prato
due parole cantate di notte,
come baci posate sugli occhi,
così intensamente pensate
che ci si scorda di pronunciarle.
*
Ho seminato parole quasi ovunque.
Non porto il conto delle falle e delle onde
delle piccole crepe degli occhielli tra il rossiccio
ed il cupo verde e delle nicchie
tra case ed orti tra lumi e buio.
Le parole cadute non sono morte
ma non sono che una minima parte
per chi ha fame e sete di parole.
Ho trovato riparo dentro metafore
stemperato l’acciaio nei sinonimi
Ho scandito sillabe in rintocchi
creato il suono dal respiro lieve.
Ma sono tante le parole che non dico
le parole che nascono perfette
in muti suoni e si azzuffano negli occhi
si sfiorano si consolano si dolgono
d’ogni speranza presto accantonata.
Sono le parole più importanti
che tornano quando sei lontano.
*
Anche i poeti sono in vacanza
chi al mare chi in montagna
chi in una stanza
un calice tra nostalgia e rimpianti.
Qui è rimasto uno scribacchino
qualche foglio una gomma una matita.
Sta in silenzio mentre osserva il mare.
Dentro di sé ha l’immenso eppure tace
guarda la luna in cielo, pare distratta.
Anche lei diversa, così pare,
dai tempi del pastore errante
e del notturno canto.
*
Tarli tonfi scricchiolii
sepolti dentro crateri di sabbia
Sull’orlo il silenzio si frantuma
Esplosivo il suono ora crea
atmosfere dolci ed evocative.
Scivolare tra pareti di velluto
Il rosso screzia di luce il nero
l’anima una foglia
evanescente
vibra al tocco delle labbra.
*
Mi diverte vedermi ormai scomparsa.
L’apparire in quel deserto anche di rado
mi sorprenderebbe a dir non poco.
Sarei un fantasma con la mia presenza
più di quanto mi compiaccia ora esserlo
con la costante, svagata mia assenza.
*
Ed ora trovati un pezzo di cielo,
che sia buio ed immenso
lontano dai lampioni e dalle insegne al neon.
Non ce l’ho.
Trova un prato un giardino un orto.
Sto in un vicolo,
sulla soglia un gatto.
Poi devi guardare,
devi saper guardare
e devi aver pazienza.
Sono stanco.
Intanto pensa,
un desiderio un volto un luogo.
Forse cadrà una pioggia fitta,
forse un frammento.
Non è più il tempo.
*
A piedi nudi tra onde di sabbia e mare
quando il vento dà fiato alle cose
e noi siamo foglie vele aquiloni
noi siamo scogli ciottoli conchiglie,
a piedi nudi entro nel tuo pensiero.
Non ho stagioni né preferenze
né l’affanno per il brusco
avvicendarsi di calura e gelo.
Ho dentro l’universo
e dinanzi la luce che lo rivela.
*
Qui si azzuffano per una donna
gli uomini ridono e bevono
i ragazzi si rincorrono per strada.
Qui la gente coltiva fiori
e calpesta aiuole.
Qui si confidano segreti
inventano storie
si amano si invidiano
parlano di cose che non sanno
sono distratti commettono errori.
Qui tradiscono fanno la pace
qui cambiano spesso vento e bandiera.
Piangono. Vivono.
Forse qualche volta sognano.
Ed è presto per il Paradiso.
*
Questo non avere nulla porta
al pensiero assurdo
che nulla ci è più necessario
sicchè non esistono né la sete né la fame
né la voracità nel desiderare le cose
che gli altri possiedono
né lo sconcerto per queste mani
che non sanno più cosa domandare
e che spesso racchiudono il nulla.
Ma il nulla non è il vuoto.
E questo non avere nulla
è una ricchezza immane
per noi che abbiamo solo noi.
*
*
Vorrei solo un giaciglio
un semplice giaciglio
dove stare io ed il mio mucchio d’ossa
io ed i miei legamenti corrosi
i tendini brucianti le falangi gonfie
Un giaciglio dove scordare le angustie
delle ore, dove pensare d’arrestare il tempo.
Non la certezza del sonno
la brama del sogno
o la speranza d’una visione
Vorrei solo un giaciglio
a ristoro da ogni affanno
e lenire la fiacca che m’opprime
nell’anima e nel corpo.
Non leggermi una favola
seduto al mio capezzale
ma cantami un amore
che non ha confini
Non dirmi del tempo
che mai avremo né dei baci
delle carezze sospirate.
Il mondo è pieno
di bocche che si cercano
e mani che si sfiorano
senza essere felici.
Il mondo è pieno
di gente che si accoppia.
Tu abbracciami con la tua voce.
Tienimi sveglia.
Cantami una nenia
che addormenti la luna
sull’orlo dei pioppi.
*
Pesa la chioma. La chioma fosca e spessa.
E l’occhio allontana dal tronco poderoso
che ora al confronto esile appare.
Un gemito sale tra i fumi del mattino
e il rantolo del vento disperde un cinguettio.
Muovo nel mio cammino.
I piedi miei già stanchi. I miei passi lenti.
Le tue radici salde. Così pare.
Stiamo noi due soli
tutt’intorno il silenzio:
quiete e ristoro.
Preghiamo.
Ognuno nel modo che sappiamo.
*
L'indifferenza non é nulla
non racconta il dolore l'inquietudine
il male di vivere l'inganno subìto.
L'indifferenza non è nulla
non dice dell'anima traviata
del cuore nudo, un ramo spoglio,
del gelo del fuoco.
Quando sopraggiungerà l'odio e sarà così vivo
così tenace così sapiente così spietato
ed immenso come l'amore
e come l'amore vero invulnerabile
non ci saranno più priorità
né si sentirà la mancanza
di quello che non viene dato
di quello che non viene tolto.
*
Riconoscersi tra nostalgie e rimpianti
non maledire nulla
non cambiare nulla
se non nel desiderio di un’ altra vita.
*
(Poesia per un’amica)
Canta come l’acqua trasparente tra i ciottoli
canta al cupo fogliame ai fiori al ramo prodigo di frutti
Canta alla ginestra al glicine in giardino
ai convolvoli al cancello all’ombra d’una siepe.
Canta come una canna che accoglie il vento
come lo scoglio quando incontra l’onda
come la vela che si dispiega in mare.
Canta il tuo dolore la rabbia l’amarezza
le promesse deluse la fiducia tradita
Canta la vita chè risorga forte!
Vivi al tramonto desiderando l’alba.
Nessuno può dire alla luce di non splendere.
*
Perché domani non penso di essere
È qui che il tempo non esiste
ma l’uggia dell’istante che pesa
la lancetta come ferma sul muro
lo sguardo come calamitato
E’ qui che tutto si contraddice
Accorgersi di inutili azioni ad inganno
Un boomerang che sempre ritorna
e trovare alfine riparo in un Pensiero
fedele seppure incostante.
Perché domani non penso di avere
E’ qui che la sostanza viene confusa
che conto e riconto i miei averi
e mi distraggo e tutto bramo
di tutto mi privo
E’ qui che ho i miei confini
Accorgersi dell’oltre a dispetto
Il guinzaglio il muro il cielo le ali
Ed un tempo talvolta di fuga
altre volte d’esilio.
*
Acquieto l’anima
curando il male più intenso
Di priorità è il mio giorno
di tappe di ostacoli
Ma il sogno è salvo
conchiglia rapita alla sabbia
ora in un cassetto sepolta.
Ha l’eco del mare al risveglio
il suono di un’andatura
che m’è familiare
il silenzio di tanti racconti
Non teme l’usura del tempo
né il mutamento.
Ed io passo da un polo ad un altro
senza preavviso senza intenzione
La fortuna è di chi mi coglie presente
negli stati intermedi
Un’ilarità improvvisa
un sorriso o quel che resta
di antiche memorie
non sempre tristi.
Ora sogno una morte diversa
che si discosti da una vita apparente
o una vita che dia del filo da torcere
al mondo a me ostile.
*
Sempre t'amo.
Dove il sogno è più inafferrabile
e s’annidano pericoli dietro la boscaglia
fitta di verde e cupa di suoni
Dove la terra non ha deserti
ma campi arati
ed ancora il pugno s’apre
spargendo semi
nonostante un tempo
di promesse avaro.
Qui t’amo
dove fiorisce l’achillea
e giunge l’inebriante
profumo di lavanda
Dove l’anima si congeda
dall’inclemenza del giorno
e ripara in una notte di luna piena
e di mistero.
*
Siede la donzelletta sul muretto
piega con calma dei fiori finti il mazzo
colori tenui e allegri mischiati insieme
come in un plissé o in un ventaglio.
Affiorano nell’andatura due ginocchia
le gote rosse gli occhi di meraviglia accesi
poco distante, le rughe sulla fronte
un viso chino e delle mani
il bruno colorito sul ricamo.
Una stagione breve ora è l’attesa
il giorno un pugno di secondi
dinanzi un cielo pieno di nuvole rosa
e dietro il sole, come in posa.
*
Amore sei come l’acqua quando
fluttua improvvisa, mentre
_reclino il capo la bocca schiusa_
cerco la più giusta posa
sul fresco gorgoglio che
curva e m’asseconda
mentre mi disseta.
*
Ho il vizio di attenderti
anche quando so per certo che non verrai
di accendere la notte smorzare il lume
girovagare tra silenzi fluidi d’acqua
Ho il vizio di pensarti con ossessione
anche quando so che il tuo pensiero
è in gara tra cento pensieri nelle maglie d’una rete
senza avere un sospiro di sollievo
Ho il vizio d’inventare un giorno nuovo
che non sia pieno di assenze e di fame
un giorno in cui prendersi per mano
e camminare piano solo per fermare il tempo.
*
Arrivò così l’inferno sulla terra d’un tratto
mentre un soffio di vento prometteva ristoro.
I pensieri si ricomponevano frettolosamente
dopo l’inquietudine strana
prima del grembo vuoto del silenzio.
Le cicale incessanti ubriacarono l’aria
le parole gravi come rintocchi.
Il tuo tempo al gong finale.
Ho chiesto il vento per raggiungerti
ma tu eri il mare.
*
Talvolta mi rileggo.
Prima di un nuovo vortice buio
quando la confusione è nebbia
il sole lama la pioggia maledizione
il vento un furfante che sferza schiaffi alla nuca.
E tutto nuoce.
Nella memoria scavo
e lego ogni momento pensato insuperabile
ad un filo interminabile e traggo nuova forza
da un timore remoto un vuoto colmato
una tristezza vinta un’ombra dissipata.
*
Fisso un ramo spoglio, nodoso,
alla mia finestra.
Del suo dolore non so,
nudo di foglie e di fiori
stagliato all'aria.
Ogni falange grida
delle mie dita
ogni dito teso storce
devia si arrende.
Inerme la mano allenta la presa.
Vanno le cose scivolando
al loro destino.
Il cuore duole
manca in me il respiro.
Se l'albero geme per il nodoso ramo
non so.
Nè se la terra è mesta pel suo dolore.
*
E ci si accorge del cerchio stretto intorno
del filo spinato del poco verde
della polvere sollevata
E quel belato resterà nel recinto inascoltato
non col gregge che muove ondeggiando
al suono d’un campanaccio.
*
Fui folle
del desiderio di te.
Accolsi fede e speranza
E il sogno non fu sogno ma delirio.
La nebbia ha nascosto l’orizzonte
e pure i miei confini.
Ecco l’inganno.
*
Un vacillare con i suoi equilibri
i chiaroscuri sfumati in fuga
le ombre vere macchie perenni
E il ramo spezzato vivo solo
nel flash d’un attimo d’autunno
L’eco d’un silenzio che ritorna
senza novelle.
La voce è nuova in una litania
che coniuga ieri e domani
Il cielo sfiorato nell’altalena
l’amaca ondulatoria
nel dormiveglia di fantasie
possibili in quel fiorire d’ipotesi
come ragnatele.
La pazienza è il tassello che resta alla tenacia
in bilico sull’onda.
*
Recondite mete vive nella memoria
destano nell’anima il sorriso.
Frammenti tra loro uniti come per magia,
inalterati.
Poi poniamo ordine alle cose
forse ignorando le più sbiadite effigie
forse creando strati perchè il dolore
non giunga in superficie.
Le più sottili scalfitture
d'un antico silenzio, memorabile
sono segni indelebili
non impronte nella sabbia.
Oggi è un giorno che torna
innalzando all’orizzonte
pietre levigate dal tempo.
Baluardi superati.
Ed ora più saggi lasciamo nello scrigno le perle
sconfiggendo un mondo curioso.
La verità è un sole tramontato
dietro una vetta inesplorata.
Noi palme spettinate sappiamo
dell’odore chiaro del mare quando è solo
e nessuno l’ascolta.
*
Così di giorno in giorno avanzo
pigra o distratta talvolta muovendo per inerzia.
E vivo d’aria e voli
mi nutro per valicare altri confini
superare scogli correre con il vento fino al mare.
Sei l’essenza che colgo quando manchi
nelle partenze senza preavviso
nei silenzi senza voci
nei minuti che portano sulla groppa
tutto il peso dell’eternità.
Oggi sei il sale. Domani tornerai
in un sorriso o nel pianto
a dare ancora un senso
alle abitudini d’una vita
che non s’arrende.
*
Dovrei con una piuma tra le mani
venirti sotto il tuo mento e col solletico
_ il labbro increspato nel sorriso_
domandarti con fare assai soave
del barbaro tuo comportamento?
Se un pubblico luogo è come casa
e a casa gli altri tu soverchi
sei l’arrogante e presuntuoso
che rientra tra quelli, quasi tutti,
che della vita non han compreso niente
né della civile convivenza.
*
Un frinire incessante di cicale
le ombre sul muretto
ed il pensiero ad altre estati.
Abbaia un cane ad un angolo di strada.
La sirena d’un’auto.
Un garrito di rondini, lontano.
Passaggi. Poi è quiete.
Silenzi ed assenze
mi guardano sgomenti.
Un cielo senza promesse.
Anche le stelle
si spengono pian piano.
*
Semplici gesti sopperiscono alle parole
tessono fili creano giochi
disegnano mappe per evadere
i confini della noia
Sguardi inseguono desideri
racchiudono pensieri
si cullano carezzano
s’addormentano
gli uni dentro gli altri.
Leggimi, pur nell’apparente apatia
d’una vita che inchioda
alle sue tappe inevitabili
Leggimi nelle attese insospettate
negate a noi stessi per sfuggire
alla trappola delle illusioni.
C’è un amore diverso
nel tempo che passa,
inespugnabile
in ogni vortice che ci oscura la via
ad ogni nuovo apice raggiunto
quando l’equilibrio è più precario.
*
Il tempo freddo il ghiaccio dopo il manto
così come la cappa il caldo forte
van bene per chi scodinzola beato
sul viale o in una strada illuminata
oltre una siepe folta e rigogliosa
o per chi si dondola sull’amaca
oppure si sollazza all’aria aperta
_il telo sulla spiaggia _ o sulla sdraio.
Non certo per chi _il cervello a fuoco_
quasi compete
col sole che si tuffa sulla terra
noncurante di chi pare allo stremo.
Si sa il lavoro spesso fa dannare…
e genera sudore anche d’inverno
ma con l’afa di luglio e lo scirocco
al suolo ti stramazza anima e corpo.
*
Ho corso avanti e indietro tutto il giorno
ed ora che il sole è tramontato
sto ritta in mezzo al viale polveroso.
Di fronte, una fontana quasi in secca.
Il naso in aria ad inseguire una cornacchia
la maglia presa in pieno sulla schiena.
*
Le vie affollate le vetrine accese
il chiacchiericcio su panchine assolate
non attraggono la mia attenzione.
Né i rumori acuti e gravi che sommati insieme fanno frastuono
o il traffico infernale nelle strade flagellate dal vento
il cigolio delle serrande il megafono d’un ambulante.
Io amo starmene in disparte su una pietra
come una lucertola sul muro sotto un raggio
O assorta nei miei pensieri e mesta
per quel che resta dell’euforia di un attimo
quando il giorno ancora sonnolento si distrae.
L’eccezione.
Poi è l’onda anomala che si ripete.
Fedele.
Le parole inutili sul tempo le stagioni
gli abiti belli i costumi leggeri
le mogli felici degli amici
gli amici ignari di tanti tranelli
sono insapori.
Le parole che amo sono nel pensiero
senza peso, pure, senza inganno
E spesso transitano negli occhi
mentre la bocca lascia cadere sillabe nel vuoto
_con nonchalance_
che non spronano l’orecchio ad ascoltare.
*
Non v’è interesse in questo sodalizio.
Nessun sotterfugio nessun inganno.
È un compagno che non ha sesso la Poesia
le sue impronte sono le mie
così le mani la bocca gli occhi.
Tace. Come me. Vive inquieto.
Non rassegnato. Come me.
Si rallegra. Spera. Cade. Si rialza. Come me.
Pare assente quando la mente
s’agita come in trappola
e la pena cresce a dismisura
per l’affanno del giorno.
E’ un compagno che abita
nel cuore un sussulto
che quasi non s’avverte
un palpito un grido silenzioso
un vento che si leva e che sospinge
negli angoli reconditi dell’anima,
inesplorati quando ormai si pensa
d’aver concluso il viaggio.
*
Poi d’improvviso
come per cedimento
il nodo si disfa
la fune s’allenta
ogni ansa si attenua
ogni tortuoso sentiero
si distende.
E' il calar della sera.
E l’anima accoglie
quella pace agognata
insperata
nelle ore asfissianti del giorno.
*
Vorrei dire di un futuro possibile
Ma non è che una parola
un vortice oscuro
Il mondo intorno vive l’attimo
Ride piange
Odia ama
Dice nega
o rievoca il passato tra nostalgie e rimpianti
Il domani è nel pensiero
un aguzzar l’ingegno
per aggirare l’ostacolo.
Esistere ad ogni costo.
E gli altri falciati come un mare d’erba.
*
Scene che cambiano
Colori
Ombre sul palcoscenico della vita
Noi uniti in un odore un rumore una sillaba
completi solo per definizione
nel silenzio ch'è preludio d’una fantasia spietata
Stanchi tra binari ciechi ad inseguire il tempo d'altri
Ma il sentimento è un vento che si leva piano
ed accarezza l’anima tra lo stormire delle fronde.
*
Quando ci sei sento che mi manchi
per quell'atto semplice del desinare
per il rosso sorseggiato insieme
perché sappiamo
che c'è sempre un'eccezione ad ogni regola.
Quando ci sei sento che mi marchi
per quei nostri silenzi così uguali
per quel nostro sentire il ritmo anche senza musica
per quelle nostre parole
che non chiedono di essere ascoltate.
- Ad E., mio fratello -
*
L’aria pungente del mattino
le nebbie a giugno come a novembre.
Stanchi d’un tempo anomalo
chiedevamo l’estate.
Ora il cielo ha spalancato le fauci
sputa fuoco
ed arde la terra sotto i piedi.
Ma tu hai il mare i gabbiani le vele
la sdraio all’ombra ed i pensieri
così placidi così puri.
Io solo un ventaglio, dei due quello
che ti piace meno ma nei colori è soft
ed è persino intonato con l’ambiente.
E poi rievoca la primavera.
Il ventaglio ed una stanza dove
potrei non sudare
se solo non mi arrovellassi il cervello
tutto il tempo tra la carta ed il pc.
*
Non é abitudine.
L'abitudine é arrivare a sera sotto casa
con lo stesso sorriso sulla bocca
come il giorno non t'avesse intaccato
come fosse niente la vita
come fosse niente il cammino
come fosse niente rievocare il passato
quando i sogni avevano talvolta le ali
più spesso gambe agili.
E l'amore era semplice
un pensiero un gesto
una carezza
Non come ora
che ci si scopre dannati
in una vita che si riprende tutto.
Non é abitudine.
L'abitudine é arrivare trafelati
sciacquarsi il viso
cambiarsi d'abito
E fingere che tutto vada bene
sotto un cielo gremito di stelle
Anche quando non é agosto
e i desideri gareggiano nella mente.
Non é abitudine
questo prestarsi gli occhi
E’ vedere il mondo insieme
dalla parte di entrambi.
| ||||
*
È rinascita nel divenire
che plasma riduce gli eccessi
forgia nuove forme svela
reconditi luoghi dell’anima
Rintraccia nel cuore i segni
di sogni che furono
ed ora indossano vesti più lievi.
Si rinasce tornando bambini
in un pensiero maturo
che ridefinisce la vita
E si scopre in una piccola ruga
sul volto d’un uomo
un cipiglio che già dalla culla
aveva compreso l’inganno
del mondo reale.
*
Il dì dinanzi un sole ancora smorto
di colpo l’afa. E’ estate.
Sto sopra un divano
posata come una cosa.
Non giunge un filo d’aria.
Nell’altra stanza
un mucchio d’ossa su di un letto.
Sopra un lenzuolo a fiori.
Di tanto in tanto una chioma bianca
cambia posa.
Il cuore si rallegra.
E ringrazio Dio.
*
Accade in una manciata di secondi
sono suprema alle mie appendici più povere.
Ho pensieri meno funesti
parole che mi racchiudono.
Al centro d’un ventaglio
godo dell’aria più pura
com’io fossi amalgamata ai colori
che s’aprono sfumando.
E forse sono altro da me stessa
coerente con il mondo
duttile nel sogno.
Viva per tutto il tempo della metamorfosi.
*
Talvolta il cielo è più oscuro
eppure la luce è la stessa.
La strada le case la meta il mistero.
Ma tutto esonda d’intorno
come solo il fiume esistesse
l’acqua che corre
ed il vento che l’asseconda
come un amante.
Solo il fiume.
Ed i sassi le perle le zattere
i rami le foglie.
E le tante carcasse di uomini
e di animali.
*
Dov’è il corpo dove la mente?
Il dolore trafigge come lama
il cuore duole
il passo rallenta.
Il pensiero una barca arenata.
E si torna nudi
tabula rasa
ignari
delle promesse della vita.
*
Quando non udirò più quella voce
come un rintocco sul calar della sera
come un grido di rondini
e l’impennata di un’onda sulla scogliera
quando spierò dietro l’angolo
quel passo in un passo diverso
e un sibilo sottile tra le foglie fitte
interrogherà la luna alta nel cielo
quando non sentirò un canto levarsi
e la terra ora giaciglio tornerà culla
quando non ascolterò quel silenzio
più potente del fuoco e del vento
quando avrò giorni senza arcobaleni
e sogni con le ali ferite e sere
come finestre chiuse sul mare
e stanze affollate da nuove ombre
quando parlerò senza più domandarmi
se è lì che m’ascolta
e non cercherò altre verità
se non quella che dimora nel mio cuore
quando il pianto sarà inconsolabile
e solo la pioggia saprà dissetarmi
quando i miei occhi saranno i suoi occhi
ed i suoi m’indicheranno ancora il cammino
quale sarà il senso del mio viaggio?
*
Hanno annodato e districato grovigli
hanno sfidato teoremi
hanno sanato incrinature.
Spiragli nel buio d’una luce inattesa
hanno raccolto fiori e carezzato voli.
Forse un dì somiglieranno molto
a quei rami spinosi irti nell’aria
dove il vento approda con un fazzoletto
un aquilone un fiore al verde strappato.
Come vie divergenti guarderanno
orizzonti diversi.
Forse le udirai scricchiolare come zattere
fradicie nella corrente.
*
Dicono che anche quando dentro
è un brancolare nel buio
e le perle chiuse nella corazza
stanno come sotto due dita di sabbia
si può riaccendere la luce anche solo mirando
dinanzi in una tela un panorama e rinvenire
nei suoi colori i sogni separarli dai desideri
che di tanto in tanto affiorano
a testimonianza d’una diversa vita.
Dicono che anche quando dentro
è una prigione e il tempo d’un istante
s’avvicina all’eterno
si può sentire _il naso tra le sbarre_
il profumo, nel vento, delle rose
e scavando tra le memorie rinvenire
un segno scalfito ancora intatto.
È la speranza nuova che t’abbraccia
quando non t’attendi più carezze
e la vita ha ormai imparato a vivere
senza più lusinghe né promesse.
*
Il giorno, una morsa
un ritmo che non ha tregua
ma mi distrae l’armonia d’una nota
sul caos della vita.
Un piccolo fiore rosso rifulge
sul verde dell’euforbia.
E tu tra queste siepi
_precluso l’orizzonte_
sei così lieve.
Così sereno
tra questi scogli
nell’agitarsi del mio mare.
*
Vorrei dirti che ora non ho più timore del vuoto
Guardare il precipizio e non impallidire,
come un ciclamino sul suo esile stelo.
*
Lei sa della fatica di un passo
del crepitio che rode ogni osso
del respiro affannoso ad ogni piccolo gesto
Lei sa della vita ora un cero che arde
d’una piccola fiamma che piega da un lato
vacilla, talvolta pare si spenga.
Lei sa dell’acqua attinta alla fonte
dei bagagli e dei figli trascinati per mano
Lei sa dei sogni nutriti di pianto
di promesse svanite del suolo sgranato
sotto i suoi piedi di solitudini guarite in silenzio
di risparmi azzerati di viaggi mai fatti.
Lei sa di campi seccati di alberi
che hanno smesso di dare frutti
di un tempo d’ infanzia senza corse nei prati
di anni di guerra di acerbe memorie
di sposa di madre di sacrifici.
Lei sa di troppi rimpianti.
*
Siamo così avvezzi alla corsa
al fiato corto
alle strade in salita
ad un impervio cammino
che se d’improvviso
tutto dinanzi s’appiana
_ nessun dosso o muro nessuna nube_
e il giorno scorre nel suo placido murmure
come un ruscello tra i sassi
questo provvisorio stato di grazia
quasi c’inquieta
e l’occhio vede ombre in agguato
il cuore teme ancora brutte sorprese
s’attende nuovi crucci nuove apprensioni.
*
E’ festa. Oggi io resto a casa
tra le cose che guardo e che non sfioro
frammenti che ritrovo quasi intatti
pensieri netti ed incontaminati
e tu che sei lontano irraggiungibile
beato nelle superiori sfere
mi corri incontro cavalcando l’erba
come fossi un allegro ragazzino.
Se con la mente torno a dì remoti
di ansie di sospiri e turbamenti
è per l’usura del tempo sui pensieri
non solo sulle ossa crepitanti.
E dunque è festa e mi do all'inerzia...
per chi non ha il concetto chiaro in testa
d’un lento logorio che porta al crollo
e rende nullo anche ogni riposo.
*
Sono fuori dai miei primordiali bisogni.
Ho scordato l’orologio stamane
ma il tempo che passa non conta
un deserto dinanzi immutevole
e la fatica che si traduce in segni sul viso
occhi stanchi un passo esitante
il capo indeciso tra il suolo ed il cielo.
Sono fuori da ciò che mi riguarda
la sete la fame il freddo d’un’anima
che più non confida in miracoli e profezie.
*
Qui non passa nessuno
se non per domandare soccorso
per una sorta di soliloquio per noia per sfogo.
Qui approdano tutti
giungono come uragani
o con l’affanno e la pena
avviliti stressati
da una vita piena di guai.
Qui passano a raccontare
dei tempi che non esistono più
degli amici veri dei falsi dei figli
di padri di madri di un arto che duole
dei crampi allo stomaco della cervicale
d’un ritmo che incalza ed uccide.
Ed io che non ho niente da fare
non penso non corro neppure cammino
non ho lavoro nè casa
non ho genitori nè figli
nessun cespo di rose in giardino
né un animale da accudire
Io che mangio e che bevo e neppure sto male
ora ascolto con la pazienza d’un santo
che ha deciso di scioperare.
*
Somigliano ai gelsi al nodoso ramo
queste mie dita che mal sopportano
anche il peso d’una carezza.
Ecco il pensiero che improvviso mi coglie
mentre cammino. Il suolo mi sa a memoria.
Una sagoma magra senza fretta procede col suo cagnolino.
Forse un dì anch’io avrò un gomitolo per la mano
che si srotola arruffato per le vie
o forse un animale di più grande stazza mi terrà al guinzaglio
mentre il cielo mi distrae con la beatitudine dei pini.
*
Passano
tramortiti dal giorno
lo stesso saluto a commiato.
Le pene… le loro più grandi.
Io assorta nei percorsi dell’anima
mugolo appena una sillaba
che non ha senso ma è uguale
per chi non ascolta.
Assurgo alla mia beatitudine
una specie di tiro alla fune
tra me ed i miei pensieri,
talvolta un dolce trastullo
nella morsa che allenta i suoi denti.
*
Una raffica da nord risveglia l’alba
giugno si maschera nel suo incedere lento
un viso smunto e gli occhi vispi.
Tra il rumor delle frasche, il fischio d’un merlo
mentre la tortora insiste nel suo tedioso grugare.
Tutto appare sospeso tutto è ancora acerbo,
il ronzio d’un’ape e l’abbaiare d’un cane.
L'orizzonte è ora un filo sottile
tra un mare d’erba ed il cielo scosso
dal ripetuto rintocco del campanile.
*
Quando il cerchio delle fatiche si chiude
il corpo s'attende da un raggio ristoro
ma come dietro le quinte altre scene s'abbozzano
così dietro l'angolo si celano agguati
e le ore di quiete e sospirato riposo
divengono presto un eterno supplizio
un fiume in piena che corre
ed inghiotte ogni cosa
e che poi in un istante fulmineo
t'espelle irruento nel quotidiano patire.
