Sabato era un sabato con l’ombra alla gola
mentre tutto il resto si esponeva
alla contraffazione del colore.
Nessuno di noi aspettava la domenica
come se il sollievo piovesse dall’alto
a forza di calendario.
Qui l’afa è un cappello poggiato sulle sedie: sta lì
che tiene il posto mentre intorno
si attestano vuoti.
E c’era, ricordo, il carrettino del sorbetto
al limone che avanzava sul litorale
con i cerchioni a raggi sottili affondati
fino al ginocchio:
allora a fatica, ora come ciò che è stato
ma non sarà mai nazione, solo zanzare
con il passaporto da squali. Un popolo
galleggiante tra ondate
di yacht. La nautica adesso è così poco
umana che le ancore sviluppano un’unità
di fondo e le rotte si saldano per riunirsi
al largo, largo abbandono di ciò che amo
e non amo quel che ora è.
Qualcuno disse va bene così: deve cambiare
l’uomo perchè il tempo cambi, però le loro
ombre durano più delle rovine che le generano.
Questo ineffabile golfo battuto dal maestrale,
mantiene diafani
nella termica che mi viene in mente
ed anche se spalanchi dio sa cosa è meglio
non entra ma esce vento: conosci altri posti
in cui avviene?
Non dirlo, non dirlo, taci!, perché schizzato
dal mare sono fuori luogo
mentre incute fuoco il continente.
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