LA TASSA*
A Voi, tristo Signore,
tutte le delizie ho destinato
del mio desco imbandito
ma non s’è saziato
il vostro appetito.
Per Voi dalla miglior botte
fior di vino ho spillato
ma non s’è placata
la vostra arsura.
Per Voi dura fatica ho lavorato
ma non s’è appagata
la vostra ingordigia.
A Voi fidente ho portato
monete e gioie rare
ma non s’è quietata
la vostra cupidigia.
A Voi dolente ho lasciato
delle mie amate figlie la più graziosa
ma non s’è aperto il vostro sorriso.
A Voi incerto ho consegnato
l’inciso Cristo degli avi dorato:
mosse avete le ceree labbra con voce bassa
e sguardi ardenti ancora chiedendomi qualcosa.
Per le Vostre pene tutta la notte mi sono angustiato,
il giorno abietto m’ha trovato
intorno alle funeree dimore a me più care.
Quando ha letto il Vostro malumore belli
antichi nomi e date entro gli anelli
come le catene e i denti aurei si sono illuminati
“ora che savi pure i trapassati
la loro tassa hanno pagato
gaudio m’è assicurato”
i Vostri occhi infine beati.
*Tramandata da un lontano tempo imprecisato questa storia, a monito dell'umana avidità, a me piccolo fu raccontata da mio nonno, che la riteneva certamente vera, soprattutto la spoliazione delle tombe, al punto da indicare il luogo ove coperte dalla vegetazione ancora stavano pietre del castelletto di quel tremendo Signorotto locale..
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