Oggi lei si è messa lo smalto fucsia sulle unghie di mani e piedi. È in mutande, con la crema di Victoria Secret tra le mani. Si avvicina al mio armadio e con la scusa di mettere a posto mi fruga tra i cassetti. Odio quando lo fa, e infatti glielo dico.
«Mamma. Accanna. Dimmi cosa cerchi e scollati.»
La prima cosa che lei ha fatto, dopo essere uscita dal tribunale per la separazione e aver stabilito l’assegno di mantenimento, è stata prenotare l’intervento di mastoplastica additiva.
Si è comprata una quinta di seno manco facesse i film hard, e adesso compra magliette ridicole più piccole di due taglie; preferibilmente tempestate di strass colorati e cuori che si aprono tra le tette.
«Oddio Annetta sempre così cafona. Stavo solo cercando quel top nero che non metti mai, quello di Zara. Me lo presteresti per la lezione di pilates?»
Che poi vorrebbe dire: stasera mi scopo il nuovo tipo conosciuto in palestra e devo dimostrare 28 anni.
Mia madre è una milf arrapata.
Infilo le cuffiette e mi giro verso il muro.
Margherita è la mia psicoterapeuta.
Lei, la milfona, dice che ne ho bisogno perché non ho accettato la separazione con mio padre e sono in competizione con la sua 'nuova vita'. Dice che per attirare l’attenzione sono diventata anoressica. Insomma, ha già fatto la diagnosi.
«Come va oggi Anna?»
Mi accomodo nella poltrona arancione di velluto.
«Lei continua a mettersi i miei vestiti. Non faccio più salire in casa i miei amici, o quello che ne è rimasto. Non posso sopportare il loro sguardo fisso su quei cocomeri innaturali.»
«Hai lavorato sul cibo come avevamo detto?»
«Ci sto provando. Per il momento passo il tempo a tavola a tagliuzzare il cibo in pezzi minuscoli, e formo figure geometriche nel piatto.»
«Hai provato con gli integratori che ti avevo detto? Non fanno ingrassare, sono naturali, e rilassano le pareti dello stomaco per far passare meglio il cibo.»
«Tutta la scorsa settimana l’ho passata su un gruppo whattsapp in cui altre ragazze si davano consigli per vomitare e digiunare. Mi hanno accettata dopo avergli comunicato peso ed altezza. 160 cm per 45 kg. Dicono che devo migliorare, che il primo obiettivo è quello dei 42 kg, di aiutarmi con i lassativi, e che i crampi alla pancia sono gli ultimi segni di vita dei chili di troppo.»
«Pensi di uscire dal gruppo?»
Quando arrivo a casa mi sdraio sul tappetino, mi avvolgo la pancia nel domopak di nylon e faccio 300 addominali. Da sotto il letto comincia a sentirsi la puzza del cibo vomitato dopo pranzo e nascosto nel sacchetto del super. Devo ricordarmi di buttarlo.
In ogni caso ho deciso di andarmene.
Non l’ho detto a Margherita. Ieri ho sentito lei parlare al telefono con mio padre. Diceva che se le cose non cambiano sarà costretta a mettermi in una struttura, una specie di istituto dove fanno rieducazione alimentare. Litigavano per chi avrebbe dovuto sostenere le spese.
In pratica le ho dato la scusa perfetta per liberarsi di me. Potrà addirittura dire a tutti che lo ha fatto per il mio bene.
Stanotte andrò alla stazione dei pullman, direzione Milano. La sacca è già pronta sotto il letto, vicino al sacchetto del super. Devo ricordarmi di buttarlo.
All’arrivo mi verrà a prendere Jimmy. L’ho conosciuto su FB, chattiamo da un paio di mesi, l’ho pure visto in webcam. È figo, ha 20 anni, e dice che per qualche giorno potrà ospitarmi.
Mentre mi infilo la felpa, butto lo zaino sulle spalle, prendo la busta del super, mi giro verso il salone. Vedo noi tre che facciamo l’albero. Lei nella vestaglia azzurra e mio padre che le bacia i capelli. Lei ha qualche chilo di troppo, ma papà le dice che è bellissima baciandola sul collo, lei ride e piega la testa da un lato. Io tengo tra le braccia la scatola dei nastri colorati, non vedo l’ora di arrivare al puntale d’oro. Quello lo metto io mentre papà mi solleva dalla vita. A un certo punto, quando sto per mettere il puntale sull’albero lei lo accusa di portarsi a letto la nuova segretaria. Il puntale mi cade tra le mani.
Una notte mi ha svegliato la voce di un uomo che non era mio padre. Ho aperto la porta della mia stanza e l'ho vista tirarsi dietro un ragazzo dai capelli scuri; avrà avuto vent’anni di meno.
«Papà verrà a salutarti sabato. È dovuto partire per lavoro. Ti saluta e ti manda un bacio», mi disse lei quando mi vide, prima di entrare con il ragazzo in camera da letto.
Chiudo la porta, e mentre lo faccio mi prende una fitta all’addome. Penso che sia nostalgia di lei. Di quando mi salutava prima della scuola, della vita di prima.
Allora le scrivo un messaggio: ‘mamma, scusa per tutto’. Lo invio, ma mentre lo rileggo mi accorgo che il T9 lo ha trasformato in ‘mamma, paura per tutto’.
Ma in fondo è vero, chiedere scusa mi ha sempre fatto un po’ paura. E vado via, con il sacchetto del super in mano.
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