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Poesie da Scritto d’autunno

di Sabatina Napolitano
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Pubblicato il 06/05/2020 16:29:20

Ringrazio Giuliano Brenna per l'invito e pubblico i testi dal mio libro "Scritto d'autunno"

 

I poeti non avranno limiti


Sai dove iniziano le dediche e dove finiscono le parole,
da lontano anche le poesie passate sono molto simili.
Non hanno gambe e cosce e mani, né unghie
per desiderare di essere lette da te. Non hanno me.
Se da qualche parte ascolti delle mie parole,
non sono solo pervase di desiderio
ma sono doloranti, sincere, stanche.
Dopo aver letto diverse poesie come dal mare,
mi sale la stanchezza degli elementi,
per questo vorrei che il libro che ora leggi
non sapesse nulla
del riflesso della luce sulle pagine,
interrotto dalla tua penna,
mentre resti sospeso tra le labbra e la mia voce.
Come ti posso parlare dei miei denti se non li vedi
o magari dirti alcune parole sulle paure,
se non posso fartele sentire dagli occhi.
C’è forse da chiederlo a qualcuno in particolare,
vorrei passare qualche giorno senza pensare a nulla,
praticare il nulla,
concentrare su di te le mie difese, per abbandonarmi.

 

[...]

 

Ci è concesso il piacere e il dolore,
sta a noi scriverlo,
ho una lista interminabile di scarti
che ho già vissuto,
ogni giorno riprendo in mano il mio centro,
l’unico incontro che voglio scritto
sui miei fianchi è il tuo.
Nei silenzi che prima non gridavamo
per dormire,
ora qualcuno potrà dirmi come incontrarti
e fare il mio cuore rilassato,
mentre tu appari nelle tue parole,
pieno di tenerezza.

 

[...]

 

Più astratta, più astratta, più ironia
“le poesie si perdono”
 
Ho perso diverse poesie,
non credo che i poeti potranno mai guarire
dalla loro malattia. Non c’è bisogno di
molti soldi, per passare le prove per se stessi.
Le mie parole sono diventate con te, una cosa sola.
Intrecciami i capelli, ho una lista interminabile
di cose da ricordare, anche nei giorni freddi
ne hai lasciate tante quindi,
ma non hai lasciato me.
Custodiamo insieme
le tecniche del silenzio e dell’attesa,
a partire da oggi posso non scriverti,
come mi abitui all’evidente e agli inizi,
tornare in te per abbandonare me.
In passato ho chiesto tempo
per aggiustare le cose e trasformare la mancanza
ma ero troppo debole,
non mi abbandonavo mai.
Oggi mi abbandono ai miei migliori obbiettivi,
tu non percepisci più niente di te,
oggi elenchi cose non perfette
poi mi aspetti, inizi, mi raccogli.
 
[...]
 
Ora dovrò perdere diverso tempo
ad ammettere cinicamente la perdita, a masticarla.
Come capita una direzione:
pioverà ancora e quindi il mondo non cade sotto la pioggia.
È solo pioggia a piovere.
Sì c’è il pane sul tavolo, i piatti, le forchette
c’è tutto tranne il mare, e non manca.
Non voglio alcun ricordo della fortuna,
non esiste la fortuna.
La teoria è continua.
Più voluto significa forse, più voluto, caduto.
Ed è così che andrà queste poesie sono anni dopo.
Il rame lascia posto al bronzo.
Il luogo che mi vuole, mi desidera dal fianco
o semplicemente
mi desidera.
Andrò ma non sarò nuda.
Scrivi su un biglietto “vengo, ti bacio, non avere paura”.
Ho il giubbino chiaro, il profumo giusto, la sciarpa calda.
Insomma, sono pronta.
 
[...]
 
Insegnami ad aspettarti dietro le vene
su questo treno tutte le risposte sanno dirmi chi sono,
tremi quando un abito scollato
ti dice che puoi ancora stringermi.
Sei in anticipo da anni, queste persone mi domandano
di respirare, ancora posso scegliere il desiderio
tra il buio e la luce.
Credi che il desiderio possa aprire tutte le scale,
così come ogni luogo della terra,
poi mi guardi mentre leggo e una dedica
conosce ogni dolore nuovo.
 
[...]
 
Sei amante del giusto,
responsabile, ipnotico, sensitivo
aspetti di stringerti gli occhi allo specchio
di guardare prima dentro i tuoi,
profondamente, esasperato dai luoghi comuni,
dai termini comuni: e poi di guardare nei miei:
pieni di progetti, di attese e conquiste.
Quando ti guardi gli occhi allo specchio,
poi lasci il pensiero, d’improvviso ti capita l’amore.
Ho un elenco di editori, mi manchi come l’aria.
 
[...]
 
 
Estraneo al buio e alla luce,
alla notte e al mare,
il tuo corpo è la casa più silenziosa
da vivere da sola.
Io ti abito così bene,
così bene lascio che mi sposi
che conservi tu ogni piccola sfida,
quello che serve debolmente a un bacio più fresco,
al mio spazio più ingioiato, più protetto.
Lasciami incontrarti così:
sei vivo, questo è il tuo percorso con le parole.
Non voglio dire più futuro, mentre accadono le cose
perché parli poco ma mi salvi, è più utile dire destino.
Cerco per questo, una sola parola che,
ci colmi di dolcezza.
Come una tua parola d’eco,
il tuo destino si libera nel mio;
libero tu e libera io
fino a quando mi scrivi di cancellare ogni nome
che non esiste amore scartato,
perché è finita ogni tragedia,
e tu compari accaduto nei giorni:
non è il destino del cielo o dello stomaco,
della carta o della parola,
è il destino di essere umani e tu
sei l’uomo più innamorato senza colpe nello sguardo.
Il tuo sguardo si allunga su di me giorno dopo giorno,
non posso che riempire il deserto di te.
 
[...]
 
 
Siamo andati a visitare in un week end una città
che nemmeno tu avevi mai visitato prima,
ho in mano un foglio con la lista della spesa
e una mia foto che mi ricorda chi sono,
mi sembra a volte di dimenticare il mento,
le emozioni, se non me le ricordi tu.
Invece nei giorni pessimi fino all’orlo,
metto un profumo alla vaniglia
che non ti piace, preferisci quello alle primule
nel frattempo dobbiamo comprare
i bicchieri di plastica, una nuova agenda
di evocazioni poetiche, un test di gravidanza.
 
 
 
 

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