La pagina bianca
La pagina bianca è il peggior incubo di ogni scrittore.
Quando te ne stai lì a fissare la pagina vuota e non sai come cominciare, ti mancano proprio le parole, non riesci nemmeno a formularle nella tua testa , i pensieri sono bloccati e ti sembra di essere diventato muto.
Se questo è già abbastanza angosciante per chi scrive per diletto, può diventare terrificante per uno scrittore di professione che ha delle scadenze temporali da rispettare.
E quanto più passa il tempo tanto più le parole si bloccano e non vogliono apparire sul foglio, roba da diventarci matto.
Non per nulla questo è quello che succede a Jack Torrance nel film Shining.
Comunque, ammettiamolo, la pagina bianca è una malattia attraverso cui tutti gli scrittori prima o poi devono passare, dilettanti o professionisti, ma è tuttavia una malattia benigna e temporanea, sebbene non se ne conosca alcuna cura.
Spesso basta distrarsi un po’, uscire per una passeggiata nei boschi, al mare, lungo il fiume, passare una serata in compagnia, vedere un film, fare un viaggio, riordinare il garage, andare a correre e cose del genere.
A volte ci si sblocca per un evento inaspettato che ci capita all'improvviso e ci colpisce emotivamente, come incontrare casualmente una persona che non si vedeva da decenni, o incappare in una disgrazia qualsiasi, in modo diretto o indiretto.
A questo punto devo ammettere che sono attualmente affetta dalla maledetta malattia, la sindrome della pagina bianca.
Non ho più idee, né motivazione alcuna, né parole, né argomenti di cui trattare, né storie da raccontare, né fantasia o immaginazione per creare personaggi o situazioni o eventi e circostanze. Come guardare l'alveo di un torrente disseccato da tempo e intuire che una volta lì scorreva vivacemente dell'acqua fresca e pulita , ma ora si vedono solo ciottoli levigati e sabbia, erbacce e qualche arbusto che prova a mettere radici. Concentrandomi mi sembra di sentire ancora l'eco del rumore dell'acqua che fluiva saltellando allegramente tra i sassi, luccicando in mille riflessi del bagliore del sole, ma prendendo atto della realtà riconosco che ora le fonti si sono esaurite e sono rimaste ben poche tracce di quello che era solo un ruscello temporaneo, generato da estemporanee condizioni climatiche e ambientali e tuttavia impossibilitato a diventare un fiume stabile e durevole.
La passione per la scrittura era arrivata tardi nella mia vita e, dopo qualche illusione iniziale, mi resi conto che non mi avrebbe portato nessun riconoscimento sul piano pratico: né lavorare per qualche casa editrice come editor, né come ghost writer, né vincere concorsi letterari e men che meno pubblicare i miei lavori, nemmeno autoprodotti, in quanto era un mondo in cui non sapevo minimamente orientarmi.
Ciò nonostante scrivevo per il piacere di farlo, per il gusto di riuscire a esprimere e materializzare con le parole più adatte le scene, le idee, i personaggi che mi venivano in mente. A volte le storie sembravano scriversi da sé, era come un flusso d'ispirazione che mi entrava nella mente e i racconti si auto componevano in maniera perfetta. Cominciai anche a pensare a un paio di progetti più impegnativi, tipo romanzi ben articolati, e quindi facevo ricerche, mi documentavo…insomma in realtà facevo né più né meno di ciò che un vero scrittore fa abitualmente.
Poi qualcosa si è spezzato.
Una profonda crisi dell'esistenza determinata da una serie di circostanze avverse che mi hanno portato a dubitare profondamente sul senso della vita umana, e da allora nulla è più stato come prima. Ho sviluppato una corazza emotiva, un controllo sui sentimenti che mi permette di restare centrata pur dovendo ancora attraversare eventi difficili, e questo sistema in pratica funziona e mai e poi mai vorrei tornare alla mia primitiva ingenuità, a quel buonismo sciocco e irragionevole che mi ha portato tanti guai. Eppure qualcosa di importante si è spezzato e non riesco più a ricostruirlo.
“Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante.”
Senza emozioni, che siano pure violente, destabilizzanti e tumultuose, non si può creare nulla da potersi definire lontanamente "artistico".
Ecco, io pensavo di poterne fare a meno e avevo ripreso a scrivere, o almeno mi illudevo di poterlo fare, invece mi ritrovo a vagare in un deserto di idee e di ispirazioni dove non c'è più vita.
Per me la pagina bianca corrisponde a una vita bianca, senza colore e senza più parole, e la mia non è una malattia passeggera, di quelle che ogni scrittore si trova ad affrontare prima o poi. E' proprio un problema strutturale, un edificio pieno di crepe che non sta più in piedi e non serve a nulla puntellarlo.
Ovviamente, da un punto di vista generale questo non è un gran danno, il mondo non risentirà affatto della mancanza di un mediocre scribacchino come me, ma dal mio personale punto di vista questa può essere una catastrofe.
Dopo molti giri a vuoto avevo finalmente trovato qualcosa che poteva definirmi come essere umano nella mia unicità e ora sento di averlo perso, sacrificando le mie emozioni sull'altare della "resilienza", un termine che ultimamente va molto di moda. Poter restare calmi e impassibili mentre la tempesta si scatena tutt'intorno, è un bel traguardo raggiunto,sì ma a che prezzo ?
E tuttavia preferisco avere dentro di me la calma e la quiete piuttosto che il caos necessario a produrre stelle.
Così la mia pagina resta bianca, forse resterà così per tutto il resto della vita e mi toccherà tornare a vivere su questa terra per portare a termine tutte quelle cose che volevo fare e ho dovuto lasciare a metà.
Scrivere adesso fa parte dell'elenco.
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