*
Ho pensato a te
a te che per tempi incommensurabili
sei stato di me la levità
a te che ora che pari assente
sei uno strato più su delle nubi
a dirmi che il niente ereditato
è la mia ricchezza più grande
ho pensato a te quando dal cielo
hai applaudito ogni mia scelta.
*
( a mia madre )
La sofferenza nei tuoi occhi
accende altro dolore.
Di quanta inettitudine si veste
un desiderio che io so fallace!
In bilico su un rovo di spine
la vita ha sempre più deboli radici
e noi con speranze già malate
accecati da un sole che si fa rovente
ora vorremmo per te più fioca luce e quiete
per le stimmate dell'anima dolente.
*
Il non sapere accende ipotesi
le più strane le più assurde
le più vaghe
e del domani fomenta l’incertezza
il dubbio e la pena di quell’ora
che come goccia cade
nell’immenso mare.
Un cenno manca del labbro
una parola un sorriso che esonda gli argini
un momento che sfiora
il sapore dell’eterno
ed il suono d’una voce
sognato agognato o forse consono
al nostro modo d’intendere la vita
E amore solo di te domanda,
di te che sei Amore.
*
Oltre la vita la mia, la tua
sentirai un suono magico
due parole spesso taciute
spesso gridate
Così lievi prima di toccare terra
così mutevoli ad ogni burrasca
ma reduci vittoriose da ogni battaglia
Oltre ogni tempo ed ogni spazio
non tuo, non mio
avrai un segno una ruga
un'incrinatura un'orma
rimembranza d’un universo quasi inesplorato
Un amore immenso
racchiuso in due parole.
*
Le parole inutili i giri in tondo
gl’innumerevoli volteggi d’una giostra
non hanno approdo.
Lasciatemi alla mia quiete
_il capo reclino d’un girasole
in un campo assolato_
Lasciatemi al mio tramonto infuocato,
sgombra di nubi e di voli impazziti.
*
Ci sono numeri che non contano
mentre non so i nomi di chi manca
all’appuntamento alla promessa al sogno
all’esistere dato per scontato.
La cornice resta identica e dentro
nuotano come in uno specchio
anatre girini anime perse.
Ci sono numeri che variano
indossati come vesti come veli
talvolta come maschere.
*
Sto tra quelli strappati alla terra
e quelli scappati via intimoriti
tra me e mia madre che soffre
pronta al commiato
tra me e chi loda ogni giorno passato.
Non penso non sogno non bramo
momenti di gioia se il tempo restante
è calvario per l'anima ed il cuore.
E vivo assuefatta a questo mio vivere inquieto
che il contrario mi porrebbe in allarme.
Esisto tra un'onda piccola ed una più grande.
*
Non voglio essere con quelli
che ricordano oggi le tue parole
ogni pensiero ogni turbamento dell’anima.
T’incontrerò domani…
Hai detto così tanto che non ho bisacce con me così capienti
sei stato canto e nenia, anche preghiera
quando nelle mie stanze, ad ogni passo
parlavo con le ombre ed ogni ombra diveniva Luce.
da : L’OMBRA DELLA LUCE
- Franco Battiato -
“Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai”
*
Senza questo giorno che si ripete
puntuale e caparbio,
non esisterei.
Non potrei guardare gli abissi
dalla sommità del colle
né navigare mari immensi
tra il ribollir delle onde.
*
Domani sarà uguale a ieri
ma le vigilie hanno le tasche ampie
e dentro cose che non ci avresti messo mai.
*
A volte sto come fosse niente la vita
come fosse niente la morte
come una cosa ignara del posto e dell’ora
come una farfalla che pensa d’essere un uccello.
A volte sto senza peso
come fossi una lingua sottile tra il mare e la terra
come fossi il sobbalzo del mare sotto un refolo di vento.
Più spesso sto senza melodia
come fossi una canna piena
solo delle voci degli altri.
*
Quando ti volti indietro e conti i pioli le ripide i sassi
ed annusi la polvere che ovunque s’annida
non puoi che reputarti fortunato.
La meta raggiunta è un altro premio. Sul podio è la Vita.
Ma quando annaspi in vicoli ciechi
e ti dimeni cercando un possibile varco
ed il giorno breve è un tempo interminabile di lotta
quando il silenzio pesa e le voci giungono come un graffio
e la notte giunge magra di ristoro, tutto muta
e l’eterno è solo un attimo con la smania del domani
la speranza un vento che lusinga
proprio quando vinto t’abbandoni all’oblio.
*
Se tu non fossi qui quando non ci sei
quante stanze piene di mobili e d’ogni suppellettile
risuonerebbero vuote come canne di bambù!
Eppure la melodia del vento lusinga anche le canne.
*
E’ un mese maggio di promesse
quelle ataviche e quelle nuove
in cui ci si arrende al caso
dopo le gioie ed i momenti funesti.
E se piove sorrido
se il vento gonfia le fauci sorrido.
E' il suo rumore che temo quando non reca
il clamore della vita intorno e la tua voce padre,
se levo gli occhi al cielo.
E se il sole m’acceca quando più è maturo sorrido.
Maggio è un mese in cui non si può piangere
ch'è un’amaca il tempo e l’avanzare ad ogni passo
la certezza d'un approdo ad un giardino.
Quello che più non esiste
ma è intatto nella memoria
_con la polvere tra l’erba
e le ginocchia sbucciate_
io intimorita, di corsa verso casa.
*
D’erbe selvatiche è intrisa l’aria
le rose sulle siepi come in un puzzle.
Reca gocciole il vento d’erba tenera,
del suo taglio recente.
A luglio avrei rimpianto il riparo
d’un guscio chiaro di conchiglia
a fior di sabbia in un raggio rovente
ma sono nata a maggio
_verde il nudo fianco della collina_
in un tardo pomeriggio di cielo terso.
L’aria d’improvviso zittita degli acuti trilli
piena solo di quattro sillabe uguali
forse la nenia a me cara d’un cuculo.
*
Forse non c’era un nido
era solo affezionato al ramo di quel melo
il sillabico canto cupo del mattino
col puntuale ritorno nel meriggio.
Forse lo sparo della notte in festa
ha intimorito il luogo
l’upupa ha smesso il canto
nell’aria ora satura d’un tubare di tortore
dove solo un gorgheggio risuona melodioso
ed un verso stridulo
fulmineo s’allontana
dove le rondini mordono il cielo.
*
E’ un giorno buio
di luce immensa
E non so quando giungerà l’alba.
*
(a mio padre)
E i numeri non dicono nulla
associazione ad eventi
alle cose di entrambi
ai progetti mutati alle idee sospese.
Il tempo così variabile è una costante
del nostro vivere inquieto
il mio così alla luce del sole
il tuo all’ombra di alti cipressi.
Ma lo splendore è dalla tua parte
nei tuoi occhi tra le sculture
sul marmo lambito dai venti
le frasi non scritte i fiori appassiti.
Oggi non ho scordato d’accendere un lume.
Ho preferito non farlo.
Al buio coi tuoi occhi io vedo meglio.
*
Possiamo parlarne da mattina a sera
di come il giorno era breve e i sogni incompiuti
di come la luce entrava dentro noi e poi spariva
delle attese lontane da certi strani progetti partoriti dal nulla
dell’amore quel richiamo sfuggente assente gran parte del tempo
delle luci spente sul palco noi dimentichi della scena.
Possiamo parlarne in eterno di come il fuoco e l’acqua
s’avvinghiavano alle cose deformandole
di come si restava sospesi foglie sul ramo in attesa del vento
senza conoscerne la direzione né se il viaggio prevedeva il ritorno
di come quel percepire lento uno scroscio un suono
un lamento un sibilo ci dava la quiete
col desiderio domato dell’infinito
guardando il cielo incollati su una zolla di terra.
*
Noi le donne che hanno pianto per tutti i figli uccisi dalle madri
le donne che hanno amato i nipoti senza mai avere avuto figli
che si sono tenute a distanza dalla gioia che a loro non spettava
rimaste sveglie di notte a domandarsi il perché di tante violenze e tragedie
Noi le donne che hanno amato senza alcun egoismo
le donne sole padrone del tempo e della loro vita
le donne libere sempre in soccorso degli altri
sempre pronte a partire e col pensiero fisso ad un altro cielo
Noi le donne senza esperienza che non hanno mai costruito nulla
che si possa toccare che avrebbero salvato i bambini abbandonati
piuttosto che i cani le donne che hanno portato la croce in silenzio
le donne additate ed invidiate, spesso incomprese.
Noi, le mamme mancate.
*
D’un qualsiasi corpo tirato su per i capelli
in salvo da un fondo limaccioso
ora avrei solo memoria
e dell’aspra lotta per contrapporre
al pericolo il desiderio di vita.
Tu invece sei...
eri senza più note nella gola
come nella coltre spessa della nebbia
come in un vicolo cieco
gli occhi imploranti
ignari della bocca e della fame d’aria.
Noi increduli di quell’ultimo legame con la terra
prima della pioggia fredda di maggio.
*
Ora la gioia non è che un lampo
di contro all’oscura immensità.
Un temporale estivo
un fuoco vacuo.
Bisogna andare indietro
per il sapore della felicità
al campo di grano mosso dal vento
al prato d’erba alto alle aiuole
e a quel pallone sparato in alto
in fuga sull’asfalto.
*
Il caso talvolta mi ha lasciata tra le maglie
il nodo di pochi istanti lì dove il pensiero
spesso rincorre il verde ed il rosso d’un giardino
Per il resto del tempo ho vissuto dimenticata
la terra nuova ha sepolto le mie orme tra le zolle
non mi dolgo dell’oblio anzi me ne compiaccio
Non semi né frutti e neppure foglie sui rami
sto al riparo dei curiosi progettando voli futuri
e le parole sono roride come freschi germogli
Hanno il suono del vento quando spinge gli aquiloni.
Una tale fortuna non è da disprezzare
è come oro dove abbonda il metallo vile.
*
Spazi così immensi
per un volo da farfalla
Tre cupe sillabe
_talvolta due o quattro_
sparpagliate nell’aria
al primo albore.
*
Anatre starnazzano festose
stanno come sospese nella guazza
dell’acqua chiara o torbida
a loro poco importa.
Forse riusciranno ad ubriacarsi
del liquido incolore che giammai
ha registrato torme
in tale stato di grazia.
*
S’era già in comunione morti e vivi
I chiodi sul legno chiaro la pioggia fine
sul peso d’ogni passo nel rintocco grave
d’una campana, impresso come a fuoco.
Nel velo di nebbia una penuria di case…
sonnolente
da non sembrare quasi il mio paese.
*
Pur tra mille scogli e sentieri impervi
troverò spiragli di parole buone
senza dover ricorrere agli scrigni
preziosi di tempi assai remoti.
Gli anni hanno seminato perle
anche sull’asfalto duro e fiori
sono nati in fossi all’apparenza senza vita
Dei volti noti alcuni in altri lidi
ora stampano sorrisi e qualche lacrima
in dubbio se di gioia o di tristezza
Rimpianti nostalgie che la memoria
tien ben divisi.
I giorni appaiono di speranze brevi
di fuochi piccoli e sogni che s’accendono
come papaveri dilatati tra le spighe.
E’ maggio un mese che non può tradire
nel tempo scorso ha dato vita e morte
e quel che accade è storia che si ripete.
Corsi e ricorsi a detta di qualcuno
di cui non serve ricordare il nome.
Le cose sono uguali qui ed altrove.
*
E poi c’è chi vien prima di chi più tardi arriva
l’aspettativa era diversa nell’ignoranza
e quando delle ipotesi v’era azzardo
dopo l’ansia ci si scrolla del peso e poi
il tempo si fa buono e generoso e a chi vien dopo
il caso riserva altra accoglienza.
O forse per una volta è la fortuna
a far sì che di due mali solo il minore
resti nella memoria, duraturo.
*
Lo sanno, la parola “amici” oggi è un abuso
in volti presi a prestito in simboli ed oggetti
in segni strani brevi passaggi astrali
sguardi persi in provvisorietà
un elenco come quello della spesa
o delle cose da sistemare nei cassetti
un indice delle priorità
solo nomi stampati sulla carta o sull’homepage
di un sito web nomi sulle labbra
che non sanno di alcuna verità.
*
Non il mio errare di passo in passo
per sentieri tortuosi e per clivi
ma quell’ombra che mi segue
e mi fa splendere scavando
nelle mie anse ed incrinature
è un patrimonio che non saprò a chi destinare
alla mia partenza.
Ho brama di spazi immensi eppure
spesso ho ceduto al riparo in vicoli senza sbocchi
Non le parole impresse sul foglio
ma il turbine dei pensieri che sfuggono
accalcandosi frettolosamente alla soglia
narra del mio vivere inquieto
e d’ogni tempesta più duratura.
*
*
Ed ogni giorno pensi è il giorno giusto
e cresce l’ansia insieme con la luce
da quel baratro la sera innanzi edificato
in preda al sonno e pure alla stanchezza.
Ogni giorno andato un giorno perso
un lume, la sua tremula fiammella
che lentamente sbianca e poi si spegne.
E quel che all’alba si veste di speranza
la sera tra amarezza e disincanto
il corpo annichilisce la mente annienta.
*
Un sole d’improvviso più forte
ha cancellato interminabili giorni di grigio e di venti
L’assiduo pensiero d’una primavera in ritardo
ora è come sepolto l’orecchio rapito da un grido
acuto nell ‘aria l’istante d’un volo perlustrativo
Domani saranno copiose nel cielo col nero garrito
s’annuncia così questo tiepido tempo di fine aprile
ma forse domani, oscure e a frotte le nubi
sostando sul mio cammino
ancora una volta muteranno la rotta ed il destino.
*
Dentro una spirale che mi deforma
un labirinto di specchi e cento volti
sto come un’estranea che scruta
la sillaba d’ogni gesto d’ogni verso
Fuori il vento a dare vita alle cose
e movimento.
Quelle parole semplici non dicono
di irrequietudine e tormento
di come vorrei dietro un cancello
respirare la vita e tra le maglie d’un filo spinato
non pensare al mio limite certo
e ad un esilio molto probabile.
*
Poi uno spiraglio, improvviso
seppur di fioca luce
sbianca il buio.
E’ un attimo soltanto
quella percezione del fondo
oltre cui non si può andare.
*
Ho lo sguardo di chi interroga l’aria
un suono una voce un passo
che giunge o s’allontana
Lo sguardo perso come nel vuoto
di chi non trova per ora
risposta al suo affanno.
*
Sta trascinando i giorni questa pioggia
e il cielo grigio l’attesa muta
ed il segno vago dell’incertezza.
Di brevi fioriture lo sciame al suolo.
E così d’aprile non rimarrà quasi memoria
tranne al mattino per quelle tre sillabe delle tortore
e a sera il bubolare d’un gufo.
Noi i panni addosso come d’inverno.
*
Spesso sono andata via da me stessa
un’ombra che scivola nella luce e si dilegua
dei miei bagagli ha raccontato il vento
spargendo a riva un fermaglio
a terra tra le foglie
un fazzoletto intriso di profumo
sulla tua porta uno scarabocchio.
Non era per fuggire da te ma da me stessa
per ritrovarti intatto
sapevo eri lontano ma non dove.
Ho mirato in alto
per non cadere nella trappola delle illusioni
traslocando di notte
verso un cielo copioso di stelle.
*
In ritardo arriva
con l’aria grigia
zitta
ed il rumore è quello udito prima
quando fuori della finestra
l’asfalto era asciutto
la terra arsa
non l’impronta d’una goccia.
*
Eccoli sul fondo
poco più che relitti.
Utili a dirci delle nostre ragioni
e a spiegare l’altrui fallimento.
*
Ero gioia all’aurora prima del giorno rumoroso come l’afa
ed il frinire delle cicale ad agosto
e la sera, ebbra d’un sapere nuovo
curiosa del silenzio e delle sue promesse
Ora non è il mondo fuori distante ed il panorama acerbo
o la vanità delle illusioni ora è l’indifferenza l’opacità del velo
sono le cose morte sotto ed io vinta.
Sentire che la lotta è fuori moda
che il cuore batte per l’affanno
ed io bramo riparo in lidi inesistenti
Amore come spiegarti questo giro
l’errare tra gli specchi il viso spento
le occhiaie il tarlo che vince il suono
quando aprile canta _quietato il vento_ le stagioni uguali
Non è il morbo di cui si parla e le polemiche e la politica
è il non arrendersi ad un tempo fermo immaginare un bacio
il tepore d’un nido raccogliere parole dall’orlo delle labbra
mentre solo il pensiero sfida ogni distanza
eppure talvolta si distrae in un vortice un nodo
un grido di meraviglia e sfocia nelle sue visioni
Se volo è per quest’anima che trova il modo
di non stare su una lama. Danza al chiaro d’una luce
_un dono_ in una notte che pensavo oscura.
Del tempo ora non ho più premura.
*
Vorrò tornare un istante sulla terra
e cercare le mie impronte in quel sentiero
che ho percorso tante volte per raggiungerti
quando pensavo tu fossi lontano.
Ritrovarle quasi intatte accanto
a quelle orme appena un po’ più grandi
passate inosservate quando in vita
non portavo che la conta dei miei passi.
*
Le parole sul bianco come semi.
Ne basterà un mucchio
per l’inverosimile ed il fattibile.
Sul sommo guarderemo a valle,
paghi d’una meta provvisoria.
*
Di questi pensieri non rimarrà nulla.
Di una gestazione dolorosa
parole storpiate costrette al confino.
Domani, all’epilogo o nell’ inverso cammino
s’imbatteranno in qualcuno
in preda ad un somigliante tormento
o forse passeranno in un lampo
come attraverso un soffio di vento.
*
Attendiamo ancora un mutamento
Ma già è accaduto ed il tempo ora
è di assestamento e di rimembranze.
Ed il passato scorre tra nostalgie e rimpianti.
*
Non scriverò del tempo
e neppure delle mie stagioni
Sono state spesso di gelo
anche ad aprile
Ed il tempo, il suo scorrere… non conta
quando si vive di luce in differita.
*
La porta socchiusa nonostante l’insistenza d’un raggio impertinente
Ho cercato un riparo nel moto ondoso del silenzio
da quel gracchiare di voci tutte in coro _così stridente_
Una culla come quando in sogno
mi ritrovo ad abbracciare il tuo pensiero
per zittire la voce delle ombre, quelle più nere.
Ma qui è diverso, è solo un divagare…
Ho cercato d’immaginare un suono
per meditare sul portare a compimento
un mio lavoro e senza alcun errore.
*
Giunge fin dentro questo guscio
il respiro affannoso del mondo
E sfuma in inganno l’antica convinzione
d’un riparo sicuro dai venti di bufera.
*
Un intimo travaglio.
E il peso varia
e la misura sfora l’estremo limite
oltre i timori e le ipotesi
e cova fermenta gorgoglia
talvolta dilaga in ossesso
si tinge di nero e genera
rosse visioni. Tragedie?
Scompenso di gesti e pensieri
in un vivere col fiato sospeso sul filo.
L’orizzonte, un precipizio.
*
Del clamore mancato alle strade non resta
che l’eco nel respiro del vento
come se il tempo nel suo consueto fluire
volesse fuggire da una morte apparente.
Un risveglio obbligato conduce i miei passi per strada.
C’è un silenzio così impenetrabile
che ad invocarlo commetterei un peccato.
Solo io ed il becco d’un corvo... che fruga un gradino
oltre la polvere d’un marciapiede.
E il mio sguardo _distratto_ si posa
sopra un ramo svestito.
*
Abbiamo tentato cento vie
prima dell’approdo
in una saggia solitudine
Ci rallegriamo dell'universo in noi
mentre fuori gareggiano ancora
per uccidere i più bei sogni.
*
Quest’acqua cheta ora minaccia un vero temporale
grigia è l’aria ed il suolo nel boato che s’ode di lontano
Benedici mio Dio ogni miseria umana
il silenzio intorno ed il timore e la perduta allegria
un volo bianca memoria d’un passato sepolto.
Benedici anche noi, stretti nella morsa d’una tenue speranza
sradicata dal sogno di quando eravamo ignari
della nostra assenza e vivi altrove.
Rami in perenne fioritura e nidi sazi
di una diversa fame.
*
Poi è venuto il tempo di dare le spalle alle chiassose acque
abbandonare sentieri umidi di ghiaia e sassi
il rivo nei suoi brevi suoni gutturali
per una riva opposta incontaminata
dove il silenzio_ soave_ è zefiro sull’anima
e la vita ancora una speranza.
*
Da un gorgheggio o un trillo vorrei indovinar il tuo canto
La gioia narra sempre di un dolore sommerso o vinto
un attimo impresso a fuoco.
Poi il vento mi porta dove vuole.
Anche le mie parole. Ma sono innocue
dopo aver guardato nei tuoi occhi.
La primavera comincia da un nido che si rinnova
e dal vestito rosa degli alberi.
Poi un’altalena di silenzi e canti trastulla le ore.
Luci ed ombre al tramonto sui nostri passi
ed un monotono gufare al primo accenno d’afa.
*
La promessa di un sentire profondo
come dentro le viscere della terra
o gli oscuri abissi del mare
Onde su onde nebbiose
pieghe che celano e svelano
un ritmo un suono o un semplice gong
Sfiorare parole come sulla tavolozza i colori
cancellare e riscrivere il tempo ed il suo inganno
in una lingua che non giunga sui timpani
come un colpo di frusta
E ricucire l’anima come fosse un vestito.
Sotto i lembi laceri antiche memorie
nel non senso d’una vita fugace
che domanda un cambio di rotta.
*
Eppure il pensiero da nuovo impulso al giorno
e sperimenta nuove vie per la speranza
nonostante l’apatia del vivere e l’inquietudine
che si propaga negli animi come un cancro.
Non si ride ma ci si distrae da un pianto invisibile.
Come chiamereste la tristezza quando esonda
e l’infelicità al suo apogeo o l’umor nero
all’apparenza immotivato?
Si persevera nella sequenza dei gesti
per un germoglio nuovo
quando le nubi sgombreranno il cielo.
*
Avrà letto tra le pieghe, sul viso
e negli occhi mesti di chi vive giorni
tra attese e timori ami ed esche
rimuginando fughe da amare sorprese?
Avrà visto il riavvolgersi della pellicola
fino ai paesaggi fioriti dell’infanzia
o all’esplosione dei papaveri in età più matura
tra ventagli di spighe?
Avrà letto l’andirivieni di gesti
le idee impresse a fuoco
abbandonate sul ciglio in un attimo?
Avrà visto il confine spezzarsi
tra malinconia e prostrazione
in quel lento oscillare di luci e di ombre?
*
All’alba un pigolio sommesso
d’uccellini nel nido tra le foglie sui rami
preludio d’un tiepido mattino
il respiro del cielo, appena un filo
il pensiero lungi da ogni affanno
quasi giulivo per un dì di primavera
e quell’ala bianca foriera di pace
e un verde ramoscello stretto nel becco.
*
Tornano le notti fedeli a quel passaggio nel fuoco
le mani trafitte dai chiodi. Non osa carezze il pensiero
una corsa degli anni improvvisa sul viso colora gli sbalzi d’umore
e l’ansia dei passi rotola senza più una meta.
Un lago ora raccoglie tutte le acque le fresche e le impure
torna un oblio che preserva da nuove ferite
la luce smorzata il silenzio riparo la brama del vuoto
che ferma il fluire del tempo il sogno agognato il mistero.
*
L’amore… così imperfetto
ti dà gli occhi l’anima il segno
d’una metamorfosi che non esiste
Ti dà burrasche e mari ondosi
ti toglie il fiato e ti toglie il peso
d’una carezza quando sul fondo
per tutte le malefatte ti maledici
e per i progetti falliti
e le promesse recise
L’amore è così contraddittorio
predica la libertà mentre incatena.
*
Il pensiero un lampo
un attimo che muta.
Noi talvolta distratti
al riparo nell’angolo più buio
tra le nebbie delle parole
perdiamo il suo bagliore.
*
Sono uscita per la porta principale
dinanzi a me un gran deserto
ma nell’aria c’era un gran vociare
di molteplici voci sovrapposte
le “ruvarelle” erano gremite
una folla dentro un drappo scuro.
*
E’ deciso al nascere il numero dei petali
come i raggi del sole alle prime luci
ed ogni petalo è un attimo lungo un giorno
oppure una stagione
insieme sono una vita intera.
Tanta innocenza nella sua corolla.
Invulnerabile. Gli eventi fanno la storia
corsi e ricorsi nel nostro quotidiano
La sua purezza intatta
una colomba che le mani liberano nell’aria.
Tornerà come per Noè_ ma il tempo
è lungo_ con la novella buona
che il diluvio per tutti è terminato.
In omaggio ad Alda Merini
*
Hai creduto in un tempo remoto
alla storia che ti hanno raccontato.
Dubbi timori risolti
Tanti col tuo nome
sopportano la Croce
tanti legati alla promessa
di una nuova vita.
Gli uomini si odiano. Talvolta si uccidono
ma oggi i figli onorano i padri
ed i padri sono fieri dei figli.
Di default la luce rischiara la mia stanza.
*
Sbigottito un passero s’arresta
stridono le ali mentre atterra
nel becco le note d’una melodia
rapite da una raffica di vento.
Il freddo incalza e dice che l’inverno
ruberà i giorni _proprio sul finire_
all’imminente primavera.
*
All'inizio pensi sia la luce
a dare nuova vita alla speranza
I pensieri si ricompongono compatti
pezzi unici di un immenso mosaico
Ma accade anche di notte che sia giorno
in quei brevi viaggi in cui tu appari
_che la mente compie ignara_
e di vite future mi novelli
e del dolce naufragare
nel mare calmo del silenzio.
*
(preghiera dell’anima innamorata)
Perché a sera io mi senta paga di questo calice
senza domandarmi
se un diverso elisir ridurrebbe l’amaro
Perchè io possa ambire alla beatitudine della vetta
tuffata nell’azzurro
e perché non scacci mai dalla mente
questo pensiero dominante di vederti
nonostante tu valichi altre vie navighi altri mari.
*
Talvolta cambia la sequenza
di gesti necessari
mentre altre vie escogita il pensiero
E’ ovunque
acrobata che studia alternative
per non rassegnarsi alla routine
Abbandonarsi al sogno
oltre l'istinto di sopravvivenza,
un'incompiuta abilitá per chi s'arrende.
*
E’ un augurio che stona la speranza
ora che contiamo i morti
ed ammettiamo il nostro fallimento
è un mistero la morte più della vita
che almeno per definizione è dono
senza considerar gli ostacoli ed i timori.
*
È solido riparo un apparente ostacolo
il coraggio d’un nuovo orizzonte oltre il muro
innalzarsi in volo o seguir la via d’arrampicata
binomio d’eccelsa follia ed immaginazione audace
Il pensiero scevro da ogni impurità
in un cielo d’ovatta dove fa capolino l’azzurro
celebra il silenzio e narra di una solitudine antica
oracolo ambizione dell’Anima protesa all’inafferrabile.
*
Quante domande arrese al silenzio
sono finite in un burrone!
Le pietre prima o poi temprano il passo
Ora le ombre sorreggono il buio
e la bocca in rare occasioni distilla parole.
Vesti gli occhi di meraviglia dunque!
Ora che le orecchie sanno tutto il peso
dell’esilio dal suono.
*
Non amo queste pannocchie di morbidi capolini
così intensamente profumate.
Assomigliano a certe donne bellocce
_non più in età fiorente_
seguite da una scia, al passaggio
troppo persistente…
*
Dove sono i poeti quelli coraggiosi
quelli in ascolto del pensiero
che quando parlano fanno fiorire i rovi
e quando sognano corrono con i gabbiani
dove sono i poeti quelli veri
quelli che sanno risalire gli abissi
che scavano tra le macerie del cuore
e le pietre sanno mutare in perle
dove sono i poeti quelli che scrivono
senza penna e senza inchiostro
in piedi al mattino o chiusi in un gomitolo
di ore tra l’ansia e mille pene
quelli che si svegliano di notte
e stringono un patto con le ombre
quelli che non si siedono a tavolino
costringendosi a vedere cose che non vedono
dove sono i poeti quelli per i quali ogni verso
scritto è un premio ed ogni premio
un battito del cuore in questa vita
di angustie e solitudine.
*
Osservo
come tutto hanno ammantato di sabbia
cosí da rendere inutile il paraocchi
come il vento ha cancellato quel manto
destinato comunque a sparire
come sono rimaste intatte le cose
tolta la crosta sottile
come gli uomini nulla hanno appreso
dai loro molteplici errori.
*
Il tempo non torna pur _se il lume dei ricordi acceso_
dall’oggi ti allontani. I vecchi sentieri seppelliti
tra erba e ghiaia sono come binari abbandonati
non vanno in nessun luogo non hanno dinanzi panorami
ed il tempo d’oggi è una moneta svalutata
un gomitolo di filo aggrovigliato
un mercenario al servizio del potere del più forte
Noi tra il desiderio del non essere mai nati
e quello di chiudere gli occhi sull’immagine più cara
fiaccati siamo all’alba dall’ansia del risveglio.
*
Di fare i conti con burrasca e neve
ed il cielo lesto a mutare in volto
o i viali a strati avvicendati
_ora di brina ora di petali immacolati_
( come nei prati le colture per migliorar la resa)
di fare i conti con marzo io ero pronta quasi in attesa
di sopportare dell’umor gli sbalzi e la sua rabbia.
