I
Laghi di Plitvice
Il primo giorno precipita sempre nello stesso punto
quella rapida che arriva all’incontro
del fiume bianco col fiume nero
e più ci pensiamo pronti e gli occhi scaltri
più gli aggettivi o bastano allo stupore:
il verde spinge al delirio le pupille
le spinge dentro i torrenti lacrimanti accanto ai piedi
nell’oscurità acheropita degli antri in sequenza
e nelle spelonche verticali scolpite
come da una mano capace di tutto.
Pure da qui sarà passato Giuda
e se non proprio quello dalle labbra ardenti
un Giuda qualunque si sarà perso
in questo reticolato mistero del rimorso.
I Laghi cascano nei laghi come fruste sui rami cedevoli
scorrono in altre acque e piovono così
eterni
perfettamente indenni.
VI
Šibenik
Ogni cosa come noi viene da altrove:
le colonne le sfingi le croci
le banconote nelle tasche, le bifore e il leone
i campanili conficcati come picche in attesa di teste
il furore di maestranze impiegate come fari da falene
e Venezia in filigrana.
Si allontanano sui barconi nell’acqua che scricchiola
poiché il nemico ottomano è perduto
coi suoi macellai dietro i baffoni spezzati
e nel fondo scolora Šibenik sulla malta silenziosa.
È come se facessero finta di niente
come se continuamente dovessero cancellare o fare esistere all’istante
forse un grido senza provenienza o forse un oggetto che è stato arma.
Non si vedono le piattaforme al largo
la melma contaminata attorno e non c’è eco di trivelle
o scarichi di fabbriche a schiumare
solo natanti troppo rasenti
e una panormaica di scogli e banchine.
[da Quaderno croato, Vanni Schiavoni, Fallone Editore]