I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Vertigini su Madrid
Un poema sugli ultimi occhi. Ma non possiedo la devozione alla bellezza di Guido Cavalcanti. Obbedisco semmai alle più elementari aderenze del mio spirito alla pelle - i filamenti di limone sulle tue labbra conquistate dal gin tonic. “Come si guarda un quadro?” Ti domando – La vocazione alle altezze di Madrid mi confonde. Questa prossimità al cielo, la magnificenza del cemento angeli di pietra pronti a spiccare il volo; esposizioni su attici di pittori ossessionati da linee rette e abissi di geometrie. “Come? “ “Con el corazòn” mi rispondi. E mi chiedo quanti cuori siano necessari per contenere una Guernica, se poi un tuo sorriso spazza via dalla mia testa quattro piani di museo in un istante. “Come si guardano cinquecento quadri?” L’incessante assalto dell’aria gelida sulle tempie, stinchi stremati da gradini di chiese e metropolitane, e interminabili passi, fame che irrompe, vescica che contiene. Come attraversano lo spazio tutti questi esseri umani? L’urgenza del corpo mi sottrae alla contemplazione. Quel che prevale, alla fine, non è forse sempre l’appetito? - Un vapore di acqua tonica raggiunge il tuo collo, mentre ne versi ancora sul ghiaccio che si assottiglia. Sto per dirti in questo istante, che sei l’immagine più incantevole della città – In questi giorni mi hanno posseduto la malinconia e la pace, inaspettate intuizioni e felici abbandoni. Ho sentito questa lucida coscienza divenire quasi inaccettabile. E ora che conosco altre cose di me, [scopro adesso che Destinazione è Destino nel tuo mondo] proprio adesso una carta d’imbarco deve vincermi? - ¿Volveras?- mi chiedi. Ma io non ho il coraggio dei saluti e in questo istante la mia mente è affollata come un trittico di Rubens. Ti guardo come se potessi fare ritorno a te, in ogni attimo. Tornare a questo istante. - Atto quinto, scena seconda – Quello in cui vai via stancamente, poi ti volti e dici “Cuando vuelvas, buscame” Sentire quella cosa che conoscevo così bene, da qualche parte e in qualche tempo, ricomporsi in me e dentro il tuo sguardo. Quella cosa che fa così bene, e così male. E’ come quando all’imbrunire non c’è più spazio per il giorno. - Il tuo sapore di limone, lattine di birra sparse per la strada come forme di vita, i semafori parlanti, spalle che mi urtano, biciclette riverse al suolo, anime incustodite, i tuoi ultimi occhi –
Id: 62530 Data: 15/03/2021 13:53:40
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Calle San Marcos
Odio con tutto me stesso la doppiezza delle concessive. L’ipocrisia delle seconde scelte. Eppure questo vino bianco spalanca in me una molteplicità di rese. Affiorare dalla metropolitana, sulla Gran Via imbevuta di imbrunire, raggiungere il civico numero 7 di Calle San Marcos, salire al quarto piano e farmi trincea dell’incomprensione, mentre lascio fare tutto a questi tuoi occhi verdi come foglie di vite, come vetri di bottiglie di birra olandese. Ora aperti. Ora chiusi. Colmi di desiderio e sollecitudine. Come spiegarti che a un certo punto di questo mio corpo, incomincia l’anima? Mi unisce alla tua stanza il silenzio, mentre dentro di me, ancora, prende forma un’altra bugia. Vorrei essere altrove, sebbene io sia qui. E accade che io vada, sebbene io adesso venga.
Id: 62529 Data: 15/03/2021 13:52:50
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Conversazioni con la Senna
Vestito di vento ho respirato il fiume. Cadeva molle fra gli argini, sorvegliato dall’attesa degli alberi. Vedevo la sera abbandonare i colori, nel nero versato. Avevo una paura e una speranza, qualcosa da dimenticare e un nome da ritrovare. Paura di tornare, al dolore deserto dei risvegli. Quella speciale qualità del tempo passato, quando l’hai ri(n)chiuso dentro il sonno e lui ritorna a te al mattino, lucido come un delfino. Speranza di sentire, per una volta ancora un pulsare. Un effetto che emerge da una lontana causa di baci. Dimenticare un volto, quella precisa combinazione di geni fatali, che fa dei lineamenti una condanna. Ritrovare un nome, perduto quando ho dimenticato cose che i miei sogni invece ancora ricordavano: il mio.
Id: 62479 Data: 09/03/2021 20:50:12
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Lanima e la pelle
Così giungevo al mattino nelle mie molte pelli, il male sfiorato sui disegni casuali dei nei e il bene calcato - amai disperato il vetro gelido dei tuoi occhi, arreso risalivo fino a loro, tacevo – I miei mondi assediati da ogni lato, una sola esistenza non bastava; le notti tagliate sui binari, stazioni raggiunte all’alba, dove il sonno irrisolto sfiora la vita tenera che esplode. Perché vivere è scendere da un treno, spossato. I miei destini respinti erano cavalli in fuga, conchiglie asciutte, nient’altro che rumore di sabbia, solo rumore di sabbia residua sottratta alle onde di vetro. I brevissimi giorni, relitti schiantati sul mio corpo, dopo tutti i brividi cedevoli e inspiegabili. - la tua lingua era ruvida come quella dei gatti – Ho attraversato le notti, in file allineate sui binari insonni, giungevo così nei mattini spezzati, spezzato. Da te. Le mie molte anime ti cercano ancora. Ma la mia vita ti fugge. E accade che io ti scacci, adesso, dalla mia pelle e dalle poesie.
Id: 62478 Data: 09/03/2021 20:49:25
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Passi Perduti in casa Batlò
Definire la perdizione. Non vorresti mai sapere in quanti modi può smarrirsi la mia anima. Né in quanti luoghi. Pensi di avere abituato gli occhi al buio, ma ce n'è ancora di più fitto, altrove. E sai una cosa? Alle volte è accogliente, è una resa a geometrie di abbandono, prive di calcoli. Ma poi nella perdita c'è sempre un'acquisizione. Di forme inedite venute al mondo, di abitazioni raggiunte al principio del mattino, di idiomi che si mescolano in bocche arrese. Di quello che un'altra notte ha potuto su di te. - Poi ci si risveglia ciechi,
il caffè ha il sapore di una pozzanghera, si raccolgono chiavi, abiti, ricordi, si cammina sotto vertigini di palazzi, dentro il sole che a mezzogiorno è spietato come un arrivederci – Puoi sempre fingere che l'uomo
non sia capace di tanta bellezza, ma se apri gli occhi la città ti trafigge il cuore. Hai toccato un pilastro nelle scuderie di Palau Guell,
lui respirava, sotto le tue dita. C'era un silenzio perfetto che scendeva dentro di te, ti riempiva. Potevi ascoltare voci provenire da molto lontano. Nel corridoio dei passi perduti hai guardato fuori,
dal vetro sottile, hai osservato la strada nei suoi vasti mutamenti. Facce, baci, sorrisi, domande, fughe; ipotesi di vite. Ti sei chiesto quanto di te fosse perduto, e cosa ritrovato, in questi placati mattini, posseduto dalla pelle della metropoli. Ti sei chiesto se nella bocca francese raggiunta ieri
nella notte, la poesia l'hai persa, o ritrovata.
Id: 61822 Data: 17/01/2021 09:51:49
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