Ma ora tutto muore uguale a quando
marzo non era entrato ancora ed altro
è l’affanno altro il peso che sul cuore grava.
*
Se dite la verità fatelo
come non siano le vostre labbra a professarla
ma sia un passaggio da altre bocche
ricordate sarà un vostro traguardo
un vostro premio
un vostro sospiro di sollievo
ma incontrerete ad ogni passo indifferenza
quasi ribrezzo un’omertà silenziosa
coglierete l'assenza improvvisa di chi c’era
più parlerete con schiettezza più vi scontrerete
con l'astinenza dalle parole che gli altri osservano
con la latitanza dei cosiddetti amici.
Al riparo sempre da tutto ed anche da se stessi.
*
Il tuo sorriso bianco m’appare
ed il rosa delle labbra
quando il silenzio dei miei giorni vesti
con le parole t’amo.
Le azalee sempreverdi
cosi delicate così vivaci
dicono che è di nuovo Primavera,
qui dove le ombre scolorano
ed il tuo pensiero germoglia.
Perseveranza è l’altro nome
che ti battezza.
E tu conosci il tempo
del tuo vivere prima,
come al riparo.
*
Le parole sono corolle che si chiudono.
Un pugno di stelle mi costringe
_ il naso in aria_
ad una lunga notte silenziosa.
*
L’agnello intorpida l’acqua del ruscello
è acerba l’uva a cui la volpe non arriva…
Ma quante vigne demolite da uno sguardo
quanti lupi a sgozzar gli agnelli per un nulla!
*
Più non distinguo le priorità
prospettive diverse
orizzonti vaghi
Sono dove di me non giunge voce
L’inerzia e l’iperattività, punti di vista
mentre io m’agito tra opposti venti.
*
I poveri di spirito imperterriti
proseguono per il loro cammino
e son convinti che perseverare
possa alla fine dare buoni frutti
Cambiamenti?
Illusioni!
Sorrido non potendo fare altro
Ma voi amici miei più savi
potenti d’intelletto, arguti
non certo scellerati, voi che fate?
Sapete leggere? Leggete!
Sapete interpretare? Bene fatelo!
Non vedete... i numeri sono gli stessi
il contatore fermo ed il giro
come impazzito di quattro commedianti
Or dunque voi vi dite fieri,
voi che pur vi distinguete
in quella melma putrida e stagnante?
La vetrina? Amici miei…
anche i vestiti riciclati fan bella mostra
sotto il vetro, come nuovi!
Ma poi, indossateli! E mi saprete dire…
*
E poi attendo come un bambino attende
che il palloncino voli alto nel cielo e non scompaia
attendo come tu fossi una stella ed io sapessi il nodo
nel punto preciso che ti sostiene al drappo
e poi attendo come mi scordassi di attenderti
quando l’aria s’illumina e non è giorno e forse è notte
e più non mi domando la ragione di tanta luce
che si rovescia come dall’orlo d’una brocca.
*
Se volessi potrei barricarmi dentro quel mondo
che ho creduto _fuori_ da qualche parte esistesse
e fingere sia niente la sofferenza niente la vita o l’illusione
zittire quei rantoli nel buio
placare l’impeto d’una ribellione ancestrale
se volessi potrei eleggere ad eremo
questo luogo divenuto d’angoscia e di pena
ed assurgere a verità inconfutabili
senza le contraddizioni dell’uomo
né le incrinature e gli squilibri del tempo
Ma se potessi costruirei una piccola arca
neppure dovrei contar sulle dita gli eletti
e salverei quel mondo creduto esistente
ed il pensiero di chi so che comprende
questa mia migrazione.
*
Un’area dentro un cerchio, rossa
un filo tutt’intorno…
è scritto come legge sulla tavola
invece ci si districa tra i calici
ed insolenti i passi ancor risuonano
di quelli che professano un’altra religione
Una linea appena percettibile
nascosta da formiche in doppia fila
la strada da dietro la cornice
là dove _assente l’uomo_ rimarrebbe
il serpeggiare grigio dell’asfalto
sgombro d’ogni corpo ora superfluo.
*
Pensieri come ritagli
pieghe anse ed angoli
colori vivaci spiragli
poi le parole cadono nell’acqua
come bianchi sassolini
e non resta che quel moto concentrico
l’immagine che si perpetua nella notte.
Annego sul fondo, è vero.
Ma risalgo.
*
Potrei cancellare tutte le immagini
che si affollano dentro di me
ed immergermi in questo quadro che ho dinanzi
e domandarmi il senso di tutto questo fluire
di luci poco familiari
la mia stanza ha un lume i miei occhi una voce
in una sfumatura che varia quando mi perdo
tra le nicchie segrete dell’anima.
*
Ora tutto è acquietato
il freddo
la coltre che pesa del silenzio
e il dolore
Come il lago che cessata la brezza
pare fermo come ghiacciato
Non ali malconce
incertezze nel passo
che ora pare come sospeso da terra
La notte quando reca ristoro
è un baleno che fulmina il cielo
un incanto che sfiorisce
in un sogno fugace
Muovo ora i miei soliti passi
imbrigliata alle cose d’un giorno normale
_un gomitolo complicato nel suo dipanarsi_
Vorrei un tempo infinito
per cambiare il senso alle cose
e dipingere l’ozio come un vizio leggero
e sentirmi appagata di aria e pensiero
Chissà…
forse tra un’ora o sul finire del giorno
muterò anch’io atmosfera
appena una nube vestita di scuro
piomberà nel mio cielo.
*
Relegato nella steppa
uccello-cammello
Inutile vanto la tua stazza
e l’ampiezza delle ali
floscio il piumaggio
Del volo più che brama
solo miraggio
Natura volle preservarti
dall’affondo nella sabbia
in sole due dita
Non hai compreso
la tua fortuna immane.
*
La mente imperterrita ancor s’adopra
in mille esperimenti
mentre il corpo spesso in avaria
dà segni di resa
talvolta inascoltati
finchè una botta più forte
non si rivela provvidenziale.
*
Ora voli silenziosi a marcare i confini
A marzo la danza del cielo
tra aeree evoluzioni
e scambi in volo di preda.
Propedeutici alla vita
gl’innumerevoli giri della morte.
*
Se tu non fossi vero saresti un sogno
un sogno con le braccia che mi sostengono
quando sento il suolo poco fermo
un sogno con i piedi che mi camminano a fianco
un sogno che lì dove si posa illumina di luce viva
e dà voce anche alle ombre, a quelle densamente cupe
d’un tratto così mansuete
quando con gli occhi dentro agli occhi
mi risollevi le membra stanche l'anima affranta.
*
Sopravvivo ad ogni intemperia
perenne il mio equilibrio
il viverti distante il sognarti
Traggo nutrimento da te ovunque
ma lontano dal deserto e dai ghiacciai
in questa mia torsione
sei in ogni mio pensiero.
T’ho dato il fiore ad ogni stagione.
*
Questo sole sul capo è incoerente
col filo di luce tenue del mattino
dietro le nebbie una promessa
troppo vaga ed indistinta
Sto come la lucertola sul muro
tra il rumore dei pensieri e fuori
il vortice del vuoto senza suoni
Riascolto come in differita
il pianto delle tortore_stamane_
sotto un gracchiare impetuoso di cornacchie
come di grida di ragazzi che esondano
d’improvviso, senza preavviso
nel mezzo della piazza.
*
Non v’è dubbio di questo cancro
Le perle in gran parte migrate per vie salvifiche
hanno serbato la primaria lucentezza.
Le rimanenti, poche,
mendicano una gloria inutile
nella melma
dove tutto ristagna,
impuro.
*
Ora amo il nero il bianco
così netti così decisi
Altri colori troppo audaci
o vivi o dinamici
mi tradiscono
mi confondono
mi spauriscono.
Oltre il nero c’è la luce
oltre il bianco la leggerezza
lì sono i miei traguardi
lì i miei pensieri
dove volano alto
l’aquila ed i gabbiani.
*
All’improvviso il corpo cede
la mente, incapace d’ogni pensiero…
Una linea mi separa dal mondo
invalicabile
Non sono
in questo mio stato provvisorio
eppure esisto
gran parte del tempo
vedo ascolto parlo sento
Nulla m’è impedito
e dentro me il sangue scorre
senza incontrare impedimento.
*
Tu che la mia immagine portavi stretta al petto
e t’incamminavi per gli impervi sentieri dei miei occhi
quando erano foschi per nubi inaspettate
e squarciavi il velo riportando la luce
tu che spiegavi vele sulle onde
con la forza del pensiero
e avevi progetti immensi nella mente
e sognavi l’inafferrabile
tu che avevi sempre una speranza
ad ogni tramonto ad ogni luna nuova
tu che come un’ombra mi proteggevi
e come un faro rischiaravi la mia via
tu che non t’arrendevi mai ad ogni mio vacillare
ad ogni angoscia ad ogni affanno
e mi portavi in braccio quando i miei piedi
cedevano stanchi e mi narravi di te della tua vita
tu che sei ovunque e sei per me l’Immenso
dove sei? Mi sveglio sbigottita nella notte
mentre sogno la tua voce udita raramente spesso immaginata
la tua voce lenta e piena la tua voce calda.
*
Avvezzi ad ascoltar le altrui doglianze
si vince il giorno sopportando stenti
e a sera non si confida nel miracolo
ma in una forza nuova che sul viso
sveli dell’anima il vigore
ed in un agile pensiero risollevi
con un fremito il corpo ignavo.
Ma quando l’equilibrio prende a vacillare
al culmine d’una goccia sopra l’orlo
ed il cedimento affiora e si palesa
in segni più frequenti e più marcati
tra la folla d’anime cospicua
_soccorsa con moniti e con sproni_
non c’è nessuno pronto ad elargire
quel bene che a iosa ha ricevuto.
*
L’eco mi giunge della tua primavera
stagione lunga e nel contempo breve
ere differenti per noi di costumi e speme.
Litanie ora s’alternano a melodici suoni
gremite son le fronde mentre un fruscio al suolo
tace sepolto tra il nero delle zolle.
*
Non è ancora nostro il tempo
abbiamo lasciato
le nostre cose al chiuso
desiosi dell’altra sponda
ma preparati al naufragio.
*
E’ tutto uguale piatto
Se inciampi è un’invenzione
nessun rilievo nessuna falla
Ti sostieni alle ombre
fai appello al suono
udito altrove
dentro stagioni vive.
Non lasci impronte
Una stanza un campo
nessuna differenza
quando non piove
nè soffia il vento
quando la notte
la luna latita
e le stelle sono spente
ed il giorno
non è di fiori né di foglie.
*
Come la mente fosse tabula rasa
solo i passi muovono frenetici
in fermento in una strana inquietudine
Il tempo questa trappola che inganna
ora giunge come un’eredità
inaspettata non voluta
stiamo con il naso in aria
fiacchi
ogni occupazione svanita
senza nessun mestiere
senza ambizioni
senza l’avidità di una parola
di uno sguardo che si posi
dove ora noi
stiamo fissando il vuoto.
*
C’è una mosca fastidiosa che ronza
una di quelle mosche noiose sempre dattorno
se apri bocca per respirare se parli se sorridi
col panorama dei denti in bella mostra
Ma finirà che quella mosca l’acchiappo
prima del desinare prima della tovaglia a fiori
prima della salsiccia alla brace
Il tempo è strano è inverno eppure
certi insetti fanno ancora la loro apparizione
allo stesso modo ti ritrovi tizio intorno
quando piove _così tedioso_
quando tira vento col suo fischio assillante
quando tra le nuvole fa capolino il sole
E brami la solitudine ogni giorno che passa
ogni notte ed al mutare di ogni stagione.
*
Ditemi che oggi siete come ieri
le vostre abitudini i vizi la routine
che se ci pensate non è per un rintocco
un flash televisivo una pellicola
come i pensieri migrassero d’un tratto
a frotte all’indietro tra sentieri e fosse
verso l’umanità lacerata dalla Shoah.
*
Stono note picchiando il pianoforte
graffi sulla pelle mentre attende piume
pungoli sul vetro scalfitture della pioggia
fiamme e gelo narrano di incontri dissolti
tra nostalgia e rimpianto una crepa fiorita
guarderò la luce dai candelotti appuntiti
quando sarà tutto bianco il grigio asfalto.
Poi non so se sarà Primavera.
Forse al primo chiurlo rincorso tra i rami ignudi.
*
Potremmo non essere più vivi
quando ci domanderemo il perché
di alfa ed omega in questo viaggio pensato eterno
la meta fissata oltre ad ogni arrivo
Potremmo non essere più vivi
quando la speranza avrà indossato
una veste nuova e noi sapremo riconoscerla
in una parola lieve un silenzio profondo
un suono nostro che abbracci terra e cielo
Potremmo non essere più vivi
quando penseremo il tempo ormai maturo
per non aver bisogno più delle parole
per bandire errori e limiti dal nostro quotidiano.
*
Ha di nuovo muri questa casa
non più sentieri avventurosi
Il cielo uno scrigno a me precluso
quando la solitudine d’un tratto
fingendo compassione
mi abbraccia vittoriosa.
*
Ma chi è costui?
Nessun simbolo da idolatrare
Una voce un tono, lo stesso, per mestiere
Dal ciocco ardente nel focolare
la fiamma s’innalza tra queste quattro mura
dove io godo di una solitudine apparente
E l’unica voce che torna sempre, la tua
tra le onde del silenzio senza intoppi
senza finzioni senza alterazioni.
*
Ora il vento è chetato
il cielo sopra il capo
è denso ovattato.
Più tardi forse
una lama taglierà il grigio
e affiorerà la luce
o forse uno scroscio d’acqua
ridurrà il peso del cupo
sul mio cammino.
*
Vorrei estirpare tutte le spine
ma c'è cosí poco di divino in me
e nel mio continuo affannarmi
e tanto dell'uomo coi suoi limiti
ed i suoi difetti.
Vado talvolta su binari morti.
Nessun miracolo dinanzi.
*
Ho sognato di spighe un mare mosso
e tra le onde fazzoletti rossi
vesti di carta e pelle di velluto
Ho sognato il frinire delle cicale
e lo scroscio della pioggia sopra i tetti
il fruscio rumoroso delle foglie
e delle piume l'alito soave
dentro nidi dove si stava stretti
e di becchi c’era un bel frastuono.
*
Scelgo la tua via
non per emulazione
o fedeltà.
Perché è quella giusta
che nessuno si attende
quella scomoda
quella all’ombra
quella passata al setaccio
da cento pensieri
quella dove il verbo
non è pretenzioso
non ha fronzoli
non ha inganno,
è sobrio.
*
E poi ci sono le favole belle
di chi erra e di chi sempre accorre
con una parola buona
e poi ci sono gli occhi
che si fanno specchio
per raccontarsi il già vissuto
e poi ci sono orecchie avvezze
ad ascoltar solo rumori
sicchè un melodico suono
quando giunge desta il timore
che un qualche tranello
nei pressi si celi.
*
D’aver l’occhio tuo benevolo sul capo
ad ogni proferir parola mai ho mirato
volentieri avrei rinunciato a questo dono
quando l’altrui invidia ed ira funesta
dardi scoccavano da ogni direzione.
*
Non dirò nulla
parola alcuna che possa ferirti
ho memoria d’uno sguardo
distante, l’orlo d’un precipizio
nei momenti di tempesta
Ora come un’ombra gioco con la luce.
Spesso sul davanzale s’arresta
il volo ondulato d’un fringuello
è uno scontro di becchi con la cincia
acuti e gorgheggi.
La tua voce invece l’ho udita raramente
quando le parole avevano il peso d’una carezza
ed il tuo accento era la dimensione dell’Universo.
*
Oggi
é l'azzurro inondato di luce
eppure io vago
dentro nebbie
lente a dissolversi
col cuore nel gelo.
*
Ora é difficile discernere
il buono dal cattivo
Mischiate sono
le perle e le ghiande
Tutte in un mucchio.
*
Lasciatemi come una cosa
in un angolo
dove la luce giunge tenue
nel posto più recondito
tra la polvere
lontano da tutte le altre cose.
*
Torneranno a soffocarmi quelle strane palpitazioni
con le parole ripetute all’infinito con le parole spezzate
con le parole gridate
in un calice amaro a contrastare l’arsura
torneranno i muri abitati dalle ombre
i silenzi sferzanti le voci a rincorrersi
i labirinti segreti dove le emozioni si perdono
dentro viaggi immaginari
torneranno gli scogli insormontabili
le memorie cancellate le vele strappate
le pezze cucite maldestramente dalla memoria
le ore di sabbia sul capo.
*
E poi senti il cuore come carne
nudo sotto il cielo
dove una goccia o un raggio
fanno ugualmente male
senti l'affanno del respiro
in una corsa da fermi
il vortice che si stringe intorno
mentre cadi
il corpo inerme
come una cosa abbandonata.
Né fame né sete
mentre la vita s'arrende al patto con la morte.
*
Stare come una foglia sul ramo
nel respiro nero della terra
ad un passo dal cielo
dove ogni silenzio é quiete
e la quiete Vita.
*
Sono un campo arato
il sole risplende
sulle mie ferite.
*
Un mucchio arruffato di piume
cinguettando
tra l’asfalto ed il cemento
pare conti le briciole
Accontenta la fame d'un giorno
poi riprende a volare.
*
Un serpeggiare di monti
vortici abissi milioni di gocce
acqua che avanza come fuoco
la luce si divarica sull’asfalto
ha crepe il cielo
nebbie il confine
una voce melodica e struggente
accompagna il mio tramonto
verso la solitudine del mare
bruci come neve e come fuoco
le tue parole uniche
fuori da un vocabolario superfluo
in un calice anneghi
mentre fumo nel tuo respiro
tra mille desideri
un bacio fa naufragio
noi in attesa perenne
a riva
nel filo sottile delle note.
*
Ora la gente é a desinare
ora appiana i dissidi o li acuisce
ora dimentica epidemie e disastri
ora si lascia andare all'inganno
di un'improvvisa magia
Io ho tempo ora
In verità anche di notte
ma mi circuisce il sonno
fastidioso come una mosca
Mi svilisce mi annienta
poi mi restituisce ad ore
interminabili di veglia
E mi perdo sillabe mani
che abbozzano carezze
suoni. E mi perdo i tuoi occhi.
*
In un vagito o in un pianto
tutto l’uguale sarà diverso
Partenze e arrivi
tatuaggi d’un tempo
che vorremmo eterno.
*
Scivolo tra le pieghe della notte
Non s’ode alcun lamento
L’anima anche quando si dimena
ha un peso così lieve!
*
Tito perché sei qui
non devo scrivere una pagina di diario
È un tempo ibrido fine attesa inizio
omologato? C’è confusione
I sogni sono salvi per ora in uno scrigno
( verrà un tempo più propizio)
Custoditi come le perle
come le foto dei figli o degli avi
per diversi lidi migrati
Le speranze?
non seppellirle Tito
Le immagino solo prorogate
Rimani zitto ed ascoltami
se il vento tace
potremo udire il canto del silenzio
Puoi sorridere con me come da mesi
non sorride più nessuno.
E’ un tempo più simile al calvario, lo so.
ma le croci sono dentro le case
ci sono sempre state
E i botti pensi ci saranno?
Forse, dalle finestre
solo per chi ha la fortuna
di dimorare dove
c’è uno spiazzo aperto.
Tito perché sei qui?
Sei distrazione inganno
visione di mezzo
tra il bello e il brutto?
Tu volevi scrivessi
questa pagina di diario.
*
Fischi ululi ti sfracelli per le vie
tutto raccogli tutto involi.
(L’animo è in tumulto tra fantasmi ed ombre
la solitudine fa temere calamità peggiori.)
Incalzi tutto muovi fronde tegole rami
ed il cielo assiste al tuo moto irruento
senza lacrime fisso pensoso inerme.
*
L’odore del fumo pungente
l’aria grigia fuori e dentro
i carboni rossi sotto la cenere
sazi di cibo di chiacchiere
di televisione e di ore
che passano uguali e lente
imposte che si chiudono
su strade vuote anonime spente
note salgono al cielo alte
il volume all’eccesso
in piazza l’orologio rintocca
discreto un fluire di tempi diversi
attendo che il grigio sconfini nel nero
non stelle né luna stasera
ma un silenzio che lievita intorno
e l’animo inquieto ribelle
che cede alfine al tranello
distrarsi in un lontano ricordo sbadito
un vago sentire la vita
tra scogli e orizzonti sereni
preludio ad un prendere sonno a fatica.
*
Ho il cuore dilaniato da mille sofferenze
l’anima una porta che sbatte al furore
dei venti e delle tempeste
ricordo la morte di mio padre
mentre chiedeva aria al mattino gelido
penso a mia madre
lo scricchiolio delle ossa ad ogni passo
non temo più la notte come un tempo
La notte ci risparmia al pensare
ci sospende in una strana tregua
ora abbiamo giorni di magra
e promesse vacillanti
ed io non ho parole per spiegare
un Natale antico
nudo perché venisse vestito
Ora noi siamo cambiati,
troppo inquieti per essere sereni.
*
Siamo sopravvissuti al giorno
ai suoi comandamenti
al giorno fisso col suo ritmo celere
ed i suoi cicli
Muti stiamo ora nel manto della notte
e non farebbe la bocca narrazione più fedele
di quella degli occhi.
Un dolce naufragio necessario.
*
E gli occhi hanno disegnato morsi
rinvenendo boccioli tra le maglie d’una rete
hanno affilato lame tra le scapole e la pelle
le mani piume come foglie d’autunno planando
hanno avvolto i corpi nel sudario
issato vele scavato tra sabbia e neve
promesse d’un tempo atavico mai spente
gli occhi hanno disegnato baci tra gl’interstizi
ami gettati a fondo tra gli abissi
graffi di luce a scalfire crepe
Poi hanno innalzato ponti sopra il mare.
*
Vi sono ricordi come croci
da venerare
a memoria di chi ora siede
su di un trono poco ambito
Preghiere mute e ceri
tra l’intimità delle pareti
ricordi da riscattare
in un pensiero sublime
tenaci
come le illusioni di un domani
procrastinate all’infinito.
*
Vi sono vie che la mente non percorre
E pare assente talvolta apatica oppure spenta
invero la sua sapienza è tanta
che fingendosi d'improvviso distratta
sospende la ragione per l’esperimento.
*
Mi parli come scrivessi dal fronte
ci sono tante guerre sai
quella che stiamo combattendo ora
è la più tremenda la più ingannevole
la più feroce
non sappiamo più per colpa di chi
giacchè abbiamo dimenticato l’origine
e non vediamo la fine all’orizzonte
Mi parli come tu abbia un destino diverso dal mio
ora siamo fermi sulla stessa barca
tra le nubi e le bufere senza giorno né notte
Ci sono tante guerre ma questa
ci ha privati di tutto dicendoci
che la prigione dove siamo rinchiusi
è il nostro regno.
E la cosa più assurda è che dobbiamo crederci
se vogliamo pensare al domani.
*
Vorrei dirti con la luce negli occhi
che so dove abita la felicità
e ricondurre come agnello all’ovile
ogni parola al riparo dietro monti innevati
Vorrei dirti del girovagare
in questo dicembre di gocciole e sole
e d’una speranza ch’è viva
di un sogno rubato alla notte
e di un tiepido abbraccio
alla soglia che segna il confine
Vorrei dirti di una fede più forte
d’una trama fitta e tenace che tesso da anni
dove mi sorprende la fantasia
in uno stretto connubio con il pensiero
Sono istanti. Istanti fugaci che il silenzio riscopre
in un elenco di cose che non ho mai avuto
sotto un cielo gremito di stelle
quando manca così poco al Natale.
*
Cercami fra cent'anni quando non avrò una ruga
e avrò tempo per gli aratri e le vigne
Cercami quando il mare sarà calmo
e noi bianche vele all'orizzonte
Cercami fra cent'anni quando avrò la vista acuta di un'aquila
e il passo svelto d'una gazzella quando disegnerò il cielo
come gli storni o ti tenderò le braccia come un abete
Ora corro soltanto, da mane a sera corro e mi dimeno
in mille inutili acrobazie ora incontro barriere e abissi
e vivo stagioni lente ed uguali,se non per le foglie
sospinte lontano dai rami o per un garrito di rondini
acuto sul capo o per i passeri a terra numerosi
a preannunciare la neve o il frinire incessante
delle cicale nei giorni di afa.
Per il resto piove ed é bufera di venti.
Per il resto sono nubi che mutano forme e spessore
Talvolta anche quando l'alba promette un tiepido sole.
*
Cambiare la cornice
non dà al quadro un nuovo aspetto
così come la scorza
non cela a lungo il seme marcio
La neve soffice ricopre le crepe
finchè non si dissolve
e la verità è un corpo che sta sul fondo
finchè non viene a galla.
Sapere queste cose ed altre ad esse somiglianti
più non m’addolora ma m’istruisce
riguardo a quei vassoi bene incartati
che si rivelano poi di nessun valore.
*
E poi c’è chi cade in un vortice
seguendo torte vie e meandri
pensando retto il suo pensiero
e tutto il mondo inetto
E poi c’è chi non vede dinanzi a sè beltà
( è acerbo il frutto che non si coglie )
e il fegato si rode per chi lo sguardo posa
e si sofferma e loda un’opera di pregio.
*
Aspettiamo
aspettiamo invano
la luna piena nel cielo
l’alta marea dei prati
quando il vento porta lontano le margherite
Ci prepariamo
ci prepariamo inutilmente
alla sera alla speranza al silenzio
che ci sa capire quando più siamo avvolti nel mistero
Sogniamo
sogniamo ancora
il principe azzurro
un bacio che ci dia respiro
un sentiero dove camminare adagio
quando è autunno o quando la neve ricama
i tetti e i balconi ed i lampioni
hanno una luce più chiara trasparente.
*
E si diventa avari di parole
Immani silenzi e pochi accenti
la bocca appena schiusa
al pari d'un bocciolo
aria va domandando
Sì, aria pura per più ampi respiri.
*
Ci sono morti vivi e vivi morti
gli uni pungoli costanti
mettono ordine al caos
ci rischiarano il cammino
posano stanchi con noi stanchi
ombre fedeli nelle ore più meste
e ci sono vivi morti che ci opprimono
tralci sul sentiero nubi oscure
nascono stanchi e noi desti
non sanno dell’immensità del silenzio
nè della vanità delle parole.
*
In questi vicoli stretti di pietra grigia
roridi al mattino e la sera cupi
In questi vicoli dove si avanza piano
gli occhi bassi per non inciampare
dove anche il fumo s’allunga
e cerca il cielo per respirare
In questi vicoli pieni di stridule voci
e suoni di zufoli rintocchi d’ore
di gatti randagi e ruderi di case
rimarrei ore in piedi ad aspettare
ora che dicembre è inverno
e che l’inverno accende lumi
alle finestre e in fondo pare
si sia anche accorto
che tra un po’ è Natale.
*
Conto le mattonelle nella mia stanza
le mattonelle chiare e le marroni
perché altro non so vedere intorno
se non le ombre in moltitudine sui muri
e un fascio di luce quasi un faro a me dinanzi
penso alle cose che non si sono avverate
le imprese abbandonate le idee bruciate
per pigrizia o scarsa perseveranza
perché al traguardo ho smesso di lottare
o sulla roccia la fune m’è mancata
sogno la vita d’altri vissuta meglio
perché alla mia ho posto troppi freni
se non al difetto d’immaginar le mani colme
quando invece erano vuote
e di riempire abissi con i silenzi
e le carezze smarrite nel percorso
ed ora conto le ore che non dormo e che non amo
le ore che non penso e che non vivo
quando tra corpo e mente è solo guerra
e nessun vinto c’è né vincitore
E conto le volte che ancora piango
perché gioire sarebbe inutil fasto.
*
Poi giunge il sonno provvidenziale
e chiude il cerchio al giorno tramontato
tutto si compie uguale senza la conta
delle pene e delle tregue e senza l’affanno
delle ore spinte in un vortice al declino
Poi giunge il sonno quasi a sorpresa
quando per clivi ameni t’incammini
e quella mano tesa afferri e ti sollevi
da ogni peso e l’impeto spegni
d’ogni ardente desiderio o fantasia
Poi ripercorri i soliti sentieri
dove non s’ode che un rumor di foglie
calpestate da un passo lieve
e dove i rami non hanno più i nidi,
nudi nell'aria, or che dei fiori il profumo aneli.
*
La cresta innevata non spauriva. Non più della terra
quando tremava o il cratere era un ribollir di lava
Il pensiero… un pargolo talvolta portato in braccio
più spesso condotto per mano
s’arrendeva all’erta stanco
precipitando giù in prossimità del cuore
dove non era mai inverno e dove la quiete regnava
onorata promessa d’un tempo d’attesa.
L’unico oro a risplendere assieme al sole
il sorriso sbocciato a sorpresa
un dono di attimi di spensieratezza
sfuggiti al groviglio d’un gomitolo.
Ma in quell’intrigo ostinata cercavo il filo
che avanzava lento e senza spezzarsi.
Così pure il mio cammino.
*
Ancora un altro mutamento
luoghi verbi sogni nidi
Passo come attraverso la cruna d’un ago
mentre l’anima scrive
un’altra pagina di sé.
