Treccia del sogno di una fiamma buona
(o del morire degli emigranti)
Le furie della notte senza luna, le grida
soffocate nel gelo della sabbia, la sfida
del sangue nelle grotte della fame. E’ un cielo
implacabile: incombe sopra le dune, tombe
spalancate alle stelle sulla rena rovente.
E la frusta del vento sul sudore splendente
dei corpi e della pelle. Là il mare e l’avvento
d’un luccichio di morte da carcasse contorte.
Bianca all’orizzonte
l’Italia, la terra
dei morti. Un Caronte
del mare ci serra
o spalanca la via. Flette una palma. Sete,
lama che acceca e taglia con furor di machete.
Siamo lugubre scia. Davanti la muraglia
schiumosa del mare. Ma il velato sognare
di una fiamma fraterna, di un umano tepore,
fa in lontananza bianca la terra dell’amore.
Da un’eco di caverna lenta una voce sbianca
sui nostri occhi accesi, dagli ulivi protesi
sul nostro morire
una fiamma buona
nel calmo svanire
crepita e risuona.
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