Ha avuto ragione il saltimbanco
che tagliò la corda per non perdere
l’equilibrio? Era la pace in bilico
e combattuta come a cadere.
Da un ramo pendeva una piccola
forca che gli affamati di morte
chiamano forchetta e davvero
indica quando fare un solo boccone
di detti e ridetti che nessuno ricorda
oltre i postumi. Molte macerie
scambiano le fondamenta con giacimenti
di polvere: che volete da lei? Chiamiamo
mela la presunzione e morso il tempo
con quei denti caduti dal filo e dal segno.
Sibila il giorno dovuto a giri e rigiri
alle porte del sole, a spasso tra i bisogni,
sullo sfondo la guerra dei mondi terrestri.
Il saltimbanco non é solo: le mosche
rovistano i depositi pattugliando il fronte.
Il vento si mangia le mani e le imposte
ancora in viti sbattono a tempo.
Il tempo è il funambolo? Per chi si esibisce?
L'orologio da tasca lo abbiamo in mente
come una discrasia tra idea di possesso
e consumo di colpi, tra aggressione naturale
e alibi di semi interrati. Il creato è indotto
del caos: anche dio è andato per il mercato
e la sua borsa è presa dalle bancarelle.
Di chi credi sia il regno, passeggero?
Chi ha teso la corda ha mangiato
la foglia, aspettiamoci i suoi rifiuti.
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