*
Ho raccontato sempre di te
di come la tua assenza
ha guadagnato della medaglia
ambedue le facce
di come mi rabboniva la tempesta
più della quiete che celava
tra le sue pieghe tranelli o pericoli
come fosse stata una sottana…
l’orlo scucito e dentro tanti sassolini.
*
Inutile domandarti ancora di quell’uomo curvo
lungo la via e solo, l’eco d’un vagito alla soglia
d’un mondo che saprà ostile nel tempo.
Aveva scelta?
Pensar sia un dono questo fardello di sofferenze e affanni
è privilegio di chi vive ignaro ogni risveglio
e non si duole di quel che muore a lato d’una strada,
una foglia un fiore un ramo o un animale.
E’ un ciclo che s’apre e si chiuderà giunto alla meta
Dimmi qual è la meta?
Lo spegnersi dei vizi giovanili
in un pensiero maturo, saggio o rassegnato, il silenzio
vincitor sulle parole incomprese fallaci illusorie?
La vita un lampo nel buio immenso sarà polvere
Tu sorridi.
Quel ghigno uguale dopo secoli di storia…
Tu sorridi agli amanti che credono l’amore sia in un bacio
allo stolto che leva gli occhi al cielo e t’indica col dito
al poeta che si dispera perché ha sete dell’inafferrabile.
Sorridi pur sulle lacrime di chi tradito enumera fallimenti
e chiede dove la condizione umana è felice e se a tale
illusione l’animo assurge… quanto dura lo stato di grazia…
Dimmi!
Ti nascondi come un fanciullo dispettoso nel tirar sassi
sul cammino del compagno perché inciampi
Scompari dietro coltri di pece eppur resti uguale
Non ti tange il dolore d’una terra ferita
il sangue sparso il sudore d’ogni vana fatica
e dell’umana sorte non hai pietà
né della croce sul groppo d’un poeta chino,
stanco dell’erta che a te volge
lo sguardo domandando oblio
Tu sorridi…
Poesia pubblicata sull'antologia "Duecento anni d'Infinito 1819-2019 " poesia e pittura nel bicentenario dell'idillio leopardiano - AA.VV. a cura di Cinzia Baldazzi e Maurizio Pochesci.
*
Ti aspetto sulla riva
Ti leggerò negli occhi
sorpresa o meraviglia
quando sul silenzio
si leverà la voce bianca
della Verità
*
La comprensione trafigge anche i silenzi
i respiri corti le sillabe tronche.
I miei passi dicono di me,
d’un sonno che mi coglie al mattino
quando le nubi scolorano in un raggio
ed io spero in un sentiero senza mine
un prato verde un cielo premuroso
mentre i pensieri accendono risse nella mente.
Non mi resta che optare
sopravvivere o morire.
*
Il seme piantato nelle zolle
ha dato frutti scarni e i rami verdi
sono rimasti stagliati al cielo nudi
Di sole, un raggio a trafiggerli, feroce
Loro impietriti come certe statue
nelle piazze deserte quando è inverno.
*
Gira a vuoto
e non s’avvita
Innumerevoli giri…
Sempre lo stesso difetto:
l’imperfetto (in)conscio del limite
che punta ( o anela) all’infinito.
* Non è un indovinello
*
Non voglio un giorno vuoto
dopo questa notte d’incubi
frammenti che tornano a comporsi
pensieri migrati come uccelli verso altri luoghi
non voglio un giorno morto
di cose storte di idee confuse di intrighi
di temporali violenti mentre rido
(e raramente mi ascolto mentre rido)
non voglio un giorno mesto
dopo questo risveglio brusco
di parole che più non ricordo
e volti noti d’altri tempi e volti nuovi
i morti uguali ai vivi
non voglio un giorno incompiuto
inconcludente dove si contano
solo i passi spesi e le parole sprecate
e le vie che non portano da nessuna parte.
*
Che t’amo è indubbio
ma ho sprecato tempo per raccontare l’amore
Ho forse bisogno di testimoni o di proseliti?
Le folle gridano tutto e l’opposto di tutto
Oggi il sole è spento e t’amo
domani le nubi piangeranno con me
e t’amerò ad ogni passo
sul terreno umido di foglie
La tua assenza è un pane amaro
che continuo a bramare
perché d’altro cibo non mi so nutrire
e ti sento in me saldo come radice
mentre allunghi i rami e domandi spazio
Ma è così che t’amo
libero tra le mura della tua prigione
io prigioniera nell’idea della libertà.
*
Un pianto disperato
un gemito d’amore
un sax che graffia l’aria
E dà il ritmo ai piedi e alle mie mani
mentre scava nell’anima i suoni
d’ogni mia trascorsa stagione.
*
Ora é come un vento che si va placando
un canto mesto un filo flebile
sulla crosta del silenzio
un gemito che guaisce narrando
d'altri tempi un dolore nuovo
dove scolorano la fame ed il freddo
in un vuoto immenso
dove ci si perde e dove si sta stretti.
Là il pensiero
più non si cura di risalir l'abisso.
*
Sopra il solaio la pioggia è un’orchestra
E se i miei piedi non fossero dolenti
e le ossa crepitanti
potrei chiudere gli occhi
sulla voce del vento
mentre accorda il suo fiato
all’acqua che scroscia
dal labbro d’una grondaia
Ed abbracciare la quiete!
*
Sul grigio immoto … il nero
Solo un accenno d’onde
di morbida ovatta
al vibrar d’uno stormo
che tratteggia il cielo
in nuove geometrie
Pure il mio pensiero
in vetta
al pari si sparpaglia
ed or più diretto
s’appropinqua al tuo.
*
La vita cambia
con i suoi comandamenti
Ma i desideri sono grappoli sui rami
han fatto il vezzo al limbico cielo
sono gli stessi, sono lontani
Eppure sono nuovi gli afflati,
non le movenze e spesso pure le lusinghe
nel tempo acerbo come in tarda etá.
I desideri han fatto un patto con la morte
sposando ovunque l’eternità.
*
Non dicono nulla
passano indifferenti
quelli che hanno il vuoto dentro
fuori di legno o di carta
vulnerabili ai venti
sono canne con la musica d’altri
bandiere… di quelle che chinan la testa
piegano da un lato e dall’altro
cadon come le vesti ai piedi di chi si lascia spogliare.
*
La luna sospesa nel cielo non ambiva
che al quadrato d’ una finestra
prima che un muro s’innalzasse
d’improvviso a baluardo
contro il sapere
ragioni incomprese speranze svanite
abissi di silenzi infiniti
ed accenti
talvolta scappati dal labbro timoroso
di pronunciare parole complete.
*
C’è un tempo che giace come morto
che io non so riempire né svuotare
che mi comanda e mi tiene stretta
un tempo buio anche quando è luce
di desideri sempre numerosi
e di sventure che sono come in bilico
e si mischiano talvolta ai miei pensieri
Un tempo dove la sfortuna mi accompagna
e molto spesso mi precede
mentre mi dondolo sopra l’altalena
ipnotizzata da lunghe litanie
di cui il senso non so e neppure il suono
Cullata dal silenzio trovo pace
quella apparente mentre a gran voce
la vita urla che la vita è altrove
dove a noi manca l’ardore ed il coraggio
e in mano abbiamo la sua brutta copia.
*
All’alba
il mio giorno è già maturo.
E sono in cima
nell'attimo che
_sul fondo_
io cerco un varco
per uno spiraglio di luce.
*
Scorre il tempo a sera
imbrunito
breve al pensier dell'immenso
Il mattino è fugace
l’istante che basta
a riempir la bisaccia pel viaggio.
M'incammino con lo scarno bagaglio
Dentro, non le cose che amo chincaglie
all’apparenza di valore mediocre
ma poco più del necessario.
E sogni invisibili veli
a mascherare gli strappi.
*
E’ una gestazione difficile
il pensiero di quest'umanità
che s'allontana
sempre più dal divino.
*
Lì dove non ci sono più spine
sarà penuria del verbo
Avrò fame del nulla
nella memoria perduta
del mio senso d'esistere.
*
Hanno oscurato il sole troppe volte
ed immaginato cieli plumbei
senza domandarsi la ragione
delle nubi e dei temporali
ma lì i gabbiani hanno gridato
l’ acuto planando sopra il mare
e l’uccello del tuono ha abbracciato il suolo
in picchiata e poi alto nel volo.
*
A novembre l’orologio c’inganna
dice ch’è giorno quando l’ora è scura
ci si arrende ad un tempo lento
di strane attese e al traguardo il sonno,
un orizzonte che si fa più lontano
quanto più nel cammino s’avanza.
Dopotutto il giorno si annuncia
una brutta copia del dì tramontato
nessuna speranza che nel trapasso
in volto esso sia un po’ mutato.
E lo spirito ha l’aria d’un cane
fuori dell’uscio abbandonato.
*
Il tentare ogni via o l’abbandonar l’impresa
non sempre ha origine dall’ostinazione
o dal coraggio inadeguato
Si accantona la sofferenza e della gioia
si pensa è uno stato di grazia ormai mutato
Così tra due cose o anche tre, si sceglie
con saggezza il male minore.
*
Ho perso giorni di brezza e viali di foglie
chiome spettinate le rughe di mia madre
sotto l’argento dei capelli
il disordine della stanza
il cesto autunnale
gli attimi del mare colti a volo
ho divorato abbracci visi pensosi
emozioni traguardi brindisi
ho mischiato nel buio nuvole e sole
ho cancellato lune giardini
gesti smorfie ho chiuso libri
ho spento fiori
sotterrato perle.
*
L’orizzonte è un umido velo
non case davanti non strade
ma un fumo che si sparpaglia
da una pentola enorme
tutto pesa gli occhi guardano il suolo
anche le foglie arricciate
fradicie ieri, hanno calcato
l’impronta nel loro cammino.
*
Nel luogo dei morti un dì andremo tutti
Oggi per loro nulla è mutato,
hanno sorriso in passato ai fiori e ai ceri
ma oggi ravviviamo le nostre case
che per il luogo dei morti c’è tutto il tempo
e loro sanno la pena dei vivi.
Non ha predilezione la preghiera
camposanto o chiesa
o in una stanza, nella penombra
quando il giorno è spento
e con esso l'affanno
quando il ritmo frenetico non è più una curva.
Gli occhi non cercano più altri occhi
sono un riflesso dell'anima stanca.
Pensosi bramano solo la quiete
prima di cedere alle lusinghe del sonno.
Fuori la notte è un manto nero
che tutto avvolge e più non spaura.
*
Dovremmo avere nuove abilità
scivolare sul fondo come sabbia
da un bulbo all’altro
Rimanere in piedi capovolti
e tornare poi nel primario stato
il capo sotto il cielo, credendolo mutato.
*
Attratta dall’onda, il suo apice,
come a volerne misurare l’altezza
sì che non udivo il fracasso
nel successivo schiantarsi sul fondo.
Alle spalle, lontano il profilo d’un colle,
la vetta innevata
o tale pareva alla luce del giorno
quell’aspra bellezza.
"Due voci possenti ha il mondo: la voce del mare e la voce della montagna."
- William Wordsworth -
*
Eppure sotto la cenere i carboni erano accesi
Dove il filo si fa più sottile lo ignoro
mentre l’attesa mi logora allo stesso modo
Dentro di te codici indecifrabili.
Fuori la luna splende nella sua fase crescente
e so di essere nessuno fino al sorgere dell’alba.
*
Ora non capiresti dove il ramo cede
dove il nodo è consunto dove cadono
più foglie e perché.
Lega i vuoti del tempo
gli attimi in bilico
le mancate risposte della vita
e tieni il conto delle burrasche.
L’arcobaleno è solo un attimo
che inganna i giorni bui.
*
Sogno il vermiglio dei papaveri
in un mare d’erba
quando tutto muta e cade il sipario
ed io sono ballerina di neve
dal vestito di carta.
*
E’ una gara tra pensieri e ricordi,
in bilico fatica la bilancia
L’oscurità spesso si ammanta
dei colori ridenti d’un tempo
Immagini vive affiorano
appena un filo di fiato solleva
il velo copioso di polvere
Vivo
sovrapponendo ai vecchi i nuovi binari.
È così che il domani si prende gioco di ieri.
*
E’ un tempo morto
che si frappone
tra il giorno e la notte
tra luci ed ombre
che non ha nome
non ha senso non ha suono.
È un tempo infedele
un testimone comprato
un custode di false verità.
È un tempo che non chiede
e non fa sconti, che ha scordato
la melodia degli attimi.
*
Vorrei che il dolore fosse pioggia.
E dopo, io vorrei essere la pietra grigia
lo scoglio aguzzo
una tegola del tetto levigata
Invece ho questi occhi
che sembrano fiammelle
al consumarsi della cera
questi laghi torbidi
questi fondali gremiti di carcasse
Vorrei che il dolore divenisse nebbia
quel velo madido che il mondo acquieta
di sera e al mattino si leva e tra le nubi
che van diradando mostra un sole acerbo.
*
E corro spesso dentro labirinti tra gli specchi
il pensiero al filo un filo che frena ad ogni ansa
l’orizzonte vago
le immagini un albero in piena fioritura
un’esplosione folle e dimentico
la ragione del mio andare persa nell’affanno
e nel timore di ombre remote e future
e vivo il turbine d’un sentimento
un impasto tra tempesta e fiume
e scavo la mia carne le mie ossa
brucio nell’ira e nella rabbia.
E attendo nuovi equilibri da una calamità o da un miracolo.
*
Non ti sento se non attraverso chi
viene a visitarti e ti parla della terra
delle fasi lunari di una notte di stelle
così remote e dei miei passi
del percorso dell’indice delle mie fatiche
dei miei pensieri messi alle sbarre
non esisto se non attraverso la tua voce
che suona e canta e svela intimità profonde
all’altrui orecchio che mi maledice
invidiando persino il mio inquieto esistere
non ti parlo se non attraverso gli occhi
spesso smarriti in altre galassie
spesso al riparo dentro lunghi silenzi
spesso spenti mentre guardi altrove.
*
Vorrei essere il cane
il cane che corre fino all’uscio
che m’accompagna per un tratto di strada
e fiuta l’aria al mio ritorno
vorrei essere il gatto
il gatto sulle mie ginocchia
il gatto che ronfa
o sbuca in un vicolo di notte
che salta da un tavolo alla sedia
vorrei essere il gallo
il gallo sull’aia con tutte le galline intorno
cantare tre volte prima d’un ripensamento
rinnegando il mio tempo di noia
e la mia disperazione
vorrei essere l’uccello
l’uccello migratore
l’uccello che sta sul ramo e non discorre
col timido canarino nella gabbia
l’uccello che starnazza nella pozza
e non sa di tramonti e mutazioni
vorrei essere un sasso
un sasso levigato dall’acqua
un sasso che rotola in discesa
un sasso bianco come il foglio
che ho davanti come il pugno
d’un giglio in mezzo al verde
come l’ala d’un gabbiano appeso al cielo
vorrei essere tutte queste cose
e cento e mille altre ancora
ma sono solo un uomo, un uomo solo,
l’essere più infelice sulla terra.
*
Si attendono soluzioni che d’un tratto si fanno distanti
un cambio di rotta un disegno svanito una svolta
e si raccoglie la stella perdente scivolata in una crepa
certezza ancora vivente su tante chimere.
Non è reale la scia luminosa nell’aria che imbruna
non cambia il destino non muta l’attesa di chi
al traguardo non trova che sterili terre siepi
infestate dune di sabbia. Al dissolversi
non c’è che polvere e nebbia
e il sentiero sottile percettibile appena ora sepolto.
Non ceri non luna potranno allumare la notte.
Le ombre sui muri il verbo delirante
gli occhi sbarrati e il torpore di un’anima affranta
testimoni di una stagione ora indefinita.
*
In questa stanza tutto tace anche i pensieri
c’è un tempo qui che non ha misura chiuso nel buio
un mondo dentro un cerchio una musica che culla
quasi un letto di foglie uno stare indecisi tra colori e suoni
un silenzio che non domanda voci
Le presunte verità gareggiano fuori
sulle bocche di ignari e di folli
ci sarà un giorno nuovo quando
sorrideremo con gli occhi e non solo
quando conteremo i passi che ci separano
le volte che andremo ripetendo amore
le lacrime versate per un malinteso
In questa stanza c’è ordine nel caos consueto
c’è fatica e riposo c’è deserto
e clamore di strade festose.
Ed ora dobbiamo vivere per tornare liberi
con ostinazione, senza contare gli addii.
*
Capita sovente che in mille faccende indaffarati
ci fermiano per distrarci l’attimo che basta
al pensiero di una “ cosa prelibata “
e il desiderio della pietanza preferita
accende un languorino ed incita la fame.
Allor conviene volgere la mente altrove
perché il tempo di desinare è ancor distante
per risparmiarci almeno quel supplizio
giacchè sugl’imprevisti non abbiam comando.
A sera invece la vita ci dà una tregua
ed il tempo pure scivola abbattuto
non c’importa della nebbia che discende
ed il buio non ci opprime, è un guanto di velluto.
Vorremmo accanto chi c’empie il cuor di gioia
e c’intrattiene con vezzi e con moine
gustando un piatto allegro quanto il vino
che se bevuto di poco oltremisura
non reca danno alcuno ed anzi acquieta
l’ansia ed invoglia ad un salutare “sonno”.
Eppure quando il giorno è terminato
e con esso pure l’affanno e la fatica
crolliamo su una sedia e non più pensiamo
all’agognato piatto e al vino rosso.
Chi c’empie il cuor di gioia, troppo distante,
ci appare solo in sogno, sempre che il sonno
giunga puntuale e non ci burli.
*
Credono di conoscere l’amore quelli che
mano nella mano vanno
per le dritte vie e sognano oltre il sogno
estranei al profilo delle ombre sopra i muri
e che non sanno dell’asperità degli scogli
loro hanno di fronte il mare azzurro
appena mosso da mille incrinature
e vivono di vele e luce e canti di sirene
ma l’amore è quello che s’ostina
a remare dove c’è burrasca
ad agitare le acque con le braccia
da sponda a sponda fino ad un nuovo approdo
è quando non siamo a bordo né sul fondale
l’amore è un orbo che non può vedere
le impetuose inaspettate turbolenze
le vele issate e quelle ammainate
né contare le scialuppe in acqua
ma sa sempre dove finisce il mare.
*
Quella battaglia immane!
Il nostro tempo non è lo stesso
insieme per il mondo,
seguendo gli schemi si rimane a piedi
la festa non è festa.
Luna,
my star,
se solo sapessi
raccoglierti in un vaso di vetro
per dipingerti d’immenso!
La piccola foglia
la valigia
Icaro
l’umanità chiusa
dopo il silenzio…
Ecco:
il trenino dei desideri.
*
Enfasi – disperazione.
In anomalie del vivere
traduco quel morbo antico
gioia che si divide tra smarrita e sognata.
E un tarlo mi corrode.
Sanguina il sole all’orizzonte.
Dove io non sono tu non sei
Vittima di visioni dove cado
restando rannicchiata.
E tutto da me è staccato.
L'aria mi trapassa tra corteccia e carne
senza l'aderenza al corpo d'un vestito.
E non c’è spazio tra me e la terra
tra me e una sedia tra me e la vita.
Forse sto già migrando
per morire in qualche posto ignoto
diverso da questo dannato suolo.
Io ho radici nel vuoto, non come la quercia.
*
Ed oggi sento il vento le raffiche sul collo
dopo le folate tiepide del dì dinanzi
E guardo il cielo terso
spazzato dalle nubi
proprio a me di fronte.
Alle mie spalle invece,
levo il capo
e l’aria è cupa
e muta e sbigottita
pare fermenti
in improvvisi scrosci.
Ma forse il bianco impastato
dentro il grigio, va diradando
fino a dissolversi.
Noi,
distratti per un attimo
colti di sorpresa dall’azzurro in fioritura.
Dicono di marzo
che s’incapriccia per le vie,
scapestrato monello,
chiudendo e aprendo ombrelli.
Ma ogni mese vuole imitare il pazzerello
quand’anche per un lasso di tempo molto breve.
Il ronzio di un’ape dagli acini migrato
m’attraversa la strada
la mano scansa in viso
un invisibile passaggio
poco più di un solletico,
uno scatto all'indietro.
Per fugaci istanti
l’anima dimentica
le sue impervie vie,
è un’ombra che s’allunga
nella magia del sogno.
Ed io penso al fuoco
ai carboni accesi
alle caldarroste a due dita di novello.
E all’imminente inverno
al buio più propenso all’agognata quiete
in cui le rimembranze più in fondo custodite
tornano alla vita in quel rimuginare
dei miei pensieri, lento,
un logorio che spesso non approda a niente.
*
Io non ascolto le parole
ma so capire se muovono dal cuore
se il cielo indirizza i venti e placa le bufere
per il filo di brezza
io non ascolto le parole
vado oltre il suono
dove l’emozione è il freddo e caldo insieme
ed una sedia mi sorregge perché in piedi cederei,
le gambe molli gli occhi dentro scavi fondi
d’un vivere sofferto custodito come reliquia.
Io ascolto i silenzi, quei lunghi ponti
che vestono le attese di speranza
e piango per ogni desiderio abortito
per ogni viaggio pagato ed interrotto
per ogni stazione imprevista
io non ascolto le parole
non sono il mare fermo
non m’abbandono a riva
nel miraggio del sole
non cedo alle illusioni
amo l’aria fosca quanto basta
per agognare il sereno
ma non vivo senza onde.
*
E’ inutile bussare lì
non c’è una porta né una casa
forse un dì vi daranno una tenda
dicendovi…
ecco la vostra nuova casa
tutto è come prima
mobili vettovaglie e suppellettili.
Ma i quadri l’han venduti
tele e cornici e i cassetti
sono sgombri d’ogni cosa.
Un dì vi diranno di pazientare
chiedendovi ancora un sacrificio
ma per una casa vuota
per un sogno da tempo tramontato.
*
Da questa sponda non giungono
sono nascosti dietro siepi e muri
come a dover stanare il nemico
sentono l’odore dei pampini
il profumo dell’olivo
ma stanno al buio dentro le case
dietro le loro ragnatele
tramano per ore
hanno progetti efferati
e qui vengono di notte
solo per spiare,
alcuni da molto lontano
si soffermano sulla riva
da tanta quiete attratti,
gli artefici delle bufere.
I loro orizzonti sono di nebbia.
*
E’ un silenzio che sa di fumo e polvere
come fossero tutti sotto le macerie
è un silenzio vuoto senza voci dentro
senza racconti senza memorie
è un silenzio che cade come nebbia
e cancella ogni nome ogni vita ogni volto.
Nella stagione della vendemmia
hanno raccontato menzogne.
*
Il tempo giovanile ormai è passato
d’una chitarra sotto la finestra
di note che stridule giungevano
pur dopo tante prove mal riuscite.
Erano strimpellate d’un innamorato
alla fanciulla che col cuore in pena
andava avanti e indietro per la stanza
prima d’affacciarsi sulla soglia
tra un vaso di gerani e una barchetta
che costruiva sempre con la carta
ad ingannar l’attesa e la luna
lo sguardo un po’ maliardo sopra il tetto.
Ora nero un gatto sbuca dentro un vicolo
e l’ombra s’illumina e scompare
spenta è la finestra e pur deserta
di vasi di gerani e di barchetta.
*
E penso
a quando eravamo un’isola
e ai soli, tutti con la pretesa di una luce intensa
gare inutili nastri barriere voli
pianeti intorno talvolta impazziti
nell’aria brusii scrosci crepitii schiocchi
silenzi improvvisi parole travisate
maschere per ogni dì della settimana
e penso…
E penso
a quando all’isola approdarono in tanti
e i corvi stonarono sul coro dei pennuti
anche le palme smisero il canto
sebbene il vento le spettinasse con tenacia.
*
Un tempo strambo tra sole ed ombre
i passi leggeri come le vesti
di fiori un’esplosione sotto i raggi
tra le maglie di ferro
e i rampicanti a uniformar lo sfondo
quando più l’occhio addentro si sospinge,
una specie di nicchia
l’effigie d’una madonnina nella pietra.
Ma ecco le piogge insistenti i tetti lucidi
le strade mondate dalla polvere e dai rami
ecco gli ombrelli rovesciati
il battere delle imposte sui muri
le mani infreddolite il passo svelto
le finestre chiuse
e settembre, dopo l’afa l’azzurro cielo
i corvi le biciclette i pantaloni corti
le frotte di ragazzi in piazza,
è autunno col vestito scuro il volto cupo
il suo momento brutto la sua mestizia
l’ira come per qualcosa andato storto.
*
Hanno il suono flebile dei pensieri lassi desiosi di pace
i miei passi lenti noncuranti della strada
è uno strano ritorno la soglia dopo l’erta
in un sospiro rubato al silenzio
quando un altro giorno muore e la sera
t’accorgi d’una strana avarizia
delle poche parole tante sono morte negli anni
tante le abbiamo pronunciate bendati
quelle leggere il peso d’una carezza
trascurate per l’inclemenza crescente delle stagioni
Ti sovviene la morte col suo gelido fiato
a cancellare il torpore del tuo ordine inverso
tornano gli sguardi allo specchio riflessi
come lampi incrinati nell’aria
come scie meteoritiche fuggenti
è un abisso diverso quello in cui scivoli
al riparo dal rumore del giorno dove sai
che la poesia salverà il mondo
( è più di uno slogan è una fede )
ma è vera nell’attimo che sfiori l’eterno
poi impallidisce e tu tramonti col capo
reclinato d’un fiore. Il suolo l’ultima cosa
che sfiori stremato lontano dal ricordo
di quando carponi brucavi la strada
Comprendete ora la forza d’ una fiammella
nel buio universo tra i venti e quel suo ancheggiare
per resistere ancora all’ignoto
I passi lenti nella mente erano celeri
e i campi arati e i frutti caduti nel fango
le foglie ingiallite e i rami irti come armi sguainate
ci hanno fatto scordare il percorso la sua immane fatica
e i passi percettibili appena nel loro avanzare
si sono fermati una sosta soltanto una panchina deserta
l’orologio fermo ad una bieca stazione
la sera vestita di qualche vaga promessa
per placare le insidie del giorno
e fermare la morte e quel silenzio
che divideva il fruscio della seta dal cigolio della porta
poi con qualcuno abbiamo indossato la luce
sfiorandoci nel bacio più casto
abbiamo pregato inginocchiandoci
perché il dolore non fosse privilegio dell’anima
abbiamo immaginato traguardi con l’occhio d’un folle
e siamo tornati indietro nostalgici a guardare i binari
viaggi mai intrapresi scogli i passi fruscianti
la stessa voce dei nostri pensieri così uniti e così distanti
quando le mani operose davano vita alle cose
e i nostri piedi andavano lenti sotto cieli diversi
abbiamo coltivato fiori mietuto le spighe
irrigato la terra ed atteso il maturar delle vigne
abbiamo vissuto più di una vita
la nostra e quella dei cercatori di sogni.
*
Parole,
accartocciate come foglie,
cadono
Un sole malato nascondo dentro gli occhi
un sorriso che non svelo muore in un filo
L’anima ha cambiato la sua dimora
tra i pensieri che mi annichiliscono
e memorie scolorite
Hanno le grinze delle rose le labbra
al tramontar del giorno
Un gatto intona un miagolio
in un vicolo cieco
duettando con la mia voce insicura,
un lamento che al confronto stride.
*
E poi si lascia il giorno fuori l’uscio
accelerando il passo dove il cielo
allenta la bisaccia seminando
diamanti a destra e a manca, luce a iosa
Si danza sopra l’acqua e tra le fiamme
si accendono promesse che resistono
il fuoco d’un cerino eppur si avanza
con forza e con coraggio
Si crescono speranze si combatte
per dare al mondo quasi un bell’aspetto
un corpo più compatto un’armonia
ch’è sintesi d’amore ed è rispetto
Si sogna ma quando mente e corpo
cadono molli in grinze e scoramenti
col peso d’una piuma come un trave
si approda ad un’amara cognizione
d’aver perduto tempo assai prezioso
sottratto ai propri cari e a se stessi,
quegli esseri sì avvezzi a stare zitti
nel sopportar la croce con fierezza.
*
L’assenza ha un linguaggio
che non si dimentica
così il perseverare
in stranezze e fughe
premonitore
di un’oscurità da cui non si risale
ha indossato panni diversi
la solitudine
prima di mentire a se stessa
indifferente agli occhi di una folla (invisibile)
mentre sulla riva tramontava il giorno
e la notte scendeva, eterna.
"Si tessono le lodi, da morto, di chi nella vita è stato spesso ignorato."
- Rosetta Sacchi -
*
E rido
di come le opinioni cambiano.
Vittima o carnefice?
Le bocche tacciono alfine
quando il pensiero illumina.
Tra la folla il fariseo addita i suoi adepti,
ora false amicizie.
*
Mancano segmenti alla retta
il nome non può essere lo stesso.
Cosa può saperne un punto, direte
un minuscolo punto sperduto nell’oceano…
ma voi ostinati a rimanere a galla
affonderete nella melma.
Frottole, frottole
non c’è nessuna luce in fondo al tunnel
solo nomi destinati a sparire.
E sarà notte nonostante l’obolo.
*
È un luogo morto
Qui si portano i fiori tra loro
si guardano in viso al lume dei ceri
Qui sono le impronte le une sull’altre
uguali monotone vuote indistinte
Qui il vento talvolta reca olezzo di fiori
ma in questo luogo si compongono
solo fiori di carta e si scrivono i nomi
di chi in fila attende lo scambio dei doni.
