C’era una volta un uomo di nome Giacomo, cresciuto in un piccolo villaggio, immerso tra colline verdi e chiese antiche. La sua famiglia, modesta e devota, nutriva grandi speranze per lui. Sin da bambino, gli venne detto che il sacerdozio era la via più nobile per un giovane, la strada per conquistarsi un posto rispettabile nel mondo. Giacomo, tuttavia, non provava una vera chiamata. La sua fede era tenue, un mormorio lontano, soffocato dalle ambizioni e dai desideri più terreni.
A vent’anni, con poche prospettive davanti a sé, decise quindi di seguire il consiglio della sua famiglia e intraprendere la via del sacerdozio. Non lo fece per amore di Dio, ma per paura della povertà, per garantirsi un futuro sicuro. Sapeva che un prete godeva di rispetto, cibo assicurato e una vita lontana dalle fatiche del lavoro manuale. Dunque, senza esitare, entrò in seminario.
Gli anni passarono, e Giacomo si adattò facilmente alla vita religiosa, pur senza mai sentirsi profondamente connesso alla sua missione. Recitava le preghiere, amministrava i sacramenti e predicava alla comunità, ma ogni parola che usciva dalla sua bocca gli sembrava vuota. La fede era solo un abito che indossava, una maschera dietro la quale si nascondeva.
Gli abitanti del luogo quasi lo veneravano, vedendo in lui un pastore gentile e premuroso, ma Giacomo si sentiva sempre più soffocato. Ogni domenica, quando saliva sull’altare, un senso di inadeguatezza lo divorava. Si chiedeva spesso cosa sarebbe successo se avesse scelto un’altro percorso, ascoltando quel piccolo barlume di verità che ancora resisteva nel suo cuore.
Una sera d’inverno, dopo aver celebrato una funzione liturgica, rimase solo in chiesa. Le candele si stavano spegnendo e l’eco delle sue parole risuonava ancora tra le mura di pietra. Si inginocchiò davanti al crocifisso, ma non riusciva a proferire alcuna orazione. Le mani erano fredde, il cuore pesante. Dopo tanti anni di menzogna, sentì di non poter più andare avanti.
Le lacrime iniziarono a scendere lentamente sul viso, trasportate da un’emozione silenziosa, ma talmente profonda da fargli capire in quel momento che non aveva mai trovato il Signore perché non lo aveva cercato davvero in piena sincerità.
Aveva solamente ottenuto il conforto di una facile quotidianità sicura, il calore dell’approvazione altrui, ma aveva perso la propria anima lungo il cammino.
Decise di abbandonare quel sentiero spirituale appena fosse sopraggiunta la notte. Non per egoismo, bensì perché impossibilitato a convivere con un’amara menzogna, restando imprigionato in un ruolo sociale privo di autentica coscienza.
Andò via senza dire addio, lasciando dietro di sé una vita costruita su basi fragili, consapevole che avrebbe dovuto affrontare l’incertezza, la solitudine e forse anche il disprezzo di chi lo aveva visto come un esempio.
Il paese non lo vide più, e di lui si parlò a lungo, ma nessuno seppe mai la vera storia di quell’uomo che aveva indossato la tonaca senza giammai sentire il richiamo della fede, certamente non per colpa sua.
N.d.A.: Nomi e fatti sono frutto di fantasia, ogni riferimento è puramente casuale.
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