POESIA D’AMORE!
L’abbiamo sempre chiamato
Con il nome sbagliato
Cantandolo in poesie, in ballate
In rime banali e abusate
Con cuore, più di rado con dolore
Sempre preso per un altro, scambiato
In culla come fosse un neonato
Il cui destino a forza va mutato
Sottratto con astuzia al fato
E preso infine nelle nostre mani,
Da noi, malati d’ὕβϱις umani
Come davvero fossimo capaci
Di falsi duraturi e efficaci
Scambiato, in un inganno perverso
In qualcosa di affatto diverso
Lui nostro e non l’esatto inverso
Mentre invece come un odore
(e torna la rima perduta in “ore”
Priva ormai del minimo colore)
Ci porta indietro a un prima, ad un crinale,
Il mare immenso e sull’antemurale
Noi che sogniamo ma non era un sogno
Come sul bordo di qualcosa, un ciglio
Dove non eravamo che una culla
Un’eventualità dell’esistente
Però non cambia veramente nulla
Lui nonostante noi rimane il figlio
Di Πενια e Ποροσ, povertà e espediente,
Insomma, di un ubriaco bisogno.
QuinTempofa
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