E’ un luogo di morti.
*
Lasciatemi divertire disse il poeta
gioco con le parole scavo con le mani
traggo suoni faccio rumore
mi zittisco come se d’improvviso
toccassi il sacro suolo
Sono poeta? Scrivo, passo il tempo
domandando di me alla coscienza
quando il cuore è in letargo
per difesa per avaria per esperimento
scarabocchio l’anima celo i suoi segni
giusto il tempo di distrarmi
l’attimo di quiete prima del vento
perché quand’è bufera i miei occhi narrano
di ogni timore di ogni speranza caduta
di ogni tramonto di cose lontane
ma lasciatemi divertire
ora le parole sono come le farfalle sui fiori
e i miei pensieri non hanno spine
sono come le medaglie sul petto
per una buona azione
come sul naso i fiocchi
quando c’è neve
e il bianco vince il cielo
e il bianco è un giorno nuovo
lasciatemi divertire
è il mio passatempo
ingannare la vita
perché non m’illuda ancora.
*
La vita talvolta smette di guardarti in viso
divaga si distrae si nasconde cerca riparo al buio
per vie diverse giunge dove già sei
l’anima inchiodata da stenti e patimenti.
E non ti vede e tu non vedi Lei.
E non ti ascolta e non ascolti Lei
nel travaglio che lascia il mondo fuori
e dentro tarla ad ogni nuovo giorno.
*
Ha disertato il muro screpolato
per il cemento levigato
mutando direzione.
Orizzontale è un verme
una lumaca un grosso insetto
non importa quale.
Non una foglia o un ramo nei suoi pressi
non una pietra o una crepa nella crosta.
Lontana dal rosso dal verde
dall’ocra delle foglie
lontana dal fosso
dal mormorio dell’acqua
dal rigurgito del fango.
Immobile
tra l’ammasso di polvere
tra il grigio ed il colore
nell’angolo in fondo.
Il tempo di destarsi,
l’ombra d’un piede
che annaspa.
Scompare.
*
Discreto lo sguardo si posa per l’ultima volta
su ciò che hai amato: le opere i pensieri
i segreti dell’anima tua ora fiaccata
ed il verbo solo per dare spessore al silenzio
compagno di sempre. Rimembranze nel cuore
di chi ha saputo comprendere il tuo essere libero
fino alla soglia d’un vivere nuovo.
Otri gonfie di vento hanno ingrigito il cielo di maldicenze
e in cento volti t’hanno dipinto
ma un rapido sguardo è bastato
per capire che là tu non c’eri.
Si può far tacere la propria vita
ma non la propria morte
*
Ha strani meteorismi questa sera
boati che si rincorrono nell’aria
prolungati sordi cupi
un borbottare conscio del suo rumore.
E penso a quando il vento scuote le fronde
e lascia solo poche foglie ai rami
o a come tu spesso scuoti il capo
scrollando a terra i ricordi belli.
E guardo il cielo
la luna che svapora
dietro un cumulo di nubi.
E m’accompagno anche questa sera
ad una notte popolata e insonne.
*
E quando taglieremo il nastro vittoriosi
avremo sempre dinanzi nuovi scogli
e non ci sarà tempo per lucidar le armi
che altre battaglie ci metteranno a dura prova.
L’orizzonte sarà nei nostri occhi per un attimo
poi tornerà effimero talvolta nebuloso.
La vita è così. Un respiro profondo
tra un affanno e l’altro.
*
Per altre vie conduce il pensiero
sulla china c'è una luce che trema.
Si spegnerà travolta dall’ennesima burrasca.
Eppure le stelle presagirono un diverso epilogo
quando la luna per un attimo fu distratta
dal sorvegliar la terra.
*
Sapevo del filo teso nel vuoto
del titubare
del passo insicuro
del tornare indietro ai primordi
dell’eco di corde
un pizzicare di suoni
tintinnii lontani tra l’erba brucata.
Sapevo del mutare dei giorni
di un desinare in silenzio
di braccia conserte la sera
prima di isole o approdi.
Sapevo di cumuli d’anni
senza segni ad incider la pelle
di aritmie ed affanni
timori di perdere il dì seguente
ogni sudata conquista
sapevo di ombre e segnali
di cieli per metà oscuri
di dadi nell’aria
di lune nere di fuochi
nelle case degli altri
e di bracieri dormienti
ovunque ho avuto dimora.
*
Più corto il giorno
più triste il mio cammino.
Accelera il passo
prima del tramonto
per la desiata quiete.
Promessa che si rinnova
tregua all’affanno
del quotidiano vivere.
Le fatiche smesse
chiuse nel sacco
torneranno domani
come carboni tra la cenere.
Vincono le allodole
sul frinire delle cicale
nelle ore d’afa,
ma la brezza mitiga le sere
in questo strascico d’estate
prossimo a morire.
*
Quel ramo è troppo dritto o troppo curvo
la rosa è aulente sì ma ha troppe spine
la margherita ha un petalo piegato
Lei ride, gli occhi belli e i denti storti.
Non c’è di che gioire a questo mondo.
Il brutto è brutto e il bello
è bello...ma non lo è troppo.
Si cerca ovunque un neo specie se il ramo
insiste sul terreno che non è nostro
e la rosa affaccia all’altrui cancello
o il vento spettina la margheritina
perfetta... se non per il petalo piegato.
*
L’attesa alla vita toglie spazio
ed il tempo nel suo scorrere lento
non è che un supplizio senza fine.
*
I mondi lontani son tanti di passi e richiami sonanti
tra fredde pareti su un trave il corpo non trova riposo
non erano tutte certezze le vaghe promesse visioni
di luoghi più ameni forse mete di giorni pensati reali.
Non resta più traccia del tempo che fluente discreto scorreva
e ci accomiatava concordi seppur del distacco dolenti.
All’alba sono solo tramonti a narrare le nostre vicende
noi lembi scostati di labbra in attesa di suoni più allegri
noi sponde in eterno divise d’un fiume sempre irruento.
*
Quando al crocevia ho perso i tuoi occhi
ciecamente ho continuato a camminare.
V’erano siepi muraglie pali scogli
a separarmi dal giorno.
E’ stata la notte più lunga,
sì, quella senza i tuoi occhi!
*
Non per giungere al punto di partenza
quando dinanzi avevamo solo la strada
ma per riesumare istanti magici pensati ovvi
obliando l’affanno dell’erta
asperità di scogli abissi.
Eppure abbiamo issato bandiere
ad ogni meta insperata
abbiamo sorriso con gli occhi bassi
ad ogni riappacificazione
ostinati nel nostro viso deformato.
Abbiamo azzardato voli
sfiorando rami irti e cupole di foglie
oltrepassando il velo delle nubi.
E questo spiega perché
non si cancella in un attimo
tutto il tempo trascorso.
Si riscrive
con le promesse cadute
le speranze mutate
e le certezze tenaci,
abbarbicate all’anima.
*
Se il silenzio ora fosse suono
giungerebbe a te come violino
in una notte di luna piena
della nostra voce non resterebbe che l’armonia
e delle parole cadrebbe l’affanno
come un vestito ai nostri piedi
delle nostre bocche non rimarrebbe
che il fremito dei baci ed il respiro
smanioso di sempre nuovi approdi.
*
E poi c’è il dolore che non si racconta
quello che scava dentro con un bisturi
e rievoca sguardi mani tese
bocche ridenti suoni.
Ora tutto è fermo una linea piatta
senza sobbalzi
solo il dolore graffia attraversandomi
come fossi una pista di ghiaccio.
*
Un bacio saetta scivola sul petto
quando la notte giunge
e in dormiveglia m’appari
radioso in viso.
E quella luce improvvisa sulle ombre
è un pugno carezza sferrato di sorpresa.
Poesia nata da un esercizio con le parole : bacio, pugno
*
L’ordine sovvertito ed il caos regnante
al chiuso come pure in ogni spazio aperto
fanno pensare si sia toccato il fondo.
Accadono eventi di una tale gravità
indefiniti ed inclassificabili
ad opera di folli e d’ignoranti
di presuntuosi ed irriverenti.
Non si conoscono le mezze misure.
La voce alta oppure quasi assente
il silenzio assoluto o il frastuono
il fare spasmodico o il rimanere inerti.
Spesso si dice che non esiste ora
più scura della mezzanotte.
Ed a torto si pensa che esiste un apice
che nessuno può oltrepassare.
Nulla di più sbagliato!
E’ sconcertante... ma quel che accade
è lungi da ogn’ipotesi e da ogn'immaginare.
*
Talvolta lo schianto è abnorme
d’una parola che cade
il rimbalzare ha un suono altro il tonfo.
Del cupo dentro, fuori inoffensiva ironia.
Genesi del verbo spesso non è il pensiero
ma lo spirito turbato dalle vicessitudini.
Un tarlo invisibile. E nasce deforme ogni parola,
diviene feroce in un attimo.
*
Hanno dimenticato il bene fatto
le pennellate dentro la cornice
perché uno scarabocchio apparisse opera d’arte
hanno cancellato le lotte e i compromessi
per il traguardo d’un quieto vivere
le attese eterne di veder errori rimediati
e ravvedimenti per i limiti e gli eccessi
hanno dimenticato il lavoro speso
per fare d’una baracca una casa accogliente
e di un terreno sterile un verdeggiante prato.
Hanno dimenticato in fretta trascurando
il peso delle ombre e dei fantasmi.
Chi ha issato le vele non s’è accorto
dei troppi rimasti a terra
per indolenza o per inettitudine.
*
Si cambia paese città e ogni altro luogo
e s’incontrano spesso volti che non sono nuovi
che fecero altrove comparsa
ed ebbero vita più o meno breve.
Nomi mutati diversi per esseri che s’appellavano
in uno o due modi e forse anche tre.
Ricorrendo a un’iperbole potrei dire ch’erano cento.
C’è sempre chi serba memoria di tempi trascorsi
persone comportamenti.
Pensandoci bene potrei anche affermare
che nulla è più normale dell’essere strani.
Bisogna ora solo prestare attenzione
chè non tornino attuali vizi abitudini rudi ambizioni
modi vicende scambi e percorsi già noti.
*
Vorrei correre al mare come fossi fiume
e vestirmi di vento e sentire al passaggio
un murmure antico farsi canto
quando levo lo sguardo e ti cerco nel firmamento
e farsi nenia quando scivolo sul fondo e non ti sento
chiusa nel vortice della mia sofferenza.
Vorrei suonare le campane come fosse festa
quando invece le mani stringono mondi di carta
e il mio bicchiere non fa rumore levato in aria
e il vuoto ha memorie potenti come boomerang.
Vorrei spegnere i pensieri e chiudere gli occhi
rimanendo in equilibrio sopra un asse
il tempo d’un’alba che non tenga conto dell’ora
e che colga l’eterno in un attimo breve.
Vorrei riscrivere i sogni se ai sogni dispersi
si può dare un nuovo indirizzo
e prevedere i viaggi dove tu viaggi
ed io t’attendo e il traguardo è lo stesso.
Vorrei correre al mare come fossi fiume
felice d’essere nel divenire senza domandarmi
se c’è differenza tra il vivere e il morire
vorrei essere mare ora che non sono più fiume.
*
Non conosco tregua né riposo
in mille cose m’adopro e mi dimeno
supero ostacoli smusso angoli e limo
la mia rabbia per appianarne le asperità
raggiungo ogni traguardo coi miei mezzi.
Sudore e sangue segnano l’effigie
resisto alle brutture d’una vita
distratta e disattenta o forse spenta.
Dimentico di dirvi che son morta.
*
Quei chilometri di via dalla prigione alla finestra
al vento alla sua danza tra le tende
al tuo sguardo mosso
alle smorfie in cui piegava il viso
ogni qualvolta la voce con un tintinnio di campanelli
spezzava il silenzio incredulo a quelle pause inattese,
quei chilometri ora non sono che un tratto di matita cancellato
ammasso di polvere d’una strada chiusa.
Ora lo spazio è angusto piantonato.
Un nicchio che un faro di sorpresa alluma.
*
È il rivolo sul viso
al vibrare d’uno spiffero d’aria
sentirsi stretti in un involucro
incollati confusi dissolti.
Anche la luce opprime…
oltre al filo teso del pensiero
e noi muti appesi al tempo
nostalgici e desiosi
d’ogni cosa che varia
dall’attuale fermento.
Morire in quest’apnea...
prima dell’immersione in mare
o in un bicchiere.
*
Ora è il silenzio e tutto è ricomposto
anche i pensieri hanno un nuovo assetto
e quel che giunge da accanita sorte
ha l’aria d’essere persino razionale.
Fuori la canicola è opprimente
dentro un vento gelido che sferza.
Racconta di altri soli e lune nuove
ed ora di una solitudine più amara.
*
M’investi dirottandomi
verso oscuri abissi.
Nessuna stella cade.
Ancora un’illusione…
il fragore è lo spasmo d’una risata
che mi salva dal perdere il senno.
*
Pensieri silenti intimi desideri
in una notte di lacrime o carboni?
Resteremo a rincorrere lo sciame
e a dare nuovo afflato alla speranza.
*
Saranno ancora lacrime del cielo
tra sfavillanti fuochi?
Nuovi supplizi?
Come quando una rondine
giacque riversa al suolo
e le bambole
non varcarono mai l’uscio?
*
Cancella e riscrive
lascia progetti in sospeso
promesse incompiute
riapre scrigni e dentro sigilla
sogni segreti e le cose più belle
riesuma antiche memorie
canta le pecche dei vivi
denuncia le assenze
ogni effimera comparsa
la vanità d’un vivere vuoto
le finzioni e menzogne
i pensieri taciuti.
E ride...
di chi piange
eredità inesistenti
beni mai posseduti.
*
Spesso l’inquietudine ho incontrato
quando ambivo andare oltre l’orizzonte
ma l’occhio s’arrestava al muro
all’angolo di strada
allo scorcio di panorama alla finestra
alla siepe alta che invadeva sul ciglio
la polvere e la strada.
Dal suo sommo osservava il piede,
stanco dopo tanto peregrinare e senza meta,
oltre l’angolo di strada
e tra le spighe in un mare verde
oltrepassando il muro e quella siepe
così fitta di foglie e così cupa.
Dire non so chi è più bravo
e se è una gara una tale meraviglia!
*
Scegli un angolo al buio
per ricomporre memorie.
Chiudi le imposte spranghi la porta
spegni i rumori e riaccompagni le croci
al loro calvario tra pianto e preghiere.
Piovono fiori poi foglie poi neve
passano mesi che sembrano uguali
tornano istanti di vita fugace.
Tornano solitudini sempre più amare
premature partenze indefinite paure.
E poi quando il tempo si finge tuo amico
c’è ancora qualcuno che ti parla di morte.
*
Oggi tace il vento.
Il dì trascorso sputava fuoco
spietate fauci come di belva
nell’aria il fumo di bruciate stoppie
pungente alle narici.
Il passo il trainar d’un carro, in salita
l’affanno d’un infruttuoso tempo decapitato
l’insofferenza all’apice il ventilatore una mitraglia
il cervello come in avaria l'urlo in gola fermo
per non destar sospetto ma c’era da uscir di senno.
Oggi un caldo sfatto macera la stanza
la foga affievolita come dopo l’incendio l’arso
fuori l’aria fresca una zattera nel mare ondoso
e dentro… un alito tra le tende alla finestra
auspicio di una tregua forse d’un giorno solo
forse più duratura ma oggi piove… lo dicevano da ieri.
Allora pioverà.
*
Ho sceso gradini d’acqua
specchio torbido di foglie morte
fino al leccio e al castagno
e fino alle pendici del vulcano
cratere infuocato
bocca di lava spenta.
Ho dormito sulle sue sponde tutta la notte.
*
Non tra quelle vive pagine
segrete ed inesplorate
s’è compiuto il mistero
sospeso è ancora il filo
il viaggio il destino di parole
seminate per le vie
altre vendemmie m’attendono
filari meno radi che non lasciano
intravedere il cielo e le sfumature
del viola verso il nero
a dar pensiero a chi è lungi
dal penetrare la verità
ecco…
possedere è un’inquietudine che non appaga
ma crea labirinti dove anche le attese
si spingono troppo lontano
quelle pagine vive erano una sfida
(vinta?) senza competizione
un narrare incessante
senza alcuna intenzione.
Pensando al mio libro che porta il titolo di "Quel limbo infinito"
*
Nulla è mutato
siedo l’attimo di una stella cadente
sul torrido muro assordata dalle cicale
è un frinire che sale anche il coro di voci
che mi tarlano dentro
Altri passi rincorro
per vedere indelebili
orme più chiare
al tempo d’un percorso sospeso
a fuochi mai spenti
sotto la cenere grigia
e barcollo di solitudine
nelle notti di luna
tra l’abbaiare d’un cane
ed un faro avaro di luce
Memorie che sfoglio
nostalgie di strumenti stonati
e piazze fino all’orlo riempite,
rimbombo, della goccia l’inatteso stillare
che sempre tradiva nell’istante distratto.
*
Tramava alle nostre spalle il domani
e nuovi timori covava nel suo seno
ma la speranza ci raggiungeva sempre
come brezza sull’imbrunire
dal tuo labbro ascoltavo
il verbo tanto atteso
non il ripetersi di parole stanche
lasciate cadere come per inerzia
ma il silenzio che mutava in canto
per scemare poi in dolce nenia
quando tu eri l’attimo di vita vera
tra visione e meraviglia.
*
Spesso le parole sono aborti del pensiero
così distante dalla corporea sofferenza.
La luna in cielo osserva sbigottita
una terra insoddisfatta,
mai stanca de suoi cicli
e un uomo sogna più morbidi giacigli
per sopportare la ruvidezza delle pietre.
Spesso le speranze sono vane
e luna e terra ci appaiono lontane in egual modo
ci si consola col profumo d’una rosa
quando il giardino ci è precluso
laddove altri hanno ereditato solo spine.
*
Ad un estremo la vita coi suoi grovigli
e le sue impellenze e sorprese
e lo stupore di attimi fugaci
ad allentare la morsa della fatica.
All'altro una forza che scema e svela
la cieca rassegnazione alla sorte (buona o cattiva).
Ogni richiamo messo a tacere
è un soldato che ci cade dinanzi
e noi sconfitti nell’ultima battaglia
già avviati alla meta sediamo sul ciglio,
la memoria ad enumerare sventure
obliando medaglie ed i tanti traguardi felici.
*
Ora m’aspetto di vederti
ora che il tempo s’è distratto
e non ci domanda di correre
né di fermarci
ora che non è necessario
distinguere tra albe e tramonti
ma l’orizzonte è così ampio
e grondante di luce.
I miei piedi battono il ritmo
il cuore flette sul ritornello
musica e voce graffiano il silenzio
come il tuo pensiero gli abissi dell’anima
come i tuoi occhi il buio più nero.
Lento e sexy il tuo respiro
giunge alla mia nuca
e posso sentire le tue mani sui fianchi
e dopo tanto immaginare
notti di luna piena e calici silenziosi
aspettare ancora di vederti
come sempre pensoso
reduce da un giorno pesante.
Ma tu sorprendimi con un sorriso
che abbia il sapore d’un sogno
anche se non sappiamo se è vero
un sorriso tenace
come un morso alla terra prima del paradiso.
In ascolto di slow and sexy blues
*
Attendevo un miracolo
una stella buona
una pioggia benefica sul capo
mentre immaginavo a fatica
un percorso dritto un riparo
di legno o di rami e foglie
o di braccia
quasi un nido.
E c’erano occhi accesi la sera
come fari
ed un silenzio assoluto
a far sì che la mente percepisse
più di un miraggio
non un’illusione
ma una promessa.
*
Sei forse tra le cose che non scrivi
le parole troncate le sillabe farfugliate
per confondere il silenzio?
Questo tempo che passa prende ogni energia
ed allontana dal nostro essere liberi
non ci dà più attimi per un pensiero
che non sia un’ambascia,
avulso da timori e dubbi
un pensiero che sia una pausa
la sosta su uno scalino
una carezza indefinita
un sorso d’aria pura.
Sei forse tra le cose che fanno rumore
le speranze seppellite i desideri zittiti
per circoscrivere il dolore?
Questa vita domanda incessantemente
ci consuma nell’attesa non dà tregua
non fa sconti ha sorprese amare
non regala più niente.
*
E poi si cambiano le case e non solo.
Ed i sogni finiscono nel cassetto dei pegni da pagare,
quasi per errore, mentre si tenta di porre ordine al caos
e le abitudini generano nuove abitudini
i pensieri mutano si dividono
i problemi aumentano.
Finchè vivere non diventa solo una corsa ad ostacoli
finchè l’affanno non ci ferma il respiro
mentre la vita continua a correre senza di noi.
*
Ora cammino su di un filo spezzato
più a memoria che in equilibrio
le parole divelte dal pensiero
_come foglie d’autunno_
pendono dal labbro
vanno a morire
sugli umidi sentieri
e sulle panchine vuote
lavate dalla pioggia
o cosparse di polvere
quando il tempo è secco.
*
Una pioggia d’oro nella sfera di vetro
nasconde e svela il paesaggio
flash si susseguono allo sguardo
luce ed ombre
(noi sobbalzati da un ritmo serrato)
balenii d’un esistere allegro
oltre le illusioni o i miraggi
e più su del monotono vivere,
nel suo scorrere lento.
*
Vorrei anch’io parlare ad una capra e in quel belato
far giungere il lamento d’un dolore che più non racconto
tanto è antico e tanto ha infastidito l’altrui orecchio
o parlerei forse ad un cane zoppicante che meglio saprebbe dire
come ci si sente dietro l’uscio in un’attesa vana e al freddo
anche quando l’atmosfera fuori è ardente.
Dicono dell’uccellino in gabbia, specie se non accompagnato,
che per amore non canta bensì per rabbia,
io tra quattro mura sconto il monotono canto che nell’aria
delle tortore si diffonde. Ecco giusto un verso che ha il vizio
d’essere un lamento e che troppo spesso mi dà noia.
Questo tubare senza tregua che rievoca la pena del viverti distante.
*
(Addii)
Sorgono soli e tramontano in questo giorno interminabile
che scaccia nuvole e rivela tetti ed alture in lontananza
che sente affanni e s’interroga su chi accusar dei sospiri
Muoiono lune in questo tempo di rumori assiepati
e discordi pensieri di naufraghe speranze e miraggi
mentre nell’aria si diffondono note d’archi e di fiati
Ha vie opposte la solitudine fughe ed esili
vele strappate e binari morti ha falsi giacigli
soste e riprese ha finzioni che interpretano stati di quiete
Ha troppe notti il giorno senza intervalli
soli che muoiono al sorgere giù per le valli
tempo che rotola e lascia il peso delle memorie.
*
Non torno più a guardare il mare ondoso
nuvole in fuga su scogli flagellati
e scrosci d’impeto che giungono fino a riva.
Bramo il silenzio e sulla sua coltre
il fitto cinguettio tra i rami
il vento quando spettina le chiome
col suo passo leggero dentro i vicoli.
Il silenzio e il mare...
quando è un fluire di lucciole
mentre annotta.
*
Ti consegnano la chiave e cambiano la serratura
quando sei già sul punto di sciogliere l’enigma.
D’improvviso tutto muta in un sepolcrale silenzio.
Agonizzante e sudato accogli la luce del giorno
o la sveglia d’un’ora qualsiasi che urla.
E' solo un breve passaggio e sei
di nuovo perpendicolare al suolo,
a decidere il passo o la sosta.
*
Del tuo viso,
dello sguardo immoto
so il traghettare dei pensieri
il virare
i gorghi
il limaccioso fondo
l'apnea.
Il riaffiorare in superficie
il carezzar le sponde.
*
Ora il pensiero gela
nell’eco di lacrime silenti
nodi al petto a tenere stretti
gli istanti più recenti e già distanti.
Il pensiero riascolta quella voce
che divenne muta prima che le stelle
diventassero ceri nello spasmo della notte.
- un 13 di luglio -
*
T’appropinqui alla soglia
dell’invisibile
in ogni limite l’apogeo
dal cielo tocchi il fondo
i suoi abissi incolmabili le sue gravidanze
il mutar delle attese.
Un sorriso trafigge la ragnatela
l’umana impotenza in ogni desiderare
si gode il podio
ognuno ha il proprio calice
e addosso solo la nuda verità.
*
D’un tronco so l’incavo e il dosso
di come credendo dritta l’ansa si cade
o di come si affonda deficiente in equilibrio
di come a stento s’attraversa un dorso grezzo
ipotizzandolo spianato
so di asperità ed increspature
di sobbalzi passi singultanti
virgole in volo bruschi approdi.
Ho l’indice di chi caduto giace
e il nome di chi risale ardito
l'esempio d’un differente andare
dal vivere uguale in una stagione lenta
d’un tronco so l’incespicare tra i nodi
il zigzagare scostante le lunghe file
fino ai rami il trascinarsi come per inerzia
il gonfiarsi ed il ritirarsi tra le crepe.
*
Non piovono solo foglie
pure rami esili fili spinosi
nel nodo che divarica spazi
e mulinelli di terra e sabbia
Imbrattato il passo sulle orme antiche
in alto un cielo volubile
nuvole copulanti
nuvole spesse su nuvole rade
Muto quel rintocco
manchi di un tono in più
mentre ti preannuncia
tra sfumature ed assenze.
La signora misteriosa
da lassù scruta
oscura in volto
questa terra inquieta.
*
Non sa del mio dolore
mentre mi scolpisce
ed io conto ad una ad una
le mie giunture.
Qualche lacrima ristagna
nell' incavo dell'occhio
nonostante questo mio sguardo fisso
di burattino.
*
D’improvviso
il nero torna chiaro
l’opaco un velo
i colori netti,
confini e non grovigli
come se una mano
avesse avuto occhi
ed intelletto
ripristinando l’ordine
prima disfatto.
Uno stato provvisorio
che però mi giova.
Le case sono case
gli alberi alberi
e la strada
solo l’ultima fatica
prima della sera.
*
Solo un trillo empie l'aria
più tardi, roco
un tubare di tortore.
M'assedia.
Di cornacchie, improvviso
uno stuolo sul capo.
Lo schiamazzo interrompe
dei passi la quiete.
*
Erano i sentieri di polvere e sabbia
di terra battuta e sassi
le pause fugaci di un tempo
sottratto alla dritta via
e allo stare attenti al percorso
dove si guardava solo avanti
perdendo il panorama ai lati della strada.
*
E poi ti scrivono dal nord e tu a sud hai l’afa sulla pelle
il fuoco acceso il pranzo d’obbligo i tuoi affanni
che non vuoi elencare perché sai che così è la vita
e poi ti pensano in altri lidi che sei padrona del tempo
che non hai figli non hai camicie da stirare non hai doveri
non hai valigie da disfare case da pulire file per le spese
e poi sorridono e vorrebbero tu sorridessi
fanno progetti e vorrebbero ti entusiasmassi
gioiscono e vorrebbero tu varcassi la soglia
della tua tristezza una seconda pelle
a cui hai fatto il vezzo ordinando ai tuoi occhi
di non commuoversi perché sarebbe inutile
come dire alle stelle di non cadere in mare
quando vogliono rimanere in cielo.
*
I tuoi occhi sono il mare bruno
quando accoglie la notte e la luce pare assente
sono due sponde nude dopo l'onda
sono le labbra mute che disegnano il vuoto.
I tuoi occhi sono giardini fioriti
sono zefiri che profumano di zagare
ed abbracciano il vuoto quando é pieno
di quel che occhio estraneo non vede.
I tuoi occhi sono i monti all'imbrunire
un profilo fragile quasi assente
quando un velo appanna l'orizzonte.
I tuoi occhi sono lumi.
I tuoi occhi sono fari
quando la tempesta strappa vele al mare.
I tuoi occhi sono arcobaleni
quando il maremoto in me si placa
per un gesto non gradito
un tuo spontaneo errare senza meta
un pensiero che si posa dove non dovrebbe stare.
I tuoi occhi sono eterni, l'infinito dove naufragare.
*
I sogni non hanno nido
spiccano il volo quando il momento è più propizio
planano come a fermare l’aria quando è truce
s’imbattono in cupe chiome o irti rami
trafiggono le nubi affiorano in un lembo di sereno
sono silenziosi quando cantano
e fanno rumore quando tentano di sopprimerli.
I sogni sono viaggiatori senza bagagli.
*
Non è per l’erta
il passo troppo svelto
l’afa.
E’ questo pensiero
che oggi ha abbracciato mille cose
che ha dato vita a timori e speranze
che ha intrapreso un cammino
lo ha sospeso è tornato indietro
ha cambiato programma
è questo pensiero che era lì
poi qui che correva inciampando
e tornava rimuginando,
più di un nodo
più di un affanno
più di un’ansia…
il timore che il tempo
passava invano
e che del giorno una volta trascorso
non sarebbe rimasto più nulla.
*
Entrasti in chiesa
forse un istante dopo
forse ore
per camminare
sul mio stesso suolo.
Altra prova d’amor
non reclama l’anima
né attende.
*
Forse la gioia è passata per la croce
qui l’origine non muta crea
e i colori sembrano smentire
il candore che cancella il buio
qui risiede l’amore ci son le prove
solo i poeti credono che l’amore
dimori nel cuore. E’ per la rima.
