INTERVISTA a cura di Alessia Mocci di Oubliette magazine
D. Lei ritiene che il mondo di oggi dia spazio alla Poesia? o piuttosto la rileghi in un mondo caratterizzato da asfissia, da depauperamento, da preoccupazioni di ordine pratico più grandi e incombenti?
R. Il mondo che viviamo, proprio per questo suo essere defraudato di valori e significati interiori, ammettiamolo pure, ha un bisogno estremo, esasperato di Poesia. Poesia che viene dall’essere “spirito” più ancora che materia. La Poesia, pertanto, è l’unico momento in cui ci è permesso di estranearci da questo clima mefitico di morte, di profonde metamorfosi, rinunce, assenze che paradossalmente immobilizzano chi non si avvicini al –mantra- . La Poesia è un grande mantra che ispeziona e sostiene le vie interiori del ns. viaggio esistenziale. Non ci rende ricchi economicamente, ma scava nei cunicoli fondi della nostra coscienza di esseri umani e ci fa sentire meno <imperfetti>, ci fa avvertire meno dolorosi i morsi delle assenza, delle contraddizioni, delle miscredenze e banalità di un mondo fatto a immagine di miseria “indistinta”.
D. Chi secondo Lei è più adatto o versato alla Poesia il giovane o la persona matura.
R. Possono esserlo entrambi, è solo indispensabile che la Poesia “ditta dentro” e ne mostri lo strumento e la predisposizione letterari, vi sia poi disponibile un’intelligenza che ne avverta lo stimolo, il richiamo del dono, perché la poesia è un dono <aggiuntivo>, qualcosa che esula dal suo stesso farsi: una espressione di libero arbitrio in un mondo ormai sclerotizzato, a tal punto da essere cieco, dinanzi al messaggio del cuore. Per poterla ignorare si deve essere proprio incapaci di amare se stessi, a tal punto da non amare nessuna bellezza autentica ed eterna, quale quella che si sprigiona <in interiore>. La poesia è uno di quegli elementi di natura di cui è dotato ogni essere umano, solo che in molti non è manifesta, non sanno neppure di possedere quella virtù del cuore e dell’intelletto che sa trascrivere e collegare, decriptando immagini scollegate tra loro, e ricomporle come se giungessero dall’infinito, al quale tende e dal quale dopotutto è originato. La poesia tende a congiungere i due estremi: vita e morte in un connubio indissolubile che è la ragione ultima dell’esistente. Quel che avviene tra queste due tratte o segmenti della vita è percorso accidentato di un mistero che si realizza in noi, fotogramma dopo fotogramma. Perciò non c’è un’età che la destini e la riscatti, solo il nostro profondo respiro di chi la ama la sa creare in una dimensione adeguata, ricollegabile al mistero che la sovrasta.
D. Ha senso ai nostri giorni la Poesia d’amore?
R. Sì, se chi la scrive e la legge avvertono entrambi di essere dello stesso microcosmo che rincorre il riscatto possibile dalla miseria. La Poesia è anche elevazione, affrancamento dalle temperie miserevoli di un mondo fatto a immagine di solitudine, di conflittualità. L’amore completa il ciclo dei due opposti, unisce il filo delle contraddizioni possibili, in un solo armonioso cerchio, placa le ferite. le escoriazioni di un vivere incoerente che si proietta a viva forza nel quotidiano e ci svilisce.
Ogni sentimento d’amore è degno di essere decriptato, perchè colma le distanze tra noi e il nulla, può essere la finestra schermata che ci ripara dal mondo, l’ultimo pensiero prima del sonno, il primo del mattino, una ràpida d’acque che tumultua dentro di noi e ci suggerisce che la passione è pronta a esplodere, ci esalta e ci commuove.
Quando si ama, sono tutte le nostre emozioni a rivelarsi e le suggestioni possono essere diversificate, ma unite in un solo nodo d’indissolubile connubio: l’essere e l’atra metà di cielo (“l’altro”) combaciano.
Il soggetto tende a congiungerlo perché mira ad una felicità possibile, ad una fusione con l’altro da sé che lo attrae e lo disorienta. Ogni amore è sempre un giorno nuovo, uno spiraglio nel buio, un “miracolo” che preferisce il tepore della nostra anima e si compiace di stringerla a sé, di coccolarla con quel fuoco spirituale che gli arde dentro. E’ una questione di biochimica, qualcosa che esula dal banale e forse un po’ ci nobilita..
D. Il suo linguaggio poetico è stato sempre di tono alto. Lei ritiene che la parola convenzionale non riesca a dare il segnale della vera bellezza?
R. Ogni poeta è un mondo a sè. Chi scrive Poesia deve saper leggere nel fondo dell’anima al meglio delle sue capacità. Non deve imporsi nessuna casualità né precostituirla, non deve avere convenzionalità di sorta, e tanto meno esprimersi con linguaggi non appropriati, non suoi, non in linea con la presenza del suo io personale, che deve imporre al concetto e al progetto lirico tutto se stesso. Chi scrive, scrive come può, senza prefiggersi altro che il suo tragitto di grazia, di ricerca dell’impercettibile, della verità che sfugge. Ogni episodio poetico è il frutto di tante concomitanze fruibili, che diventano misura del perfettibile nell’atto stesso della sua intuizione, della sua estensione, il resto è modus, flusso formale di pensiero che tenta la luce facendosi strada dagli abissi fondi e, verosimilmente se ne innamora, tanto, da ripetere l’operazione, da cui risulti un instancabile tentativo di reinvenzione, di rinnovamento della parola e del segno. Il poeta attraversa sempre l’aurora del giorno dopo, sa guardare l’universo delle stelle con occhi nuovi, sa intuire la giovinezza anche dalla notte. Il poeta è colui che si acquatta nel passato, per balzare nel futuro di dimensioni altre, di verità altre.
D. Questo nostro tempo dà ancora spazio al linguaggio poetico? oppure è distratto da altre forme di linguaggio più tecnologiche? L’informatica e internet hanno preso secondo Lei il sopravvento, hanno scalzato il fattore intimo della riflessione, della scrittura tradizionali.
R. Viviamo in un momento storico difficile che privilegia il <tempus fugit> e dà molto spazio all’apparire, più che all’essere. Nonostante ciò, la Poesia tiene, milioni di persone scrivono poesia, pubblicano e diffondono libri di poesia. In contrapposizione al sistema telematico e informatico è una contraddizione in termini, ma anche una legittimazione del pensiero “poetante” che non viene escluso dall’istanza intellettuale, ma se ne aggiudica semmai in piena libertà e coscienza la sua ragion d’essere. A me pare che la Poesia non declinerà, perché la poesia è il centro focale di un discorso interiore avulso da qualsiasi condizionamento del mondo esterno, è il ventre dell’universo, l’anima che nel suo porsi sa dosare le sue significazioni e misurare la temperatura dei sentimenti. Le due anime possono coesistere e non solo, possono interagire e dialogare, attraverso un processo interiore che riduce le distanze tra noi e <l’altrui>