Mi sono svegliato solo e controverso.
Non pensavo di scrivere questo.
Cercavo i calzini e gli slip a tono.
Nel solito cassetto, allo stesso modo
di un sentiero che segna niente ma
disordina le idee. Tra l'ultima matilde
e il terzo plenilunio del duemilasette,
c’era il fuoco sopito. La terza luna
che il mio cielo non aveva compreso
allo stesso tempo. Spesso ci prendono
folate d'ansia come la piega del giunco
che finirà nella stuoia per riformarsi.
E non si capisce bene perché le mani
resistano nella storia che le ha inchiodate.
C’era la busta, il cui primo messaggio
per gli occhi è la rabbia ancora
accartocciata. Questo non mi bastava.
Una busta come pane raffermo preso
da muffa industriata per rifarsi: ciò che
nell’esistere è il desiderio incomprensibile
più che la fame irrisolta.
Poco altro colpisce la tenerezza
come il passato manifesto delle cose
che possono raccontarci un vuoto. Così
smisi di ascoltare l’uomo e la voce seguente
indossò i calzini.
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