Per quanto provi a battere le palpebre
gli occhi non vincono la sonnolenza
e una frase quale “Dormo in piedi
come un cavallo” è uno stato di forma.
Inoltre, il bancone accetta i gomiti
poggiati sul suo livore. L’attesa
si acquatta dove beccano i piccioni.
L’uomo ha messo l’anima nel distributore
nel quale il ghiaccio giubila lo sciroppo.
L’anima è il fossile che sopravvive
alle intenzioni dei bicchieri. Ma l’anima
parla da saputella del vigore. Per il distributore
ci vuoleva fegato: l’inedia non è la danza
dell’acqua liberata dall’attitude al freddo.
L’uomo conta e stima i cestini, sacrari
del monouso. Resi delle secche labbra
che per altra via contaminano l’ambiente:
oggi, cinque o sei, lo hanno messo
al centro della sete e del ristoro conveniente
ma più che il mantesino immacolato
l’anno va in bianco da più di un mese.
I polmoni pompano il calore in circolo.
Sangue che dovrebbe bollire ma gela
all’ombre del chiosco. Lui pensa che il sole
aumenti l’attrazione, benché la massa
nella rotonda sia ridotta, e che induca
al doppio gioco tra desiderio di spegnere
la sete con le tasche lise e l’acqua pubblica.
Pensa di doversi occupare della fontanella
e si apposta disteso.
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