Ancora una volta non pronto alla mia scelta
mi ha sorpreso la fine di dicembre:
il vuoto sotto i passi, come credo s'attraversi
la bruma mattutina, in volo e persi
con l'auto appena scossa dai pensieri.
Non so cosa m'aspetti, il fuoco rimando
a chi lo accende - io non lo rubo.
E mi appiglio alla matassa delle strade,
mi difendo dagli sguardi d'annonuovo,
dai frammenti di vaso non sincero.
È ormai il tempo dell'aratro nella mente.
Ciò che si impone rovente non ti attende
e ti turbina i progetti da lontano.
Tu, leggimi l'oroscopo e la mano
- io, mi tramonto le tende nella seta
vado a mungere il latte dalla neve
a centrare con i sassi le vetrine -
tutto, pur di non scegliere il coraggio,
pur di non sacrificare a questo freddo
il mio ultimo ventaglio giapponese
fatto di mandorli in fiore, di viaggio,
di storie di colombe tra le pieghe
- di nidi che si aprirebbero al tepore.
Pur di non riempire i contorni dell'affresco
- e devo farlo, prima che il vento lo asciughi,
che il fine battito sul foglio si oscuri,
che di me alla bocca svanisca il sapore.
Ma nessuno dei colori io preferisco
- ho un prisma annegato in fondo agli occhi -
se l'amore non mi basta, io non lo scelgo.