Ma qui è il passo ed il cammino
l’esplorazione le tracce il premio
il velo rubato alle farfalle le vele in mare
le sfumature delle perle.
Forse il silenzio è passato per la voce
qui le stanze sono vere
e i pavimenti non sono di vetro
i fari sono gli occhi che hai avuto di fronte
quando hai incontrato l'anima gemella.
*
Sei dove domandi d’essere
i tuoi spazi sono dappertutto
i tuoi passi invisibili
i tuoi piedi inesistenti.
Senza proferir parola parli
senza vedere vedi
senza toccare tocchi
non sei vicino né lontano.
*
Lasciai un dì andare una barchetta
gambe gracili sotto un vestito di carta
e l’osservai sparire all’orizzonte.
I piedi nudi oggi nel solletico dell’onda
nel fluttuo affiora una bottiglia e approda a riva
la sua anima un mistero stinto in un rotolino.
Attendo sempre il giorno al suo tramontare
il chiasso scema e la luna tonda stampata in cielo
il passo mi rischiara. Adagio il mio pensiero muove
plana dove l’aria è un velo sopra il mare e dove
la tua visione è amore, promessa che s’avvera.
*
Io amo il sax te l’avrò detto mille volte
ma non ho alternativa alle tue corde
se non questo silenzio sovrumano
che mi confonde alle tante ombre
danzo sui muri al pizzicare e vibro
come sul fiore una farfalla
un motivetto riesumo dal tempo
mentre penso a te amore mio lontano
e vorrei dirti dormi che nel cuore
ogni nota è gioia ed è dolore
e vorrei dirti approda che non è tempo
di cavalcare il mare, dove una vela
accoglie promesse già mature.
*
Primavera
di fragole acerbe
ciliegie succose
di erba tagliata ai cigli
odore di pioggia
su zolle riarse
e rami spogliati
dal vento improvviso.
Rosa lo sciame
nell’aria di petali
all’alba un trillo festoso
e balconi di luce
nostalgia di gerani
screziati.
Rintocco di ore
campanile che taglia
le nuvole rade
caldo il profumo
alle nari
del pane sfornato
sale la verde collina
capriccio di rose e di spine
ai cancelli
nuova vita che sboccia.
*
E’ lunga la via e poco sicura la meta
per via del tempo così indefinito e così breve
quando guardi l’orizzonte e non ti domandi più nulla.
Una mano ti ferma e tu arresti il respiro
un pensiero ti invita al silenzio
e tu taci la tempesta che ti scuote,
non è ferma l’aria ma il vento è dalla tua parte
e vai noncurante di chi ti dice fermati e taci e ascolta.
La tua voce non è la tua voce è l’eco di tanti traguardi falliti
di voli interrotti di ali bruciate di attese tradite
è il grido soffocato dentro notti fioche quando la luna
è uno spicchio immaturo smarrito distratto
e non c’è più uno stolto ad indicarla col dito,
così lontana dall’essere piena e dall’essere nuova
così vuota del suo gravido corpo sospeso nel vuoto.
*
Poli dove non voglio stare
anomalie del vivere
aspettative che cadono
come foglie dai rami
sintesi di quel morbo.
Un tarlo che mi corrode.
Fossi di legno non sanguinerei
né avrei lacrime per panorami tramontati.
Oltre le mie paure non so andare...
di perdere il tuo cuore,
la mia dimora
dove ho radici ben salde, ora.
*
Sorge dal mare ridente il sole.
Si libra Aurora, nel cielo
tenebroso per l'ora
e fosco di nubi,
tra le mani recando di rose
una ghirlanda, solleva di fiori
piccoli serti, a inframmentare
del velo notturno la cupa oscurità,
prima dell’alba nuova e tenue di colori.
Fosforo dinanzi il cammino rischiara
la torcia nella mano egli conduce
al seguito il carro trainato
da cavalli, agili e ardenti,
quattro animali, diversi nel manto
per nuances di colori
a significar della luce
il grado ad ogn’istante differente,
prima dell’apparir del sole.
Apollo d’aureola incorniciato
alla guida del carro d’oro
l’aria scuote, in un balzo leggero
e nel suo drappo avvolto.
Si scompone la luce calda
nei colori luminosi dei veli
a riparar giovani corpi di fanciulle,
le ore, danzanti intorno al sole
in un trionfo di luce.
E il drappeggio di nubi appare,
una scena leggera che cala
sul blu della notte.
Poesia pubblicata il 23/04/2015
sul sito "Scrivere" - ispirata al dipinto di Guido Reni-
*
Le tue labbra erano ciliegie
e quel dettaglio che sfuggiva
quando il risveglio
lasciava solo strascichi del sogno
nei giorni di magra
e il desiderio forte
mi torceva le viscere.
Noi ad opposti poli
ed io a domandarmi
se il tuo cielo fosse anche il mio
mentre le tue labbra insanguinavano l’aria
quando il vento s’alzava
ed io chiudevo gli occhi
per un istante in più del tuo sapore.
Orfana del ramo pendevo da te
così maturo nei miei pensieri.
*
Punti minuscoli si legano tra loro
ha il colore del mare l’infinito
e quel lucore abbaglia forse più dei lumi
che le notti accendono quando gli animi
ben disposti a sognare cedono all’oblio.
Effervescenza lievita schiumando,
nel profondo v’è un abisso oscuro
cripta di suoni e di tesori, distante
dalla vita che esplode in superficie.
Trasparenza che rapisce la luce
e si veste di bianco e l’azzurro sovrasta
va poi diradando in gocciole e scie
che tremano alla brezza.
*
Dirò che mi fai soffrire? Mai!
Chè della sofferenza c’è chi gode
chi dal suo evolversi trae giovamento.
Hai mai visto qualcuno gioire
per i tuoi successi?
Hai mai sentito qualche altro
dolersi per le tue sventure?
Forse sì
con parole menzognere e moine
con sorrisi compiacenti… davanti
ma alle spalle quante trappole
quanti inganni e tranelli.
Dirò che mi fai soffrire? No!
Chè dalla sofferenza risalgo,
traggo insegnamento e semmai
affino l’arte di sopravviverti.
*
Volevo fare il pilota
non mangiavo
mi procuravo il cibo
solo per continuare a volare
volevo un posto tranquillo
per le mie acrobazie
volevo andare lontano.
Espulso incompreso
mi sono fermato
dove pensavo
fosse la mia meta ultima.
Chiang mi ha insegnato
a volare con il pensiero
mi ha spiegato che oltre
c’è solo l’Amore.
*
Del brutto anatroccolo serbo il timore
quando il ventre materno m’era nido e scudo
stemperato ora è l’originario grigio
un argenteo riflesso alla luce che cala.
Sull’ombra cupa il candore d’un ventaglio
che s’apre s’impenna come onda del mare,
fletto appena lo sguardo... pendo
solo per amore del collo flessuoso.
*
Spesso l’inquietudine amara
ha fermato i miei passi
ha bruciato le parole sulle labbra
come stoppie in mezzo al campo
mi ha restituito pensieri monchi.
E le ali sono rimaste lì,
come un sogno precluso alle mie notti.
Ho guardato il vuoto
come si guarda un foglio vergine
senza segni o immagini e percorsi
e poi come si guarda un foglio nero
senza luci né ombre né colori
ed ho atteso senza sapere cosa
avrebbe spazzato via la mia inquietudine
ed ho atteso che il giorno al suo declino
mi promettesse la luna in un profilo vago
e che la notte le raccontasse storie
per trattenerla in cielo.
Alla luna ho domandato
se sono più gli amanti che i poeti
a farfugliare parole incomprensibili
a prendersi per mano come bambini
a confidar segreti o a sognare.
*
Ed era lì al limite ed io al largo
la meta agognata e misteriosa
ed era ferma selvaggia ed inesplorata
ed io paziente nell’immenso mare
ed era approdo alla terraferma
ed io lo sguardo avanti
l’ombra distante
ed era tutto nel mio orizzonte
io planante, i miei pensieri altrove.
*
C’è bonaccia nei miei pensieri
mi fiancheggia un mare fermo
mentre scruto il vuoto
colmo di te dei tuoi passi
delle tue mani delle tue assenze.
Il tempo passa. Passa e non muta
tesse una tela che io disfo
a sua insaputa.
L’attesa, una mezza condanna
che amo e che bramo… eterna.
*
Piovve manna da te
ed io saziai
ogni mia interminabile
fame passata
straripò il torrente
e nell’impeto della corsa
fino al mare
portò via con sé pelle
e cellule e sangue
e nel respiro crescente
calmò la furia
della sua passione.
Fu buio d’intorno
in oscure cavità
celai lo scrigno
dei miei tesori
penetrasti di luce
le mie tenebre
e crebbe il fermento
nella terra.
Ritrovai l’attimo d’eterno
nella tempesta
di fiamme e brividi
aggrappata allo scoglio
e ai tuoi vestiti
là dove il cielo
sconfinò nel mare
là dove la parola
abortì il silenzio.
*
Correre come volare.
Tra cielo e terra
un mare mosso d’erba.
Si sfrangia la criniera
nel respiro del vento,
un vortice di pensieri
improvviso s’acquieta.
Sono momenti dell’essere
lontano dal frastuono del mondo.
*
acrostico
Giusto te aspettavo al varco
Immaturo ti presenti dopo maggio
Ultimo mese che t’ha preceduto
Giro per le strade solitarie e il vento
Non promette alcun cambiamento
Oso una veste leggera ma è inverno
Nonostante la cattività pensavo
Ormai a passeggiate nel bosco
Non lontano dal paese o a viaggi in mare
Tu sei in combutta col virus
Irremovibile insisti col tuo monito
Resto dentro e scrivo poesie e sogno
Instancabile l’ispirazione mi sorregge ancora
Come quando fuori imperversava la bufera
Ostacolando ogni mio progetto
Non avevo che i miei pensieri
Ora gli uccelli trillano alla mia finestra
Sono in festa anch’io per metà tempo
Coloro la mensa l’attesa le pareti ma poi
Oscura è la mia notte senza luna e senza te.
*
Dov’è la luce e dove l’ombra poco importa
ma che un raggio non bruci fragili corolle
sì che importa. Il vento, assente, non agita
ali di carta così le mie vesti cucite addosso
nulla dicono della mia fragilità.
Rosso ed oro…
cosi vicini alla terra e così distanti!
*
Di che pelle sei quando sorridi
e il sole bacia i fiori sopra il muretto
di che pelle piangi quando il cielo
è un abisso al contrario dove
vorresti lanciare un sasso ma non puoi
di che pelle sogni quando dormi
poche ore e le altre pensi
a chi non mangia a chi muore
ai bordi della strada
a chi è solo con un calice che trema
tra le mani bianche o nere
o gialle o arancione…
*
Il pensiero di un istante, sferico disegno
a catturare icone di mondi immensi.
La cupola del cielo cade come fosse sabbia,
era all’origine l’occhio azzurro d’un bambino
ora una lama che taglia sottile la collina
e sotto il mare maschera un fondo
dove s’inabissa un sasso.
Colpa del filtro se una biglia prende colori
e luce ed interpreta il suono tornando ad eco
e rotola in uno sfondo che varia mentre l’anima
entra in silenzio nel nero della notte.
*
E’ uno dei momenti rari in cui non bramo
un vivere diverso da questa continua corsa
in salita. Nuova linfa m’attraversa e di speme
s’illumina la via dove il passo muove leggero
sempre più addestrato alla fatica.
Ma ho il cuore gonfio di pena per non trovarti
sulla porta ad aspettarmi come nel recente sogno
dopo anni di magra, mentre il palmo d’una mano
posa sui miei occhi leggera una carezza
ed il pensiero, così imprendibile, è una scia di luce fino a te.
*
Il tempo scalfisce ad ogni passo
la mente di chi resta.
Chi non è più esiste in assenza
di gesti parole moti del cuore.
Immutabile eterno
danza in un vortice di foglie
o nel volo s’innalza in acrobazie
tra bianche scie ed incroci
d’aquiloni o gabbiani.
I tanti luoghi scrivono di scenari
apparentemente diversi.
Chi non è più vive
ogni partenza senza l’affanno
nel cuore sapendo d’essere
ovunque noi siamo.
Vivi ed eruditi d’un sapere
che lievita inutile
finchè placheremo l’arsura
apprendendo un nuovo alfabeto.
*
Vorrei promesse vere per te,
d’un passo allegro mentre la radio suona
e tu l’occhio fino, le mani operose
artefice di sempre nuove magie
ma odo un cigolio, uno stridere improvviso
ed uno sbadiglio confuso nel lamento
per questa vita che si sta riprendendo tutto
e l’affanno del tuo respiro ad una minima fatica.
Un altro anno ancora a ricordare insieme
i tempi passati di mietiture e floridi raccolti
mentre lo so, avverti il mio pensiero baciare
il candore della tua chioma nel riflesso pallido del sole.
A mia madre nel giorno del suo compleanno.
*
Come in una bisaccia tengo strette le mie cose
poche stavolta, ho rinchiuso i miei pensieri
barattando col caso un cervello vuoto per un po’ di quiete
non avverto che il peso del corpo ma cessa
se i piedi all’improvviso si fermano.
Un albero secolare un muro la strada sterrata
una panchina l’orologio in piazza, oltre... la chiesa.
Ma non in questo ordine…
Da tempo non mi volto indietro
ora i miei occhi ascoltano solo i tuoi silenzi
e agognano un sorriso dopo ogni bufera.
*
Perché torno sui miei passi non so
e in quella casa dalle persiane rotte
dove il tetto stride sopra il capo
e il pavimento vacilla sotto il piede.
Il vento muove il mare sugli scogli
e il mare lascia perle nella sabbia
io vado incontro al mare
e incontro al vento
e sbatto sugli scogli mentre cerco
la luce del sole quando è giorno
e delle stelle il brillio quando le ombre
affollano le vie i muri e i miei pensieri.
E poche perle rinvengo sulla riva,
parole ritraggono fedeli immagini reali
o fantasie di tempi ormai passati
puliti veri mentre ora il fango è ovunque
e affonda il passo anche dove il verde
illude e ondeggia come un mare nella brezza
e reca la tacita promessa del frutto
che (necessariamente) segue al fiore.
*
Non lenisce la solitudine un canto alla radio,
più simile ad un gracidare di rane che nel vento
si leva, in una stagione senza promesse.
La cantilena di giorni che pesano anche da fermi
e mille espedienti per rimanere svegli la sera
quando le palpebre sbattono come imposte.
Accade anche a me di cancellare il mondo
per interminabili istanti e migrare lontano.
Guardami ancora prima del buio
mentre scivolo come una stella nel mare!
Rimani, nell’onda che mi avvolge voluttuosa.
Ha il sapore di te e del tuo abbraccio
le rare volte che sogno ed intorno regna la quiete.
*
Doveva finire un venerdì
la tua tribolazione, di maggio,
l’aria fredda d’una finestra
spalancata a spegnerti il respiro?
Non amo i fiori dai colori allegri
quasi a smentire un funesto giorno.
La memoria è piena di fiori rossi e gialli
e di foglie a stormi e di stagioni tristi.
Esonda come un fiume in piena
ed io travolta dall’impeto mi dimeno.
Non so nuotare. Altro guaio, altro affanno.
Giungerò al sospirato giorno?
Del ringraziamento, dico …
per essere ancora viva,
così sarcastica e spesso isterica,
e lamentarmi della casualità?
Dovevo nascere anche quell’anno a maggio,
dopo l’infausto interminabile venerdì?
Odio i fiori. Anche le rose rosse,
tre, appassite, il cimelio d’un altro viaggio,
per altro borgo, da me distante.
*
Abbondanza di parole e fiori reca il giorno
immagini allegre quasi il sunto d’un pensiero
istanti in cui la vita cessa il ritmo
e la dura lotta per una pausa
ma anche il gioco annienta
mentre promette divertimento e quiete
mi nutro ma non mi sfamo
il cielo sta barattando nuvole
con pochi raggi, alieno un viaggio
dove tra cime verdi e rami
si levano gorgheggi.
Sei come in una nicchia, in fondo,
oltre le siepi sì da apparir distante
ma in questa assenza sei il trillo
che mi desta e muta l’ore sul finire
e ad ogni attesa che non ha nome
imprime nuovo sigillo.
Un bacio in volo o il segno d’una mano
che scava un foglio abbozzando carezze.
*
Spesso per non parlare di qualità evidenti
si cerca negli altri il minimo difetto.
Ma un viso sì perfetto al nostro sguardo
cessa d’essere bello per un neo?
Forse per tale dettaglio è unico e particolare
e aumenta in noi ammirazione e stima.
Mi viene giusto in mente la superbia,
un lato messo in evidenza
da chi incline alla critica generalizzata
mal sopportava un “giudizio” assai cortese
espresso in modo schietto al suo riguardo.
*
Sono passate le nubi sopra il capo
erano scure e di pioggia erano gonfie.
Tu non le hai viste?
Eri a me daccanto
tra uno spiraglio di luce e quel velo
così opaco e alquanto misterioso.
Carovane sospinte dal libeccio
a bordo draghi e fantasmi
e strani personaggi
che spesso io mi figuro quando
il tormento ha un peso
che mi sfianca nella fuga
e reca affanno al mio respiro.
Sono passate le nubi e la pioggia
è scesa copiosa su di me soltanto
sottile e persistente mentre ho atteso
dopo il baluginio un arcobaleno.
Inutilmente ho atteso ed ho trovato
la luna sfatta in cielo
e il tempo insonne
e la notte avara
di sogni e di speranze.
*
Era terra di aiuole, ai piedi
di tempestose cime,
e di papaveri rossi tra le spighe
prima che tutt’intorno
crescessero rovi e cardi ed ortica
e la mucillagine attecchisse
ai muri tra le crepe.
Era terra di sogno e di speranze
il nido di nuove partenze
e dove il cuore faceva ritorno,
era uno schizzo a matita
ora un foglio sbiadito.
*
Cessato il ritmo delle cose intorno
che detta azioni e priorità
il tempo poi s’arresta d’improvviso
e l’ore han più minuti e lente
vanno al declino, ad una ad una.
S’accompagna a tale sensazione
una quiescenza che non è riposo
ma innesca l’iter di pensieri dolorosi
e tristi eventi, di fatti che han lasciato
in noi profondi solchi, ricordi
che si pensavano sepolti
ma son riemersi forti.
E ci si accorge che il ruminare
il bolo è fatica che strema.
Ed il ritmo di cose nuove,
che all’inizio paventa, è minor stento
ed allontana silenzi che fan rumore.
*
Nubi all’alba minacciose
e boati in lontananza, innocui.
Non mi sorprende tale esordio
padre, era previsto. Ma il lievitare
nel cuore della pena mi annichilisce.
Dovrei sapere ormai che la terra
non ti da affanno ed il tuo viso
dentro la cornice mi rasserena
quando il pensiero cede
e gli occhi hanno di te più urgenza.
Perché so che non è solo dal cielo
che mi guardi. Non udirei quella voce
domandarmi: perché piangi?
Son qui nella stanza accanto
e so della tua croce.
16/08/1920
11/05/1984
*
E poi ti chiederanno se mi conosci
e tu sapendo di mentire dirai di no.
Del mio tempo infinito dirai
che è passato in un istante
mentre io ancora parlo prego divago
sogno creo cancello e lascio segni di me
e mi consegno ad una nuova alba.
Ti chiederanno quante stagioni ho vissuto
in questa vita che è un nido dove covano
gioie e dolori e dove il pianto,
se per le spine o per le rose,
non fa più differenza.
E tu sapendo di mentire dirai
che non mi hai visto piangere mai.
- Allegoria di un tradimento -
*
Sono andati via scontenti
a torto o a ragione
per capriccio o in preda alla rabbia
portando il conto delle pecche altrui
minimizzando i propri errori
ed ora tornano a capo basso
stessi vizi, visi nascosti tra le bende
nomi uguali o diversi.
In petto una nuova medaglia,
il rumore dei tacchi
sul tappeto rosso, interminabile...
convinti di dividere il trono
con chi eccelle in stupidità ed arroganza.
Ma quale mente sana
piantando fiori nel fango
può sbalordirsi se muoiono?
*
Questo coro di mosche improvviso
ora distrae i miei pensieri
sul filo di latte del fico.
Intenti traditi soste impreviste
e la curiosità di guardare indietro
oltre l'angolo, dove l’attesa si deforma
scivolando dal suo riparo.
Guardo l’aria come fosse sul punto di svuotarsi
dopo l’avverarsi delle cose inutili
per le quali non mi dibatto tra tristezza e noia.
Nell’indecisione riscrivo viaggi sull’altalena.
Sei nel punto più alto
quando mi sospingo sulla punta dei piedi
volando tra squarci d'azzurro.
*
La pioggia sottile al rintocco
dei passi e della campana
ha sempre un che di mestizia
Tu nella nuda terra …
sei un brivido nei nostri pensieri
ad ogni passaggio del vento
tra i foschi cipressi
la nostra pena è sentire
la tua sofferenza
tra i ceri ed il marmo.
Ma è la pena dei vivi.
E i morti hanno altre missioni.
Sbagliavamo a cercarti di giorno
a poca distanza da casa,
con accanimento.
Stranamente,
la quiete giungeva la sera
mentre tu ci guardavi
in un tripudio di stelle.
E sorridevi...
a mio padre
*
Scorri l’indice di fretta
mentre immagini volano
appropriate ardite strane
consuete.
Interpreta il lettore
questo disordine incorniciato,
all’apparenza nuovo?
Disarmonie di parole suoni,
falsi arcobaleni.
Volti noti estranei nostri
violano ogni regola
di chi dietro le quinte tace.
E le promesse sempre lontane
come il sole all’orizzonte
mentre tramonta l’ultimo sogno.
*
Muove il vento ancora le nubi
Avanzando furioso per le vie
Genuflette giunchi e spettina
Grigie chiome di donne anziane
Indaffarate ad affrettar il passo
Ostacolato da raffiche più forti
Ma è primavera nell’aria e s’avverte
E sul coro consueto del mattino
S’eleva il grido acuto delle rondini
E stridono i pensieri sulla cessata quiete
Mi rammento il tempo infantile quando
Immersa nel verde coglievo margherite
O inseguivo le farfalle su odorose aiuole
Poi fu la stagione dei premi e delle ammende
Risvegli dopo crudi rigori e letarghi
Escogitati per limitare i danni d’una vita
Disposta più a prendere che a dare
Immancabile a maggio ritornava
La voglia di viaggi e nuove mete
E la vita in una nuova fioritura
Tutt’intorno a me e dentro il cuore
Torna ancora e al tempo che avanza
Oppone un fiore recato dal giardino.
Poesia pubblicata su "Scrivere" il 04-05-2018
col titolo di "Maggio"
*
Quando il mattino è un trillo
e il sole un gioco tra le nubi
e il caldo infante di pochi giorni
già si distrae in innumerevoli capricci
ed io tenendoti per mano,
vorrei dirti le parole che
da me non odi quando a sera
spesso anche l’aria è veleno,
con la sua quiete impudente
come fosse ignara della nostra pena
mentre il sonno gareggia con l’attesa
e la notte reca altri timori,
quando il mattino è vero,
la tristezza scava segni sul viso.
La lentezza mi assale in quel vago
peregrinare per solitari sentieri
ed il pensiero solo t’accoglie
come fosse un nido tiepido e gaio.
Ed il pensiero mi redime dal peso
di parole ingiuste inadatte insensate,
quelle che ascolti in silenzio
quando la notte
ci cade addosso... esausta.
*
Annoiati e stanchi
poniamo freno ad una corsa inutile.
Ci sovvien alla memoria
il tempo spensierato dell’incoscienza
quando ogni conquista ci allietava.
Abbiamo accresciuto il ritmo
fino al desiderio del letargo.
La vita un disegno su un foglio
cancellato più volte ora ci opprime
come un groviglio di scarabocchi,
la vista persa in quell’inganno.
E i compleanni così attesi
quasi fossero miracoli di sogni
sostenibili, spesso son chiodi
fissati al muro a ricordarci
pericoli e fallimenti.
L’oblio una meta concessa a pochi
fluttuanti tra terra e cielo
ignari del vento sottile e dell’orlo del buio.
*
Mesi che corrono lenti monotoni spenti
distinti dal nome diverso le stesse ombre
la fatica di convogliare il pensiero
verso itinerari di verde e di luce
mesi rimuginanti parole progetti lontani
confusi dentro una stagione ibernata
l’oppressione di un nemico che vaga
non visto letale che dove s’annida
prolifera ed è innaturale pensare
di starsene quieti in attesa perenne
mesi frenati di eventi sospesi
di speranze or più fioche or più accese
che torni lo stato chiamato normale.
Sarà estate o forse d’autunno
o ancor più lontano
quando avremo compreso
che l’anomalo è il corso ordinario.
*
E penso al mare
al suo irrequieto viaggio
a come s’erge sugli scogli
e giunge a riva,
la solitaria riva
dove la luna splende
indisturbata
in questa differente primavera.
E penso al mare
al mare immenso
qui confinata
tra le pareti stinte
protesa alla finestra
ad annusare l’aria,
l’orecchio ripagato
da un suono più canoro
dopo il grugare delle tortore.
E penso al mare
al suo silenzio cupo
quando il vento muore,
l’anima mia fremente
il corpo lasso
nella notte di sogni
brevi un lampo.
*
Qui il clima è freddo
sebbene si sudi
ad ogni passo che avanza
qui si vive emulando chi
di vizi ha opulenza
qui le parole sono
sbuffi di vaporiera
ed i pensieri treni deragliati,
i sogni praterie bruciate.
Qui alla vita stanno cambiando il nome.
*
Un grido di rondini ha zittito l’aria
gremita di più sommessi suoni
e dopo il tiepido sole del mattino
il tempo è presto mutato.
Sul silenzio si levano le note
ora d’un violoncello
migrano a sera i miei pensieri
verso l’oblio e la mitezza del tuo sguardo.
*
Come distingueremo vita e morte
se uguale sofferenza strazia l’anima.
Mai ti spauriva il pensiero del distacco
dalla materia. La tua anima sempre leggera
come brezza al morir del giorno,
quando narravi di visioni
e della quiete profonda
del tuo mondo pulito.
Verrà l’autunno un dì, di foglie
allegre e della rimembranza
di tutte le gioie vissute
e in cui diremo alla luna,
noi savi ricchi di spirito
e senza più affanno,
“E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l'etate
del mio dolore”.
In memoria di B.G. scomparso la notte scorsa.
I versi in grassetto sono tratti dalla poesia "Alla Luna" di Giacomo Leopardi.
*
Vorrei avere parole nuove
ma a nulla varrebbe fissare il vuoto
ascoltando il silenzio
altrove e in tempi andati scavo
per vedere affiorare tra le mani
emozioni più vive lontane
ora la quiete fa male più del rombo
dei motori per la strada
più dello schiamazzo selvaggio
dei ragazzini quando fanno a gara
a chi grida più forte.
Ho sete e nulla che plachi l’arsura
ho fame e cibo indigesto nel piatto
ho parole che intorbidiscono il mio pensiero.
*
Talvolta la verità di un fatto è inconfutabile
benchè ostinatamente ricusata
e non servono ipotesi né analisi
o spostare i tasselli nel mosaico.
Non v’è speranza di mutar la sorte,
nessuna secondaria via
e non v’è scampo.
Sicchè altre sembianze assume,
dopo l’ultimo esperimento escogitato,
la resa, quando in preda allo sconforto
non più si oppone resistenza
e della quotidiana lotta della mente
in bilico tra poli d’opposti segni,
non v’è traccia se non in quel setaccio
che oscillando riporta i grani in superficie.
*
Domanda di vivere il pensiero,
discorde dal corpo traviato
da un dolore che non vuol
testimoni né più brama la luce
ma vorrebbe porre fine al supplizio.
Non stringono un lembo le mani,
del lenzuolo, una piuma che pesa una trave…
Promette la notte un inganno meno crudele.
Menzogna! É una pena che non s’acquieta,
col solo morire del giorno.
*
Abbiamo vissuto il miglior tempo
sapendo che poi non avremmo potuto
chiedere la luna.
Pur fra diversità di opinioni attese esacerbanti,
abbandoni pensati come le burrasche
che giungono improvvise, taciti compromessi
e quello che non è mai accaduto è stato il più bel sogno.
Ora non abbiamo che istanti piogge di petali
e sentieri di foglie e brezze dalla nostra parte
a sospingere i nostri passi nella stessa direzione
e un bacio ad ogni congiuntura.
Abbiamo vissuto il miglior tempo,
quello fantasticato sul gioco delle ombre
quello conquistato nell’irrequietezza
quello non ereditato
mai scritto sui muri
mai in volo su striscioni colorati
mai dimenticato.
*
Interminabile il tempo
quando il dolore
annienta il corpo
e la mente affossa.
Vuoto orizzonte dinanzi
come pure scavando
affannata col desio
di rianimare istanti felici
nello scrigno colmo solo
di antiche amare memorie.
Un giorno ancora, espiato,
talvolta vissuto come fosse l’ultimo
Un lume consunto che uno spicchio
appena rischiara di tutto l’oscuro.
Chi ti pose in castigo, rammenti,
riprendendosi il dono?
*
Vola l’asino e l’elefante nasce da un uovo,
la proboscide scava nella sabbia
e rinviene tesori. E’ vero, qualcuno grida
e chi mette in dubbio una simile verità
è condannato al rogo.
