Pubblicato il 22/03/2020 15:55:37
Di: Domenico De Ferraro LA CANZONE DI ROSA Una volta lassù nel prato della mia giovinezza vidi correre una ragazza nel vento del mattino. Ella si muoveva nell’erba alta ondulante nel vento .Il suo sorriso splendeva con i raggi del sole in mille mie visioni . E la grazia sorgeva dalla terra ed il mondo era piccolo come l’occhio di un dio morente nei miei ricordi. Era cosi giovane e bella , sembrava una rosa appena sbocciata dondolante nel vento degli eventi e dove andai in seguito portai con me il ricordo del suo bel viso, simile ad rosa rossa , matura, dagli occhi verdi come il mare in primavera. E la sua gioia era tanta , l’anima sua annegava nell’amore dei suoi anni , andava come una vela dispersa in mezzo al mare, si muoveva perduta in mille avventure e mille viaggi . Giunse cosi ad Ischia un bel giorno con i suoi anni ed i suoi occhi sempre verdi fece innamorare il vecchio marinaio , il contadino e l’ortolano , tutti s’innamorarono di lei in quel giorno benedetto. Rosa di marzo, sogno di una generazione fuggita via . L’immagino oggi , salire ancora tra l’erba alta del monte Epomeo , correre a perdifiato verso la bassa collina delle croce . Ed un ragazzo gli disse ti vorrei amare E lei fu turbato dal suo sguardo Rispose che non aveva tempo per l’amore carnale non gli interessava . Che era tardi è la sera stava per giungere , come una serranda che viene calata su negozio degli alimentari. Il ragazzo gli disse : Io voglio il tuo frutto Ed ella : Non per dire sono il senso di questa canzone Abbassati, lasciati baciare Ma lei si tirò di nuovo indietro e lasciò il ragazzo in mezzo all’erba con il suo cuore a pezzi. Rosa della mia giovinezza , rosa circondata di molti versi primaverili , rime elette a grandi imprese, ora tutto scorre e perduto sono nel bel canto dei morti che vanno lungo le coste deserte . E sono di nuovo li dove nacque questa storia , questo amore bandito , beato nella mia sorte di uomo di mezz’età , con il mio credo ed il mio essere in altre storie. Io, signore di molti canti e di molte rime con le prime e le seconde , sono sotto la panca a capire il canto e l’inganno . E il rude ragazzo da solo , colse fiori per il prato, da solo li colse in fretta , mano nella mano ad un ricordo , mano nella mano di un fantasma. Ed il suo amore , volò via nel vento della sua giovinezza. Ora oggi , egli ritorna ancora oltre ogni intendimento, nella morte e nella vita di un amore , nato per caso là sul bel colle delle croci. IL CANTO DEL TOPO Io sono il cantante ambulante che va contrade deserte , per strade cantando il mondo di una volta . Sono il sogno perduto di un amore svanito nella volontà di rinascere che vola alto come un airone libero in arie e melodie. Sono sempre al fine dal capire , chi sono , dove mai il mio andare avrà fine e le molte rime fanno feste intorno alla mia voglia di viaggiare ancora . Sono il cantore che ha penduto l’amore , caduto là nel suo inferno. Tra la morte gente, ho cantato una dolce nenia, ed il mondo non mi conosce ed io non conosco loro ed io sono l’amore e la morte, sono l’atto filologico che si tramuta in un verso , sono il principio di questa storia che esulta nel suo vivere e nel capire cosa sta succedendo. Sono l’amore di molta gente , il canto di un cantore viandante per strade solitarie. In questa città, fatico e non so chi sono , tutto ciò mi ferisce come i molluschi venduti al mercato del pesce , come il canto delle donne vendute , dolce corona di spine intorno al capo del redentore. Questo sono io il cantore dall’animo sereno , un acchiapparatti che va cantando la morte di molta gente e di molte donne , questo sono io il cantore morto e risorto tornato dopo le tante rime dette nella confusione di molti versi , simili ad altri , sono il bel canto , la colpa commessa , il senso di essere questa poesia innocente. Ma cosa ho guadagnato da tanto amore e tale cantare , la mia gola vorrebbe altra acquavite per placare la sete delle mie passioni e sono innocente del mio creare , come in ogni vita che ho vissuto , sono non sono , sempre ad un passo dal capire me stesso . IL CANTORE Oltre questo canto , oltre questa porta, viaggio nell’immaginario . Sento le tante voce dei sofferenti , sopra questo ponte, mille persone lo passano. Ascolto questa voce echeggiare nel grigio pomeriggio , ascolto questo grido , corro a più non posso attraverso il ponte delle mie passioni, oltre il ponte dei miei ricordi. Ed oltre andremo, ci perderemo in un'altra canzone e saremo come figlio e padre , signore del mio vivere. Fu il presidente a dire che il mondo andava guarito, sanato da tanto male e la donna si diede da fare a pulire la sua piccola casa, la pulì da cima a fondo per paura di contagiarsi dall’ amore che non aveva nome. Ed era inutile ritornare indietro , ritornare a cosa fummo , immaginai tanta gente , senza testa e coda. Ed in una notte solitaria noi ritorneremo ad ascoltare il canto della locomotiva. Ora in questo amore, ho sepolto il mio cuore, lo sepolto sotto l’albero dei miei anni verdi , tra l’intendere ed il mio dire , nel ridere e passare ad altre elocuzioni, emozioni di marzo. Ed il cielo è ricco di astri di cui non conosciamo il nome ed lo canto, lo sento correre per vie deserte , dove un tempo di bocca in bocca s’udiva l’amore della propria terra ed il mare ed altri mondi possibili , sono il sorriso di me stesso in mezzo a questo pomeriggio. Il cantore strinse a se il suo amore ed il suo canto prese forma attraverso il senso ed il sesso , toccò le corde del suo destino , salto , si fece audace più audace della tigre tra lo sguardo delle belle donne invitate al ballo di marzo. La sedute accanto al prode presidente della nostra grande nazione. Al presidente piacque tanto quel canto che ordinò fosse ascoltato da tutto il popolo , da tutti gli uomini, fino ai confini della terra. Come l’uccello che dimora in mezzo ai rami degli alberi del bel bosco il cantore continuò cosi a cantare il suo amore ed il mare aveva un nome e la vita un'altra storia da raccontare . Ed io canto il mio amore , lo canto dal ramo più alto , con la mia gola arsa dalle fiamme dell’inferno. Allora alzo la coppa del vincitore e bevo , bevo la vita che mi disseta nel tempo trascorso , bevo il vivere bevo il bene ed il male e sono ubriaco di molti versi e di molte storie. E ringrazio iddio della sua misericordia con fervore per avermi donato questa voce , di aver placato per un momento la mia sete d’amore .
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