Il battente di casa risuonava nella notte, Paolo scosse Ginevra, c’era qualcuno che insisteva alla porta. Ancora frastornato da un sonno agitato, si mise seduto nel letto e presa coscienza, discese le scale, diretto verso l’ingresso. Il pendolo posto all’angolo dell’ultima rampa di scale, scandiva l’ora, erano le tre del mattino. Pensieroso e preoccupato, Paolo si ripeteva: “chi poteva mai essere a quell’ora? Perché insistere così? Qualcosa doveva essere accaduto di importante.”
Le notizie oramai trapelavano, Paolo e Ginevra, dovevano presentarsi urgentemente a Firenze, nell’abbazia prescelta per il raduno con tutti i maggiori confratelli. Bisognava intervenire quanto prima e trovare una soluzione. I servizi segreti, questa volta, erano stati troppo dettagliati, bisognava evitare il peggio.
Nei sotterranei dell’Abbazia era stato posizionato al centro, un grande tavolo rotondo, le candele poste ai lati delle antiche mura, donavano un’atmosfera cupa e misteriosa e il simbolo delle spade incrociate, suggellava un’unione oramai presente da secoli. Tutto doveva regnare nel segreto e portare ad una soluzione. Sarebbero stati convocati gli anziani che avevano curato il simbolo protetto, nascosto anche ai maggiori esponenti religiosi.
Seduti all’enorme tavolo, nel silenzio assordante, gli esponenti osservavano, quasi in devozione, una grande urna, dorata, adornata con delicate rose avorio. Al suo interno era posta la risposta, trasmessa nel tempo che avrebbe dovuto indicare il prescelto, alla protezione della grande croce di bronzo che custodiva leggi e messaggi essenziali per l’umanità
Aperto il sigillo, si avvertì un silente ronzio, decine e decine di api iniziarono a creare dei cerchi concentrici. Secondo la leggenda di Lalibela, avrebbero riconosciuto col loro posarsi la sovranità e colui che avrebbe portato la protezione ma allo stesso tempo una nuova costruzione, il rinnovamento e l’illuminazione.
Lo sciame ricreatosi delle api, si posò su Paolo quasi in una carezza amorevole. La decisione fu presa e così con fermezza, iniziò il viaggio verso il paese etiope di Lalibela che nella sua edificazione sotterranea aveva posto segreti su segreti.
L’arrivo, accolto da un’atmosfera sognante, poneva mille interrogativi che avrebbero portato forse una risposta. Il deserto etiopico e i torridi altipiani a nord di Addis Abeba, creavano un senso mistico e protettivo nella calura di fine settembre. Gli abitanti avevano una parvenza così pacata e religiosa, camminavano silenti con un rosario giunto nelle mani, vacando quelle mura protette da grandi valichi scavati nel lontano passato, in rocce le cui croci e segni portavano il senso di quell’eterna luce.
Paolo era stato istruito per tempo e chino all’altare ascoltò il volere dei sommi protettori. La croce era posta dinanzi, enorme nella sua potenza, la sua bellezza era mistica e racchiudeva il passato e il presente nei sei avvolgimenti per lato che rappresentavano la discendenza protetta e tramandata nel tempo. Molti erano stati gli studi sulla sua elaborata forgia ma nessuno ne aveva mai colto il senso. Seduto al suo fianco decise di attendere il momento, sapeva che niente era possibile variare perché tutto era stato scritto e tramandato.
Tramontò il sole e con esso calò il freddo e un forte vento. Arrivarono a galoppo avvolti dalle nubi, predoni avvolti nei neri mantelli. Varcarono la soglia e Paolo in ascolto attese tale momento. Pose a ridosso della croce due bianchi teli avvolti nelle sommità inferiori e uscì imperturbato.
I predoni arrivati al cospetto della croce, la afferrarono con forza. Il vento esterno sembrò varcare l’ingresso, aprire al loro cospetto terra e cielo, creando un cerchio variopinto. La croce già di per sé pesante, divenne salda e ancorata e i cinque chiodi, divennero opali di un blu intenso, divennero prodigio di rinascita e perdono, trasformazione ed accoglienza. I predoni incantati dal tal divenire di pace e serenità, videro le loro vesti e manti avvolte dai teli bianchi che, come d’incanto, lì plasmarono rendendoli illuminati. Solo allora poterono vedere all’interno del cerchio un triangolo che poneva il passato in futuro riavvolgendolo e capovolgendolo.
Fu così che la croce di Lalibela, vive nella leggenda e tuttora trasforma gli animi, perdona ed accompagna nella preghiera, nella sofferenza ritrovando il bene anche nella malvagità con perdono e amore, come è sempre stato e sempre sarà.
Nomi e avvenimenti sono frutto di pura fantasia.
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