Ho messo il silenzio nel soffiato.
Normalmente il seme scaraventa
nel panino tutta la farina del suo sacco
e il rumore della macina
crea l’effetto farfalla in mente
per i millemila pensieri in campo.
Me ne nutro senza risparmio.
Lo accompagno con sorsi di primitivo
e la lingua fa un leggero schiocco.
Non mi curo che le sillabe sparse
siano o meno raccolte, il silenzio
è così diffuso
che ne posso seguire le molliche
per dare pane al vento.
Anche breve, sottile
come un fazzolettino usa e getta.
Il silenzio è una farcitura amara
al gusto di zenzero e assenzio,
ma l’artefice soffia in testa.
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