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Un amore grande?

di Daniela Ronchetti
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Pubblicato il 20/06/2010 18:14:58


Ti guardo,stupenda come il primo giorno che ti ho vista. E' incredibile come la malattia non abbia alterato la leggerezza dei tuoi lineamenti.Con te non si può parlare di una passata bellezza. Sei ancora bella come allora, e come allora giaci distesa sul letto in una posa languida, la bocca dischiusa in un lieve sorriso ironico che ti abbellisce. Ma ora non sei più con me, è finita, la malattia ha vinto, ora non ci sei più. Faccio fatica a pensarti come una cosa morta, ormai inesistente. Il tuo calore, il tuo profumo, ora sono andati, per sempre... Ti ho amata, e ti amo ancora, non come un marito ma come un amante. E' finita,tra poco verranno per portarti via da me. Avrei voluto tenere le tue ceneri con me, ma gli altri non hanno voluto, non hanno accettato che ti tenessi con me, per adorarti ogni giorno. Io non accetterò il loro funerale, non ci andrò.Tra poco uscirò da questa stanza e andrò via, nella nostra casa, per pensarti, ricordarti, averti ancora un pò con me.
E l'uomo dai capelli grigi, alzatosi lentamente dalla sedia uscì silenziosamente dalla stanza,dove la moglie morta, affondava lentamente nel sonno dell'eternità.
Arrivato a casa si sedette sopra una vecchia poltrona, e acceso uno stereo, sorridendo a qualcuno che solo lui vedeva, iniziò a ricordare una vecchia storia d'amore non ancora finita, la sua....

Un pomeriggio di tanti anni addietro, passando sotto la casa di un suo amico, decise di salire. Suonò il campanello, e quello, stranamente in accappatoio, considerando l'ora pomeridiana, dopo un pò gli aprì.
''Ciao''
''Ciao, come mai qui''.
''Passavo, pensavo di farti una visita''.
''Ma entra non stare sulla porta.''
Lo fece accomodare in salotto, e versatogli un drink, cominciarono a parlare di tante inutili cose. Poi l'amico andò in cucina, per preparare un caffè, e lui alzatosi per ammirare un quadro, la vide attraverso una porta socchiusa, languidamente distesa sul letto, stupendamente nuda, che lo fissava ironica e divertita. Capì subito di essere di troppo quel pomeriggio. Tornato l'amico cercò in fretta di accomiatarsi.
''Devo andare..scusa..''
''Ma no rimani..''
''No, non credo sia il caso...''
''Ma no, mi dia retta, resti qui con noi''
Lei era entrata e li aveva avvolti col suo profumo e il suo sorriso. La guardava affascinato, già attratto da quella giovane donna. Decise così di restare. Seppe poi da lei che era una delle tante avventure dell'amico, troppo distratto e preso dai suoi affari per innammorarsene. Così fu lui ad innammorarsi di lei. Fu vero amore, e in poco tempo ne fece la sua donna.Si amavano, anche se lei a volte si incupiva in strane giornate silenziose, in cui si chiudeva in sè stessa, in strani silenzi ostinati, poi, però, tornava il sereno, e la gioia di viverlo quell'amore. Poi venne il figlio e con esso la paternità, vissuta e accettata in tutte le sue sfaccettature. Il lavoro non gli pesava, aveva due perone che gli appartenevano a cui pensare. Con la maternità anche lei era cambiata, forse un poco più incupita, un poco più pensierosa, e qualche volta insoddisfatta del suo nuovo ruolo di madre. Lui aveva capito era solo un pò di depressione post partum, per questo la riempiva di coccole e regali che a volte sembravano infastidirla. Ma erano nuvole passeggere. Quando il bambino fu più grande, l'aiutò anche nel lavoro. Sfruttando la sua passione per l'arte le trovò un posto come gallerista, presso un amico pittore, e lei sembrò recuperare tutta la sua gioia di vivere. Una sera però accadde qualcosa di strano.
Lei non tornò a casa. Con il bambino trovò la ragazza che lo accudiva.
La mandò a casa , e prima giocando col figlio, poi tenendogli la mano mentre dormiva, cominciarono lunghe ore di attesa. L'aspettava preoccupato col segreto timore che non sarebbe tornata. Passarono le ore e finalmente dopo la mezzanotte, sentì sbattere la porta d'ingresso al piano di sotto. Scese le scale, e la vide lievemente sbronza che accennava alcuni passi di danza.
''Dove sei stata.''
''Ah, sei tu''
''Ho chiesto dove sei stata.''
''Fuori''
'' Dove''
''Affari miei''.
La gelosia gli offuscava la mente, malgrado ciò, cercò di rimanere calmo.
''Non è questa l'ora''
''Non è tardi''
''Hai un figlio e dei doveri''
''Me ne vado...''.....
Cercò di arrivare alla porta, la prese per un braccio nel tentativo di fermarla, lei allora cercò di colpirlo...Ci furono parole, insulti,volò forse anche uno schiaffo.....Ma tutto fu interrotto dalle grida del bambino che piangendo li implorava di smettere, e dal rumore sordo del corpo che precipitava giù per le scale.
Fu una notte terribile, la corsa all'oswpedale, i medici, l'intervento alla spina dorsale del piccolo, e poi ore e giorni di angoscia.
''Il bambino ce la farà. ma la spina dorsale è lesa, non potrà più camminare.''
Fecero di tutto, specialisti, fisioterapia, ma il banbino rimase così sulla sedia a rotelle, come una bambola rotta pronta a ricordar loro quella tragica notte. Superarono insieme quei momenti,lottarono insieme,e accettarono con forza quella nuova situazione.
Passarono gli anni, lunghi, fatti di piccole gioie quotidiane, fino alla malattia di lei, e alla sua fine.


