Pubblicato il 03/05/2018 16:19:12
Lia Cucconi … o la riuscita ricognizione dell’anima.
Facendo seguito al sottotitolo ‘Impercorsi d’oscure chiarezze’ che accompagna la raccolta poetica “Luoghi riemersi” di Lia Cucconi (*), ci troviamo ad attraversare spazi di riflessione concettuale enunciati dall’autrice in funzione di un coinvolgimento che, in qualità di amanti della poesia e che per questo la leggiamo e la interpretiamo, siamo chiamati a concederle, a fronte di un lessico impersonale in cui ogni singolo avverbio o locuzione ha valore ‘a sé stante’, pur nella interattiva relazione grammaticale che si prepone …
“nel cerchio fratto… resta il punto al centro… come incessante stare sullo schermo… dove… l’eco del sapere… si fa evento d’impercorso ramo… nel suo caduco lemma d’esilio oscuro in brocchi a voce… appunto… estesa mobile d’un punto in superficie di linea costante…”
L’unità lessicale ‘impercorsi’ in quanto negazione di ‘percorsi’, apre qui un agglomerato linguistico di non facile interpretazione che, seguito dall’ossimoro ‘oscure chiarezze’ determina un ricercato sconvolgimento delle interazioni reciproche: autrice-lettore / lettore-autrice sospinta a volte fino all’apostasia letteraria, fuori dunque dalla schematizzazione di una certa poetica che si vuole entrata nella tradizione. Un intervento fortemente propositivo che trova la sua ragione d’essere nell’apertura programmatica minimalista, raggiunta (probabilmente) attraverso l’esperienza Tao/Zen dell’autrice, che si avvale della forma casuale e sospensiva dell’ haiku …
“…è muro disuguale nell’uguale… si disfunsiona l’ignoto di noi…”
“Luoghi riemersi” come ‘paesaggi dell’anima’ afferenti a quelle “zone o luoghi costruiti e resi concreti e reali dalle parole: reali perché noi li abitiamo, concreti perché loro abitano noi”, in cui l’autrice sviluppa un’analisi insolita (breve ma non allucinata) di alcuni ‘fenomeni interstiziali’ come l’assenza, il caso, l’imprevisto, il niente (che non è il vuoto), ecc. solo per citare alcuni titoli in indice, sottolineandone il carattere sintomatico e rivelatore…
“…breve d’imperfetto velario…”
“Si tratta – scrive Giovanni Gasparini (1) – di esperienze che stanno ‘fra’ e che di solito, si trovano in posizione marginale: interstizi della vita quotidiana a cui raramente si dedica uno spazio di riflessione. Quelle pieghe riposte della nostra esperienza quotidiana che pure ci interprellano, infatti, sui valori dominanti e su quelli emergenti nei sistemi sociali contemporanei. Un contributo atipico, che direi, piuttosto un approccio inconsueto quanto innovativo della poesia contemporanea che, paradossalmente, fornisce qui un supplemento di senso, portando l’esperienza ‘interstiziale’ al centro della riflessione interiore umana: mankind, habitat naturale, ecosistema, ecc. su cui si fonda e sprofonda la nostra struttura sociale…
“…l’eco disgiunto… in cui si disereda quel fuori già scomparso nell’inciampo chiamato vita…”
Ma che pure assume gli aspetti e le implicazioni di un viaggio ‘silenzioso’ e ‘vago’ nelle parole, nei dubbi avverbiali di tempo e di luogo che si offrono come componenti di base a una nuova esperienza concettuale, nella sorpresa costante delle interazioni fra ‘pienezze eccedenti’ ed ‘assenze occorrenti’. E ancora, il contrasto tra il volere e il fare, o forse, tra il volere e il dire, le parole e le cose, la dimensione dell’attesa e la funzione sociale del silenzio, dove le parole fluttuano leggere sulle pagine bianche …
“lontano… nell’eterno d’inafferrabile arrivo… si perse nel furore dell’immenso deserto.”
In termini analoghi, di un dire sommeso di ali che si dispiegano al vento, nella discontinuità di un andare/venire avvolto nel silenzio:
“Stiamo andando oppure tornando dall’eterno oblio?” (GioMa)
È così che i ‘Luoghi riemersi’ di Lia Cucconi, rientrano di profitto in quelli che Umberto Galimberti (2) ha efficacemente definito in “Paesaggi dell’anima”, riconosciuti quali luoghi dello spirito mistico, o anche del (non mistico) silenzio religioso, posti al di là del linguaggio razionale ‘pre-formattato’ cui la poesia contemporanea da tempo si defila: “Bisogna recuperare l’irrazionale che abita la profondità dell’anima, - scrive – e che ci fa accedere alla radice da cui si dipartono sia la ragione sia la follia, giungere al fondamento non storico della storia […] e recuperarne la ‘bellezza’ intrinseca all’armonia del tutto”.
