Calabria terra antica e casta , un mesto canto
s’apre meravigliosamente nella mia mente ,
m’ apre balli e canti nuovi nel vento, volto , verso nuove avventure.
Lungo il mio viaggio ho visto i resti
di vari ghetti , comunità di cui la storia avvolge,
tra vicoli stretti e mura di pietra lavica.
Luoghi in cui la natura ha tessuto un fitta rete
di erbe selvagge, tacite pietre e tra quei ruderi
s’odono ancora l’eco di voci , giungere al cuore .
Dai tempi andati , emergono una moltitudine di popoli
gente comune , giunte qui, su queste terre amene
ebrei giunti da terre lontane,
Scacciati da varie nazioni e da grandi signori
con la fede, salda e il cuore legato
alla sorte del propio nome.
Cercarono essi un sicuro rifugio in queste piane.
Sotto il sole caldo e ardente,
tra ulivi e vigne, lavoravano indefessi
Artigiani e sognatori , alcuni s’incontravano
in segrete sinagoghe, e tra preghiere ardente,
Rammendavano il loro triste esilio
uniti contro un disperato destino
Ogni sera il cielo si faceva rosso,
sul mare azzurro s’alzava un dolce canto,
di un popolo antico e oppresso
senza dimenticare il loro incanto.
Le catene dell’inganno e del patto con il Dio vivente.
La mitica terra promessa
La sacra sposa la ricerca di libertà ed amore.
Racconti di rabbini e di sagge,
storie di coraggio e di sofferenza,
Venivano trasmesse ai più giovani nelle notti in riva al mare
sulle bianche spiagge, sotto milioni di stelle ,
in molti ritrovavano la loro speranza.
dimenticando l’odio razziale.
I bimbi giocavano tra i vicoli stretti,
mentre i vecchi narravano leggende,
di un passato lontano e non perfetto,
ma sempre con l’animo rivolto al domani.
Oggi cammino tra quelle vecchie strade,
Sento ancora l’eco dei tempi, passati
di un popolo mai si arrese al suo destino ,
Vivo nell’animo e nei campi fertili del pensiero umano.
Cosi quando raminga l’ombra dell’esilio,
appare sotto il peso delle leggi e del timore,
Al timpone si lasciarono case e templi
di antichi profeti per arrivare dove il canto diventa
un racconto, dove la morte si bea in seno alla vita
Ove mai persero il loro ardore.
Ripartirono essi , sempre, verso terre straniere,
portando con sé la loro antica storia,
con preghiere, libri e visioni vere,
in cerca di un futuro meno crudele.
Lungo il cammino soffrirono pene,
ma mai persero la loro fede,
uniti in antiche catene,
nella diaspora trovarono a volte la loro sede.
Ma nel cuore, la Calabria restò .
In se con la sua lingua e le sue tradizioni ,
come un faro nell’oscurità,
ogni notte ognuno sognava,
di tornare alla sua libertà.
Anni passano, generazioni cambiano,
ma l’anima mai si piegò
infine le strade si rivelò,
verso la terra , il cuore invoca
Ritornare per alcuni fu dolce e pieno di lacrime,
tra le rovine ritrovarono le radici delle loro famiglie,
nel ricordo e nelle nuove generazioni.
Calabria fu sempre una gabbia dove restare nascosti.
Le sinagoghe rinacquero dal racconto,
Nei vicoli stretti risuonavano canti,
tra ulivi e vigne il loro amore,
Si ritrovarono in giorni sacri al santo benedetto.
Tra i monti e le coste calabre,
visse un esule popolo tenace,
nonostante le tempeste avverse,
continuò a fiorire con coraggio e pace.
In ogni luogo di questa terra.
Nelle notti fredde, sotto cieli stellati,
gli ebrei calabresi continuano a cantare
un domani luminoso e chiaro,
dove bibbia e pace , realizzano un sogno di libertà.
Le donne continuarono a preparare pane e vino,
mentre gli uomini studiavano la legge, dei padri
nel cerchio della vita, come un libro in cui sono scritte
generazione in generazione il viaggio verso
l’aldilà.
Le feste e le segrete celebrazioni le calde,
luci delle estati , antiche tradizioni,
tra balli e canti, sotto stelle alate
si narra di storie, si materializzano visioni.
La storia dei ghetti ebraici, calabresi
Continua a vivere nei cuori e nei canti,
di chi visse questo esilio , veste di
un popolo che conobbe vari martiri,
ma che mai si arrese ai pianti.
E queste ballate restino eterne,
a ricordar la forza e la fede,
di un popolo si piegato dalla differenza
e dall’indifferenza ma che mai
si piegò al male del suo tempo.
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