LAME
Là dove volta rapace
la folla di palazzi sopra il porto
una mezzaluna di brace
la mia vista inquieta.
Insegne di banchieri splendenti
accanto ad austeri snelli campanili
fari severi giallognoli e rossastri
d’eterea e pelagica oscurità
lacerano la comunione
per tragica grandiosità d’evoluzione
sulle banchine metallici carrelli imponenti
lunghi bracci di gru sopra i mercantili
possenti il diuturno dispiegarsi squarciano
dell’etra cristallino verso il blu marino.
Una bella giovane in care braccia quieta
sull’ultimo scoglio a solivo mi colpisce:
al diurno rosseggiare conclusivo
con tetri occhiali i suoi lumi proibisce.
Anche le canne, troppe, nella bonaccia
a pescare sull’intera terrazza allineate,
stagliano sulla mia cetra lame taglienti
le caligini della sera slavate.
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