Il passaggio è obbligato, allude a condizioni di base che faciltano il ‘viaggio’ intrapreso negli interstizi lessicali e nei ‘Luoghi riemersi’ individuati dall’autrice in una determinata alternanza di parola e silenzio, quale espressione di un dialogo personale particolarmente approfondito e intenso con se stessa, ma al tempo stesso rappresentativo di una presunta manifestazione colloquiale con il lettore che, se pur spiazzato dall’improvvisa rivelazione ne abbraccia il coinvolgimento…
“… nella impercorsa conoscenza… spesa in nebbie mentali… in io sospeso.”
Il ‘silenzio ascetico’ è quello al limite richiesto nella lettura di questa ‘raccolta poetica’ di Lia Cucconi a chi intraprende la via della conoscenza di sé, basandosi sul controllo dei sensi e l’assenza esteriore di ogni preconcetto, inteso non come fine a se stesso ma come disciplina di approfondimento della via intrapresa, qualunque essa sia, purché ne risulti coinvolta la riflessione, nel diniego di ogni ipocrisia coatta verso se stessi, di …
“…quella carne confusa per mancanza… perduta nell’angoscia della vetta… caduta … come assurdo fumo… a voto di correnti dentro passioni sacre… poi… carnalmente congiunta … nuda al piacere sconosciuto dell’assenza… … raccolta nello stagno d’ombra.”
Si potrebbe citare qui un ulteriore approccio dall’esito coercizzante come effetto dell’indicibile o dell’inesprimibile, soprattutto quando non si vuole svelare elementi non comunicabili, propri dell’individualità e dell’intima coscienza, che sappiamo (perché coscienti di una coerenza spesso difettosa), onde segnare il nostro viatico interiore che, in special modo nei rapporti interpersonali, si configura come rifiuto o indebito procastinamento di un comunicare assente …
“..odiata lingua del silenzio… tu… chiusa nel poema dei sogni… nudi per gli avanzi di parole… rubate… a babele di demenze incomprese di tutti gli inganni… a piramide… pungi incroci di sapienti… vuoti e spenti…”.
Eccola infine affacciarsi l’assenza/presenza di cui ci parla l’autrice, qualcosa che c’è dove non c’è e viceversa, in cui l'assenza è ciò che rimane di qualcosa ch'è stato e che ci rende schiavi di un'inquietudine estrema. Presente come può essere l’ombra ‘di un pettirosso che ha appena lasciato il ramo e che pure continuiamo a vedere, se non quasi a sentirne il cinguettio amoroso’, solo perché nel nostro immaginario ci sembra di ritrovare un momento di quella bellezza ancestrale di cui porta memoria la natura …
“… hai udito… un fiore piangere al segno dell’incontro del sepalo con l’ape?... …corpo accarezzato in calice… in sogni dentro un porto di riserva… strappa una regione di luce… più che mai solstizi d’io… e per il suo dubbio… chiedi all’alto orizzonte della mente… che il mai non sia il vuoto… dove il piede calpesta il ponte dell’ignota scena… …e della quiete mai abbia fine il cerchio.”
“In termini non molto dissimili – scrive Max Picard (3) – il rapporto tra parola e silenzio è centrale e ricorrente nell’espressione poetica, non solo per l’alternanza del detto e non detto (contrassegnato dai punti di sospensione), ma per il rapporto tra dicibile e non dicibile, per lo scarto tra parola e ispirazione di cui molta poesia dà testimonianza. In un certo senso, la poesia si può immaginare come sospesa tra il silenzio da cui ha origine e quello a cui vuole ritornare.”
Ma il mondo delle ombre cui l’autrice Lia Cucconi fa spesso riferimento non è quello delle tenebre mortali, anzi, le sue parole ‘come uscite dall’ombra’ si librano, dilagano nel vasto mare della conoscenza come a spingere il marinaio (viaggiatore spaurito) ad andare ‘avanti’ …
“…draga… quell’incarezzaevole dubbio… sull’alba corrosiva… finacheggiante quella fune d’oro… d’incanto oscuro in terra trottola… fruscio d’amante d’ali d’alcione che macinano buio… veste verbo al suo sguardo… senza peso… lui… nell’anello del remo… guarda i passi mai trascorsi… sotto l’albero forestiero di frontiera d’impercorso… …balenio delle sospese sue foglie”.
“Dare voce al silenzio, dunque – scrive Giorgio Bonacini (4) nella pstfazione a questa raccolta – in cui richiama l’attenzione su “l’invisibile che affiora”, per un conrtocircuito tra il dire e il tacere che s’impone come impossibilità di adesione; sia materiale, con l’esecuzione fonico-grafica, sia pensante, nella riflessione muta che sta nel parlare interiore e nella metamorfosi che agisce dentro la sostanza esistenziale della poesia. C’è sempre in sottofondo, tra fruscio vocale e brusio sillabante, un mormorio continuo che priva l’atto poetico del silenzio reale. […] Ed ecco che l’autrice, trova la lingua del silenzio ‘chiusa nel poema dei sogni’; in ciò contraddicendo l’avversione di prima (iniziale), in un paradossale contrasto tra silenzio e lingua, che vede il ‘dopo’, cioè la parola, appartenere a un ‘prima’ che sprigiona dal non-dire.”
