come il rumore di ogni cosa,
in fretta, cambiando nome,
a gettare ogni sguardo in cui mi vedo,
in fondo, dove un’improvvisa tristezza
riempie di facce un vecchio clown
al termine di un punto, di lato,
tra tramonti che forse celebreremo,
senza eternità,
come un cielo in cima ai rami,
dove il pianto continua interminabile
in ogni momento di sabbia,
per la debole poesia del vento mite
che si fissa in mille versi taciuti,
per la colpa di tranquille mattine
e di questo mondo distante
dopo ogni sempre,
per qualcosa da dimenticare,
qualcosa che forse capiterà ancora,
dopo sarà ancora morire
insieme al mare e un po’ di luna
fuori c’è una pioggia di rondini precise,
di vere increspature profonde,
come le notti ostinate di neri frammenti
oltre lo sguardo di caste vesti
e di tempie andate per finestre
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