C’era una volta in una desolata distesa montuosa una piccola oasi paradisiaca. Picchi montuosi correvano tra i venti portando con sé echi di crepitanti rocce che calavano i loro colori riscoperti da ghiacci perenni. In quel silenzio infinito, un cielo d’azzurro porgeva il suo inchino a quelle acque splendenti di freschezze che ringiovanivano il loro aspetto col calare di rigagnoli riaffiorati dalle nevi disciolte. Come per incanto riprendeva vita il lago raffigurato in ogni memoria d’infanzia e tramandato negli anni dagli anziani del piccolo borgo.
Circa ogni mille anni si ripeteva come d’incanto la rinascita di queste acque cristalline che prosciugavano il loro intermittente aspetto in pochissimi istanti. Il ripetersi di questo evento aveva portato nei secoli al sorgere di diverse leggende molto fantasiose per tutti gli abitanti come il nome che aveva risvegliato e attirato milioni di turisti: Il Drago Bianco. Era veramente strano come una storia davvero inverosimile potesse creare nella zona la rinascita dell’economia e dei mercati del piccolo paesino montano. Mercanti avevano approfittato della leggenda del drago per creare oggettistica per i piccoli mercatini che facevano rifiorire l’economia con creazione di magliette sponsorizzate, maglioni lavorati con la lana pregiata della zona, monili, gioielli, stampe e piccola oggettistica, tra cui calamite, dittali, sfere di neve, portachiavi e canovacci. Tutto creato senza porre attenzione alla storia, alla credenza e al rispetto del silenzio di quelle montagne.
Peter fu il primo che nel suo solito cammino di montagna mattutino vide la nascita di quel lago. Su un valico tra una vetta e l’altra si era creata un’immensa distesa d’acqua di una colorazione quasi indefinita per quelle zone. Aveva un aspetto fiabesco perché tra il bianco della neve e del ghiaccio, il grigio scuro delle rocce e il verde dell’alta vegetazione era insolito vedere un lago con una colorazione che poneva al suo centro un colore rosso acceso che andava a decrescere sull’arancione e rosa pallido nelle sue rive distese. Quasi a ridosso delle rocce erano presenti piccoli cumuli di polvere bianca che sembravano sospinti dalla corrente e creavano dei piccoli rigagnoli con pozze intagliate. L’acqua sembrava ribollire e dal gorgheggio risuonava come un eco, uno stridio irreale e cavernoso. Peter rimase pietrificato e senza parole. Non aveva mai visto niente di così strano ma soprattutto irreale. Accecato da tale visione non capiva se chiedere aiuto e scappare o sedersi e riprendersi cercando di mettere a fuoco tale visione.
Nessuno avrebbe creduto se non vedendo l’inverosimile, perciò, decise di prendere dalla sacca il cellulare e immortalare tale visione. Nella fretta di fare il primo scatto e cogliere le immagini non si rese conto di dove avesse messo i piedi. Tutta la zona circostante a causa del calore riportato dal lago si stava disciogliendo, rinvigorendo sempre di più quel lago. Il ghiaccio perdeva la sua consistenza e il crepitio circostante era causa del distacco di enormi blocchi. Fu così che in un attimo venne a cedere il terreno sottostante trascinandolo giù nella riva sottostante. Fu bloccato nella sua improvvisa discesa da una montagna di polvere bianca che poi non era altro che sale. Ripreso dallo spavento improvviso e dal terrore di quella improvvisa discesa posta quasi a ridosso della falda acquifera, ritornò in sé e quasi trionfante, sorrise nel non aver distrutto il suo inseparabile telefonino. Guardò lo schermo per controllare la funzionalità e rimase sbalordito. Era rimasta impressa una foto, si guardò intorno ma tutto sembrava nella norma. Il suo unico pensiero era andare via.
Nella sua assenza di pensiero si ritrovò in breve tempo a casa, chiuse l’uscio a chiave e illuminò tutta la casa. Era consapevole che non avrebbe dormito tutta la notte con quella foto impressa nella sua mente e negli occhi. Prese il telefono, lo riaccese ma della foto non c’era più traccia, era stato sogno o realtà? Nella tecnologica essenza dello scatto, in cui si pensava di aver immortalato il momento, successe che l’istante e il circostante, l’emozione e lo spavento, il colore e il cambiamento ma soprattutto quella presenza, il drago bianco che nella distrazione impulsiva di un ‘Peter’, si perse nel flash di quella memoria meccanica divenendo o rimanendo leggenda.
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