In certe stanze s’entra spogli
senza cellulare e tele e schizzi,
sola divagazione dal pensiero
la parola...
buona triste intimorita scalza
lampo miraggio speranza atto di fede,
la parola giusta secca ermetica rebus
la parola che dice e nega quel che dice
ed ha sempre ragione.
La parola pura come un cinguettio tra i rami
come una margherita gialla come l’odore della siepe
come un mazzo di roselline pieno del suo rosso,
senza la nebbiolina e la foglia finta lucidata a nuovo
e quella specie d’arazzo luminoso intorno.
Un mazzo di roselline rosse,
vergognose d’attirar lo sguardo curioso e audace,
con la luce viva come fosse sangue
che alla pelle affiora.
In certe stanze s’entra con l’anima
lasciando il corpo fuori sulla porta,
come un paio di scarpe sporche,
e senza il catalogo di scene studiato per l’occasione.
In certe stanze s’entra con il vero sulla bocca e negli occhi,
con la parola ch’è lenza ed amo e cattura emozioni
accende mille fuochi spegne gli affanni,
con la forza del coraggio,
che non lusinga non deraglia
non inganna non trama.
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