domani saremo lesti a sceglierci in coda,
due o tre passi all’indietro
e qualche mano a ricalcare un volo
e poi via a cadere, irripetibili e discordanti,
tra le due e le tre del pomeriggio,
proprio mentre il sole è uno qualunque
e il ricordo un’impresa di fogli,
rami in preda al tremore
giunti in fila e senza sposa
come verdi rimpianti di un colore,
e staremo sereni come fosse sera,
con quell’aria tiepida e straniera
annessi e distanti come la luna,
veloci e stagnanti
per svanire in processione a tutte le ore
poi oltre gli occhi
il tempo di un albero sceglierà di starci di fronte
-urlando per dire niente-
e le foglie saranno tristemente lente
passando sul vento
come la vecchia voce di un istante,
e anche le luci
arriveranno a rimpicciolire la vista
splendendo senza più sapore,
e in fondo alle lacrime una finestra sul mare
sarà per sedersi e appassire,
proprio quel mare
che alla fine ci stanerà come uccelli in sogno,
liberi di volare senz’ali
inseguendo il mondo e qualcosa di ieri
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