Un modo frequente d’abbatter distanze
il tempo non tempo che piega dinanzi a uno specchio
gioco distratta malvolentieri noncurante dell’esito
per osservare il cammino delle lancette su grigie pareti
sbianca il mio viso esausto sotto uno sbadiglio
scrivo con inchiostro indelebile sull’anima una pagina sofferta
quasi fosse un sillabario.
Sono come malata in un letto ad implorare la fine d’ogni supplizio
e conto le gioie_ qualcuna_ a patto che torni all’infanzia
tra l’erba dei campi e i quaderni e le bambole
un lusso d'assaporare in segreto. E cado come lungo la riva bagnata
non distinguo se dal sole o da un’onda che addosso
mi riversa il suo apice d’ira ed intanto sono tutt’una col vuoto
Io aria io terra, io vento che l’allontana dal mio orizzonte.
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