Così giungevo al mattino
nelle mie molte pelli,
il male sfiorato sui disegni casuali dei nei
e il bene calcato
- amai disperato il vetro gelido dei tuoi occhi,
arreso risalivo fino a loro, tacevo –
I miei mondi assediati da ogni lato,
una sola esistenza non bastava;
le notti tagliate sui binari,
stazioni raggiunte all’alba,
dove il sonno irrisolto sfiora la vita
tenera
che esplode.
Perché vivere è scendere da un treno,
spossato.
I miei destini respinti erano cavalli in fuga,
conchiglie asciutte,
nient’altro che rumore di sabbia,
solo rumore di sabbia residua
sottratta alle onde di vetro.
I brevissimi giorni,
relitti schiantati sul mio corpo,
dopo tutti i brividi cedevoli
e inspiegabili.
- la tua lingua era ruvida come quella dei gatti –
Ho attraversato le notti,
in file allineate sui binari insonni,
giungevo così nei mattini spezzati, spezzato.
Da te.
Le mie molte anime ti cercano ancora.
Ma la mia vita ti fugge.
E accade che io ti scacci, adesso,
dalla mia pelle e dalle poesie.
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