La grotta è un ambiente inconsistente: non è fatta di roccia.
Neppure mattoni o cartapesta: inconsistente.
A volte rassomiglia a un animale privo di pelle. Altre volte a un veliero, ma soltanto la stiva. Se navigasse lo farebbe sott’acqua.
Buia ma non tetra, refrattaria alla luce. Se penetrasse vi introdurrebbe il tempo.
Trasportato da luce, esso ti lascia un’altra notte al buio. A volte ti sorpassa. Altre ti circonda o rimbalza, a seconda di massa, e varia con l’altezza. Se ti muovi, non puoi sapere se sia giusta l’ora, a seconda del passo.
Il tempo è un luogo chiuso del soggetto. Non cercarmi stasera.
La grotta è un sotterraneo di Parigi. Somiglia a un buco dentro l'infinito.
Parigi è un'invenzione senza istante, come un mezzosoprano. Altre una fisarmonica. Spesso vesti di ballerine.
Odora di pane, Parigi. Lo senti per le scale. Parigi sale e scende per le scale. Forse è una scala.
Spesso è un dipinto. Parigi si dipingeva di continuo. Colore, tela, pennello: Parigi. Oggi si espone.
Ovviamente è fata di mani, quelle che la dipingono. E la comprano.
Quindi Parigi è denaro, ma il pane costa poco.
Non così gli atelier: costavano pochissimo. Oggi moltissimo, ma non li affitta nessuno.
A Parigi la sera è un aliante: scende senza rumore. Abbaini, rondini, caffè. Se inverti l’ordine Parigi non cambia.
Cambia chi ci ha abitato: basta sfogliare i viali, quando è ora di andare.
Quando mi sveglio è notte. Come ho detto, nella grotta il tempo non cammina.
Quando mi sono svegliato ho preparato il caffè. Poi sono tornato a letto.
Quando mi sono rialzato ho rifatto il caffè. Poi… che lo racconto a fare
Dunque la grotta è un luogo circolare. Fatta di circolarità, incontri le stesse cose. Quando ti incontrano (le cose), tu non sei mai lo stesso. Dipende dai gironi dell’inferno.
Gerusalemme spara. Me lo ha detto una formica disperata.
Capitata per caso, è rimasta qualche sera. Seduti al tavolino, raccontava fantasmi. Era senz’altro affranta: ci ha perso una sorella.
Dico: l’hai seppellita? E cosa… ci è passato sopra un carro armato!
(Beve il caffè, sorseggia, a volte piange).
Quando racconta mi fa pensare al tempo: da qualche parte muore.
Berlino è un elefante imbalsamato. Lì il tempo è vietato.
Dunque Berlino è un presente che non passa. Quando è caduto il muro lo hanno ricostruito nella testa. Si chiama nostalgia.
Oggi ha varcato l’oceano e ha i capelli gialli.
Al fondo la nostalgia è un’illusione di longevità. Serve a evitare un’angoscia che non riesci a sopportare. Quella si chiama esistere.
Era un paese vecchio a sud di Roma: lì ci stavano i sogni.
Con una faccia antica di pensieri e ceste di passioni.
Atavica la faccia: Ave Maria.
Le processioni, i canti, i loro suoni: coloro che mi hanno preceduto. Che non ci sono più. Non c’è più il loro tempo.
La sera li sollevo dalla terra che ingoia. Parliamo, quando penso la grotta.
Ho bevuto la storia. Per questo non ho tempo.
Qualche volta la sera suono un poco: ho costruito un cembalo.
Il cembalo è uno strumento inesistente: appartiene al passato. Non si sente suonare.
Gli spartiti sono fatti di ricordi. Se stanno qui somigliano a scompensi. Scompensato, io mi suono il passato.
C’era una volta Bach. C’era anche Eisenhower, quando è sbarcato in Francia.
In Francia lo aspettavano i mitra. Il mitra è un suono di monotonia.
Mitra Sgozzava tori. Chi ha ucciso il Minotauro?
La grotta è una pupilla all'incontrario, quando mi guardo dentro.
Non ha fondo. Privi di fondamenta si galleggia. Difficile sedersi a tavolino, a meno di volare.
Quando si vola, a volte è una meteora che scompare.
Poi, se dalla terra ti sollevi un poco e guardi dove prima si volava, ti accorgi che ci nascono e ci muoiono certe cose di sera che ci hanno detto di chiamare stelle. Sorgono e se ne vanno, luce e buio, da tredici miliardi di anni.
Tredici miliardi di anni sarebbero un tempo lungo, se ci fosse. Sarei vecchissimo, ormai.
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