Ieri dalla terra, né un tremito né uno scherzo
levarsi pareva tra gli alberi più alti,
mentre il giorno seguitava il suo giro aperto,
crocchi di giovani ad un bar,
le donne a casa, a stirare o a pulire un po’ l’aia.
Oggi resta però il freddo,
è primavera ma cade giù il cielo,
nella pioggia il vento sfoga la sua natura
e all’uomo non resta più che la fuga,
quando colto dalla paura di finire nel vuoto,
ogni suo artificio sfugge a prigioni senza pietà.
Sono attimi per non dubitare,
per ferire la carne e l’orgoglio tra i crepacci,
nello zolfo il respiro pare perdersi in lame roventi.
Dopo che il cielo s’è spento,
dal silenzio sussurrano i sassi, sono pezzi rotti,
sono ossa di scheletri informi
che attendono d’essere colti da chi ancora resta.
Eppure quando giunge la sera,
ogni uomo è debole come un animale senza mani.
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