Pubblicato il 20/02/2012 08:45:28
Thema Siamo orgogliosi di essere italiani?
Questa domanda sorge in continuità con le difficoltà e i successi presenti nella storia del nostro Paese emersi dalle riflessioni fatte in questo anno del 150° dell’Unità d’Italia. La valenza storica di quest’anno e gli eventi promossi per evidenziarla hanno infatti invitato al richiamo delle radici comuni sia dal punto di vista istituzionale che da quello culturale, cercando di spingere ogni cittadino verso una maggiore profondità e consapevolezza di cosa significhi essere italiani. martedì 27 dicembre 2011 La voce dell'artista: la poetessa
NINNJ DI STEFANO BUSA' scrittrice, giornalista, critico, poetessa
D: Pensa ogni tanto a cosa vuol dire essere italiano e/o appartenere ad un Paese come l’Italia? R: Essere italiano in questo periodo storico vuol dire “arretratezza strutturale, formale, e di pensiero”: lo schema è piuttosto piatto, non si notano scatti d’ala, dovremo aspettare i risultati di quest’ultima pletora di burocrati e tecnocrati per visualizzare un qualche movimento che regoli il meccanismo inceppato. Troppo e per troppo tempo, abbiamo sottovalutato le inadempienze, le incongruenze, la burocrazia, l’inefficienza del sistema-Italia. Abbiamo perso il treno. Per il momento siamo fermi sul binario in attesa che ne passi un altro. E questa volta, badare bene di non perderlo, perché sarebbe la fine. La verità è che non si affrontano i problemi dal lato strutturale, non si aggiustano le situazioni, non si effettuano tagli equi, si fanno arrangiamenti che toccano solo le tasche dei poveri cristi, sempre gli stessi, in barba ai miliardari che hanno patrimoni ingenti e godono anche dello “scudo fiscale”.
D: Che cosa ritiene identifichi l’essere italiano, l’appartenere ad un Paese come l’Italia?
R:Il nostro è un Paese meraviglioso invidiato da tutti, (disprezzato, magari, dai più che non hanno le nostre stesse qualità, fantasie, bellezze...): siamo un popolo grandemente solidale, tollerante e generoso e su queste formule dobbiamo riappropriarci della nostra vera identità, rifarci il buon nome sbiadito e tirare innanzi, ancora una volta, come se fossimo usciti da un’altra grande guerra, questa volta quella economico-finanziaria fatta di Btp di Bond, di Spread, una finanza in mano ai magnati, alle banche, ai grandi speculatori, ai poteri occulti.
D: Ci sono aspetti del nostro Paese che La rendono orgogliosa di appartenervi?
R: Per me, l’orgoglio di essere cittadina italiana si è andato stemperando, ormai siamo incorniciati come un popolo di mentecatti, di buonisti ad oltranza, di succubi. La parte migliore di noi ci dice di non arrenderci, ma sarà sufficiente dire no e basta, ma poi a chi lo gridi? Nessuno ci crede più, a chi rivolgere quindi il proprio NO? Fin’ora ogni governo ha fatto la sua strage, il suo danno irrimediabile.Saprà questo Governo provvisorio, fatto ad hoc per la circostanza, venuto dal nulla (alieno alla politica ufficiosa e spocchiosa, alla casta disonorata e corrotta (molti deputati inquisiti o finiti nelle maglie della giustizia) a programmare un capovolgimento di situazioni ataviche, di immobilismi secolari, di veti incrociati, di congreghe cronicizzate, di malavita, di corruzione, di malagiustizia?
D: Quali aspetti dell’Italia La deludono o La fanno arrabbiare?
R:Molte, troppe cose deludono di questa Italia indolente, pasticciona, inerte, arretrata, fatalista, che sembra aver sempre creduto che i problemi li risolvano gli altri o, peggio, si risolvano da soli.
D: Ha qualche pronostico in mente sul futuro dell’Italia?
R:Essere Italiani oggi non è un vanto. Ma dobbiamo sperare! sperare! La speranza non muore, si piega, ma non si spezza. Traduciamo dunque il pessimismo in moderato ottimismo, guardiamo al bicchiere mezzo pieno, anziché a quello mezzo vuoto. E che Dio ci aiuti, ce la mandi buona. L’uomo poco prima di sprofondare ha sempre fatto un passo indietro per non inabissarsi. Staremo a vedere.
D: Ha qualche consiglio da dare al nostro Paese e/o alle persone che lo compongono?
R: Una delle ricette possibili è quella di rimboccarsi le maniche, non essere schizzinosi coi lavori più umili e comuni, amare la terra e i suoi derivati (quindi un ritorno magari parziale a coltivare la terra degli antenati), per non farci sovraffollare il territorio da una pletora sempre più enorme di immigrati, che aggiungono la loro miseria alla nostra, portando i loro guadagni fuori dall’Italia, alle famiglie lontane. I tempi sono finiti: le vacche sono state munte a tal punto da non avere più le mammelle. A buon intenditore!...
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