Così è se vi pare, bla bla bla
sul rimescolio di parole,
cancellando per riscrivere
le stesse futili canzoni.
Qualcuno dice io no
ma indossa la museruola,
le orecchie penzoloni,
guaisce inascoltato.
Spesso gli inetti chiamano popoli in raccolta
allineati e coperti in un solo grido.
L’imbecille di turno, la corona di carta sul capo,
circondato dal fumo dell’incenso.
*
Tu sei balsamo sulle ferite dell’anima
distilli parole in un calice e scaldi il cuore
col nostro elisir tra desideri e sospiri
negli occhi non vani miraggi
ma ostacoli vinti
per sempre nuovi traguardi.
Tu sei la forza che innalza ali
troppe volte spezzate
il vento che insiste e scansa
quel velo di noia e la tristezza
accendendo il sorriso dove il buio
non lascia presagire spiragli.
Tu sei il rimpianto di cose mai avute
nostalgia di un rito conosciuto
a memoria e non celebrato
tu segui caparbio i tuoi itinerari
dove io mi penso assente ed imperfetta.
Tu spiani ogni via perché anche la croce
si trasformi in delizia e non scrivi
poesie d’amore perché non direbbero
il bene profondo che hai nel cuore
e che il pensiero non svela
anche quando il fuoco dilaga
di un’immensa passione.
*
E’ questo il tempo di un bacio
di labbra che farfugliano sillabe
e benedicono intime emozioni
è questo il tempo di una carezza
pensata mutata affidata alla notte
di mani come ali e pennelli e lingue di fuoco
è questo il tempo di allontanare paure
procrastinare abbracci
costruire speranze
il tempo indefinito
barattato tra un si ed un no
in bilico tra un’ipotesi
ed un sogno
il tempo ostinato
fatto per noi
per il nostro domani
chiaro da sempre.
*
Ali bianche ha la mia notte
perché un gabbiano
è il sogno di un bambino
che non ha mai visto un treno
ed il suo fischio gli assomiglia
anche se il bambino sa che il cielo
non è il grigio rumore delle rotaie.
Ali bianche ha l’alba che non ha visto
salpare barchette di carta sull’acqua
o su tele incompiute quando le speranze
avevano un nome diverso.
Ali bianche ha il tempo quando è luce
e si rallegra dell’assenza delle ombre
o di aver vinto la tempestosa notte
Ali bianche il sudario che accoglie
l’anima mia flagellata dal male.
*
Passi che s’affrettano fino alla soglia
dentro ancora l’odore di fritto
e l’aroma del caffè
mi distraggo fissando i quadri
alla parete e pensando già
ad un calice di rosso ed un tost
e a quell’attimo d’immensità
accarezzando il silenzio
con le mani e con le labbra
un mare che si tuffa nel buio
cercando le stelle
il pensiero lontano da numeri
e bilanci e curve.
Nessuna ipotesi o previsione
io la sera e la tua distanza,
un vestito che indosso da tempo.
*
Ben interpreta il cielo l’urgenza della terra.
Ogni stilla scivolando al suolo è un pianto
che la mestizia nel cuor rinnova.
Avevamo lasciato il giorno e la sua quiete
per l’aria tiepida serale ed ora siam svegli
in quest’alba smunta di una acerba primavera.
Come ci avessero sottratto il panorama,
rubando il quadro dentro la cornice!
*
Le mie mani operose sono morte
e le mie braccia pesano come tronchi
quando non sono rami spogli.
É quando senti i miei passi
ed io sono lontana.
É quando senti la mia voce
ed il silenzio urla il mio dolore.
É quando pensi di abbracciarmi
ed il nulla accogli col suo corpo
mutevole e sfuggente.
La notte
vago tra parole che non ricordo
mentre i pensieri tessono indisturbati
una fitta trama. E’ la tela dove
cadono i miei sogni.
Ed è quando sento la tua voce
mentre ti allontani.
É quando sento le tue mani
ed il tuo risveglio mentre non ci sono.
É quando l'alito di un bacio mi sfiora
ma l’alba é un fiore
che il vento sfoglia
e disperde nel nulla.
*
E’ una primavera silenziosa
così sospirata e tanto attesa
giunta come all’improvviso
dopo un inverno lungo
più di una stagione,
un inverno non certo di rigore
ma di sorprese amare ed insospettate,
che ancora resta nelle case
quando coi gomiti sopra al davanzale
si guarda il sole fuori, nitido nel cielo
senza delle nubi il velo
e degli uccellini si insegue il coro
prima di scorgere più alto
un armonioso trillo l’acuto
d’un fischio o un gorgheggio
ascrivibile ad una specie.
Ma il tempo allegro è solo un flash
sulla lentezza d’una mestizia
che ora ha più solide radici.
Si sta come incartati
nei gesti e nelle parole,
i passi svelti e nel contempo lenti
per respirare una natura in fiore.
Un risveglio che sembra non ci appartiene.
*
Chi è costui? Muta forse il corso delle acque?
Devia il sentiero dai suoi binari?
Ordina al mare d’innalzarsi
turbolento o di contrarsi
fino all’appiattimento?
Costretto al Pianeta ed alle sue brutture
e ignora l’universo spaziale... se lo ignora
è per il limite, ha in sé una minima
porzione che discende dal “divino”.
Costui è folle, dicono. Un pazzo visionario.
Ma non sarà forse un saggio lungimirante,
un eccelso cultore del libero pensiero?
Ascoltatemi, nella taverna
stanno desinando in quattro o cinque
tra risate e schiamazzo generale.
In mezzo a loro c’è una toga.
Ad un tavolo un po’ distante,
qualcuno con un piatto di minestra.
Il pazzo visionario (o forse
il saggio lungimirante )
attratto dal tavolo in penombra
si ferma. Se ne disconosce la ragione.
Quel che accade tra i due non reca noia
agli altri commensali nè li offende.
Il resto tutto da interpretare!
*
In bilico tra regole e trasgressioni
tra chi dice si e chi dice no.
Un tiro alla fune
sotto un cielo nero.
Respiro una terra vergine
ed un’aria vuota.
Il corpo stanco cede
abbagliato dallo schermo,
sotto lo sciame dei pensieri.
Un lieve brusio sembra un grido.
M'inceppo. Memoria piena.
Partenza da zero.
*
Se la notte fosse un drappo di velluto,
senza uno spiraglio, non distinguerei
quegli occhi che mi scrutano.
Un gatto nero in armonia con le mie ombre.
I sogni ora hanno un altro nome,
per sintomi son simili ai desideri.
Vedo fumo denso e non arcobaleni.
Ma non dispero.
Ho provato a ripercorrere all’indietro
quel sentiero. Ho udito i passi di mia madre.
Correva nel mentre ripeteva del tutto incredula,
non posso camminare.
*
Quanti ramoscelli nel becco d’una colomba
e quante palme spezzate a predicar la pace e la speranza!
Immagini non necessarie appena l’anno trascorso,
oggi che tutto ci è negato, le nostre parole
sono così scritte ed i nostri baci ed ogni abbraccio
tra le pagine d’un social. E noi senza alternativa.
Ma col coraggio e la speranza del domani.
Promettendoci rametti d’ulivo ogni qualvolta
ci troveremo gli uni di fronte agli altri
vincendo la presunzione dei nostri pensieri
e la superbia dei nostri gesti.
*
E penso al turbamento dei singoli
alle abitudini d’una vita già grama,
di fallimenti ed ostacoli
e di patimenti, un dì dimenticati
anche se per breve, in piazza.
Chiodo su chiodo il peso
spinge il corpo nel baratro
chi più non si domanda quanto
male discenda dalla sorte
quanto dall’ira d’un dio
cieco o forse stanco,
o solamente distratto.
*
Siamo spariti dallo spiazzo
tanto amato dalle folle che schiamazzano
siamo al confine. Il nostro volto la nostra identità.
Liberi da chimere e inganni.
Non avevamo tempo per l’aria
un correre febbrile un diniego ai nostri bisogni.
Non avevamo tempo per la terra
i nostri passi al tramonto una cadenza muta
dopo aver dato voce alle emozioni
e mitigato silenzi con equità.
Non avevamo tempo per l’acqua
né per il fuoco. Elementi in noi dal nascere.
Siamo ora invisibili
come abbiamo sempre desiderato
senza suggelli ed etichette
scevri da invidie e congetture
siamo puri come siamo nati
perciò irraggiungibili.
Ed il cammino è nostro come il tempo
come il diritto alla noia e alla tristezza
e la paura è nostra come il coraggio
e come la speranza d’una vita
diversa oltre i cancelli.
*
Muoversi senza spostarsi
fingere d’essere stati in cento città
attraversare antichi borghi
per viuzze e mercatini, segrete nicchie
e panorami. E visitare castelli e chiese
ma arginando ogni capriccio,
vivendo d'ogni scoperta lo stupore.
Saranno così anche le feste, per un tempo indefinito,
le palme non benedette, la colomba segregata in chiesa
e le nostre case senza un filo di polvere sui mobili
dall’aria sacra come luoghi solitari di preghiera.
Domanderemo cieli di speranza, rifugiati nell'oscurità
per sognare e cercando quiete nello scrigno della memoria
quando il clamore dei pensieri ci restituirà una mente stordita.
*
Se non fosse un foglio, un foglio bianco,
ancora per poco bianco, a narrarti di me
dell’insondabile, dello scoglio del suono
su questo silenzio di parole lontane
dal primitivo senso.
Se non fosse un foglio, non più bianco,
imbrattato di matita o d'inchiostro
o di sangue o sudore
o del nulla che stilla da un’attesa incorporea...
Se non fosse un foglio sarebbe un campo arato
scuro, una fila di solchi uguali dopo il travaglio
del vomere tra le zolle. Un campo arato, fecondo
in ogni fenditura toccata dal cielo e da benevola sorte.
*
Si può andare uno per volta,
chi al meriggio chi prima del tramonto
per la via silenziosa e dritta che costeggia
la ferrovia. Di metallo è pregna l’aria
che promette nebbia al calar del giorno.
E dell’odore dell’erba sul ciglio,
oltre le selvatiche radure ed il pattume.
Ho udito un fischio all’improvviso
quando al treno io non pensavo
nè al mondo che corre
ed al panorama in posa.
Rotto il silenzio, la trama dei pensieri,
qualche ricordo d’altre sortite a piedi,
per attutire della vita il frastuono.
Ora solo pochi passi, quasi contati
e facendo attenzione a rimaner da solo.
Dopo esser rientrato potrai fare
anche tu lo stesso mio tragitto,
avremo così quasi l’impressione
d’essere stati insieme a passeggiare,
mano nella mano e senza proferir parola,
com’è nostro ormai antico vezzo.
Però ti racconto perché l’ho amato
questo breve lasso fuori, lungi da casa.
Camminavo a passo svelto, gli occhi bassi,
mi chino al suolo, e con gran stupore,
nell’erba incolta tra gli sterpi, ecco una calla.
In prossimità della via ferrata.
Sarà un segno? Tu cosa mi dici?
*
La strada non è che un segmento,
da una porta che si chiude
fin sulla soglia di casa.
E per il prato nessuna indicazione.
Hai visto mai un prato per le vie del borgo?
Eppure il verde è un mare che lievita da giorni
nella mente oppressa da un vago dolore.
Ed anche una capra legata e solitaria,
tu l'hai mai vista?
Nel silenzio è uguale un belato
al guaire d’un cane,
fermo nell’angolo più remoto
e poco illuminato.
Solo una voce che geme,
monotona ed invisibile.
Eppure non vedo nessun cane
sotto il lampione spento.
*
Milano è presto non ti svegliare
nonostante il cambio del fuso.
Canta sottovoce sulle note
di questa dolce canzone…
ma che domenica bestiale
la mia domenica senza te!
Sogno di mangiare un fiore
sfogliando le tue dita
mentre ti parlo d’amore.
Nostalgia o rimpianto
di cose perdute ( o mai avute ).
Parole sussurrate all’orecchio
in riva al mare o sul lago.
La vittoria d’un pigro pensiero
sul risveglio forzato,
nel senno di poi, si rivela un errore…
Amore, ti ricordi Concato?
Sto pensando ad un giro in barca,
per questo sorrido…
magari domani, quando Milano
riprenderà a sognare.
Sulle note della canzone di Fabio Concato
Domenica bestiale – anno 1982 -
*
Oggi non voglio udire numeri
di passaggi e di mete ultime,
nessuna categoria o distinzione.
Sono nella mia casa, le pareti
dipinte di speranza e nuova vita.
Il mio amore ha occhi ed orecchie,
braccia immense ed una bocca
che parla di te solo e di te domanda.
Ma tu sorridimi: sarà di nuovo primavera quando
sarà risveglio da questa morte ora necessaria.
*
Ho incontrato Nino su in paese
tutto affaccendato e pensieroso.
È mio amico, sebbene in modo vago…
chè a parlar d’Amicizia non si può qui,
aprendo una semplice parentesi.
Ma di lui so le cose salienti senza che
mai le abbia in giro domandate.
Ha tirato dritto, poco tempo aveva...
o si trattava invece di fretta immotivata?
L’ho incrociato qualche mattina dopo
per le vie d’un borgo non lontano,
a pochi chilometri dal nostro.
Un sorriso largo sulla bocca
e mille domande a fior di labbra…
tanto che se gli avessi dato retta
il tempo sarebbe così trascorso
fino a quasi l'ora del tramonto.
Un elenco di cose avevo con me
ed i minuti contati e le mie tappe
già tutte con criterio disegnate.
L’ho salutato perciò con fare assai cortese,
come s’addice alle buone maniere,
rinviando la grande chiacchierata
alla calma mortale, su in paese.
*
E sulla neve piove
stagione d’acqua pare
l’infante primavera.
S’infradiciano i muri
quelli già malandati.
Lo scrocchio delle ossa
ad ogni passo
racconta travagli
e vecchi patimenti.
Sul fiume, leggere vanno
le barchette di carta
di altre primavere.
*
Quel che vedo è un cerchio e tutti dentro
quelli che fingono di ridere e di piangere
che si baciano e si salutano con calore
che applaudono le loro nefandezze.
Sollevandomi sul gambo ho provato
a guardare oltre il cancello il cielo,
così sereno ed irraggiungibile.
Uno stuolo di fedeli dalla terra
ripeteva m’ama non m’ama…
in una margherita tutto si conta,
anche i petali
e al pari, di me, c’è chi si gloria
di conoscere i pensieri
i desideri i gesti.
*
Il cielo è grigio e nevica,
la musica al pc e navigo.
Lavoro, pausa. Rifletto, evado...
il gioco non rilassa ma impiega
della mente energia,
inutile espediente.
Il pensiero ha altre vie.
Non è inverno e non è primavera
è un tempo morto di ricordi
persone sepolte amori finiti
scrigni: un tesoro di perle ed appunti.
Conchiglie rinvenute nella sabbia
in stagioni diverse di sole all’aperto.
E' un tempo morto che corre
un martedì che pare domenica
e domani non è lunedì.
*
E' profumo di te
in una lacrima
che solca le ciglia
e gela carezze sul viso,
di un amore finito
in un tunnel
freddo ed oscuro
nel silenzio di attese
lontane.
E' profumo di te
nei miei occhi
che incontrano i tuoi
pensosi mentre
la pelle mi sfiori
senza toccarmi.
E' profumo di te
che non osi baciarmi
ma respiri il mio viso
spaccandomi il cuore.
Sta tremando il mio corpo
sotto stelle sparute.
Sono un fiore reciso
sul tuo ventre chinato.
Ed è profumo di te
dentro il palmo dischiuso.
Pubblicato su "Scrivere" il 03/05/2014
*
I poeti parlano di guerre e carestie
di drammi sociali e disastri ambientali.
Li pensate in un’arca
in attesa che il diluvio si plachi.
Li pensate su di un’isola
a sognare, dondolandosi sull’amaca.
Li pensate sulle nuvole tranquilli,
come al bar a giocare a carte.
I poeti parlano di droga e di Alzheimer
di eutanasia ed oblio e di follia e di fame,
sono tra noi talvolta piangono
consolando talvolta cercano conforto.
Ed io che non sono poeta
leggo i poeti che raccontano l’amore.
*
E quando avremo cambiato abitudini
ridefinito il concetto di libertà
imparato che l’amore sta nella rinuncia
e nel sacrificio, comprenderemo anche
perché i figli ora sorvegliano i genitori
da lontano e perché i genitori
sono sempre in apprensione per i figli .
Quando i giornali parleranno di cose diverse
e vedremo i numeri azzerarsi
e torneremo a morire di vecchiaia
o d’altro morbo
avremo vinto questa guerra.
Ricorderemo il contagio e la cattività.
Le strade vuote e i negozi chiusi
le chiese deserte e gli alberi spogli,
anche se fioriti. E ad ogni abbraccio
e ad ogni bacio ritornerà la voce
dell’astinenza e i tanti sguardi appesi
al silenzio e a un granello di speranza.
*
Sotto il tuo sguardo
scorrevano botteghe ed osterie,
mentre passeggiavi per il canale,
la sigaretta tra le labbra.
Finchè non scomparivi nello spazio ristretto
del tuo "disordine necessario".
Oggi forse diresti “non l’amo più Milano”,
come allora, al tuo ritorno alla città,
quella "grassa signora piena di inutili orpelli".
I tuoi navigli oggi sono pieni di gente,
di gente che corre e cammina,
mentre il contagio stermina vite.
Non l’amo più Milano. È diventata una belva che non è più la nostra città. Adesso è una grassa signora piena di inutili orpelli.
- Alda Merini -
*
Amore, noi eravamo abituati alle distanze,
su di esse abbiamo edificato i nostri sogni
costruito speranze ed immaginato ponti.
Ma ora sappiamo che un bacio
costa un prezzo troppo alto
così come un abbraccio
e non troviamo le parole giuste.
Ci raccontiamo silenzi profondi
evitando il calore d’ogni gesto
e dirottiamo il pensiero altrove,
come a disegnare per noi il futuro.
*
Il tempo forse ha lavorato di notte
tra ombre ed assenze e all'alba
ha appeso al muro un nuovo dipinto.
Un diverso sentire ora punge
come fossimo solo un groviglio di spine
e chiude groppi alla gola.
E' un gareggiare del corpo con la mente,
inquieto, fino all’ultimo fiato.
Intorno, un sepolcrale silenzio.
*
Lo scorrere lento dei minuti,
quando la stanchezza giunge
e gli occhi non vedono che un giaciglio
e le parole muoiono
prima della soglia delle labbra,
è indicibile tormento
un cadere senza preavviso
in un tunnel senza pareti.
E spesso i due estremi s’assomigliano.
*
Non v’era sentore in autunno
del dilagare del nuovo male
un mare di foglie sussurrava
nel vento che nasceva piano
all’alba per lievitare fino a sera.
Nostalgia di quelle ore turbolente
e delle nuvole in cielo come carovane.
Quando il pensiero falliva l’intento
mi traghettavano al tuo mesto sentire.
Ora il sole cancella le nebbie e s’impone
al giorno che avanza. Sfiora le case
bacia l’asfalto. Fuori… E noi, dentro
a sospirare come avessimo dinanzi
soltanto un orizzonte troppo lontano.
*
Dovrà bastarci un raggio tra le tende,
mentre il vento danza
e solleva la polvere nel viale.
E l’aria... al riparo delle case.
Vorremmo correre lungo il ciglio
della strada ed inebriarci dell’odore
dell’erba tagliata e di acerbe
corolle dentro un mare verde...
ma dovrà bastarci chiudere gli occhi
per un po’ e volare, dimenticando
il male che serpeggia per le vie.
Siamo soli, così distanti, ma uniti
in un oscuro silenzio che pesa
eppur insegue promesse buone
e nuovo bene.
*
Un chiacchiericcio sommesso giunge dalla strada
chiuse le serrande dei negozi chiusa la chiesa
deserta la panchina nella piazza.
Un coro d’uccelletti empie l’aria e risuona
il richiamo delle allodole come a celare
il tedioso tubare delle tortore.
Il vento è lieve, una carezza appena
sulla terra ancora nera ed arsa.
Tra pochi giorni sarà Primavera.
*
Rovistate nei cassetti se volete
o ponete ordine, leggete versi
o il vostro autore preferito
sulle note di un “adagio” o di un “silenzio”.
Raccontate favole ai più piccoli
chè loro sentono la pena dei grandi
ed interrogate le mamme silenziose
e preoccupate per i figli fuori,
le mamme che sanno di altre guerre
ed ora ascoltano, tacendo il loro affanno.
Sorridete chè il sorriso vale cento abbracci
e per i baci c’è tutto il tempo ancora.
Vi bacerete sulla soglia e per le strade
per ogni occasione e ad ogni incontro.
Ma ora state a casa, e state quieti
come ad aspettare un premio,
chè la vita vale non uno
ma cento, mille sacrifici.
*
Cammini per strada,
un giorno normale
di vento chetato
di aria che odora
di cespi fioriti
e di pane sfornato.
Cammini da solo,
silente serpeggia un timore
come se all’improvviso
tutto potesse cambiare.
E’ un tumulto che cresce
e viaggia sospeso
tra angoscia e speranza
ad un arcano silenzio.
E’ un solo pensiero
che invade la mente
cercando più lievi risposte
ad un fatto che pesa.
*
Tu mi parli di spine
di rovi, di cespi d’ortica.
Sono la rosa deliziosa
ed intensa dal profumo
inebriante ma ho aculei
disseminati sul gambo.
E non per ornamento…
Se m’interroghi, ti spiego.
E ti narro di pro e di contro
di disattenzioni di mani
di sguardi di voci.
Ma dell’altrui spine,
mi spiace,
io non ho competenza.
*
Se potessi nascere di nuovo
sarei ancora donna
più di quanto io sono.
Ti lascerei la rabbia
la superbia
la maledetta tua ostinazione.
Ti lascerei godere dei tuoi vizi.
Ti lascerei alla tua disperazione.
A me basta dei modi la grazia
la dolcezza innata
e quel candore
con cui disarmo le tue ostilità.
Non chiamarmi con un altro nome.
Cinque lettere dell’alfabeto
mi definiscono alla perfezione.
Nel giorno della Festa della Donna propongo questo testo pensato e scritto con una certa ironia.
Pubblicato sul sito Scrivere in data 08/03/2012
Nel 2019 sempre su Scrivere un altro autore ha pubblicato un testo sulle donne, ma impostato diversamente, dal titolo "Cinque lettere dal gran significato", che richiama, ma solo nel titolo, riassumendola, la mia poesia.
*
E c’era un albero
e tra i rami un nido
ed in quel nido
talvolta un tal frastuono
che io scordavo del pensier l'affanno.
E c'era un bel giardino intorno,
oltre la soglia del vento tra le tende,
il glicine i ranuncoli al cancello
e il gelsomino e il suono d'una voce
che giungeva anche se di rado
a redimere da parole scivolate,
discordi da un sentire assai gentile.
E c'era una mano sulla sfera,
la lampada famosa d'Aladino,
artefice d'uno spirito che era afflato
ed era gioia ed era vita e spinta
nel proseguir il cammino periglioso
ed irto verso l'agognata meta.
Non corpo non ombra ma presenza,
nel nulla il tutto ed un connubio di mutua appartenenza…
E c'era un nome, una favola moderna,
che m'accompagna ora nei prati dell'infanzia
tra viole e margherite ed aquiloni
che sfidano gli angeli ed i gabbiani.
Un nome che era solo mio
e non toccava l'altrui terra
né solcava mari e cieli.
Era il tuo nome… che era anche il mio.
*
Ti scrivono dal fronte parlandoti di un’altra guerra
ma il tuo conflitto è diverso.
T'accompagni con le ombre
mentre sogni solo di vivere.
Non c’è alba né tramonto
nel tempo che t'attraversa
ma una mano che d'improvviso
strappa i colori all’orizzonte.
*
Sono tra le cose che sfuggono
non lancio richiami non ho appelli
da fare non nutro illusioni.
So che a me la montagna non viene
ma io non andrò alla montagna.
Non cerco parole, le uniche
salvate nell’arca sono quelle d’amore,
appartengono al sogno e alla luce.
Oltre la soglia ho solo silenzi.
Onde che s’innalzano
ed avvolgono e che si ritraggono,
onde che s’assestano
e svelano nuda la riva.
*
Sempre è così
nell’ignoranza d’un limite.
Si rompono gli argini e si straripa…
altro ingombro dinanzi a sommarsi
al peso d’un’ordinaria fatica.
Regole che appartengono
ad un sempre trascurato
ora minano l’equilibrio
in chi è più fragile.
Tangibile
una libertà assottigliata
sottomessa
ad una realtà mutata.
Tra il dire e il fare occorre
restare coi piedi ben saldi
distinguendo il superfluo
dall’essenziale né deviare
per sentieri che celano
altri pericoli oscuri.
*
I numeri sono fermi anche la mente
di chi si ostina a camminar bendato.
Se impervio è il cammino si prosegue
solo se all’orizzonte nitido rimane
il profilo di quell’isola felice dove
tutti ristoro hanno trovato.
Ma ahimè questo riparo ora
è una bolgia tra percorsi contorti
ed in uno stallo che perdura.
Col voler fare di tutta l’erba un fascio,
l’odor di fradiciume ora si è sparso
e persiste nell’aria così a lungo…
Li vedo spesso in sogno i mendicanti
di briciole e di parole false, di applausi
e di lodi e di sorrisi al buio che
la luce svela in un digrignar di denti.
Chi è stato un umile viandante per vie
predestinate al sogno, amante
d’un pensiero mai contaminato,
si duole di tutto il tempo speso
e approda sconsolato? (ma non credo…)
tra il genere umano, quello incompreso.
*
E mentre compi mille acrobazie
e passi da un argomento all’altro
la mano sull’orecchio
l’indice destro in un nervoso gesto
a scansare il colletto della polo
e lo sguardo fuori, ad un uccello in volo…
(quel passaggio ci distoglie dalla noia
o dal coraggio che manca a certe nostre azioni).
Sorridi ed il contagio è presto giunto
alle mie labbra ora appena schiuse.
E mi commuovi dicendomi d’un tratto
è bello amarti. Sei un raggio che dritto
mi trafigge ed ad abbassar la palpebra costringe
celando la tiepida discesa d’una lacrima.
*
Potrei ora sbalordire la platea
e con termini d’effetto
dire del mio giorno cruento
del giogo del sonno come morte
del dubbio del risveglio
e di questo mio stato lasso
raccontare cose esorbitanti.
Ma il tempo mio stasera è troppo breve
quanto una sosta sopra una panchina
o un cenno di saluto con la mano
quanto un sorso per chetar l’arsura
o il pensiero d’un bacio dato all’aria.
Sì breve è il tempo mio che il sogno
avvertito si tiene già lontano e le membra vinte
cadono e stordite, sopra un giaciglio,
in questa notte buia.
*
Corto il respiro, affanno d’innumerevoli passi.
Non si tiene il conto di scalfitture
nè di sillabe e singhiozzi sulla rima delle labbra,
sola necessità il silenzio tra alternanze di luci
ed ombre mentre i pensieri nati liberi
sono stuprati al primo approdo.
Ogni speranza è vana, passa per troppi filtri.
Diversità perseguite ora sepolte in un mare
troppo monotono ed uguale.
Si nasce ad ogni alba mutilati nel desiderio
con arti consapevoli di moti e gesti,
la mente spesso avulsa, protesa in altri lidi.
Si muta ad ogni soffio. Fragilità di vetro.
Nessuna appartenenza a quell’afflato,
sul filo teso nel vuoto
in lotta perenne d’equilibrio.
*
Vorrei accendere speranze come stelle
ed avere chiaro in mente piano viaggio meta.
I sognatori hanno mani vuote
e a volte ali di cera. Hanno parole
che restano incomprese
e croci a rievocar battaglie.
Vorrei amarti sfiorando
i tuoi palmi distesi,
con gli occhi nel tuo viso
la bocca sulla pelle,
fremente sulle tue ginocchia.
Vorrei essere leggera come brezza
e cingerti nel ritmo d’una danza…
Ma non sono che una ballerina di neve
sotto un vestito di carta.
*
Oggi non ho udito che il vento
la sua voce il fischio
il borbottio il lamento...
ed ora che è sera
un petalo arso
s’infradicia al suolo
con l’acqua che il cielo rovescia,
d’improvviso
veemente.
*
Non è per il bassorilievo sul portone
che sostano e scrutano l’androne.
L’occhio ha il suo limite specie
se vestito d’opaco, dell’anima
non ha alcun riflesso.
Non per le stanze sontuose
avanzano, per le preziose nicchie
i drappi alle finestre
e le parole che suonano
come un carillon.
Ma per quell’inquilino
che libero s’aggira
e tanto più caparbio
quando più è additato
pel suo comportamento.
E’ per il pensiero di quell’inquilino
che non teme mai l’altrui giudizio.
*
(Riflessioni di febbraio)
Un ramo sul mio cammino, già fiorito
che era febbraio appena cominciato,
aderente a quel senso unico di sbieco
m’indica ogni dì la meta:
il quotidiano mio sostentamento
ed insieme pena non poco lieve
per non riuscire bene come una volta
giovinetta, la voce sempre incline al canto.
Ma ora la vita evolve ed il tempo scorre
pur tra dolori fisici (usure?) che l’anima
spesso sotterrano sospinta
nello strapiombo dal suo elevato cielo.
