Vorrei anch’io parlare ad una capra e in quel belato
far giungere il lamento d’un dolore che più non racconto
tanto è antico e tanto ha infastidito l’altrui orecchio
o parlerei forse ad un cane zoppicante che meglio saprebbe dire
come ci si sente dietro l’uscio in un’attesa vana e al freddo
anche quando l’atmosfera fuori è ardente.
Dicono dell’uccellino in gabbia, specie se non accompagnato,
che per amore non canta bensì per rabbia,
io tra quattro mura sconto il monotono canto che nell’aria
delle tortore si diffonde. Ecco giusto un verso che ha il vizio
d’essere un lamento e che troppo spesso mi dà noia.
Questo tubare senza tregua che rievoca la pena del viverti distante.
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