Ruppero il dolore
in mille cristalli di luce,
morbide movenze luminose
che si fecero spazio in un terreo grigiore.
Curarono ataviche ferite
da cui ancora sgorga talvolta
una cascata di acre tremore,
un cereo spasmo di sofferenza
che in pochi attimi s’espande
e scolorisce la tela dell’esistenza.
Vividi colori si sciolgono in
un magma inconsistente,
una matassa inodore
che ogni umano nasconde
negli anfratti del cuore,
lì dove la nebbia cala come
acini di piombo
e si dirada solo quando il sole
di due occhi rinfresca l’anima
e le ore cadenti della giornata.
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