Che razza d’acqua è questa? Piatta, in posa
da granito. Stentorea per un lungo tratto
- passo su quanto affiora.
La conoscenza si innalza ben oltre qualsiasi
punto di arrivo - e in più avanza.
Ormai anche l’acqua è diversa tra una razza e l’altra;
e traversarla implica un corrimano tra un dio
e il prossimo - pure uno solo con se stesso
dov’è riposto - come un libro illegibile
aspetta una mano che lo scelga.
“Quale pensiero mi fa nascere adesso che sia di me
almeno un terzo?”
Ho preso visione dei cinque decenni e migliaia
di secoli. Ho ascoltato invocazioni da marmo,
ho risposto da muto dipinto come curvo,
ho saldato le voci con velocità.
Un orecchio profondo mi fa sbarcare che tipo
le fascine autunnino prima al verde
prese dalla miseria quando si legna;
sapere significa aver visto tanto - io,
messaggero distratto dalle trombe dell’universo
che per me è questo vociare indistinto
venuto alla luce da occhi neri - e tocca ancora i sensi.
Mi dà una mano l’idea che tira un dio - preambolo
del verbo dentro le forme.
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