Ed oggi sento il vento le raffiche sul collo
dopo le folate tiepide del dì dinanzi
E guardo il cielo terso
spazzato dalle nubi
proprio a me di fronte.
Alle mie spalle invece,
levo il capo
e l’aria è cupa
e muta e sbigottita
pare fermenti
in improvvisi scrosci.
Ma forse il bianco impastato
dentro il grigio, va diradando
fino a dissolversi.
Noi,
distratti per un attimo
colti di sorpresa dall’azzurro in fioritura.
Dicono di marzo
che s’incapriccia per le vie,
scapestrato monello,
chiudendo e aprendo ombrelli.
Ma ogni mese vuole imitare il pazzerello
quand’anche per un lasso di tempo molto breve.
Il ronzio di un’ape dagli acini migrato
m’attraversa la strada
la mano scansa in viso
un invisibile passaggio
poco più di un solletico,
uno scatto all'indietro.
Per fugaci istanti
l’anima dimentica
le sue impervie vie,
è un’ombra che s’allunga
nella magia del sogno.
Ed io penso al fuoco
ai carboni accesi
alle caldarroste a due dita di novello.
E all’imminente inverno
al buio più propenso all’agognata quiete
in cui le rimembranze più in fondo custodite
tornano alla vita in quel rimuginare
dei miei pensieri, lento,
un logorio che spesso non approda a niente.
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