Si era assopito, con gli occhi semichiusi giaceva in uno stato di dormiveglia. Gli sembrò di udire un fruscio, la vide che lentamente si avvicinava e si sedeva lì, sulla poltrona davanti a lui.
Bella giovane, con un soriso che le addolciva i lineamenti del viso.
Lo guardava con un misto di severità e dolcezza e passandosi la mano tra i capelli gli disse:
'' Ciao, come stai, so di averti lasciato solo, ma non me ne preoccupo.
Hai il tuo adorato figlio, ora te ne potrai noccupare a piacimento.
Sono contenta che hai deciso di non venire al mio funerale, meglio così, non lo avrei sopportato. Non sopporto più la tua presenza,sono venuta per parlare con te un'ultima voltsa, poi non dovrò più vederti o starti vicina.
Ti ho amato all'inizio,ma poi non hai voluto capire che mi ero stancata, hai continuato in questo tuo folle amore egoista, che non vedeva, nè rispettava i miei sentimenti.
Mi hai dato tutto, anche un figlio, ma mi hai tenuta prigioniera del tuo amore, del tuo narcisismo.
L'avermi ti faceva sentire utile, necesario, importante.
Quella sera avevo intenzione di lasciarti, di mettere fine ad una storia che ormai non volevo più vivere. Non hai saputo capire. Il bambino lo avrei voluto con me, ma quando te l'ho detto hai urlato mai e poi mai, e poi mi hai colpita al seno, alla schiena, sembravi una belva,ti ho detto di calmarti, ma tu niente continuavi a picchiarmi. Ma non dirmi che avevi perso la ragione, perchè mai mi hai colpita al viso, o sulle braccia, o in punti che potevano facilmente essere visti da altri. E poi ilòbambino...Ha cominciato ad urlare e a chiamarci. ti ho detto smettila, il bambino...Ti sei girato, lo hai guardato, gli hai detto:
''Guarda figliolo come si deve trattare una puttana.''
E lui si è slanciato per le scale, per difendermi....Ed è caduto...''
Sedeva in silenzio ora, lo guardava con odio,con ferocia, quasi....
Lui non sapeva che rispondere, era vero quello che lei aveva detto. Ma lui l'amava così tanto, adesso come allora.Avrebbe fatto di tutto per tenetrla con sè, E lei riprese:
''Tutti questi anni sono rimasta con te solo per il bambino, non volevo che ricordasse quella notte, quella scena....Ho taciuto e ti sono stata vicina, non ti amo, e ti ho tradito...Quante volte....E' stata l'unica vendetta che mi sono presa..Ora fa ciò che vuoi,ormai non puoi più nuocermi...Ti lascio e ne sono felice...''
E lentamente svanì.
Lui si risvegliò all'improvviso, senza sapere se aveva sognato, o se lei era tornata per annullare così in un attimo il suo sogno di un grande amore...
Ma no, lei aveva capito la sua reazione di quella notte...Poi era tornata ad amarlo più di prima... e se veramente lei lo avesse tradito?...Tutti quegli anni....
Si alzò e lentamente si versò da bere ..Salì le scale con passo incerto e una strana espressione dubbiosa sul viso.



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