Disciolta la mussola coi resti del pino
ora arde il ceppo dei dodici giorni -
la calma è il passato nella tormenta
fra l'hora lunga del nostro velo
e il libro d'ore, antica vigilia.
Il respiro maggiore, il grande assente,
fiorisce da solo come una rosa,
la saracena non genera, nasce,
e il suo favore, che tu chiami profumo,
trapassa le cose poi si disperde
e, non senza prima averci sfiorato,
si chiude di nuovo in altro sonno.
Una sola fiammata nel piatto per cena
dove la luce non serve alla vista
dissolve l'ombra nel buio degli occhi
cantando un adagio prima del volo
nell'umida coppa dell'epifania
con la stessa dolcezza del biancomangiare
quando sgorga dal seno per un bambino
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