Bontà inesausta
Chi ti dice
bontà
della mia montagna? –
così bianca
sui boschi già biondi
d’autunno –
e qui nebbie leggere alitano
in cui sospesa
è la luce dei ragnateli –
della rugiada
sulle foglie morte –
mentre il terriccio accoglie
petali stanchi di ciclamini
e crochi, velati
di uno stesso pallore
roseo –
tu sana, venata di sole,
porti sul grembo
il cielo tutto azzurro –
chiami voli d’uccelli
alle tue mani
colme di vento –
Bontà
a cui beve il suo canto
il cuore
e di cantare non può più finire –
perché sei la sorgente che rifà
il sorso bevuto
ed il suo fondo
non si tocca mai.
Pasturo, 1° ottobre 1933
*
Bellezza
Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.
Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.
Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –
E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –
4 dicembre 1934
*
Confidare
Ho tanta fede in te. Mi sembra
che saprei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurità.
Tu sai tutti i segreti,
come il sole:
potresti far fiorire
i gerani e la zàgara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.
Ho tanta fede in te. Son quieta
come l’arabo avvolto
nel barracano bianco,
che ascolta Dio maturargli
l’orzo intorno alla casa.
8 dicembre 1934