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Saliscendi

di Dereck Louvrilanmè
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Pubblicato il 03/08/2024 17:22:01

Ho chiamato l’ascensore nel vano 

di una tromba che stanca con la solita scala

ripetuta a più non posso - quasi

un sagrato per lo spirito coll’uso.

E che fare, sennò? Chiamo l’assente 

e viene

stridente sulle sue costole nude, brunite

e ritte che sfilano piano piano verticali. 

Una sorta di carattere di ferro 

per resistere agli sballottamenti

in umore di passaggio. Su e giù 

come in una giostra con i seduti legati 

a catene in un vorticoso procedere:

la depressione è centrifuga solo distratta.

Basta il tasto giusto, suppongo: dovrebbe

riportare alla serenità dell’ultimo “sei tu?” 

No, ora sono 'altro' - un numero 

interno per il prossimo che scalo - scemato 

dalla pedana che pesa le persone 

e spegne la luce a cuor leggero. 

Come in amore chi esce dal bacio

lascia in sordina per dire che non sente. 

L’ascensore è più ospitale del ricordo 

che si fa strada nelle sue corde.

 


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