Nacqui cieco nel divenire dei flussi del tempo pur vedendo.
Crebbi,
stagione dopo stagione,
nell'oscurità della mente,
all'ombra di ancestrali paure
con cui nutrii cuore e anima.
Il velo della notte calò perenne sui miei occhi,
giorni velati d'indifferenza,
intrisi dell'oblio del tedio,
dove sentimenti ed emozioni erano sconosciuti.
Eppure pretesi di camminare sulle acque,
ed ogni volta sprofondai sempre più
nelle paludi del mio ego.
Sfidai senza ali gli immensi spazi,
e come Icaro abbracciai madre terra.
Osai sfidare le sacre montagne,
mille e mille volte caddi e mi rialzai,
ma come Sisifo,
mai raggiunsi la vetta.
Il mio non fu un camminare da uomo,
ma uno strisciare su aguzzi sassi che lastricavano i sentieri della vita,
dove la mia anima si lacerò.
Guardai attraverso quegli squarci e vidi una luce.
La seguii,
lontano viaggiai fino alle stelle,
fino a che spazio e tempo si annullarono,
mai mi arresi.
Finché giunsi alla sacra fonte della vita,
del sapere, dell'amore.
Guardai nel mio cuore e vidi i misteri più grandi,
allora bevvi nella profonda coppa della saggezza,
imparai ad amare me stesso,
tornai fra gli uomini col cuore colmo d'amore,
donai il mio e mi vestii del loro.
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