Stanco del proprio corpo
e d’un acrobatico pensiero
non più nuovi respiri
sulla opposta riva ad incitare il remo
La mano il moto dell’acqua
ed anche il vento nella sua boria
vincono il silenzio che cade
come drappo e cela la rinnegata gioia
al pari della collera la noia
la tristezza su occhi che non vedono
e bocche senza suono orecchie sorde
naufraghe in un luogo dove nessuna mano
simula carezze disegna abbracci
e separa labbra serrate
al pensiero d’essere dove non può
ma è sempre stato, testimone il sorriso acceso,
un sole nuovo nella notte tarda,
nella notte nera, nella notte di chi non esiste.
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