Dopo le nuvole
deflagra il sole
deflagra il sole
ed è nitidezza.
Certo: basterebbe sfiorarti con gli occhi,
immaginarti in una scheggia di vetro,
costringere Omero alla computa direzione,
valicando onde e superflui assassini
e consegnarmi a te,
da nome a nome;
sostanze che si avvolgono alla sera
e piangono.
Piangiamo piccoli rospi e sentimenti.
Piangiamo.
Una volta, quando gli ingranaggi
non si perdevano tra le voci,
c’era luce nella stanza.
E nella foresta dietro la finestra
dei bambini.
E nei bambini un continente.
E quando i fiumi scendevano a valle:
ecco il Pianeta verde,
ecco il Pianeta mare
nell’incastro d’un bacio;
quasi come sfiorarsi;
quasi averti.
In questo tripudio di elementi semplice
si è accasciato corposo il buio.
Costruisce ciminiere intorno al corpo
il buio.
E la foresta collassa.
Senti che sta salendo
destabilizzando la meccanica cardiovascolare:
ogni ordine, ogni sussurro nel castello sospeso –
entrare nelle tue camere, ascoltare il tuo sonno
dirti a mezza voce
che sto cadendo se sono nel vuoto
se non accendi il fuoco dei tuoi occhi
sto cadendo dov’è corposo il buio
e sale fumo a nascondere il cielo
così dissolto in altro e altrove
furioso, criticando il dolore del rimpianto
salivando odio sulla mia bocca livida
divorata da ciò che sei e non ho
se non accendi il fuoco dei tuoi occhi.
Mi sarei dovuto soffermare di più
sui dettagli e impazzire:
distruggere la stanza,
motivare qualsiasi dialogo assopito nella vita.
Correre tra gli scogli.
Non irrigidirmi.
Galleggiare pur sentendo il silenzio
che falcia intorno un’eternità e noi.
Disperato. Piangendo.
Piangiamo piccoli rospi e sentimenti.
Piangiamo.
Io asciugo il tempo
e deflagra il sole sui corpi infelici.
Tu apri ogni via di fuga.
Tu chiudi ogni via di fuga.
Tu abiti in me.
Tu abiti oltre.
Non sei penna o luna:
mi sto stringendo al petto un’assenza.
Salite. Salite bambini
e portate in cielo il fuoco dei suoi occhi.
Lasciate che incendi qualsiasi artificio
e sia alimento per ogni strato comportamentale.
La foresta deve tornare a parlare.
La foresta deve continuare ad avvolgerci.
Bambini, c’è sempre la sua voce
a trafiggere gli ingranaggi del cuore.
Lei non conosce malinconia.
Le sue foglie sono montagne innevate
che il vento sconvolge
e armonizza
e tremo.
Bambini, io faccio fatica a non impazzire:
ho visto ogni giorno il mondo accasciarsi
davanti ai suoi occhi
e piangere.
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