Pubblicato il 23/03/2022 16:31:10
NONNO, CLASSE 1899 Quassù è più freddo che sulle mie montagne. Dentro ghiaccio scavato prigionieri ci raggomitoliamo. Non temiamo il buio dalle vampate rischiarato ed il gelo è riscaldato dal calore delle bombe. Sorseggiamo poco vino rosso ed aspettiamo, nella notte che incombe in fondo alla trincea da ieri un rancio. Con dita rotte scrivo al mio paese: della gioventù raggelata del silenzio stroncato dello slancio stremato della prece singhiozzata. E’ colpita pure la borraccia, non resta che masticare la neve rosata. Ha uno strano sapore sulla lingua metallica. Nessuno sa, non v’è di questo dolore che scroscia memoria al mio paese. Vorrei fare ritorno e raccontare, dell’avida morte nostra consorte, della gelida angoscia nostra sposa, perché dal vostro domani nei cuori entrando questa nostra sorte pietosa s’allontani.
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