Come non avesse abbastanza affanno
tra diatribe varie e scorni costretta
ad accomodamenti di vedute
in tante diversità incomprese.
L’inverno al mio paese poco s'è fermato
E’ stato di passaggio cinque sei giorni?
Ed il sole di febbraio è già un inganno...
tra pochi giorni poi saremo a marzo
assai noto per far danno e capricci.
Spero però d'avere ascolto
chiamando in causa il suo buon senso.
È scapestrato e birichino, ma un ragazzo
e nel veder la terra già traviata
da mali nuovi e così oscuri, avrà clemenza.
*
Ed è come essere attraversata
da venti opposti.
Come la terra gemi ad ogni passo,
ancora, quando tutto
sembra essersi acquietato.
E poi è come dopo una burrasca
raccogli cocci di te li assembli,
ti levi in piedi e cammini a fatica
tra rantoli e respiri affannosi.
La luce tutto ciò che domandi.
*
Se fossi tu la via?
Ed io le orme distratte
sulla sabbia
il capriccio dell’onda
la brezza sul collo
il pensiero fisso
lo specchio distorto
la fuga?
Se fossi tu la via?
Ed io un appunto
conficcato al chiodo
un fiore reciso
un nido vuoto
un mendicante
di parole
un sogno infranto?
Pubblicata su "Scrivere" il 07-09-2012
*
Darei sfogo solo all’ira,
permarrebbe l’incomprensione.
V’è un percorso ciclico
per gli uomini e per le cose.
E sfociare nella monotonia è inevitabile.
Non mi duplico non mi ripeto non domando.
M’aspetto lumi nella notte più oscura
ma se anche tardassero o io attendessi invano,
rimarrei al buio nella mia fede atavica.
Mi racconto proprio quando sono restia
ad incontri-scontri. C’è un demone in me
perspicace ed attento che mi salva
dalle “buone intenzioni” del genere umano.
Il resto è niente: tentativi falliti
desideri incompiuti ed una verità travisata.
Mi amo per l’ostinata coerenza.
*
Prestami gli occhi
che i miei guardano il suolo
arido freddo grossolano
e la sottile crepa e l’abisso
(immaginato) oltre la falla.
Scendono nel cuore della terra
dove tanti han trovato già la pace.
Prestami gli occhi
che i miei sono muti e se puntano
al cielo pensano agli aquiloni perduti
ai palloncini sgonfi caduti da una nube
alle ali di cera ai voli dirottati.
Prestami gli occhi
sto per salire, ora che la strada è vuota,
fin sulla vetta, sul ramo,
nella zittita chioma,
per quella porzione di stelle
che appartiene solo alla mia notte.
*
Trilla l’aria alle prime luci.
Fa opaco il vetro il fiato.
Giacigli scomposti deserti,
memorie di solitudini.
Acerbo pensarti:
tu già ai tuoi affanni
io nell’ennesima battaglia
che non ti racconterò, dopo.
Il sole sul capo,
sul tuo sentiero piove?
Non dirmi… mi parli
attraverso le ossa,
scricchiolante
ad ogni mio movimento.
Avanzi. Mi ascolto.
Questo bacio al tramonto
è giunto così inaspettato.
Forse il premio per la pazienza?
Forse al coraggio per tessere
un ordito di attese,
sfogliando pagine
spesso al contrario?
La luna ha già invaso il cielo.
È immensa. Ci osserva:
noi piccoli, in egual modo.
Non fa differenza il peso.
E poi, quando tocco i tuoi pensieri
m’accorgo di nicchie inesplorate
e di sentieri impercorribili.
Nascondo gli occhi tra le anse.
Come appari mutevole ad ogni postura…
il mio stato è limbico.
Quando muovi le labbra odo
come il silenzio di te parla
e m’accorgo di necessità cadute
e del tempo sprecato in aridità.
E poi, quando allarghi le braccia
sento come si popola il vuoto
ed io cado ai margini ebbra
dell’odore dell’aria che tu respiri.
Quando guardo il tuo viso
ogni linea è una via
già attraversata, m’appartiene.
Leggo ogni fioritura, ogni autunno.
Sei la terra da cui amo guardare
ogni notte il mio cielo!
*
Quanti passi tutt'insieme ho udito di te.
I tuoi. I tuoi e un tripode. I tuoi e il sibilo
d’un girello sul pavimento.
E i tonfi e le cadenze strane d’un corpo
magro che fa peso e che vacilla.
Ma la leggerezza del tuo piede
e il ritmo come di danza, improvviso,
ecco la sorpresa! Nel dormiveglia
d’una stanza schiudo una conchiglia
vecchia d’anni e la perla è intatta!
*
Vorrei alzare gli occhi al cielo
e ringraziare Iddio per questo giorno
giunto alla fine. E raccontare alla luna
d’altri tormenti e d’altre pene,
d’un desiderio che lievita a dismisura
d’un amore che chiede strade nuove.
Ma il tempo a volte è un treno
che corre portandosi via il panorama.
Me ne sto penzoloni gli occhi bassi
stanca di parole e di silenzi, amara...
solo sperando nella clemenza della notte.
*
In amor chi più ama più s'affanna
l'altro di compiacer per cui se l'altro
disdegna le effusioni e s’allontana
senza una vera ragione vuol dir
che non ama in egual misura o forse
avverte d’avere come un cappio al collo.
Ma chi ama soffre e fa mille esperimenti
e quando non lacrima s'arma di pazienza.
Modifica persino il suo comportamento
e s'adegua al modo d’ essere dell'altro.
Chi più ama si sa che infine cede
e non s’accorge che nel cuor tutto è mutato.
Il tempo però che passa e non tanto il fato
a zoppicanti storie pone fine.
E il fuoco non più alimentato
carbone tra la cenere è domato.
*
Sono cadute vite
e sogni e speranze
su di un mare piatto
troppo simile alla terra.
C’è puzza di marcio
in ogni zolla e in ogni rivolo.
Venti antichi cori atoni
occhi che non vedono.
Nell’aria polvere.
Burrasche che spingono le folle.
Amici sulla carta,
ora stanno in quarantena
muti nascosti dietro l’angolo
o una siepe
prossimi a migrare
persi in congetture
e spesso in letargo
(apparente)
seminando zizzania.
*
Un fischio ed un garbato trillo
fuori stamani
io tra le pareti e i miei pensieri,
un po’ stonati.
Sulla sinistra nei pressi d’una casa
un ramo nudo mi desta dal fermento
e mi sgomenta. Non vedo la ridente fioritura
solo quel ramo dal vento devastato.
Ti penso assai lontano e mi rattristo
ma tra l’orecchio e il collo
muove un bisbiglio.
Non odo che una sillaba straziata.
E poi, il tepore del tuo fiato.
*
E ci lasciamo scivolare
tra le vesti leggere della notte
sedendo sui gradini del silenzio.
Tace anche l’allocco appollaiato tra i rami,
poco più in alto i nostri sogni hanno fatto il nido.
Riposeranno le ali prima d’aprirsi al cielo
ad inseguire un luccichio di stelle.
E sarà brina al mattino sopra il prato
dove il passo sosterà interrogando il giorno.
Sarà clemente il tempo e prodigo di speme.
Ci abbandoniamo lievi nella nenia
chiusi nei nostri corpi,
noi soavi come piume,
in un turbine o in altalena,
innestando braccia come rami.
E un bacio ci parrà vero
caduto tra le dune
rotolando fino alla soglia del mattino.
Poi torneremo dentro il sogno
nell’oscura cripta della notte.
*
Quelli che raccontano l'Infinito
quasi Leopardi abbia gettato solo le basi
quelli che non si limitano a sognare
ma urlano alla luna e se ne stanno
col naso in aria a contar le stelle.
I poeti che indossano Montale
ad ogni affanno. E ad ogni feritoia
incontrano il male di vivere
camminando piano,
sulla groppa il peso dell'universo.
E i poeti taciturni persi
nei pensieri e nei loro amori
che scrivono un poema in tre parole
trafitti da un raggio che è già sera.
I poeti amanti delle contraddizioni
e i poeti maledetti tre volte
e quelli che scrivono normale
e di tanto in tanto nei vocabolari
rinvengono termini antichi,
poco usati taluni, altri poetici.
I poeti che scrivono bla bla
drin drin tri tri o fru fru fru
e forse si vogliono solo divertire
in questo tempo in cui tutto è stato detto.
I poeti di cantilene e filastrocche
e delle odi per ogni cosa inanimata o astratta
ma che non sono felici come Neruda
"fino all'ultimo profondo angolino nel cuore”…
sono forse i poeti incompresi?
*
Ho un legno nuovo e senza tarli.
Ascolta … ora il silenzio è vero
ed è assoluto. E non ha peso
come l’aria – un vuoto -
senza uccelli, senza lo sciabordio
del rio e lo stormire delle foglie
e con la solitudine che non fa più paura.
Su bianche pareti dipingerò le stelle
per me per te per chi vorrà capire
ma sarà amore e sarà vita.
Sarà solo pensiero?
Un legno senza tarli non ha voce.
Un legno senza tarli
è un legno vuoto o pieno?
*
E’ facile smarrirsi nel dubbio
nei limiti nel vizio e quasi in bilico
tra l’essere e il non essere.
Non conto mai le assenze,
il tempo è oro… ma colmo il vuoto
col coro dei pensieri.
Si prestano il verbo e gli occhi
a chi è di fronte perché varchi la soglia
dell’anima. Nessuna chiave.
Solo i fantasmi hanno piedi scalzi,
sono senz’anima
perché non hanno occhi.
*
Ho sempre scritto per te
per quello che non hai mai detto
per come mi guardi
per i tuoi gesti sempre troppo cauti
per i tuoi baci così casti
e l’ardore dei tuoi silenzi.
Ho sempre scritto per te
che sai ascoltare le parole
che non hanno suono
e gli acuti sopra ogni coro
per te che m’accompagni ad ogni istante
e sei ombra e respiro
per te che t’innesti nei miei pensieri
e mi sei veglia e sonno.
Scrivo per te che d’ogni mia sillaba
conosci il senso,
per i tuoi occhi e la tua bocca,
per le tue mani così lievi.
Scrivo per te che mi ami
e mi dai le ali
e m’inventi in mille forme
ed accendi i miei tramonti,
per te amor mio che sarai sempre
quel che ora sei e sei stato
per tutto il tempo che non ti ho avuto.
*
Il primo bacio
forse sarà l’ultimo.
L’ultimo il primo,
per noi che viviamo
aspettando
ancora di nascere.
*
Arriverà forse un giorno nuovo
di vie diverse di passi attenti
che muovono al ritmo
d’un lento ruminare.
Ancora siepi a baluardo
delle nostre case
e ignote mete d’un passato
che torna ad eco
nel vizio dei pensieri
che sfidano il filo spinato.
Ma i desideri... sediamoli
per un attimo ancora,
prima che prendano il sopravvento,
mentre cresce la marea.
*
E le parole chiedono parole
come gli applausi altri applausi.
Abbandoniamo il panorama
riscrivendo scenografie,
gli occhi distrattamente
narrano di similitudini.
Appagamento relativo.
Nascono indovini e fattucchiere
e tutti han percorso le stesse vie.
Chi può dire quanto ingannevole
sia la verità e quanto la bugia…
*
Un dì pregavo ad ogni affanno o pena
ed un sorriso a sera come un lampo
breve tagliava ogni traguardo.
Or se la bocca soccombe alla parola
quel farfugliare è un blasfemo.
Così taccio e sopporto un peso
che ad un esile corpo non s’addice.
La fine del giorno è la mia resa
con la lusinga d’una magra quiete
Eppur la notte è un fermento…
quanto rumore fanno i pensieri
mentre il corpo è già vinto!
*
Tornerò a te nel turbine del vento
e nel rigurgito dell’onda,
giungerò a te per ogni angolo
su sentieri di polvere e fiori e foglie.
Nelle ore colme di malinconia
ti vedrò riempire anfore di sogni
- i nostri sogni taciti e lievi –
E sarò una stella sopra i tuoi silenzi
un frammento di luce nel buio della notte.
*
Posso tornare a questa terra
piangere stagioni inclementi
e tasselli mancanti
e trame fitte e nodi stretti,
aprire l’otre di speranze nuove
su vie deserte.
Ho caviglie come ali.
M’addestro al passo del pensiero.
Posso toccare il cielo
ed incontrarti in un bacio,
uno di quei baci che schioccano
come becchi nei nidi tra le fronde
e vanno tra le nuvole,
bolle che mutano forma
colorando la luce.
Sfumando l’orizzonte...
non ho mai smesso di volare.
*
Mi cresco un male che a dirlo sembra lieve
e mi annovera tra i folli o gl'infelici.
Tale é il tormento che non trovo quiete…
tra ipotesi pensieri e fantasie.
Se é dono quell'attimo di un vagito
e tale convinzione prende forza
nella breve stagione spensierata,
ogni conquista poi é dura lotta
e ad ogni trionfo piccolo o importante
del dono non v’è memoria ma coscienza
di quel vago peregrinar per triste meta.
*
Vedo che stai guardando sotto le lenti
quel baffo un po’ marcato sopra il labbro...
Lo sguardo sempre fisso, poi ti domandi
dove é finito quel dente sì macchiato,
memoria di una caduta dal castello.
Sai, quel baffo io ce l'ho lasciato
per non toglierti il divertimento
E con gli occhi a sorridere ho imparato…
che tutti mi dicono: son cosi belli!
Tu invece da acuto osservatore
avrai notato sul pallido mio viso
quella rughetta che, se rido, si allarga
intorno alla palpebra inferiore.
La parola “castello” nel quinto verso è riferita a “letto a castello”
*
E' un ghigno sulla bocca, non ha voce
l’emozione approdata all’amarezza.
Vanno visi di cui non ricordi gli occhi
e mani di cui si son persi i gesti.
E l’attimo regge tutto il peso
di nostalgie e rimpianti.
Bisogna fermarsi per capire
che correre è un affanno inutile.
E l’inquietudine è solo nell’animo
di chi si preoccupa del panorama.
Ora tutto è mutato,
anche le scene.
La memoria è un’onda che ritraendosi
restituisce la riva intatta.
*
Scrivo di cose futili
di ignoranza conclamata
di verità negate e cori di maschere.
Scrivo di angeli senz’ali e di santi,
di regni di sabbia e tempo speso male.
Scrivo per uscire da questa fossa
dove sono rimasta a lungo
senza cibo e senz’aria.
*
Chiuso è il castello,
le chiavi in fondo al pozzo
ma le finestre han le imposte rotte
e i muri crepe e falle
e dal soffitto piove acqua e vento.
Il ponte levatoio, ormai abbassato,
l’accesso ora consente in egual modo
ad agnelli e lupi. Tu guardi...
e non distingui alle pareti
gli obbrobri dagli affreschi.
*
È un macigno ora che spingiamo
con l’aiuto di mani e piedi.
Vinceremo questo tempo morto
e il male dentro, necessario.
È un macigno che non ci legheranno
alla caviglia. Tornerà alla memoria
come un’ombra, in una forma
indistinta, spinosa agli angoli.
Il senso c’era e il sogno era
nella forza del pensiero.
Finchè dall’orlo non scivolò una goccia
di cui s’è persa traccia tra le crepe.
*
E’ fuggito via il giardiniere forse per mare
o forse in volo portando via le primule e le rose
lasciando tra le viole un non ti scordar di me.
E’ in viaggio e non risponde al cellulare
le chiavi del cancello dentro un vaso
o sotto un prato o forse sono in casa
tra le lattine e i chicchi di caffè.
Ha portato via il sole ed il temporale
e l’arcobaleno con tutti i suoi colori
a passi celeri è fuggito ed in silenzio
coi progetti i sogni e le sue mani,
un dì operose forse ora tremanti
nella nebbia fitta e nella notte buia
chiudendo dentro il vuoto solo il nulla.
Tutto tace e tutto pare fermo.
Passa un guardiano ora di tanto in tanto
e osserva intorno quella strana quiete.
Vagano in terra anime già spente
talune smarrite e senza più una meta.
Lui passa, osserva e scuote solo il capo.
Pubblicata su "Scrivere" il 10/12/2019
*
Spesso i miei passi seguono il vento
e le foglie, nel loro ignaro peregrinare.
Invocare il tuo nome mi resuscita
dal rosso e dal giallo
scrollato addosso alla terra.
E divengo Luce.
*
Le parole hanno perduto ogni senso
per troppo tempo inascoltate,
pendono mature nel vuoto cadono
come foglie ormai secche dai rami.
Siamo rimasti troppo a lungo ad aspettare
sognando un mondo che non esiste
ormai da tempo. Non volevamo la luna
ma camminare allegri fischiettando
le mani in tasca e i nostri sogni nel paltò.
Non volevamo la luna, sta bene lassù,
in cielo, così come un lampione
sul ciglio della strada e un faro sulla torre.
*
C’è troppo ordine nei vostri posti
le vostre regole sono una trappola.
Camminate a passi lenti e studiate
ogni parola, nessuna inflessione nella voce
e le vostre risate non risuonano fragorose,
lo sguardo basso sui piatti.
La vostra mensa è piena
ed io non più fame da tempo
né voglia di ascoltare menzogne.
Fuori l’onda flagella la riva.
Com’è vicino al mio dolore
lo sciabordio del mare!
*
Di chi è quel passo silenzioso
di chi la mano?
Quando han deposto un bacio sulla fronte
quando hanno colto le primule nel prato?
Odo una voce che non conosco
e sento il fiato di un’ombra dietro al collo.
Ho un nome addosso che non m’abbandona
come un vestito e a volte come un velo.
*
Tra i rami il cielo è uno specchio
e le stelle si possono toccare.
E i nidi tra le fronde
han pigolii sommessi.
E acuti, fischi e chiurli.
Tra i rami volano piume,
stridono becchi e s’agitano ali,
in un fruscio lieve.
E’ così che sono le case quando son vive...
amore, non sogni anche tu una casa così
dove la fame è saziata con poco,
una casa che non pesa, sospesa,
come gli aquiloni tenuti da un filo,
mentre i bambini corrono, corrono
dissennati, nel verde?
*
Vi sono cose d’importanza marginale
che se perdute ci lasciano un gran vuoto
come fossimo d’un tratto d’aria privi
o delle vesti ci trovassimo sguarniti.
E ciò accade a maggior ragione
se quel ch’è stato giudicato secondario
spronati ci ha nel quotidiano vivere
e d’ausilio ci è stato per "le altre cose"
che, sempre a parer nostro, rappresentano
il vero fulcro della vita.
Noi con le pause il relax e il diversivo
abbiam vissuto senza avvertire il peso
di qualche azione che, fino alla meta,
s’è rivelata, strada facendo, dura impresa.
E senza neppure quella noia
in cui incappiamo inevitabilmente
nelle attività che sono di routine.
*
Chiodi seminati sul sentiero
ed ombre nascoste dietro l’angolo
parole false, torbidi sguardi...
La nebbia si è diradata all’orizzonte
ed ha restituito ogni cosa ai nostri sguardi.
I piedi fermi s’interrogano smarriti.
E’ come essere giunti alla fine della strada
e accorgersi d’essere nudi,
senza casa senza sogni senz’aria.
Come intorno ci fosse solo il vuoto…
*
Nei miei rari approdi all’isola
ho visto morti che credevano d’esser vivi
e molti uomini coi paraocchi
ed altri che sapevano il loro giorno a memoria.
Odo litanie nell’aria, vuota di suono
del fischio dei merli e del gracchiare dei corvi
o del trillo d’un pettirosso.
E vedo lapidi e nomi che si ripetono,
quelli dei morti e quelli dei morti
che pensano d’esser vivi.
*
E resti con un piede dentro
e un piede oltre la soglia
tra le cose che non dimentichi
e i fiori in volo con le stelle
sotto un cielo dove sai
che non accadono miracoli.
Ma la speranza è un lume
che talvolta resiste alla pioggia
e a venti bizzarri ed ardimentosi.
*
Di quei sentieri,
impercettibili quasi
tra pietre e terra e cespi,
ora è chiaro il disegno.
Passaggio prediletto di chi
con ridicoli camuffamenti
ha sempre evitato la strada maestra,
agevole e non adombrata da rami.
*
E poi i nodi vengono al pettine
cadono maschere dal viso.
Amici di cui la mente
già aveva sospetto
di condotta non retta,
ora restano nudi.
Come son brutti!
Pure la morte li scansa…
Son sempre tra i piedi,
ma han cura di tenersi distanti.
Il caso, è vero, tesse spesso la trama
ma poi, a volte, il destino
incastra i furbi a dovere!
*
Le nostre menti sono le stesse
lì il tempo non è giunto
nessuna incrinatura abrasione piega.
Le avversità ci hanno scalfito
forse in modo diverso.
E chi con nuovo entusiasmo
ora mira a cieli lontani,
chi teme il nero dietro un’aria tersa.
*
Voli bassi in cerca di briciole,
punti che dopo poco macchiano il cielo.
Gli unici passaggi che non destano sospetti.
Mani protese lungo il tragitto. Trappole.
Sulle disgrazie altrui si calca sempre il piede
e la parola, se giunge, attraversa fiumi d’ipocrisia.
*
Inconsciamente la vita
ha domandato un attimo
perchè il caso non decidesse
un diverso traguardo
un rumore udito in sogno
presagio di un’esplosione:
pietre e schegge e ruggine e polvere.
La salvezza: trovarsi altrove
nel momento sbagliato.
*
Vi sono muri alti e assai massicci
e scogli ad alture somiglianti
onde di cui non si vede il picco
abissi che non mostrano il fondo
col semplice abbassare dello sguardo.
Ma vi è chi valicando muri e scogli
e sulla sommità delle onde e degli abissi
alto si leva e libero sorvola
cieli che narrano di grandi verità,
inoppugnabili.
*
In quella cruna spessa tutto passa
il filo d’erba il fusto ed il capello.
E tutto sembra avere il suo rilievo
se il varco nominato è il solo noto.
*
Ed ora che tutte le parole sono state spese
ed ho invocato parole nuove
e constatato che non v’è una sola sillaba
che spieghi il mio pensiero
ora che negli occhi hai letto lo smarrimento
ed io il dolore e tu il pentimento e noi la disperazione
per non aver saputo vincere il delirio di azioni insane
ora che tutto è compiuto e nulla riesce a convincerci
d’essere in buona fede quando pensiamo tutti di avere ragione
ora che avremmo bisogno di un istante lungo un anno
ecco che il tempo muta, è solo un foglio staccato alla parete
il movimento d’una lancetta il vibrare d’un’ala
un letargo inaspettato che giunge provvidenziale.
E l’alba nuova è tutta lì, in un respiro.
*
Non v’è obbligo a camminare
per vie sterrate o alberati viali.
Cambi di rotta o parallele vie
spesso definiscono il male minore.
Impossibile ora è sognare
per chi monco delle ali
non scorda le rare perle
disseminate in un mare di ghiande.
*
Come son giunti al torsolo
in tanti e per un foro minuto,
un dietro l’altro? Come?
Erano lì annidati. Da sempre.
Cresciuti col seme
e invadendo la polpa.
Ecco come mutan le sorti
ed una quasi certezza
arretra in elusa promessa…
*
Ti ritrovo lì dove tutto è in ordine
anche lo scialle dimenticato sul divano
le ciabatte nell’angolo più recondito
nel raggio di un lume in una stanza
piena di troppi vuoti e troppi affanni.
Ti ritrovo dove i pensieri vanno
e s’eclissano dal mondo ed io attendo
letarghi o sogni mentre la luna splende
sui tesori di questa terra e sulle sue magagne.
Ti ritrovo lì dove improvviso nasce il vento
ed incalza e nuovo impeto infonde al canto
che mi figuro in questo tempo santo
di giovani donne e di pastori.
Odo lontano tra un suon di campanelli
lo stormir delle fronde e un rumore di passi
sul pietrisco e come in sogno
il bisbiglìo discreto della tua voce.
*
Uno schiaffo in viso il vento del mattino
ed un raggio di sole è lo scherzo inatteso
d’un bimbo monello. Malandrino lo sguardo
ed un ghigno di lato mentre penso
ad amori sepolti o lontani.
Son le note nell’aria d’un bianco Natale
e lo stormire dei cipressi tra il grigio
delle nubi in cammino.
*
Inutile rimuginare
e tra innumerevoli ipotesi
figurarsi miracoli
troppo a lungo attesi...
Quel pane amaro
lasciato incustodito
è ora così duro ch'è pasto
indigesto persino ad un mastino!
*
Non so dove vanno a morire i miei passi
penso a lidi antichi miraggi ed oasi
nel deserto e penso a floride siepi.
Non so cosa chiedono i miei occhi
stormi passano celeri e non mi domando
se si tratti di corvi o gabbiani.
Né levo lo sguardo. L’acuto grido
non è il gracchiare grave che l’aria graffia
ed il bianco nitore è preferibile al nero.
Testimone di tanto clamore l’orecchio
il pensiero distratto un istante assai breve
ritorna allo svago consueto.
Così può apparire a chi a me dinanzi
legge assenze e non viaggi nei miei occhi
attratti da più quieti orizzonti.
*
L’altra casa, sonno d’amaca ed ombre cinesi alle pareti,
di lume fioco e veli e calici in alto... allegri
di giochi d’acqua e voli, di visioni e speranze sottese
l’altra casa di schizzi di inchiostro e fogli accartocciati
di parole balbettate ed occhi accesi dal desiderio,
di acquerelli sparsi a terra, l’altra casa giaciglio
di verde onde miranti al cielo tra fischi di merli
e quarti di luna, di stelle cadenti e castelli di sabbia
l’altra casa senza chiavi senza grate alle finestre
di sole e di vento di ali sospese, di mutamenti
e di tesori nascosti, ora è svanita nel nulla.
Non era che un disegno a matita.
*
Se tu comprendessi l’incomprensibile
ora potrei dire di amarti non come chi
seppure in modo ignaro riflette,
l’occhio fisso ad una bilancia che pende da un lato,
su ogni deficienza o carenza. Il peso d’una groppa
spezza l’equilibrio, facendo cadere ogni altezza.
Eppure so distinguere piuma e trave
un’ala che sfiora una rosa
da un volo sospeso sull’intero giardino.
Eppure so capire una mano quasi distratta
in un gesto gentile ed il turbine d’emozioni
d’un palmo che serra dell’altro le dita
per trattenerne in petto il respiro.
Se tu comprendessi il timore del fallimento
di chi pur discernendo tinte forti da tenui
e tempeste da brevi piovaschi, non sa far differenze
ora potrei dire di amarti non come chi
folle scaglia saette nell’aria seppellendo il sorriso
d’un tratto nell’abisso più oscuro.
*
E’ stata un’attesa vaga
ed inutile.
I dadi lanciati in aria
come per gioco.
Possibilità sprecate
in promesse mute,
d’aria e d’acqua.
Ecco ora s’annega
oppure è un nodo
a serrare la gola,
la sorte mutata
per mano di esseri
inetti e di filistei.
*
Ogni tanto t’adombri
come la luna a sera tra i nembi
e scrivi stringhe, non attendi
repliche, non domandi non neghi.
Ogni tanto delle stelle ti appropri
lasci il cielo sbrecciato
e il lume spento alla finestra
che da sulla strada.
Ogni tanto dimentichi la pena
d’istanti senza canto né vele
e le ombre che affiorano e vanno
il passo svelto come l’altr’anno.
E lasci vuoti che incutono timore
e cose che cadono e fanno fragore.
Ogni tanto mi ami senza la luce negli occhi
con lo sguardo abbassato
che vorrebbe spogliarmi
di una vita sì grama ed inerme.
Ed osservi il cammino percorso
di spine e di sassi e di gocciole sparse
di brina e di pianto.
Ogni tanto mi ami oltre ogni umano
sentire l’amore. Ed è sublime!
*
Rimugina il pensiero su binari chiusi
e deviazioni su quei voli sopra fili spinati
e gira la lama nella piaga
Inutile affaccendarsi sulla retta via
agguati nei vicoli ombre dietro l’angolo
dicono che il tempo è mutato
Vorrei dire di provar sollievo
ma è un fallimento questo trave
piazzato di traverso sulla via
E’ freddo all’improvviso.
Ed è come essere nudi.
*
Lo sguardo chino
sorveglia i passi per le vie
tra le pozze nel mezzo ed i cigli
straripanti di terra e rami.
E sempre penso a quella casa muta,
le tegole rotte e le finestre chiuse.
E busso…ancora busso all’uscio
anche se conscia di tante stanze vuote.
Piove… E i miei pensieri son tristi,
ma non per quel cielo grigio sopra il capo.
*
Scoppia di rosso l’aria
al vibrar d’uno stuolo.
Nero su bianco.
Stridulo il coro non intona canto
ma un lamento scava l'aria.
La vita nuova è oltre le nubi
sorvolando chiome
coni grumoli. Approdi
che sembrano lontani.
*
Ore interminabili d’un tempo
che non ha più scritture.
L’aria ha suoni gemiti silenzi
un alfabeto nuovo per altri itinerari.
Inutile è stato fermarsi al largo
ed aspettare col cuore stretto dalla pena.
Veder di tanto in tanto prue toccar la sponda
udire voci frammiste al grido dei gabbiani.
Breve illusione sul crescere dell’agonia.
V’è un deserto in mare aperto ad intimorir
gli animi più che sulla terra.