Oggi ho disegnato un marchio. Il tizio
mi ha scelto nel nome del padre nostro.
Non lo pregai di venire da me, come
non si invoca la sveglia nella notte.
Essere fratelli è stato a piedi nudi,
ma non si sta in piedi da soli, fratello.
La commissione parlava chiaro: devi metterci
l'anima; però l'anima non si spiega a parole
nè per grandi linee. Il simbolo sulla carta
mena visioni per aria
così uno schizzo si riduce a vista.
Ora, una matita è un’affettazione del foglio
mentre sul monitor scappa di mano.
Qualcosa trae dal nero una forza luminosa.
Io trovo il simbolo e dentro altri simboli:
per ogni geometria illustrata dall’inchiostro,
l’estro adopera il punto in cui sono
per generare i punti del creato.
C’è una melagrana, c’è un’onda, c’è l’ospitalità
del mare nostro che il padre appare disteso.
Il disegno mette mano ovunque, sequenzia
ogni figura complessa finché le grandi linee
non raccontano altro: questo nistagmo
lavora fino alla nuca e attornia
privo d’arti, il mestiere di vivere;
e più difficilmente l’idea è resa.
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