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I fiori perenni, un racconto di Annalisa Scialpi.

di Annalisa Scialpi
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Pubblicato il 15/10/2024 10:36:27

 

C'era una volta una giovane donna, che viveva alle pendici di una montagna. Gli abitanti del posto avevano compassione di lei ed andavano spesso a portarle doni: cacio, uova, verdura. Lei accettava appena, accogliendo tutti con un tenue sorriso. Poi, inventando una scusa, tornava alla sua baita. Si diceva che fosse figlia di un bracconiere e che stesse espiando le colpe del padre, arricchitosi sulla pelle di poveri animali. Qualcuno sosteneva che era stato l'amore per suo fratello, ucciso in battaglia, a farla chiudere nel suo eremo di malinconia.

Evita era bellissima: alta, aveva capelli nerissimi che le scendevano fino alle spalle e un volto dai lineamenti così perfetti e aristocratici, da sembrare una dea. Si diceva anche che gli animali di quel luogo la amassero a dismisura e si eranono visti spesso stormi di uccelli danzarle intorno. E pare che avesse pure familiarità con le creature invisibili. Si dice che sua madre fosse stata una strega malvagia, che l'avesse assediata di richieste impossibili, tra cui il completamento della costruzione della baita, fino a esaurire tutte le sue energie. Ora la madre era morta, ma qualcuno raccontava di aver visto la giovane discorrere con lei ai piedi della montagna: a quanto pareva, sua madre non la lasciava in pace nemmeno da morta.

Un giorno passò da lì un giovane bellissimo. Era un viandante o forse un principe. O entrambe le cose. Il giovane chiese ospitalità a Evita che, per educazione, gli concesse un giaciglio nella sua casa. Evita conobbe, per la prima volta, la concupiscenza. E prese a desiderarlo con un ardore così forte da causarle violente febbri. Si dice anche che, in quei momenti, maturasse degli speciali poteri. Per esempio quello di far sbocciare fiori, anche in inverno.

Il principe, un giorno, le disse che sarebbe ripartito. Lei non fece nulla per opporvisi. Il giovane, in realtà, voleva mettere alla prova il suo amore. E in segreto, sperava che lei si opponesse alla sua decisione con tutte le sue forze. Ma Evita non lo fece. Anzi, lo aiutò a preparare il suo corredo di viaggio, lavandoglielo e profumandolo. Il principe aspettò fino alla fine. Ma il giorno in cui andò via, lei era già uscita.

Si dice che dopo la partenza del giovane la bellezza di Evita sfiorì. E che si trasformò in una specie di corvo dalla pelle pallida. Gli occhi persero la brillantezza e i capelli iniziarono a cadere, fino a che dovette tagliarli. Divenne così brutta che, in tutti, suscitava un misto di sentimenti di comapassione o di ribrezzo. Evita iniziò a suonare un'arpa, ma la sua musica malinconica, che arrivava fino al villaggio, stancò gli abitanti. Allora Evita prese a bere e a maledire tutti, compresa la sua vita.

Ma, un giorno, da lì passò una donna bellissima, come lo era stata lei, prima dell'incontro con il giovane. Aveva lunghi capelli neri e occhi grandi e profondi. La donna bussò alla sua porta:

"Chi sei?" chiese Evita, senza aprire.

" Sono colei che hai chiamato" disse la donna.

A quelle parole, anche se con un pò di diffidenza, Evita aprì. La donna aveva abiti regali e Evita le si inchinò:

"Oh, ma lei è una regina" disse.

La dolce signora l'abbracciò. Senza ribrezzo, le sfiorò il volto.

E fu in quel tocco che Evita si riconobbe. E pianse così tanto che le lacrime lavarono via la polvere dal suo vestito e dal cuo cuore. Le lacrime divennero torrenti e poi laghi, in cui Evita rivide una antica casa e la regina... Era lei! E quando prese uno specchio, vide le sue guance fresche e rosee, i suoi lunghi capelli, i suoi occhi neri e penetranti.

"Sono io" disse alla donna, ma quella già non era piùì.

Così preparò le valigie e partì, lasciando la baita dove aveva vissuto col fantasma di sua madre. Anzi, fu òproprio accanto al suo giardino che evocò sua madre e la congedò per sempre con la frase: "Ti amo e nell'amore ti lascio andare. Ora sei liber di continuare il tuo viaggio ed io il mio. Grazie". Dopo il rituale sentì che doveva cercare colui che aveva perso. E ora aveva fiducia in se stessa, perchè sapeva che, a qualsiasi suo ordine, avrebbe risposto il mondo dell'invisibile, che tanto l'amava. Nella valigia mise solo due fiori: uno chiamato coraggio e l'altro fede. Quei fiori erano sempre stati lì, nel suo giardino, indenni al cambio delle stagioni, in una perenne fioritura. Per questo erano gli unici che prese con sè. E partì per ritrovare l'amore.

Se un giorno dovesse capitarti di scrutare un giardino o il tuo giardino, cerca quei fiori. Perchè essi sono lì, in attesa di esser colti da chi non ha dimenticato Amore.


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