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La signora Dalloway, Virginia Wolf, recensione di Annalisa S

di Annalisa Scialpi
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Pubblicato il 13/11/2024 21:43:04

 

Virginia Woolf ambienta il suo romanzo in un unico giorno (un mercoledì di giugno del 1923), quello in cui la borghese signora Dalloway prepara il suo ricevimento. In una Londra erede degli strascichi puritani della fase vittoriana, personaggi e micro ambientazioni si intrecciano. E non si tratta solo di ambientazioni esteriori, scandite, per esempio, dalla vivacità metropolitana con le sue botteghe e le strade rumorose, ma soprattutto interiori. La vita interiore si dilata infatti in alcuni personaggi, alcuni dei quali assurgono al ruolo di 'doppio' della protagonista. E' il caso di Septimus Warren Smith, un reduce di guerra in preda ad allucinazioni, che gli schiudono una sorta di follia misticheggiante o molto più probabilmente nelle intenzioni della scrittrice, un'apertura, una possibilità. Lo sventurato asserisce di parlare con compagni morti e pare, nei suoi soliloqui, di voler comunicare una sorta di condensato di conoscenza a cui ha avuto accesso e del quale sembra smanioso di parlare. Per esempio della certezza che 'la morte non esiste'.

La preparazione del ricevimento mette Clarissa di fronte a una vecchia fiamma, Peter, il ragazzo che ha amato e che pure non ha sposato e che gli rimanda, irrimediabilmente, la sua immagine di donna di mezza età borghese, ingessata in quegli stessi obblighi e formalità che pur ha scelto, sposando Richard, un membro del parlamento del partito Conservatore, pratico e in fondo, ingenuo.

La penna della scrittrice, con un acume e una grande raffinatezza, s'intrufola in queste vite borghesi e aristocratiche: vite arroccate agli antichi privilegi, prigionie coscienti accettate con conformistica imparzialità. Nel romanzo vengono inoltre tratteggiate altre figure 'meno nobili': è il caso di Miss Kilman, pedagoga della figlia Elisabeth, una vecchia zitella rozza con l'unica soddisfazione di ringhiare sul mondo la sua superiorità morale, nel nome di un 'amore' che redime ma, in fin dei conti, non salva dagli assalti della 'carne', umiliata e offesa dagli insulti della civiltà.

Ma chi è, davvero, la signora Dalloway? In un certo senso, essa rappresenta Londra, il suo equilibrio soffocante, la sua borghesia calcificata e per contrasto, la vita interiore che si dilata, messa sotto pressione, fino quasi a scoppiare nei deliri di Septimus o nella malinconia che pervade la stessa signora Dalloway quando si accorge, attraverso Peter e l'incontro con Sally, l'amica d'infanzia, che non le resta che accettare le sue scelte e in questo, forse, trovare la pacificazione. La stessa che Septimus, suo alter ego, non trova e per questo,si consegna al suicidio, forse come ultimo tentativo di comunicare un bisogno di compiutezza inespresso.

Nonostante la meschina pressa civilizzatrice, Londra non riesce a sopprimere la vita, le passioni, le ardenti nostalgie che vibrano dietro la maschera mondana della protagonista.

" Ma che cosa si può mai sapere anche delle persone che fanno parte delle nostre vite quotidiane? lei interrogava. "Che cosa siamo tutti, se non dei prigionieri?"


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