Ho paura qualche volta, sempre.
E' il taglio sul cuore,
arresto cardiaco sul marmo nudo
del mattatoio familiare.
Ho paura quando non so cosa dire
e la marea, nuda, si ritrae dai castelli
di sabbia
con le vuote conchiglie esangui.
E' una piovra, il dolore;
un'insenatura di spavento dove la luce arretra
su abissi di cenere
e lascia sfilacciato il filo mangiato della memoria.
Era cremisi, lo specchio,
dove sfrecciavano ebbre le mie farfalle in volo,
piegati, gli steli, dallo strenuo danzare,
prima che la cesoia del peccato ammazzasse il cremisi.
Ora mi dimeno nell'ambulatorio ordinato dei giorni,
recise, le vene, da una scomoda memoria ridondante,
come un disco inceppato che scarabocchia
nuvole di terrore.
Oh, i fiori piegati!
Gli steli recisi con le rondini dei primi maggi!
Ma sono ancora io che, immensa,
grondo di lussuria verso il cielo,
rinascendo sul verde spezzato
come spina di quarzo, dal cuore.
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