Un ‘sostanziale’ in qualche modo indefinibile, e come prima si è detto indicibile, appunto ‘interstiziale’; da ricercarsi in indeterminati spazi e impercorsi meditativi o, se vogliamo, evocativi, posti al di là della siepe di leopardiana memoria, in quell’infinito umano che noi tutti abitiamo e che danno senso alla vita per comprendere e utilizzare al meglio la nostra esistenza. Un po’ come quelle cose che – a detta di Zygmunt Bauman (5) – noi tutti abbiamo in comune: “..parole che altro non sono che ‘resoconti di viaggio’, scritte in viaggio e che raccontano di viaggi”, intrapresi “…anche quando ci sforziamo di rimanere immobili nel punto in cui ci troviamo, guardando indietro e ripensando a come siamo arrivati fin qui”.
Note dell’editore:
(*)“Luoghi riemersi. Impercorso d’oscure chiarezze” è una raccolta poetica pubblicata nella Collezione di Scritture ‘Limina’ a cura di Flavio Ermini - Anterem Edizioni 2017. L’autrice Lia Cucconi, originaria di Carpi (Modena) si trasferisce a Torino nel 1961, dove vive. Dopo gli studi all’Accademia Albertina di Belle Arti e un periodo d’insegnamento, si è dedicata alla poesia e al disegno, partecipando a mostre e a convivi dialettali con disegni per libri di amici-poeti vernacolari in dialetto emiliano. Nel tempo ha ricevuto alcuni premi e riconoscimenti, compreso il Premio Roma in Campidoglio, intitolato alla ‘salvaguardia della lingua locale’ nel 2017. La critica del settore ha definito questa sua forma di poesia: “Voce fra le più significative e riconoscibili della poesia italiana neo-dialettale”, per i contenuti espressivi di temi civili. Tale aspetto è riportato anche nella poesia in lingua aperta alla ricerca sostenuta da consensi e riconoscimenti, consolidata anche in questa raccolta.
Note:
1) Giovanni Gasparini, “Sociologia degli intersizi”, Bruno Mondadori 1998, insegna Sociologia all’Università Cattolica di Milano, noto anche per “la dimensione sociale del tempo” – Franco Angeli, 1990.
2) Umberto Galimberti, “Paesaggi dell’anima”, Arnoldo Mondadori 1996, professore emerito di Filosofia della storia all’Università di Venezia, non ha bisogno di presentazione, ma vanno qui ricordate al cune sue pubblicazioni importanti: “Dizionario di psicologia”- Utet 1992; “Gli equivoci dell’anima”, Feltrinelli 1987.
3) Max Picard, “il mondo del silenzio”, Servitium Editrice 2014, è opera affascinate per lo stile piano e poetico, ma soprattutto per l'armonia che trae dagli infiniti "incontri" che descrive, come una "anti-fuga" di variazioni sul tema essenziale del "silenzio". Non l'apologia, non fuga dalla parola, bensì riscoperta del silenzio, quale luogo originario della parola, di ogni elemento del creato e soprattutto dell'uomo nella sua essenza originaria e incontaminata. L'opera viene riproposta nella nuova traduzione italiana a cura di Jean-Luc Egger, aggiornata e perfezionata sulla prima edizione tedesca del 1948.
4) Giorgio Bonacini, “Postfazione” a “Luoghi riemersi” di Lia Cucconi, op.cit.; scrittore e poeta ‘illuminato’ ha fatto parte del gruppo d’arte e poesia “Simposio Differante”. Tra i suoi libri di poesia: Teneri Acerbi (1988), L’edificio deserto (1990), Il limite (1993), Falle farfalle (con A. Pellacani, 1998), Quattro metafore ingenue (2005), Sequenze di vento (2011). Redattore dal 1989 di “Anterem”, cui collabora dal 1981.
5) Zygmunt Bauman, “Cose che abbiamo in comune”, Editori Laterza 2010. Uno dei maggiori intellettuali del nostro tempo, interprete tra i più originali della società contemporanea. Ha vissuto e insegnato in Polonia prima di trasferirsi in Inghilterra dove ha risieduto da più di trent’anni fino alla sua morte. Fautore della ‘modernità liquida’ entrata nell’uso comune, vanno ricordate “Modernità liquida” – Laterza 2012; “L’arte della vita” (forse il suo più qualificante) – Laterza 2012; “Dentro la globalizzazione” - Laterza 2017; “Amore liquido” – Laterza 2017. Le sue numerose opere sono state tradotte nelle principali lingue del mondo.
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