Tutto ciò che non accade
trova spazio in porzioni di futuro
e con costanza procura a sè e a molto altro
percentuali reversibili d'infinito.
Fin dove riesce a spingersi il mio sguardo
vede chiarezza d'intenti nelle leggi del Caos.
Non c'è forma, non c'è sostanza
che non abbiano avuto origine da un lascito
da cui estrarre coscienza e trasalire, per ascensioni successive.
Chino il capo di fronte a tale tecnica compositiva
ma non rinuncio all'eco smisurata dei miei oblii.
Non c'è unità di produzione
che possa garantire splendide poesie.
D'altronde la vita la vivo finch'è mia.
Non prima e non oltre la linea di confine.
Nonostante ciò mi produco in desideri mozzafiato
da esaudire solo in parte e senza troppi affanni
per restare umano il più a lungo possibile
e cercare nuove scuse ai miei errori, contrabbando d'emozioni.
Se c'è spazio per l'amore è circonvenzione d'incapaci.
Si danno arie i miei polmoni di essere buoni alla montagna.
Ma le gambe? Così tutto resta su di un piano intellettuale
vera fonte di dispiacere e plusvalore.
Come stare fermi ad aspettare il decorso di un malore
la fine di un amore, il calar del Sole
in una danza immobile che è tributo a circoli viziosi.
E poi si muore, brevemente inascoltati lungo i termini
stabiliti i quali finalmente si ricompone il silenzio dei primordi.
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