Gil è come una ruberia di frutti.
L’impulso irrefrenabile di addentare
la carne ocra e bruna fino al nocciolo,
prende dalla bocca dello stomaco le labbra.
Un padre ha già divorato il figlio, dicono.
Io non ci credo, ho risposto loro.
L’ho piantato più volte, ma ancora
ancora sempre è cresciuto. Mutante
per la marea di stimoli, invaso
marino che si modella a fondo
fino a cogliere l’umanità fuori
dal suo giro, Gil è l’unica residenza
che ho costruito in vita.
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