Si erge come scomposto cadavere
su di un altopiano brullo.
Vicoli e piazze sono cosparsi di cenere.
Una densa e compatta nebbia l’attraversa tutta
stritolando anche la grande chiesa, abbandonata sul colle.
Nelle notti di luna piena
un vento potente sembra scuotere le sue fondamenta.
Porta con sé lamenti senza tempo
che echeggiano nel buio.
Sono grida di anime dannate
cadute nell’inferno più profondo.
Grosse ali nere, come d’inchiostro
fendono la volta oscura.
Sono orribili avvoltoi
che aprono e chiudono il loro rostro.
Dagli anfratti delle vie, occhi ciechi
e volti di cemento
si affacciano bisbigliando
parole incomprensibili:
sono sospiri di dolore,
di una lenta e atroce agonia.
E io avanzo tra sagome umane
sottili come filo di fumo
che allungano le loro mani nebulose
verso di me, come per afferrarmi.
Mi assale un terrore cieco
mentre arranco nelle vie del centro,
attorniato da tutte queste anime senza pace.
Un raggio di accecante luce
trafigge il cielo e mi lacera la vista:
sbatto le palpebre, sobbalzo
e mi ritrovo nella mia stanza.
Un nuovo mattino è sorto
e sospiro a lungo, mano sul cuore:
non sono ancora morto.
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